Tribunale Lecce sez. II, 15/02/2024, n.410
Danneggiamento e dolo: distinzione tra dolo e colpa nell’ambito del reato ex art. 635 c.p.
Per la configurabilità del reato di danneggiamento è necessario che sussista il dolo, inteso come coscienza e volontà di arrecare un danno al bene altrui, anche nella forma del dolo eventuale. Non rilevano i moventi o le finalità dell’azione, purché l’autore abbia accettato consapevolmente il rischio di danneggiare. In assenza di dolo, ma con condotta imprudente o negligente, la responsabilità penale può essere esclusa.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Svolgimento del giudizio
PR.Ma. è stato tratto a giudizio per rispondere del reato indicato in epigrafe, come da decreto che di citazione a giudizi emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce in data 14.3.2022.
All'udienza del 2 marzo, non comparso l'imputato, il Tribunale ne dichiarava l'assenza, ricorrendone i presupposti di legge. Il difensore della persona offesa del delitto di danneggiamento, Pa.An., munito di procura speciale utile a tal fine rimetteva la querela da lei sporta.
Il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento e le parti procedevano a formulare le loro richieste di prova che venivano ammesse in quanto non manifestamente ininfluenti o irrilevanti ai fini del giudizio, nè vietate dalla legge.
All'udienza del 27 aprile 2023 con il consenso delle parti veniva acquisita la CNR N. 10/16/0/21 Prot. redatta dai Carabinieri di Taviano in data 27 aprile 2021, con domande a chiarimento al teste App. Sc. Pi.Qu.
Con il consenso delle parti veniva acquisito il verbale di interrogatorio reso da D'O.An. con domande a chiarimento.
La difesa rinunciava all'ascolto della sua teste Pa.
Nulla osservando il PM il Tribunale revocava l'ordinanza ammissiva della prova.
All'udienza del 15 febbraio 2024 il Tribunale dava atto del cambiamento del giudice titolare del ruolo.
Veniva rinnovato il dibattimento e le parti si riportavano alle richieste di prova già formulate che venivano ammesse nei medesimi termini. Veniva prestato il consenso alla rinnovazione del dibattimento mediante lettura degli atti istruttori compiuti.
L'imputato non si presentava a rendere esame con rinuncia al mezzo istruttorio.
Il Tribunale dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale ed utilizzabili gli atti legittimamente acquisiti.
Il Tribunale dava lettura del dispositivo e della contestuale motivazione.
Ricostruzione in fatto
Nella CNR redatta dai Carabinieri di Taviano in data 27.4.2021 (Prot. 10/16/0/2021) si rappresentava che in data 18.4.2021 alle ore 00.45, pattuglia dipendente composta dal Mar. (…) e dall'App. S. Pi.Qu. ubicata in Taviano alla via (…), a seguito di un controllo alla circolazione stradale, intimavano l'ALT ad una autovettura (…). Il conducente, non ottemperando a quanto intimato, si dava a precipitosa fuga. L'inseguimento dell'auto terminava alla via (…), dove il veicolo impattava su una abitazione privata di proprietà di Pa.An.
I tre occupanti dell'auto si davano a precipitosa fuga. Dai primi accertamenti di pg si constatava che il veicolo apparteneva a Fa.Gi., il quale riferiva di averlo venduto a PR.Ma.
In data 20.4.2021 gli operanti constatavano che PR.Ma. e D'O.An. si erano portati presso il nosocomio Sacro Cuore di Gesù, dove il primo aveva dichiarato di avere subito un sinistro stradale come conducente. I sanitari ingessavano l'arto destro; il D'O. aveva invece dichiarato di aver occupato il posto di passeggero. Anche a lui venne ingessato l'arto.
D'O.An., nel verbale di interrogatorio reso in qualità di coimputato dello stesso procedimento, acquisito con il consenso delle parti e come tale utilizzabile ai fini del giudizio, correttamente avvisato, riferiva di non ricordare chi fosse alla guida della vettura (…), in quanto lui stava dormendo al momento dell'impatto. Dolorante, dopo il sinistro, scendeva dall'auto e si portava in ospedale.
Integrazione dei reati contestati.
Il Tribunale ritiene che, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, sia stata provata la penale responsabilità dell'imputato in ordine all'imputazione di cui all'art. 337 c.p. essendo univoci gli elementi probatori a suo carico.
Ed invero, il PR., alla guida del veicolo (…), per opporsi ad un controllo effettuato dai carabinieri di Taviano, poneva in essere un inseguimento ad alta velocità, terminato con l'impatto contro il muro dell'abitazione privata di Pa.An., oggetto di danneggiamento.
Gli operanti, giunti sul posto, non trovavano nessuno, in quanto gli occupanti l'abitacolo, dopo l'impatto, si davano a precipitosa fuga.
Tale ricostruzione in fatto è stata operata dalla pg in modo preciso, chiaro e dettagliato e, come tale attendibile.
Non vi sono dubbi in merito a chi abbia commesso i fatti, alla guida del predetto mezzo.
Gli operanti sono, risaliti, invero alla persona del conducente attraverso due elementi, uno peraltro consistente in una dichiarazione resa dallo stesso imputato.
- In primo luogo, i carabinieri davano atto di aver sentito nell'imminenza dei fatti il formale intestatario della (…), il quale riferiva loro di aver venduto l'auto al PR.
Tale informazione è confluita nella CNR in atti e, come tale, risulta utilizzabile ai fini del giudizio. La difesa non chiedeva di procedere all'ascolto ex art. 195 c.p.p. del teste di riferimento, Fa.Gi., e il Tribunale non riteneva necessario sentirlo, prestando fede a quanto riportato dai militari nel loro atto di indagine, non emergendo elementi da cui poter inferire una artificiosa creazione della realtà o motivi di astio da parte delle forze dell'ordine che si sono puntualmente limitati a riportare quanto accertato.
