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Estorsione e attendibilità della persona offesa: assoluzione per insufficienza di prove (Collegio - Cristiano presidente)

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Tribunale Napoli sez. IV, 10/12/2010, (ud. 12/11/2010, dep. 10/12/2010), n.15028

Le dichiarazioni della persona offesa non superano il vaglio di attendibilità necessario per fondare una condanna quando emergano contraddizioni, motivi di rancore personale e assenza di riscontri oggettivi.

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La sentenza integrale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con decreto emesso dal Giudice dell'udienza preliminare in data 15.5.2009, veniva disposto il giudizio nei confronti di G. M., T. R., D. G. P. e A. A. per rispondere del reato loro compiutamente ascritto in rubrica.

Costituite le parti all'udienza del 6.11,2009, su richiesta della difesa di D. G. e A. il processo veniva rinviato al 15.1.2010 e da qui, per assenza dei testi, al 26.2.2010.

In data 26.2.2010, le parti avanzavano le loro richieste istruttorie e il Tribunale disponeva come da ordinanza letta in udienza, quindi si procedeva all'esame dei testi di PG V. R., D'O. A., F. F. e della persona offesa B. A..

All'udienza del 16.4.2010 venivano escussi i testi B. S. e R. G., quindi dopo alcuni rinvii disposti per poter escutere la teste S. V., se ne disponeva l'accompagnamento per l'udienza dell'8.10.2010, in tale udienza venivano, altresì, acquisite le dichiarazioni rese dagli imputati G., D. G. e T. ai sensi dell'art. 513 c.p.p.

In data 12.11.2010 le parti rassegnavano le conclusioni come in epigrafe trascritte. Il Tribunale si ritirava per la decisione che veniva emessa e pubblicata mediante lettura del dispositivo in udienza.

La vicenda in esame nasce a seguito della denunzia sporta in data 7.5.2008 presso la Stazione Carabinieri di Napoli - Bagnoli dalla persona offesa, B. A., che rappresentava di essere vittima di estorsione da parte di soggetti vicini a clan camorristici della zona.

A seguito di tale denunzia veniva predisposta un 'attività che, nella giornata successiva alla denunzia, portava all'arresto degli odierni imputati, ma sin dalle prime battute (tanto che l'arresto non veniva convalidato dal GIP) i fatti si coloravano diversamente, venendo in luce una serie di legami, rapporti di amicizia e sentimentali, che legavano i protagonisti della vicenda.

Appare evidente dunque che nel caso di specie fondamentali appaiono le dichiarazioni della persona offesa; del resto sul punto la Cassazione è costante nel ritenere che le dichiarazioni della persona offesa, possano essere da sole poste alla base del libero convincimento del giudice, sempre che non vi siano ragioni per dubitare della sua attendibilità (Cass. sez. I, n.8606/97).

Orbene, subito si dirà che le dichiarazioni della persona offesa non superano il vaglio di attendibilità richiesto, atteso che le stesse di presentano illogiche e contraddittorie, inoltre la stessa persona offesa appare portatrice di un suo personale interesse, oltre che di un certo astio nei confronti di A. A., "colpevole" di aver corteggiato Sgambato Vincenza, attuale moglie del B. A..

Nel dettaglio, B. A., escusso ali udienza del 26.2.2010, riferiva di aver deciso di sporgere denunzia poiché il T. R., persona da lui conosciuta sin dall'infanzia si era recato, in data 7.5.2008, presso il suo negozio di fiori e con l'intento di fare da "paciere per i fatti che accadevano tra lui e l'A.", aveva cercato di impaurirlo riferendosi a degli "amici dei V." che volevano parlargli. Dell'episodio aveva sporta denunzia nella stessa giornata.

Il T., il giorno successivo, si era presentato in compagnia di due persone facendogli cenno di uscire dal negozio, per cui il B., prima di assecondare la richiesta, avvisava i carabinieri della presenza presso il suo negozio di tali personaggi, così che questi intervenivano traendoli in arresto. Quanto alla conversazione avvenuta con i presunti malfattori prima che sopraggiungessero i militari dell'arma, B. riferiva che D. G. aveva preso la parola e lo aveva intimorito, intimandogli che doveva "lasciar perdere tutto, quello che era stato era stato, e che da adesso in poi non se ne doveva fare più nulla", riferendosi all'A..

