Corte appello Ancona, 22/01/2024, n.2444
L'aggravante della minorata difesa ex art. 61 n. 5 c.p. non può essere applicata sulla base di condizioni astratte, come l'orario notturno, senza una concreta valutazione delle circostanze fattuali che abbiano realmente inciso sulla capacità di difesa della vittima. La sua applicazione richiede un accertamento in concreto delle condizioni che abbiano agevolato l'azione criminosa, tenendo conto dell'ambiente, della presenza di persone e della situazione specifica.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 279/2023, emessa in data 24.04.2023, il GUP presso il Tribunale di Ancona, all'esito del richiesto giudizio abbreviato, dichiarava l'imputato Ou.As. responsabile dei reati ascrittigli in concorso con Ma.Ad. (giudicato separatamente) al capo A (rapina aggravata ex art. 628 commi 1 e 3 n. 1 c.p. 61 n. 5 c.p. in danno di Ma.An. e rapina tentata in danno di Ma.An. e Ch.El.), al capo B (rapina aggravata ex art. 628 commi 1 e 3 n. , 61 n. 5 c.p. in danno di Ma.An.) ed al capo D (lesioni aggravate ex art. 585 c.p. in relazione all'art. 61 n. 2 e 61 n. 5 c.p., in danno di Ci.Fi.) e lo condannava alla pena di anni 4 e mesi 10 di reclusione ed Euro 2.000 di multa, con l'interdizione dai Pubblici Uffici per anni 5. La pronuncia di colpevolezza si fonda sui contenuti degli atti di indagine ed in particolare sul verbale di arresto in flagranza di reato operato nei confronti del prevenuto e del complice Ma.Ad. da personale del Commissariato di Senigallia in data 14.08.2022, nonché sulle denunce-querele presentate dalle pp.oo. (Ma.An., Ch.El., Ci.Fi.) e le dichiarazioni rese dalle persone che sono state testimoni dei fatti (Ma.Ma., Bi.Ma. e Pi.Fe.). I fatti possono essere così compendiati.
Attorno alle ore 4:30 del giorno 14.8.2022 un gruppo di amici formato da Ma.An., Ch.El., Ci.Fi. e Pi.Fe., dopo aver trascorso la serata sul lungomare di Senigallia, si portava verso il parcheggio posto nelle vicinanze dell'Hotel Pa. di Senigallia. Una volta saliti tutti e quattro a bordo della autovettura mod. Volkswagen Polo di proprietà del Ma., i giovani venivano improvvisamente assaltati da due sconosciuti di origine magrebina, dell'età di circa 20 anni che, solo pochi istanti prima, li avevano avvicinati chiedendo informazioni riguardo un certo Ke., il quale avrebbe avuto un'auto di color verde.
I due giovani - precisamente descritti dalle pp.oo. e identificati nelle persone di Ou.As. e di Ma.Ad. - si introducevano all'interno dell'abitacolo. Più precisamente, l'imputato Ou.As. assaliva Ma.An. in quel momento seduto sul lato guida, così bloccandolo sul sedile con il proprio corpo, mentre il complice Ma. faceva altrettanto con Ch.El., il quale si trovava sul lato passeggero.
Così bloccati gli occupanti del mezzo, l'imputato si impossessava con una mossa repentina delle chiavi dell'autovettura, sfilandole dal nottolino di accensione; a quel punto Ou.As. scendeva dal mezzo e intimava al Ma. di consegnargli tutti i soldi che aveva nel portafoglio, puntandogli contro la chiave dell'autovettura in maniera minacciosa.
Alla risposta del Ma. di non aver denaro con sé, Ou.As. cercava di strappargli con la forza il portafoglio, non riuscendovi per la resistenza opposta dal Ma. che, a quel punto, si dava repentinamente alla fuga. La dinamica sopra riferita è confermata anche da Ch.El., il quale, nella propria denuncia, precisava che l'uomo più alto (ovvero l'odierno imputato) ingiungeva anche a lui di consegnargli il portafoglio e, dopo aver verificato la mancanza di denaro, gli intimava di consegnargli il telefono cellulare, affermando di essere armato di un coltello e ribadendo la minaccia anche nei confronti del Ma.An., al quale rivolgeva le medesime richieste una volta perquisito il Ch..