- In secondo luogo, lo stesso imputato, recatosi in pronto soccorso nell'imminenza dei fatti, aveva dichiarato al personale del nosocomio di essersi procurato la ferita all'arto come guidatore della vettura sinistrata. Il D'O. dichiarava, invece, di essere il trasportato (certificato medico in atti non espunto dal fascicolo del dibattimento, e quindi utilizzabile ai fini della decisione, trattandosi, peraltro, di documento).
Sul punto, si rappresenta che le dichiarazioni rese ai medici del pronto soccorso siano qualificabili quali dichiarazioni pre-procedimentali confluite in un certificato medico, facente fede fino a querela di falso sulla veridicità di quanto accertato dai medici in loro presenza - quindi sul fatto che il PR., in quella occasione, abbia effettivamente pronunciato quelle frasi.
E' evidente che tutti gli elementi siano univoci e concordanti nel dimostrare che fosse proprio l'odierno imputato a commettere i fatti prima riportati quale conducente della vettura (…).
Ciò posto in merito alla ricostruzione dei fatti, il Tribunale rileva che le condotte poste in essere da PR. siano sussumibili in entrambe le fattispecie a lui contestate.
Ed invero, egli ha opposto resistenza con violenza alle forze dell'ordine che stavano procedendo a svolgere un atto del loro ufficio, consistito in un controllo della circolazione stradale, non essendosi fermato al posto di blocco, essendosi dato a precipitosa fuga a forte velocità con la sua auto.
Sul punto, si riporta l'univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui "in tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra l'elemento materiale della violenza la condotta del soggetto che, per sfuggire all'intervento delle forze dell'ordine, si dia alla fuga, alla guida di un'autovettura, ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida pericolosa, l'incolumità personale degli altri utenti della strada" (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 41408 del 04/07/2019 Ud. (dep. 09/10/2019) Rv. 277137 - 01).
In questo caso le forze di polizia le modalità di guida pericolose per la pubblica incolumità si evincono dalle stesse modalità della fuga, terminata con un impatto disastroso contro il muro di un'abitazione privata, tanto violento da distruggere il muro della casa in cemento, provocando un grosso foro.
E' possibile rendersi conto di tale circostanza anche solo visionando le foto in atti, non espunte dal fascicolo dibattimentale e quindi utilizzabili ai fini della decisione (trattandosi, peraltro, di documenti).
L'imputato ha danneggiato il muro della casa contro cui andava a sbattere, di proprietà di Pa.An., come è possibile constatare dalla semplice visione delle immagini in atti. Il muro della sua abitazione, a seguito dell'impatto dell'auto a consistente velocità, era interessato da un foro nella muratura.
Ciò nonostante, l'imputato deve essere assolto dal reato contestato, posto che non agiva con dolo, neppure nella forma di dolo eventuale, ma con mera colpa generica, avendo con gravissima imprudenza causato il danno all'abitazione.
Sul punto, "In tema di danneggiamento, il reato (art. 635 cod. pen.) sussiste - con riferimento all'elemento materiale - qualora sia stata cagionata la distruzione di un bene ovvero un deterioramento di una certa consistenza, dovendosi escludere solo nel caso di mancanza di danno strutturale o funzionale della cosa. In ordine all'esistenza del dolo non occorre il fine specifico di nuocere, essendo sufficiente la coscienza e la volontà di distruggere, deteriorare o rendere inservibile (in tutto o in parte) la cosa altrui, senza alcuna rilevanza di movente o finalità" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5134 del 05/04/2000 Ud. (dep. 28/04/2000) Rv. 216063-01).
E' evidente che l'imputato non voleva danneggiare il bene, avendo agito con assoluta imprudenza, con colpa sicuramente grave, No. Può essere dichiarata l'improcedibilità della contestazione, essendo, allo stato, il reato procedibile d'ufficio.
Per tale ragione, PR.Ma. deve essere assolto dal reato di cui all'art. 635 c.p. perché il fatto non costituisce reato.
Trattamento sanzionatorio
Venendo ora al trattamento sanzionatorio, si deve rilevare come le attenuanti generiche possano essere riconosciute, valorizzando il corretto comportamento processuale tenuto.
Sussiste la contestata recidiva, avendo egli riportato plurime condanne ed avendo commesso il presente reato nei cinque anni dal passaggio in giudicato di una precedente sentenza di condanna. Il presente reato risulta certamente aggravato dalla sua caratura criminale, tenuto conto che le precedenti condanne non hanno sortito alcun effetto deterrente rispetto alla commissione di ulteriori illeciti.
Le attenuanti generiche sono stimate equivalenti alla contestata recidiva.
Per quanto concerne, quindi, il trattamento sanzionatorio da comminare in concreto, il Tribunale ritiene di fissare la pena base in nove mesi di reclusione, pena prossima anche se non assestata al minimo edittale applicati gli indici di cui all'art. 133 c.p., tenuto conto della gravità della condotta nel suo complesso, trattandosi di una resistenza non lieve, che ha posto in pericolo la pubblica utilità.
La pena non può essere sospesa, tenuto conto dei suoi plurimi precedenti penali.
L'imputato deve essere condannato alla refusione delle spese processuali.
Il Tribunale in composizione monocratica.
P.Q.M.
Visto l'art. 533 - 535 c.p.p.,
Dichiara PR.Ma. colpevole del reato di cui all'art. 337 c.p. e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla riconosciuta recidiva, lo condanna alla pena di mesi nove di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l'art, 530 c.p.p.,
assolve PR.Ma. dal reato di cui all'art. 635 c.p. perché il fatto non costituisce reato. Motivazione contestuale.
Così deciso in Lecce il 15 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2024.