Corte appello Napoli sez. VI, 16/01/2024, n.16442
Reato di danneggiamento seguito da incendio e pericolo concreto di propagazione delle fiamme (art. 424 c.p.).
Il reato di danneggiamento seguito da incendio si configura quando la condotta dell’agente crea un pericolo concreto e rilevante di propagazione delle fiamme, tale da mettere a rischio beni e incolumità pubblica. Non è necessario il verificarsi di un incendio effettivo, ma basta che il fuoco generi un rischio concreto di espansione. L’elemento soggettivo del reato è integrato dall’accettazione del rischio da parte dell’agente.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza emessa il 12.4-22.5.2019 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in composizione monocratica, Fa.Af. è stato dichiarato responsabile del reato ex art. 424 c.p., così riqualificato quello di cui all'originaria imputazione, e, ritenuta la contestata recidiva reiterata e infraquinquennale, è stato condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Il convincimento del Tribunale in ordine al giudizio di colpevolezza espresso nei confronti dell'imputato è stato assunto, in primo luogo, sulla base delle dichiarazioni della persona offesa An.Ci., il quale ha riferito che, nella notte del 20.11.2014, aveva parcheggiato la propria autovettura nel vialetto privato della sua abitazione e che, nella notte, sentiti dei rumori, si accorse che il veicolo era in fiamme. La p.o. ha dichiarato di sapere che il gesto era stato commesso da Fa.Af., ma di non conoscerne le motivazioni. E' stato escusso anche il comandante della stazione CC di Santa Maria a Vico, maresciallo Pi.Co., il quale ha riferito di essere stato in grado di identificare l'odierno imputato dopo aver esaminato i filmati di una telecamera di sorveglianza posta nelle vicinanze del luogo del delitto; ciò in quanto egli già conosceva le fattezze dell'uomo per aver sottoposto l'intera famiglia Af. a svariante indagini di p.g. Il quadro probatorio è stato completato dall'acquisizione dell'interrogatorio di garanzia dell'imputato, il quale ha confessato di aver commesso il fatto in preda ad ubriachezza.
Avverso la sentenza ha interposto appello il difensore dell'imputato, con ricorso depositato il 19.6.2019, formulando i seguenti motivi:
1) con il primo motivo ha chiesto l'assoluzione, asserendo che il giudizio di colpevolezza si è basato sulle dichiarazioni dell'imputato rese in sede di interrogatorio di garanzia, senza che lo stesso sia stato messo in grado di rendere il proprio esame nel corso del giudizio di primo grado; il difensore, inoltre, ritiene che l'intero quadro probatorio, scevro da quelle dichiarazioni, sia inconcludente, in quanto i frames del video in virtù del quale sarebbe stato riconosciuto l'Af. non sarebbero chiari, sicché, in assenza di testimoni oculari, l'imputato andrebbe assolto, quantomeno ai sensi dell'art. 530 comma 2 c.p.p.;
2) con il secondo motivo ha chiesto la derubricazione de! reato in quello p. e p. dall'art. 635 c.p.;
3) con il terzo motivo ha chiesto la concessione delle circostanze attenuanti generiche, l'esclusione della recidiva e la riduzione della pena.
All'odierna udienza si è dato corso alla discussione, nell'ambito della quale il Procuratore Generale e la Difesa hanno concluso come da verbale. La Corte, dopo essersi ritirata in camera di consiglio, ha dato lettura del dispositivo, riservando il deposito della motivazione nel termine di sessanta giorni.
Ciò premesso, l'appello è infondato e va rigettato.
In particolare, va preliminarmente osservato che, quanto al merito della decisione di condanna dell'imputato in ordine al reato contestato, per i quali il predetto è stato ritenuto responsabile, questa Corte ritiene integralmente condivisibili la analitica ricostruzione dei fatti e la motivazione posta a fondamento della decisione di primo grado, in aderenza alle risultanze processuali, legittimamente acquisite e pertanto pienamente utilizzabili, da parte del giudice di primo grado, ad esse riportandosi (così come ormai ritenuto legittimo dalla giurisprudenza della Suprema Corte, vedi tra le altre Cass. Sez. I sent. n. 46350 del 2/10-3/12-2003 e da ultimo Cass. sez. III sent. n.27300 del 14-5/17.6.2004 che sottolinea come la motivazione della sentenza di secondo grado "deve essere concisa e riguardare gli aspetti nuovi o contradditori o effettivamente mal valutati").
Ciò posto, le censure svolte nel gravame sono state sostanzialmente già esaminate e risolte, nel senso della loro infondatezza, dai primo giudice. E, qualora siano dedotte questioni già esaminate e risolte, il giudice dell'impugnazione può motivare per relationem (Cass. pen. sez. V, 15 febbraio 2000, n. 3751). Tale motivazione è consentita con riferimento alla pronuncia di primo grado, laddove le censure formulate contro quest'ultima non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, poiché il giudice di appello non è tenuto a riesaminare dettagliatamente questioni sulle quali si sia già soffermato il primo giudice con argomentazioni ritenute esatte ed esenti da vizi logici (Cass. sez. V, 22 aprile 1999 n. 7572).