A sua volta Ci.Fi., nella propria denuncia, spiegava che, una volta fuggiti i propri amici Ma. e Ch., si era trovato da solo in balia dei propri aggressori, che lo avevano costretto ad inginocchiarsi; nel mentre, il più basso dei due, ovvero il Ma., brandiva un bastone minacciandolo e inveendo nei suoi confronti e con lo stesso bastone assestava violenti colpi al parabrezza dell'auto di proprietà del Ma., che riportava i danni visibili nelle immagini fotografiche in atti.
Successivamente, anche il Ci. riusciva a fuggire, rifugiandosi nell'autovettura di un altro amico, Bi.Ma., non interessato dall'aggressione.
In seguito a tali fatti, Ci. avvedutosi di un arrossamento all'occhio e alla guancia destra, si portava al locale P.S. ove gli veniva diagnosticata una contusione all'emivolto destro con prognosi di giorni 1.
Una volta giunta sul posto la pattuglia del Commissariato di Senigallia, i due aggressori venivano sorpresi ancora intenti ad armeggiare all'interno della autovettura del Ma.. L'odierno imputato veniva immediatamente bloccato; il complice Ma., dopo essere riuscito in un primo momento ad allontanarsi, veniva infine intercettato a bordo di una bicicletta con indosso una camicia nera decorata con motivi e scritte gialle e viola, che il Ma. aveva verificato essere stata poc'anzi asportata dal sedile posteriore della propria autovettura. Ma. era riconosciuto con sicurezza da tutte le pp.oo, presenti sul posto come il complice dello Ou.As. e veniva anch'egli tratto in arresto. Nei confronti dell'imputato Ou.As., su richiesta del P.M., veniva quindi disposta la misura cautelare della custodia in carcere, poi sostituita con quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e successivamente ripristinata a seguito della scoperta, nel domicilio dell'imputato, di sostanza stupefacente e materiale per il confezionamento delle dosi.
Gli elementi probatori emersi dagli atti di indagine portavano il Tribunale di Ancona a ritenere integrata la prova della penale responsabilità dell'imputato in relazione a tutti i reati ascrittigli, i quali potevano considerarsi espressione di un medesimo disegno criminoso, mentre la pena finale, al netto della diminuente per il rito, veniva determinata in misura di anni quattro e mesi 10 di reclusione ed Euro 2000 di multa.
Avverso la sentenza di condanna ha presentato appello il difensore dell'imputato Ou.As. il quale chiede:
- in via principale, assolvere l'imputato relativamente al reato di rapina consumata delle chiavi dell'autovettura di cui al capo a);
- in via subordinata escludere l'aggravante di cui all'articolo 61 numero 5, di conseguenza escludere l'applicabilità del quarto comma dell'articolo 628 c.p. e quindi rideterminare la pena inflitta;
- in via ulteriormente subordinata, applicare l'articolo 62 numero 4 c.p. e, per l'effetto, rideterminare la pena inflitta.
Con il primo motivo di appello, la difesa contesta la sussistenza del reato di rapina consumata delle chiavi dell'autovettura di cui al capo a) di imputazione. Secondo l'appellante, infatti, l'imputato si impossessava delle chiavi della macchina non perché esse costituissero l'obiettivo della rapina, ma unicamente allo scopo di impedire alle persone offese di fuggire a bordo del proprio mezzo; in altre parole, la momentanea sottrazione delle chiavi dell'autovettura era finalizzata unicamente ad ostacolare la privata difesa della persona offesa, intimorendola al fine di farsi consegnare portafoglio e cellulare. Tale sottrazione, dunque, non rileva in sé, ma costituisce solo la violenza richiesta per la configurazione della rapina, come pure il giudice di prime cure aveva riconosciuto in un passaggio della sentenza di condanna ove dava atto che la violenza, nel caso di specie, si era manifestata anche attraverso la minaccia con le chiavi sottratte dall'autovettura.
