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Resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale: limiti di configurabilità dei reati (Giudice Cristiana Sirabella)

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Tribunale Napoli sez. I, 20/10/2017, (ud. 20/10/2017, dep. 20/10/2017), n.10817

La resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) richiede l’effettiva opposizione con violenza o minaccia al compimento di un atto d’ufficio, che non si configura in caso di proteste verbali o atteggiamenti arroganti, qualora l’imputato collabori consegnando i documenti richiesti. Inoltre, l’oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.) presuppone che le offese siano udite da terzi e ledano il prestigio del pubblico ufficiale; in assenza di tali elementi, il reato non sussiste.

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La sentenza integrale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto di citazione a giudizio emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, depositato in data 19.11.15, C.A. veniva tratto a giudizio di questo Giudice per rispondere dei reati in rubrica riportati.

All'udienza del 20.10.17, assente l'imputato, il Giudice, verificata l'assenza di questioni preliminari, dichiarava aperto il dibattimento ed invitava le parti a formulare le rispettive richieste istruttorie; il PM chiedeva di provare i fatti di cui al capo di imputazione attraverso l'escussione dei testi di lista; la Difesa si riservava il controesame dei testi di lista del PM e l'esame dell'imputato, come per legge.

Ammesse le prove così come richieste dalle parti si procedeva all'escussione del teste ag. M.P., in servizio presso la Polizia Municipale di Napoli sezione motociclisti; e dei testi C.P. e G.E. presenti al momento dell'episodio in contestazione.

All'esito delle deposizioni, il Giudice ritenuta sufficientemente istruita l'istruttoria dibattimentale, pronunziata la declaratoria di utilizzabilità degli atti acquisiti al fascicolo, il Giudice dichiarava chiuso il dibattimento, invita la parti a rassegnare le conclusioni e decideva come da sentenza con contestuale motivazione letta in pubblica udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Alla luce dell'istruttoria dibattimentale, questo Giudicante ritiene di dover mandare assolto con formula piena C.A. dal reato p. e p. ex art. 337 c.p. perché il fatto non sussiste; ritenendo di dover emettere nei confronti del prevenuto una sentenza di assoluzione, questa volta con formula dubitativa, in relazione al reato p. e p. ex art. 341 bis c.p. perché il fatto non sussiste.

Invero, il teste escusso, ag. M. - con una deposizione chiara e coerente con e della cui attendibilità non vi è da dubitare alla luce della qualifica di P.U. da questi rivestita - riferiva che in data 6.06.12 durante un turno di servizio presso in Piazza Trieste e Trento di Napoli con divisa e motociclette di ordinanza, nell'effettuare un giro di perlustrazione, alle ore 22,30, circa notava sopraggiungere nella piazza una persona a bordo di un motociclo che, dopo essere salito sul marciapiede ed aver ivi parcheggiato la moto si dirigeva a piedi verso l'esercizio commerciale denominato "bar del professore"; subito l'agente richiamava l'attenzione del motociclista invitandolo a spostare il veicolo contestandogli le due infrazioni commesse (circolazione e sosta sul marciapiede).

L'accertatore riferiva, quindi, di aver chiesto al trasgressore di esibire i documenti propri e relativi al motociclo e questi rispondeva, con toni accesi ed urlando, all'agente che ove questi avesse inteso elevare un verbale di contestazione glielo avrebbe potuto notificare a casa inviandogli la multa. A tale risposta sopraggiungeva anche l'ag. A. - collega di pattuglia del M. - che provava a riportare la calma; tuttavia, il soggetto si rivolgeva ai verbalizzanti profferendo nei loro confronti le parole (omissis). Tali parole venivano pronunciate dall'imputato in presenza dei due agenti di PG in un momento di grosso affollamento della piazza non formandosi, tuttavia, alcun capannello di gente e non avvicinandosi altri soggetti agli agenti ed al C.A..

Il teste riferiva - in modo onesto - che il motociclista dopo aver rivolto agli agenti le predette parole a richiesta di esibire i documenti, consegnava una patente di guida oltre i documenti della motocicletta, venendo identificato in C.A.; nel frattempo il prevenuto si dirigeva al centro della piazza ove vi era un furgoncino della polizia di stato chiamando un agente di PS perché intervenisse; lo stesso si avvicinava ed invitava tutti alla calma non interferendo con l'operato dei verbalizzanti.

Il teste del PM, C.P., amico del C.A., riferiva che quella sere si era recato con due amici a Napoli ed ognuno era giunto in piazza Trieste e Trento a bordo della propria motocicletta, tutte Harley Davidson e che mentre lui ed il G. avevano trovato posto accanto agli altri motorini parcheggiati, il C.A. che era a bordo di una moto più grossa e pesante - dotata anche di impianto stereo - si dirigeva verso il portone sito accanto al "bar del professore" e mentre era intento a fare manovra con la grossa motocicletta veniva invitato da un agente a bordo della sua moto a spostarsi; il C.A., scendeva dalla propria moto e si dirigeva verso la moto della polizia municipale; e dopo aver parlato con gli agenti esibiva la patente di guida per poi dirigersi verso il centro della piazza.

