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Danneggiamento doloso: elementi costitutivi, analisi probatoria e incidenza delle attenuanti

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Corte appello Ancona, 13/10/2023, n.1874

Il reato di danneggiamento si configura quando un soggetto arreca danni intenzionali a beni mobili o immobili di proprietà altrui, manifestando un atteggiamento volontario e consapevole. L’entità del danno, le modalità della condotta e il contesto nel quale avviene il fatto devono essere valutati ai fini della qualificazione giuridica e dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

Danneggiamento di piante e subordinazione della sospensione condizionale alla riparazione del danno

Danneggiamento seguito da incendio: differenze con il reato di danneggiamento e applicabilità dell’art. 131-bis c.p.

Danneggiamento e esclusione della particolare tenuità del fatto: violenza e mancato risarcimento del danno

Danneggiamento con fuoco e configurabilità dell’art. 424 c.p.: limiti, aggravanti e attenuanti

Reato di danneggiamento seguito da incendio e valutazione del pericolo concreto ex art. 424 c.p.

Danneggiamento doloso: elementi costitutivi, analisi probatoria e incidenza delle attenuanti

Danneggiamento aggravato: esclusione della pubblica fede per beni protetti da barriere fisiche"

Danneggiamento aggravato e insussistenza del reato di minaccia per mancanza di prova certa sull’uso di arma

Danneggiamento e particolare tenuità del fatto: requisiti e applicazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p.

Danneggiamento seguito da incendio: configurabilità e rischio di propagazione

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 1387 emessa il giorno 10.12.2020 dal Tribunale di Ancona a seguito di giudizio dibattimentale, CA.Da. era ritenuto responsabile del reato di tentata violenza privata (così riqualificata l'originaria imputazione di tentata estorsione) e condannato alla pena (condizionalmente sospesa) di anni 1 di reclusione.

In estrema sintesi, il Giudice di primo grado ricostruiva i fatti nei termini che seguono.

Intorno alle ore 22 del 18.12.2015 la p.o. Va. riceveva numerose telefonate da parte dell'imputato, il quale chiedeva, con minacce anche alla persona, di uscire da casa e consegnargli circa 200 euro a saldo di un proprio credito. Il Va. rispondeva che non poteva raggiungerlo, trovandosi a Monfalcone per lavoro. A quel punto, irritato, il Ca. danneggiava l'autovettura della p.o., facendo sentire a quest'ultima il rumore dei colpi inferii alla carrozzeria e ai vetri.

A sostegno della decisione, il Tribunale poneva, principalmente, quanto riferito del Va. in sede di esame, nonché:

le dichiarazioni rese in dibattimento dai colleghi di lavoro della p.o. (…) e (…) che avevano udito il Va. parlare animatamente al telefono, la sera del 18.12.2015;

le dichiarazioni del teste Bo., vicino di casa della p.o., il quale riferiva che, la sera del fatto, un uomo aveva citofonato al suo appartamento chiedendo di "Ar.", e che poi lo stesso uomo (il quale aveva incessantemente suonato il campanello dell'appartamento del Va., tanto da lasciare il tasto "incastrato") era stato da lui visto in mezzo alla strada, mentre parlava al telefono gesticolando animatamente, le dichiarazioni degli agenti di polizia (…) e (…), che erano intervenuti in via dei (…), (luogo di residenza della p.o.) e avevano constatato il danneggiamento della vettura di proprietà del Va.; i rilievi fotografici effettuati dalla P.G., relativi al danneggiamento della predetta autovettura, acquisiti al fascicolo;

Il Tribunale riteneva invece inattendibili le deposizioni delle due testi a discarico dell'imputato.

Avverso tale sentenza proponeva appello il difensore dell'imputato, il quale lamentava l'ingiustizia della decisione, ritenendola fondata, sostanzialmente, solo sulle inattendibili dichiarazioni della p.o.

I testi (…) e (…), infatti, avevano solo dichiarato di aver visto il Va. impegnato in una conversazione telefonica (contraddicendo quanto la p.o. aveva dichiarato in sede di querela, cioè che avesse azionato il vivavoce), mentre, riguardo al contenuto della telefonata, non avevano fatto altro che riferire quanto era stato detto loro dallo stesso Va.