Per tale motivo la Corte fa proprie, sul punto, le argomentazioni spese nella sentenza impugnata, che possono ritenersi in questa sede integralmente richiamate. Ritiene solo il collegio di aggiungere quanto segue, partitamente rispetto ai diversi motivi di gravame.
Con riguardo al primo motivo la Corte rileva che l'eccezione di nullità avanzata dal difensore non può trovare accoglimento in quanto, all'ultima udienza del giudizio di primo grado, le parti hanno concordato di acquisire il verbale dell'interrogatorio di garanzia, alla presenza dello stesso imputato, il che implica che l'A. ha tacitamente rinunciato a sottoporsi all'esame. Non può dunque essere recuperato il diritto dell'imputato a rendere per la prima volta l'esame in appello, sulla base del principio per cui "il tema di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in appello, l'esame dell'imputato non assunto in primo grado può essere ammesso soltanto ove ritenuto necessario sulla base di specifiche esigenze, che è onere della parte instante indicare e documentare." (Sez. 3, Sentenza n. 34626 del 15/07/2022, Rv. 283522 - 02).
Tenuto conto della confessione, quindi, non sussistono dubbi sulla corretta individuazione dell'Af. da parte del Co.
E' infondato anche il secondo motivo. A tale riguardo, la Corte rileva che l'autovettura era parcheggiata nelle immediate vicinanze di edifici adibiti a civile abitazione, sicché la condotta di danneggiamento, da parte dell'imputato, ha reso concreto il pericolo del propagarsi di un incendio di rilevanti dimensioni [Sez. 2, Sentenza n. 47415 del 17/10/2014: il reato di danneggiamento seguito da incendio richiede, come elemento costitutivo, il sorgere di un pericolo di incendio, sicché non è ravvisabile qualora il fuoco appiccato abbia caratteristiche tali che da esso non possa sorgere detto pericolo per cui, in questa eventualità o in quella nella quale chi, nell'appiccare il fuoco alla cosa altrui al solo scopo di danneggiarla, raggiunge l'intento senza cagionare né un incendio né il pericolo di un incendio, è configurabile il reato di danneggiamento, mentre se detto pericolo sorge o se segue l'incendio, il delitto contro il patrimonio diventa più propriamente un delitto contro la pubblica incolumità e trovano applicazione, rispettivamente, gli articoli 423 e 424 cod. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto gli imputati responsabili del reato di cui all'art. 424 cod. pen., avendo accettato il rischio di provocare l'incendio di una sala da bowling, avuto riguardo ai mezzi impiegati e all'entità dei danni verificatisi)".
Passando ai motivi quoad poenam, con riguardo alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche, va richiamato il consolidato principio di diritto per cui, nel motivare il diniego dei beneficio ex art. 62-bis c.p., non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gii elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (per tutte, Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, Lule, Rv. 259899).
Orbene, la Corte ritiene pienamente condivisibile e adeguata la dosimetria della pena applicata dal primo giudice, non ritenendo di poter concedere le auspicate attenuanti generiche, giusta la gravità della condotta tenuta dall'imputato e tenuto conto del disvalore sociale della medesima e del bene della vita leso, fermo restando, tra l'altro, che in tema di attenuanti generiche "la loro applicazione, oggetto di un giudizio di fatto, non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di applicazione delle circostanze in parola" (Cass. pen., Sez. II, 7 novembre 2018, n.9299) ragion per cui "l'obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta" (Cass. pen., Sez. II, 10 luglio 2009, n. 38383).
Inoltre, appare sussistente la contestata recidiva reiterata e infraquinquennale, tenuto conto della gravità dei precedenti da cui risulta attinto l'imputato, nonché della loro vicinanza nel tempo, in virtù dei quali può ritenersi che il fatto per cui si procede costituisca l'ennesimo tassello di una progressiva escalation criminosa da parte dell'Af.
Infine, la pena inflitta all'imputato appare congrua e rispettosa dei parametri di legge. Non sono emersi elementi idonei a poter determinare una diversa commisurazione della pena erogata in primo grado.
Dal rigetto dell'appello deriva la condanna dell'istante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Stante il rilevante carico di ruolo dell'ufficio, il termine per il deposito della motivazione è stato riservato in sessanta giorni, non interamente fruiti.
P.Q.M.
Visto l'art. 605 c.p.p.,
conferma la sentenza emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, G.M., in data 12.4.2019, appellata dall'imputato Af.Fa., che condanna alle spese de! presente grado. Motivazione in giorni sessanta.
Così deciso in Napoli il 22 dicembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2024.