Corte appello Napoli sez. VI, 01/07/2024, (ud. 04/06/2024, dep. 01/07/2024), n.6804
La tentata estorsione si configura anche quando la minaccia, unita a condotte violente, è finalizzata a conseguire un ingiusto profitto, indipendentemente dall’efficacia dell’atto intimidatorio, purché risulti idonea a coartare la volontà della vittima, valutata ex ante.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 2881/22 emessa dal Tribunale di S. Maria C.V. in data 15.6.22, Ba.Cl. veniva giudicato colpevole dei reati a lui ascritti ai capi 1), 2) e 3) della rubrica e, previa riqualificazione della fattispecie di cui al capo 2) nella sua forma tentata, esclusa la contestata aggravante ex art. 112 co. 1 n. 4 c.p. e ritenuto il vincolo della continuazione, veniva condannato alla pena di anni tre di reclusione ed euro 1.100,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
L'imputato veniva, altresì, dichiarato interdetto dai pp.uu. per la durata di cinque anni nonché condannato al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, al pagamento di una provvisionale di 5.000,00 euro immediatamente esecutiva e alla rifusione delle spese processuali sostenute dalle medesime p.c., quantificate in euro 2.500,00 oltre rimborso forfettario per spese generali, IVA e CPA come per legge.
Il giudizio di colpevolezza espresso dal giudice di prime cure fondava principalmente sulle dichiarazioni testimoniali rese nel corso dell'istruttoria dibattimentale, tra cui in particolare quella della persona offesa, Bu., della dott. Ia., psicoterapeuta della vittima, nonché del teste di P.G. Ce., in servizio presso il Commissariato di P.S. di Sessa Aurunca.
Da tale piattaforma probatoria emergeva quanto segue: il Bu., minorenne all'epoca dei fatti nonché affetto da un lieve disturbo dell'apprendimento, frequentava la scuola media presso l'istituto "(…)" sito in Sessa Aurunca e, in più occasioni, era stato costretto da due compagni di classe, To.Ca. e Di.Be., a recarsi presso il cortile dell'edificio scolastico per acquistare da un certo "uomo nero" - identificato nella persona del Ba. tramite rilievi fotografici - sostanza stupefacente dietro corrispettivo di denaro. In particolare, il teste di P.G. Cervo, su impulso della denuncia sporta dalla Pa., madre del Bu., aveva compiuto dei sopralluoghi nei pressi dell'istituto scolastico del minore, all'esito dei quali aveva notato l'odierno imputato sostare in maniera sospetta, essendo già maggiorenne, nei pressi della scuola media frequentata dalla vittima. In due occasioni, inoltre, il Bu. era stato mandato dal Ba. sprovvisto di soldi ed in tali circostanze l'imputato, dopo aver avanzato la richiesta di denaro per le cessioni avvenute, aveva colpito il minore con un pugno allo stomaco e gli aveva puntato un coltello alla gola, minacciandolo di pagare, non riuscendo tuttavia a soddisfare la sua pretesa estorsiva.
Avverso la sentenza ha interposto appello la Difesa dell'imputato chiedendo, anzitutto, l'assoluzione del proprio assistito dai capi 1) e 3) della rubrica con formula piena o, quantomeno, ai sensi del co. 2 dell'art. 530 c.p.p.: asserisce che le dichiarazioni rese dal Bu. risultano inattendibili e, in parte, contraddittorie nella misura in cui venivano smentite da quanto sostenuto dalla Fu., sua insegnante di sostegno, la quale riferiva di non aver dato importanza al racconto del minore in quanto, a detta della Ia., sua neuropsichiatra, il Bu. era solito inventarsi degli avvenimenti non realmente accaduti. Ancora, la Difesa sostiene che nessun accertamento è stato compiuto circa la qualificazione della sostanza ceduta alla luce dell'esito negativo della perquisizione personale e domiciliare disposte, escludendone per l'effetto la natura psicotropa. In relazione, poi, alla tentata estorsione, la Difesa lamenta l'assenza degli elementi costitutivi della fattispecie estorsiva in quanto il Ba., lungi dal voler ottenere il denaro per l'avvenuta cessione, avrebbe aggredito il Bu. poiché spinto dalla rabbia dovuta alla sfrontatezza del minore, con conseguente derubricazione dell'estorsione contestata nel reato di minaccia. In via ulteriormente subordinata, ha chiesto la concessione delle circostanze attenuanti generiche con conseguente riduzione della pena nel minimo edittale.
L'odierna udienza si è svolta nelle modalità di cui all'art. 23 bis L. 176/2020.
Ciò premesso, l'appello è infondato e va respinto.