Irrilevante era la deposizione del vicino di casa Bo., perché non aveva fornito alcuna indicazione che consentisse di identificare nella persona dell'imputato l'uomo da lui visto la sera del 18.12.2021.

Il Tribunale, confidando nella versione della p.o., aveva ingiustificatamente disatteso le confliggenti dichiarazioni delle testi (…) e (…). Le due donne avevano riferito che, quella stessa sera, l'imputato si trovava con loro e con altri a cena presso un ristorante.

Per tali ragioni, in riforma della pronunzia impugnata, l'appellante chiedeva l'assoluzione del Ca. per non aver commesso il fatto o con la diversa formula di giustizia; in subordine, chiedeva la riduzione della pena, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche.

All'udienza del 9 giugno 2023, su richiesta del difensore di CA.Da., che produceva documentazione medica, veniva disposto rinvio per impedimento dell'imputato.

A seguito di rinvio dell'udienza del 9.6.2023 per impedimento dell'imputato dovuto a ragioni di salute, all'udienza odierna, all'esito della discussione, il PG concludeva chiedendo la conferma della sentenza di primo grado; il difensore dell'imputato concludeva riportandosi ai motivi di appello dei quali chiedeva l'integrale accoglimento; in via subordinata, chiedeva emettersi sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione.

Motivi della decisione
1. La sentenza appellata deve essere confermata, quanto all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato per il reato di violenza privata.

1.1. Richiamandosi e condividendosi, in generale e, specificamente, per le parti non oggetto di censure, le ricostruzioni e le valutazioni operate nella sentenza impugnata, riguardo alle contestazioni della difesa si osserva quanto segue.

1.2. Deve osservarsi che, in effetti, se da un lato è un fatto certo che l'auto del Va. sia stata danneggiata (inequivocabili sono i segni di un danneggiamento doloso, come ha riferito in dibattimento il teste di P.G. Pa.), e se è lecito presumere che l'autore dell'atto vandalico sia stato l'uomo palesemente alterato che, la sera del 18.12.2015, è stato visto da Bo. cercare insistentemente (…), dall'altro lato il Bo. non ha fornito elementi fisiognomici relativi a quell'uomo, che possano consentire di identificarlo con il Ca.

Parimenti, i testi (…) e (…), pur avendo visto e sentito il Va. parlare al telefono, nell'orario indicato dalla p.o., nulla hanno potuto riferire su chi fosse, in quel momento, l'interlocutore del Va.

1.3. L'individuazione del Ca. come autore del tentativo di violenza privata riposa quindi, per intero, sulle dichiarazioni di Va.

Sarebbe tuttavia inesatto affermare che tali dichiarazioni siano rimaste del tutto prive di riscontri.

Senza dubbio, la circostanza che, nel giorno e nell'ora indicata dalla p.o., quest'ultimo sia stato visto da due colleghi impegnato in una animata conversazione telefonica, e che egli abbia subito riferito loro l'argomento della stessa, rappresenta la conferma di un segmento della vicenda descritta dal Va.

Altro segmento della vicenda (danneggiamento dell'auto di proprietà del Va.) trova pieno riscontro negli accertamenti degli agenti di P.G., intervenuti sul posto proprio su chiamata della p.o.

Pienamente compatibile con quanto dichiarato da Va. è anche la circostanza riferita dal teste Boliviani, ossia che un uomo, la sera in cui è avvenuto il danneggiamento, avesse cercato insistentemente la p.o. fuori dalla sua abitazione, venendo poi visto dal Bo. mentre parlava al telefono gesticolando.

Sebbene questi elementi non conducano direttamente verso la persona del Ca., certamente rappresentano riscontri della versione del Va. che concorrono a renderla credibile.

Appare infatti plausibile che l'uomo visto dal Boliviani cercasse insistentemente Va. per ottenere da lui qualcosa, che fosse il medesimo uomo con il quale la p.o. è stata udita dai colleghi parlare al telefono e che la violenza sull'auto della stessa p.o. fosse stata esercitata per dare maggior peso alle minacce finalizzate a costringere il Va. alla dazione richiesta. E se la p.o. ha riferito una versione plausibile dei fatti, non contraddetta da alcun elemento emerso dall'istruttoria ed anzi confermata, come si è detto sopra, sotto diversi e significativi aspetti, diventa allora particolarmente credibile anche l'indicazione dell'autore del reato, che la p.o. ha individuato da subito, senza alcun dubbio, in Ca.Da. (persona da lui conosciuta da tempo).