Quanto ai rapporti che lo legavano all'A., B. riferiva che inizialmente vi era un rapporto di amicizia, e che considerava l'A. una persona di cui ci si poteva fidare, ma che poi in seguito aveva tradito la fiducia in lui riposta. A suo dire infatti, l'A. "ci aveva provato" con la sua attuale moglie, all'epoca dei fatti sua fidanzata, inoltre non aveva onorato alcuni debiti che erano rimasti insoluti. Su quest'ultimo aspetto B. riferiva che era creditore dell'A. in quanto gli aveva venduto ben due moto che erano state pagate solo in parte, inoltre lo stesso A. aveva fatto numerosi ordinativi di fiori senza pagarli.

Anzi per tale ultima vicenda aveva sporto anche una denunzia in quanto era capitato in diverse occasioni che gli erano stati ordinati dei fiori telefonicamente, ma che poi al momento della consegna non vi fosse un effettivo destinatario perché ad es. l'indirizzo risultava sconosciuto o perché nel posto indicato risultava esserci altro. Incalzato dalla difesa, B. ammetteva di aver sporto nell'occasione denunzia contro ignoti, anche se era sicuro che dietro tali ordinativi vi fosse l'A., in quanto aveva riconosciuto il numero di telefono, ma di non aver esplicitato tale convinzione in sede di denunzia poiché gli sembrava di essere diventato lo zimbello del quartiere, infatti in giro lo appellavano come "cornuto".

Ammetteva inoltre, che per tali ragioni vi erano stati degli scontri, anche fisici, con l'A., da cui erano derivate una serie di denunzie reciproche. Orbene, tale narrazione dei fatti evidenzia non solo il rancore covato dal B. nei confronti dell'A., e la necessità di dimostrare di essere il più forte, anche ricorrendo ad atti di violenza (cfr. querele per lesioni sporte dall'A. in atti), ma anche una serie di incongruenze non apparendo credibile né che si continui a far credito a chi non paga, né che si continuino a prendere per buoni gli ordinativi di fiori ricevuti dall'A. sino a far lievitare il credito ad oltre quattromila euro.

A ciò si aggiunga che la versione dei fatti fornita dalla persona offesa non trova riscontro in quella degli altri testi di lista.

B. S., fratello del B. A., riferiva di aver lavorato nel negozio del fratello dal marzo 2004 al maggio 2008, riferiva inoltre che suo fratello aveva avuto rapporti di amicizia sia con A. A., che con T. R., anzi con quest'ultimo erano "cresciuti insieme".

Negava che suo fratello fosse creditore dell'A. se non per una piccola cifra di tre- quattrocento euro che residuavano dalla vendita di alcune moto che suo fratello aveva ceduto all'A., negava che l'A. avesse mai ordinato fiori a suo fratello o che chiamasse sull'utenza telefonica del negozio, dal momento che contattava la S. direttamente sulla sua personale utenza cellulare; di tale ultima circostanza era sicuro anche perché suo fratello aveva svolto una sua personale indagine e gli aveva mostrato un tabulato da cui risultavano i numeri che contattavano la S..

Quanto al T. negava che questi avesse intenzioni minacciose, ma che lo stesso era intervenuto a dirimere i rapporti tra B. A. e l'A. atteso che vi erano state reciproche denunzie.

Analogamente, R. G., che lavorava presso il negozio di fiori del B. come addetto alle consegne, negava di aver mai riportato indietro fiori che erano stati ordinati, anche se riferiva di aver sentito dallo stesso B. che l'A. aveva fatto degli ordinativi senza pagarli, confermava che il B. scoperta la relazione tra la S. e l'A., aveva aggredito quest'ultimo in più occasioni.

Quanto alla teste S. V., la donna è apparsa teste reticente, essendosi dovuto ricorrere all'accompagnamento da parte delle forze dell'ordine per avere la sua presenza in udienza.

La teste in questione, inoltre, si è trincerata dietro numerosi "non ricordo", negando di aver mai avuto una relazione sentimentale con A. A., all'insaputa del B., e sostenendo piuttosto che era stato l'A. a corteggiarla insistentemente.

Quanto al credito vantato dal B. nei confronti dell'A., sosteneva che quest'ultimo non solo non aveva pagato le moto che aveva acquistato alcuni anni prima dal B., ma che aveva fatto numerosi ordinativi di fiori non pagati, tanto che il suo debito complessivo ammontava a circa quattro - cinque mila euro, anche se non sapeva esattamente quantificare il debito che residuava dalla vendita delle moto (probabilmente duemila euro) e quello maturato a seguito degli ordinativi di fiori.