Rileva poi l'appellante che, a tutto voler concedere, ci troveremmo di fronte a un semplice tentativo di rapina delle chiavi dell'autovettura, e ciò in quanto l'imputato non si era mai allontanato e le chiavi erano sempre rimaste nella disponibilità della persona offesa, che poi ne è ritornata in possesso. Con l'ulteriore motivo d'appello, la difesa contesta la sussistenza dell'aggravante della minorata difesa di cui all'articolo 61 numero 5 c.p. in quanto i fatti, pur collocandosi in orario notturno, sono avvenuti in pieno periodo di vacanze estive, in una zona peraltro centralissima e assai frequentata di Senigallia e, soprattutto, in un parcheggio adiacente un hotel. Oltre a ciò, mentre gli imputati erano in due, non travisati e neppure armati, le persone offese erano numericamente superiori, essendo in quattro, tutti di sesso maschile e della stessa età degli imputati.
Escludendosi la circostanza aggravante della minorata difesa, doveva pertanto essere esclusa anche l'applicabilità del comma quarto dell'articolo 628 c.p., con conseguente rideterminazione della pena.
Con l'ultimo motivo d'appello, viene chiesto il riconoscimento della circostanza attenuante della particolare tenuità del danno di cui all'articolo 62 numero 4 c.p., in ragione del fatto che l'unico bene asportato consisteva in una camicia dal valore economico di appena 30 Euro.
All'odierna udienza svoltasi in presenza dell'imputato, all'esito della discussione, il P.G. concludeva chiedendo il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza di condanna; il difensore dell'imputato concludeva riportandosi ai motivi di appello di cui chiedeva l'integrale accoglimento.
Motivi della decisione
La sentenza impugnata deve essere parzialmente riformata nel senso indicato in dispositivo.
Osserva anzitutto la Corte che, in ordine ai reati di cui ai capi B) e D) dell'imputazione, non essendovi specifiche censure da parte dell'appellante alla ricostruzione e qualificazione dei fatti operata in sentenza, può farsi integrale richiamo alle condivisibili considerazioni del primo Giudice, che appaiono corrette e aderenti al dato istruttorio.
Con la richiesta svolta in via principale, la difesa chiede l'assoluzione dello Ou.As. dal reato di tentata rapina delle chiavi della macchina di cui al capo A) di imputazione.
Il motivo di appello non può essere accolto.
Invero, dalla lettura del verbale di denuncia-querela sporta il 14.08.2022 dalla p.o. Ma.An., si evince che lo Ou.As. si impossessava delle chiavi della macchina dopo essersi introdotto nell'abitacolo ed aver bloccato con il proprio corpo il Ma. (analogamente a quanto fatto dal complice Ma. con il Ch.El., in quel momento seduto sul lato passeggero). Tale versione dei fatti ha trovato precisa conferma nelle dichiarazioni rese da tutti i soggetti presentì all'interno dell'autovettura, le cui testimonianze sono risultate perfettamente convergenti a quella della persona offesa. E' perciò evidente che l'asportazione delle chiavi del mezzo sia avvenuta proprio in seguito alla condotta di Ou.As. e del complice Ma., consistita nell'aver costretto le pp. oo. Ma. e Ch. all'interno dell'autovettura, con la pressione esercitata fisicamente, così impedendo loro ogni movimento. Tale condotta è chiaramente idonea ad integrare l'elemento della violenza proprio del reato di rapina, mentre il fine di profitto ingiusto è implicito nell'azione compiuta, diretta comunque a prendere il totale controllo dell'automezzo. Il fatto che, immediatamente dopo essersi impossessato delle chiavi, l'imputato se ne sia servito anche come strumento per minacciare le vittime (in aggiunta all'avvertimento minaccioso di avere con sé un coltello), così da farsi consegnare il portafogli e il cellulare, non vale ad escludere che la precedente condotta tenuta dall'imputato abbia integrato gli estremi del delitto di rapina delle chiavi dell'autovettura.