1.4. Tanto più che lo stesso Ca., nel corso dell'interrogatorio, ha affermato che Va. gli doveva la somma di euro 120, ed ha altresì confermato di aver parlato per telefono la sera del 18.12.2015 con il Va., richiedendogli la restituzione di un presunto prestito di euro 120.

Innegabilmente, si tratta di elementi che si pongono in perfetta sintonia con la versione accusatoria.

1.5. Non si ravvisano, né sono stati indicati, motivi di astio e ostilità che possano aver indotto il Va. ad incolpare falsamente l'imputato; certamente la finalità di sottrarsi al pagamento di un debito di pochi euro, per di più privo (per quanto consta) di riscontro documentale, non costituisce ragionevole motivo per una calunnia.

Neppure può ipotizzarsi un interesse economico di tipo risarcitorio, visto che Va. non si è costituito p.c.

Non emergono, né sono stati dedotti, motivi che possano indurre a ritenere la p.o. un soggetto mendace o comunque inaffidabile.

1.6. Del tutto irrilevante appare la circostanza che Va. abbia detto, in sede di denunzia querela, di aver messo il telefono in vivavoce per permettere ai colleghi di ascoltare, mentre gli stessi colleghi, sentiti in dibattimento, hanno riferito di non aver sentito la voce dell'interlocutore della p.o.

Si tratta, infatti, di un aspetto estraneo allo svolgimento dei fatti penalmente rilevanti, su cui, peraltro, non vi era alcun interesse a dire consapevolmente il falso: ipotizzando che la p.o. volesse precostituirsi una prova simulando la telefonata, mentire sull'uso del vivavoce lo avrebbe esposto alla sicura smentita degli stessi colleghi che (sempre in ipotesi) intendeva utilizzare come testi a suo favore.

Peraltro, non può escludersi che il vivavoce sia stato effettivamente azionato. Il teste Ancona non ha affermato esplicitamente ciò, limitandosi a dire di non aver sentito quanto diceva l'interlocutore (si veda dich. An., pag. 4 s. fonoreg. udienza 16.1.20: "Che lo sentivo solo gridare, accusando questa persona che era dall'altra parte del telefono"; "Si, ricordo che lui stava al telefono, parlava con quest'altra al telefono dicendo: non mi rompere la macchina - dice - io non ti devo 50 euro" avanzava uno 50 euro. Sinceramente lui gridava, io ho sentito il Va. che gridava con l'altra persona al telefono dicendogli" - PM.: "lei questa conversazione, questa lite l'ha ascoltata come? in quale" - An.; "No, l'ho ascoltata che ero lì, perché lui gridava e si sentiva la sua voce"). Anche il teste De. ha riferito che Va. "gridava e diceva la macchina lasciala stare", il che rende possibile che i testi, udendo la voce di intensità sovrastante del Va., non percepissero quanto veniva detto dal suo interlocutore.

1.7. Parimenti poco rilevante è la divergenza tra quanto dichiarato in dibattimento dalla p.o. riguardo all'entità della somma pretesa dall'imputato (euro 220) e le cifre che i testi hanno riferito di aver sentito menzionare dal Va. durante la telefonata (euro 50, euro 20).

Oltre a trattarsi di aspetti marginali, in relazione al nucleo centrale dell'imputazione, si tratta di elementi numerici al quale i testi potevano non aver prestato particolare attenzione.

Ben più significative, e su punti fondamentali, risultano invece le già evidenziate corrispondenze tra il narrato della p.o. e le dichiarazioni dei testi.

1.8. Sostanzialmente, l'unico elemento in apparente distonia con la prospettazione accusatoria è rappresentato da quanto riferito dalle testi (…) e (…), riguardo alla presenza dell'imputato, la sera dell'8.12.2015, ad una cena in loro compagnia in una pizzeria di (…). Tuttavia, risultano particolarmente pertinenti, e si condividono, le argomentazioni sviluppate dal Tribunale per ritenere non attendibili le dichiarazioni delle testi.

La teste (…), all'esplicita domanda della difesa ("può riferire di una cena avvenuta il 18 dicembre del 2015 dove era presente il sig. Ca.?"), ha risposto che si trattava di una cena di saluto, perché la figlia di (…) doveva lasciare definitivamente l'Italia con destinazione Danimarca.