Circa le modalità con cui avvenivano tali ordinativi, negava che questi avvenissero in forma anonima, ma sosteneva che in alcune occasioni il B. aveva risposto al suo cellulare, e l'A. per giustificare la telefonata aveva ordinato dei fiori per la mamma e la sorella, fiori che erano stati regolarmente consegnati, ma non pagati dall'A..

Sull'episodio specifico delle richieste estorsive, riferiva che nel periodo immediatamente precedente all'arresto, il T. era passato più volte fuori il negozio, deridendo e "sfottendo" il B..

In particolare, il giorno prima dell'arresto, il T. in malo modo, aveva chiesto al B. di uscire dal negozio, il quale aveva assecondato la richiesta. I due si erano intrattenuti sul marciapiede davanti al negozio, e lei dalla sua posizione aveva potuto ascoltare solo parzialmente la conversazione. Aveva sentito dire al T. di "lasciar perdere tutto", ed anche "quello i soldi non te lì ridà", ma non aveva sentito se vi fosse stato il riferimento a gruppi criminali.

Dell'ulteriore sviluppo della vicenda, ne aveva avuto conoscenza solo dopo l'arresto, poiché non era stata presente in negozio.

Orbene, la versione dei fatti resa dalla Sgambato, animata da un comprensibile intento di proteggere la propria intimità,, resta vaga quanto all'ammontare del debito maturato dall'A., poiché a parere di questo Tribunale appare difficile immaginare, in un arco temporale ristretto di alcuni mesi, una tale richiesta di omaggi floreali da parte dell'A. tali da raggiungere la somma indicata dalla persona offesa.

Infatti, se tali ordinativi sono avvenuti occasionalmente, solo quando il B. rispondeva all'utenza cellulare della S., si comprende come credito vantato dal B. nei confronti dell'A. per gli ordinativi di fiori debba essere di gran lunga inferiore alla somma indicata. Quanto poi alla vendita delle moto, né il B., né la S. sono stati in grado di riferire l'ammontare della somma ancora dovuta, che però il fratello del B. quantifica in circa tre - quattrocento euro.

A tali considerazioni, che riducono sensibilmente l'ammontare del credito vantato dal B . nei confronti dell'A., si aggiunge la considerazione per la quale non è emerso che il B. avesse mai intrapreso una qualche iniziativa tesa ad ottenere il pagamento del suo credito, per cui l'A. non aveva alcun motivo per far intervenire terzi per la cancellazione del debito,

Restano dunque le motivazioni sentimentali, da cui erano derivate aggressioni da parte del B. nei confronti dell'A., con relative denunzie, ed in questo senso appare plausibile la versione dei fatti resa sin dall'inizio dagli imputati (cfr. verbali di interrogatorio acquisiti all'udienza dell'8.10.2010 ), per cui l'A. aveva chiesto aiuto a suo cugino D. G. P. che conosceva il T., che era a sua volta amico del B., di pacificare la situazione, anche perché in alcuni episodi erano rimasti coinvolti suoi familiari (l'A., infatti, è coniugato con prole).

Del resto le indagini svolte non hanno consentito di accertare la vicinanza degli imputati a gruppi criminali della zona.

Orbene, inquadrata cosi la vicenda, non è possibile escludere che gli imputati, per pacificare la situazione, siano ricorsi a minacce più o meno esplicite per esercitare una pressione sul B., ma l'incongruenza della versione dei fatti resa dalla persona offesa, il suo essere portatore di personali interessi, non consente di fondare un giudizio di colpevolezza in capo agli imputati in ordine al reato di estorsione aggravata, sulla base delle sole dichiarazioni del B. A., dal momento che queste non superano il vaglio di attendibilità necessario. In tal senso, il Tribunale deve pronunziare una sentenza assolutoria sia pur ai sensi dell'art. 530, co. II non essendosi raggiunta la prova in ordine alla sussistenza del reato in contestazione.

Il termine di giorni trenta per il deposito dei motivi appare giustificato dalla complessità della vicenda.

P.Q.M.
Letto l'art. 530, co. 2 c.p.p. assolve G. M., T. R., D. G. P. e A. A. dal reato loro ascritto perché il fatto non sussiste.

Motivi in trenta giorni.

Napoli, 12.11.2010

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