La rapina è da ritenersi consumata, perché, diversamente da quel che si legge nell'atto di appello, il Ma. ha dichiarato dì non essere mai ritornato in possesso delle chiavi sottratte: "Preciso di non aver più ritrovato le chiavi dell'auto sottrattami, nonostante le approfondite ricerche nella zona, anche quella interessata dal percorso del fuggiasco".
Non va trascurato il fatto che, all'arrivo della pattuglia, i rapinatori erano ancora intenti a rovistare nell'automobile del Ma., il che non conduce certo ad escludere che intento dell'imputato Ou.As. fosse anche quello di impossessarsi dell'autovettura; va anzi considerato che l'imputato ed il complice Ma. erano a piedi, ed è perciò difficile pensare che, terminata la loro azione, si sarebbero dati alla fuga lasciando l'automobile in mano alle pp.oo., così consentendo alle pp.oo., in superiorità numerica, di riorganizzarsi e di utilizzare il veicolo per inseguirli.
Ferma dunque la responsabilità penale dell'imputato in rapporto a tutti gli illeciti contestatigli, la Corte ritiene di poter accogliere la richiesta di esclusione della circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 5 c.p..
Come è noto, la circostanza aggravante suddetta è configurabile solo quando ricorrono condizioni oggettive idonee ad ostacolare o affievolire le capacità reattive della vittima, delle quali l'agente abbia approfittato per commettere il reato.
Nel caso di specie, il giudice di prime cure ha ritenuto integrata la minorata difesa in ragione del fatto che "l'orario notturno evidentemente riduce la possibilità che qualcuno di passaggio possa avvedersi della condotta delittuosi di intervenire".
Da tempo, però, la Corte di Cassazione ha precisato che l'aggravante in parola non può dirsi integrata unicamente per via dell'orario notturno, dovendo al contrario tenersi conto delle concrete condizioni in cui l'azione viene posta in essere: "La circostanza aggravante della minorata difesa si fonda su una valutazione in concreto delle condizioni che hanno consentito di facilitare l'azione criminosa, sicché non vale ad integrare automaticamente la stessa la sola situazione astratta del tempo di notte. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva riconosciuto l'aggravante in un caso di furto commesso operando quando era già buio, sui retro di una villa ed in assenza di controlli)" Cass. pen. sez. IV, 17/05/2019, n. 30990; e ancora: "L'aggravante della minorata difesa si fonda su una valutazione in concreto delle condizioni che hanno consentito di facilitare l'azione criminosa non rilevando l'idoneità astratta di una situazione, quale il tempo di notte. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito che aveva riconosciuto l'aggravante nel caso di un furto di merce contenuta in un autoarticolato parcheggiato nel piazzale di un'azienda, effettuato in piena notte nel mese di gennaio, in una situazione di buio assoluto, in assenza del proprietario e di altre persone nel luogo, pur esistendo nel piazzale un impianto di videoregistrazione che però non allertava il proprietario o le forze dell'ordine)" Cass. penale sez. V, 13/01/2020, n. 7026.
Ciò posto, a giudizio di questa Corte, nel caso di specie, non ricorreva una situazione di minorata difesa di cui gli imputati abbiano approfittato, perché, se è vero che le condotte criminose sono state poste in essere a notte inoltrata, altrettanto vero è che trattavasi della vigilia di ferragosto; i fatti sono dunque avvenuti nel pieno delle ferie estive, oltretutto in una rinomata località di villeggiatura estiva e a poca distanza dal lungomare (le persone offese erano tornate a piedi al parcheggio), zona notoriamente assai frequentata. Il tardo orario non consente per ciò solo di ritenere ridotta la possibilità che vi fossero persone di passaggio, essendo anzi molto facile che, specialmente i più giovani, in prossimità del ferragosto, tendano a trattenersi fuori casa anche fino a notte inoltrata, come del resto dimostrato dal fatto stesso che le persone offese e i loro due amici, Bi.Ma. e Ma.Ma., si trovavano ancora in giro.
Oltretutto le vittime, di sesso maschile e di giovane età, erano anche numericamente superiori, il che certo non agevolava in astratto il buon esito dell'azione criminosa.