Al riguardo, va preliminarmente osservato che, quanto al merito della decisione di condanna dell'imputato in ordine ai reati contestati per i quali il predetto è stato ritenuto responsabile, questa Corte ritiene integralmente condivisibili la ricostruzione dei fatti e la motivazione posta a fondamento della pronuncia di primo grado, in aderenza alle risultanze processuali, legittimamente acquisite e pertanto pienamente utilizzabili, da parte del giudice di prime cure, ad esse riportandosi (così come ormai ritenuto legittimo dalla giurisprudenza della Suprema Corte, ex multis v. Cass. pen., Sez. III, n.27300/04).
E, invero, le censure svolte nel gravame sono state sostanzialmente già esaminate e risolte, nel senso della loro infondatezza, dal primo giudice. E, qualora siano dedotte questioni già esaminate e risolte, il giudice dell'impugnazione può motivare per relationem (Cass. pen sez. V, n. 3751/00). Tale motivazione è consentita con riferimento alla pronuncia di primo grado, laddove le censure formulate contro quest'ultima non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, poiché il giudice di appello non è tenuto a riesaminare dettagliatamente questioni sulle quali si sia già soffermato il primo giudice con argomentazioni ritenute esatte ed esenti da vizi logici, dovendo al contrario procedere ad integrare la motivazione laddove la stessa sia mancante, in virtù del principio di piena devoluzione (Cass. Sez. V, n. 7572/99; Cass. Sez. VI, n. 10260/19).
Preme, tuttavia, aggiungere in questa sede come, in ordine alla prima doglianza mossa, la stessa risulta infondata e vada, pertanto, rigettata. Ed invero, le dichiarazioni testimoniali rese dal Bu. risultano aver superato il vaglio di attendibilità poiché sono state ampiamente riscontrate da quanto riferito dagli altri testi escussi nel corso dell'istruttoria dibattimentale; tra questi, in particolare, Papa Luca, compagno di classe della p.o., a sua volta vittima delle medesime prevaricazioni e minacce perpetrate dal To. e dal Di.Be., e Ia. Rosa, psicoterapeuta storica della vittima. Da tale compendio probatorio, infatti, emergeva come il Bu., affetto da un lieve disturbo dell'apprendimento inerente soltanto ad alcune materie scolastiche, frequentava la scuola media presso l'istituto "(…)" e che, nell'ambiente scolastico, veniva vessato dalle continue richieste avanzate da due suoi compagni di classe, To.Ca. e Di.Be., aventi ad oggetto l'acquisto di stupefacenti da un certo "uomo nero"- identificato, poi, nell'odierno imputato mediante rilievi fotografici- dietro corrispettivo di denaro. In due occasioni, tuttavia, il Bu. era stato mandato dal Ba., che lo attendeva nei pressi del cortile del plesso scolastico, privo di denaro e, in quelle circostanze, l'imputato lo aveva colpito con un pugno allo stomaco e minacciato con un coltello alla gola per ricevere il pagamento per le avvenute cessioni, profferendo al suo indirizzo espressioni intimidatorie dal tenore "portami questi soldi sennò ti faccio vedere ". Tale situazione, pertanto, divenuta ormai intollerabile, aveva spinto il Bu. a trasferirsi presso l'istituto scolastico "(…)" di (…) ma, nonostante ciò, il ragazzo era stato avvicinato dal compagno Di.Be. che aveva continuato a minacciarlo, utilizzandolo come "tramite" per acquistare la droga dall'odierno imputato. Tale ricostruzione della vicenda, fondata sul narrato della p.o. della cui attendibilità non si ha ragione di dubitare giusta la coerenza logica e linearità, trovava oltremodo riscontro nella testimonianza offerta dalla Ia., psicoterapeuta del Bu. sin dalle scuole elementari. La stessa, oltre a certificare la credibilità del minore alla luce di una piena capacità cognitiva e di discernimento, riferiva dello stato di forte agitazione vissuto dal ragazzo una volta iniziata la scuola media, dovuto alle vessazioni dallo stesso subite. Peraltro, come sopra detto, la presenza del Ba. fuori al plesso scolastico veniva, altresì, confermata dagli esiti dell'attività d'indagine.
Così ricostruita la piattaforma probatoria a carico dell'imputato, deve pienamente condividersi il giudizio espresso dal primo giudice in ordine all'inattendibilità della deposizione della Fu. (insegnante di sostegno del Bu.), sia in ragione della limitata conoscenza del minore, rispetto a quella più approfondita e risalente della sua psicoterapeuta di fiducia, sia per il sospetto che la stessa possa essere stata influenzata dal rapporto di amicizia intrattenuto dalla docente con la madre del Di.Be., uno dei due ragazzi coinvolti nella vicenda per cui si è proceduto con separato giudizio.