La teste Co., invece, ha dichiarato che quel giorno era stata a cena con l'imputato perché da lui invitata, dal momento che lei e la figlia dovevano partire per una vacanza in Romania.

Se la (…) non ricordava la ragione della cena, argomento di cui certamente si sarà parlato nell'occasione, sembra improbabile che potesse serbare precisa memoria della data in cui la stessa cena si è tenuta.

E, si noti, neppure la Co. ha ricordato precisamente la data: a fronte di specifica domanda del P.M. ("si ricorda che era iM8 dicembre per quale motivo?") ha risposto: "2015, 18 che ha detto quel signore. Ma non che ricordo" - P.M. "se no non ricordava la data?" - Teste: "No, no. 2015 sì. La data" - P.M.: la data no?"- Teste: "No. Era prima di Natale, era dicembre, perché noi dobbiamo andare per le feste natalizie a casa" (v. fonoreg. udienza 17.10.19, pag. 8).

Dalle deposizioni delle testi a discarico emerge, dunque, solo che l'imputato abbia partecipato ad una cena al ristorante in prossimità delle festività natalizie del 2015; non essendovi, tuttavia, chiari ed affidabili elementi che consentano la precisa datazione del fatto, tale evento non rappresenta un valido alibi per il giorno in cui è stato commesso il reato.

Può dunque concludersi per la conferma della responsabilità penale dell'imputato.

2. In relazione al trattamento sanzionatorio, si rileva che il Tribunale ha determinato la pena, con metodo sintetico, in 1 anno di reclusione, eccedendo largamente il minimo stabilito dalla norma (art. 610 c.p.) nella cui ipotesi incriminatrice ha sussunto il fatto, sebbene il reato fosse rimasto allo stadio del tentativo.

Ad avviso di questo Collegio, la pena deve comunque attestarsi ai di sopra del minimo, perché, avuto riguardo ai criteri ex art. 133 c.p., il fatto tutt'altro che trascurabile per le modalità particolarmente aggressive e sfrontate dell'azione: l'imputato ha agito profferendo gravi minacce e dando maggior carica intimidatrice alle stesse attraverso il danneggiamento dell'auto della p.o., operato sulla pubblica via; il tutto allo scopo di costringere il Va. al pagamento di un assai modesto importo di denaro.

Può dunque partirsi dalla pena base di 1 anno di reclusione; detta pena va ridotta ai sensi dell'art. 56 c.p. e si stima equo determinare la riduzione nei limiti di un terzo considerando gli atti posti in essere, nella loro efficacia in relazione allo scopo perseguito e intrinseca offensività.

La sospensione condizionale della pena è stata già concessa e non si ritengono concedibili ulteriori benefici.

2.1. Non si ravvisano, in particolare, ragioni per l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

Va ricordato che, in tema di circostanze attenuanti generiche (posto che la ragion d'essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile) la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all'obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo l'affermata insussistenza.

Al contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell'imputato volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda.

Il principio risulta ribadito nella costante e recente giurisprudenza della S.C. (si veda tra le ultime Cass. Sez. 1, ud. 16.02.2017, dep. 30.08.2017 n. 39566 secondo cui "il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato").

Nel caso di specie, a parte il dato dell'assenza di precedenti penali - che come appena detto non risulta sufficiente - gli altri elementi posti in evidenza dalla difesa dell'imputato non consentono di formulare positivamente un giudizio di meritevolezza delle predette attenuanti.

Privo di Va., al riguardo, è l'interrogatorio reso dall'imputato, perché in quella sede egli ha fornito una propria versione dei fatti, pienamente legittima in chiave difensiva, ma risultata non veritiera all'esito del giudizio e quindi non valorizzabile in termini positivi.

P.Q.M.
visto l'art. 605 c.p.p.,

in parziale riforma della sentenza n. 1387 emessa il giorno 10.12.2020 dal Tribunale di Ancona, ridetermina la pena irrogata a CA.Da. in mesi 8 di reclusione. Conferma nel resto.

Riserva il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione.

Così deciso in Ancona il 7 luglio 2023.

Depositata in Cancelleria il 13 ottobre 2023.

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