Tali considerazioni portano ad escludere la configurabilità dell'aggravante ex art. 61 n. 5. c.p..
Deve, invece, essere respinta la richiesta di applicazione dell'attenuante ex art. 62 n. 4 c.p..
A riguardo, sia sufficiente ricordare che, secondo il consolidato e costante insegnamento della Corte di Cassazione, l'attenuante de! danno di particolare tenuità è configurabile solo laddove il pregiudizio arrecato sia lievissimo ovvero di valore economico pressoché irrisorio, tenuto conto non solo del valore economico del danno, ma anche degli ulteriori effetti pregiudizievoli derivati alla p.o. dalla condotta illecita posta in essere.
Con specifico riferimento al reato di rapina, la Corte Suprema, anche di recente, ha avuto modo di affermare che: "ai fini della configurabilità dell'attenuante del danno di speciale tenuità con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma è necessario procedere ad una valutazione degli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia considerata la natura plurioffensiva del delitto di cui all'articolo 628, il quale lede non soltanto il patrimonio ma anche la libertà e l'integrità fisica e morale della persona aggredita perla realizzazione del profitto" (Cass. pen. n. 1497/2020; nello stesso senso Cass. pen. n. 14970 del 27.03.2020 e Cass. pen. n. 50987 del 17.12.2015).
In definitiva, solo se la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all'applicazione dell'attenuante in parola, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logico giuridici.
Ebbene, oltre a non potersi sostenere che il bene sottratto sia di modestissimo valore economico, atteso che, oltre alla camicia, hanno formato oggetto di rapina anche le chiavi dell'autovettura del Ma. (mai più ritrovate), corrispondenti, senz'altro, ad un bene mobile dal valore economico obbiettivamente non irrisorio, va considerato anche l'ulteriore indefettibile aspetto legato agli effetti della violenza e minaccia usate dall'imputato nei confronti delle persone offese e estrinsecatisi, oltre che nelle lesioni patite dal Ci.Fi., costretto in ginocchio e minacciato con l'uso di un bastone, anche nello stato di terrore ingenerato nelle vittime dalla condotta aggressiva e violenta tenuta nei loro confronti, attraverso l'uso della forza e l'impiego di minacce (il Ci. ha detto di essere rimasto letteralmente impietrito dalla paura, mentre le altre pp.oo., non appena hanno potuto, si sono date alla fuga). Neppure sono concedibili, data la gravità del fatto e l'allarme sociale provocato, le circostanze attenuanti generiche.
Ciò posto, esclusa la circostanza aggravante ex art. 61 n. 5. c.p. la pena nei confronti dell'imputato Ou.As. deve essere rideterminata in misura di anni 4, mesi 1, giorni 20 di reclusione ed Euro 1.500 di multa così determinata: pena base fatto più grave capo A (rapina chiavi) anni 6 di reclusione ed Euro 2000 di multa;
aumentata per continuazione interna con i fatti di tentata rapina di cui al capo A ad anni 6 mesi 1 di reclusione ed Euro 2150 di multa; aumentata per continuazione per i fatti di cui al capo B ad anni 6, mesi 2, Euro 2250 di multa;
aumentata per la continuazione con lesioni capo C ad anni 6 mesi 2 giorni 15 di reclusione ed Euro 2250 di multa;
ridotta per il rito ad anni 4 mesi 1 giorni 20 di reclusione ed Euro 1500 di multa.
La sentenza va confermata nel resto.
P.Q.M.
Visto l'art. 599 c.p.p.,
in parziale riforma della sentenza n. 279/2023 emessa in data 24.04.2023 dal GUP presso il Tribunale di Ancona, esclude l'aggravante di cui all'art. 61 co. 1 n. 5 c.p. e ridetermina la pena irrogata ad Ou.As. in anni 4, mesi 1, giorni 20 di reclusione ed Euro 1.500 di multa.
Conferma nel resto.
Riserva il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione.
Così deciso in Ancona il 24 ottobre 2023.
Depositata in Cancelleria il 22 gennaio 2024.