Quanto, poi, alla natura psicotropa della sostanza ceduta, la stessa è agevolmente desumibile da una serie di indici rilevatori, quali le modalità di confezionamento dello stupefacente (avvolto in una carta arrotolata sottoforma di una caramella o in una sigaretta arrotolata riposta in una bustina di plastica), il prezzo pattuito per l'acquisto, oscillante tra i 5 ed i 15 euro, la circostanza che la sostanza venisse fumata in bagno dal Di.Be. e dal To., il dato che il Ba. fosse già noto agli uffici per essere consumatore abituale di droghe leggere.
Ed invero, la Suprema Corte con orientamento costante ha affermato che "per accertare la natura di stupefacente dì una sostanza non è necessaria la perizia o un accertamento tecnico da svolgersi secondo le disposizioni di cui all'articolo 360 c.p.p., essendo all'uopo sufficiente il materiale probatorio costituito da dichiarazioni dell'imputato, indagine con narcotest et similia" (Cass. pen., Sez. VI, n. 43226/13).
Parimenti da respingere è la censura volta alla richiesta di derubricazione della tentata estorsione nel reato di minaccia semplice, se sol si consideri che il Ba., in un'occasione, colpiva il Bu. con un pugno allo stomaco al fine di ottenere il pagamento del prezzo della sostanza ceduta mentre, in un'ulteriore circostanza, lo minacciava puntandogli un coltello alla gola e profferendo nei suoi confronti espressioni intimidatorie dal tenore "portami questi soldi sennò ti faccio vedere", ponendo in essere atti idonei diretti in maniera non equivoca a commettere il reato di estorsione, la cui realizzazione veniva, tuttavia, impedita soltanto dalla fuga della vittima.
E' evidente, infatti, come la minaccia lungi dall'essere stata fine a sé stessa, risulti essere elemento costitutivo del più grave reato di estorsione (seppur esauritosi nel tentativo), in quanto finalizzata a conseguire l'ingiusto vantaggio del corrispettivo dello stupefacente.
La giurisprudenza di legittimità, tra l'altro, è ormai concorde nel sostenere che "in tema di tentata estorsione, l'idoneità degli atti deve essere valutata con giudizio operato ex ante: ne consegue che, ai fini della valutazione dell'idoneità di una minaccia estorsiva, è priva di rilievo la capacità di resistenza dimostrata, dopo la formulazione della minaccia, dalla vittima" e ancora "in tema di estorsione va considerata integrata l'ipotesi tentata ed esclusa la desistenza quando la consegna della somma dì denaro, costituente oggetto di una richiesta effettuata con violenza o minaccia, non abbia avuto luogo non per autonoma volontà dell 'imputato, bensì per la ferma resistenza opposta dalla vittima" (Cass. pen., Sez. II, n.26278/16) elementi che, calati nel caso di specie, fugano ogni dubbio circa la piena configurazione del reato per cui si procede.
Ritiene la Corte, infine, che siano ostativi al riconoscimento delle attenuanti generiche sia la circostanza che il Ba. abbia ceduto sostanze stupefacenti a soggetti minori d'età nonché il dato che lo smercio sia avvenuto nei pressi di un plesso scolastico, a riprova della pericolosità sociale dell'imputato nonché del disvalore sociale della condotta tenuta, idonea ad alterare l'ordinario sviluppo e la crescita psicofisica dei minori. Risulta noto, tra l'altro, che in tema di attenuanti generiche "la loro applicazione, oggetto di un giudizio di fatto, non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di applicazione delle circostanze in parola" (Cass. pen., Sez. II, 7 novembre 2018, n.9299) ragion per cui "l'obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta" (Cass. pen., Sez. II, 10 luglio 2009, n. 38383).
Pertanto, sono più in generale da respingere anche le doglianze relative alla dosimetria della pena, ritendo congrua ed adeguata la risposta sanzionatoria rispetto alla gravità dei fatti, condividendo integralmente la motivazione sul punto operata dal primo giudice.
Sulla scorta di quanto suesposto consegue, pertanto, il rigetto dei motivi di appello, nonché la conferma della sentenza pronunciata dal giudice di primo grado.
Dal rigetto dell'appello deriva la condanna dell'istante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
visti gli artt. 605 c.p.p.- 23 bis, L. 176/20, conferma la sentenza n. 2881/22 emessa dal Tribunale dì S. Maria C.V. in data 15.6.22, appellata dall'imputato Ba.Cl., che condanna alle spese del presente grado di giudizio.
Giorni 30 per il deposito della motivazione.
Così deciso in Napoli il 4 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria l'1 luglio 2024.