Il teste riferiva che, pur trovandosi ad una distanza ci circa 2-3 metri dal C.A., non udiva da parte dell'amico alcuna minaccia o frase oltraggiosa profferita nei confronti del personale della polizia municipale, tanto che rimaneva a parlare a poca distanza con l'altro amico G.E..

G.E. rendeva una dichiarazione conforme e coerente a quella resa dal C., riferendo che il C.A. stesse ancora a bordo della moto cercando di fare manovra quando veniva richiamato dall'agente della polizia municipale e riferiva che, dopo essere sceso dal motociclo, il C.A. si dirigeva verso gli agenti e, dopo aver parlato con loro, esibiva la patente di guida per poi dirigersi verso la piazza; il teste riferiva di non aver sentito C.A. profferire frasi ingiuriose verso gli agenti e precisava di non aver colto neppure la concitazione dei toni alti, tanto che restava ad attenderlo in disparte intrattenendosi con il C. Tali essendo le risultanze emerse nel corso dell'istruttoria dibattimentale, lo scrivente non ritiene raggiunta la prova della penale responsabilità di C.A. in relazione al reato p. e p. ex art. 337 c.p., atteso che non risulta integrato l'elemento materiale della fattispecie astratta in contestazione.

Ed in tal senso, al di là dell'arroganza del modo con cui C.A. si rivolgeva agli agenti di PG che lo avevano sorpreso mentre era intento a commettere delle violazioni al codice della strada, ed al di là del comportamento inurbano da questi tenuto che si rivolgeva profferendo le parole "la moto non la sposto, se vuoi farmi la multa prenditi il numero di targa ed inviamela a casa", rileva lo scrivente che la condotta tenuta dall'imputato non integra, tuttavia, la fattispecie penale di resistenza al pubblico ufficiale.

Ed infatti, il C.A., verosimilmente, pur protestando nei confronti degli agenti della polizia municipale, usando toni accesi e decisi, a richiesta degli operanti, esibiva immediatamente la patente di guida ed i documenti della motocicletta non opponendosi in tal senso ai pubblici ufficiali che, nell'esercizio del loro servizio, procedevano a redigere la contestazione delle infrazioni; ed invero, la circostanza che l'imputato protestasse contro gli agenti ritenendo di aver subito una ingiusta contestazione da parte degli stessi è dimostrata dalla circostanza che il C.A., dopo aver esibito i documenti, si dirigeva presso un agente della polizia di Stato perché intervenisse sul posto.

Invero, al C.A. può essere mosso un addebito circa il modo di relazionarsi agli agenti di PG che procedevano a contestare a lui le violazioni, ma non certo una resistenza a pubblico ufficiale atteso che il prevenuto, pur protestando per la sanzione, ritenuta ingiusta, non usava violenza o minaccia nei confronti dei pubblici ufficiali ai fini di opporsi a loro per evitare la redazione del verbale di contestazione, avendo già esibito, su richiesta degli operanti, i propri documenti e quelli della moto, che venivano utilizzati per elevare la contestazione di infrazione al CdS.

Piuttosto va affermato che il C.A., una volta sorpreso a parcheggiare la moto sul marciapiede, ed una volta invitato dagli agenti a spostare il veicolo, si avvicinava loro profferendo frasi ingiuriose volte ad offendere l'onore ed il prestigio dei pubblici ufficiali che compivano un atto del loro ufficio (avendo sorpreso il trasgressore); solo a seguito di ciò gli agenti chiedevano al trasgressore di esibire i documenti ce poi venivano prontamente dati dall'imputato.

In tal senso, a parere dello scrivente, non risulta integrato neppure l'elemento materiale del reato p. e p. dall'art. 341 bis c.p., atteso che sulla scorta delle dichiarazioni rese dal G. e dal C., ma soprattutto dall'ag. M. - che riferiva che al momento in cui egli sorprendeva il trasgressore - benché sul posto vi fossero molti passanti, nessuno era presente nel momento in cui il C.A. profferiva le frasi ingiuriose solo in presenza degli agenti della municipale ma non anche di terzi soggetti.

Ne segue che nessun prestigio ed onore dei pubblici ufficiali veniva leso dall'imputato atteso che nessun altro soggetto udiva le parole ingiuriose profferite dal C.A..

Non essendo stato integrato l'elemento materiale del reato p. e p. dall'art. 341 bis c.p., ritiene questo Giudice di mandare assolto, sia pure con formula dubitativa, C.A. dal predetto titolo di reato perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.
Letto l'art. 530 c.p.p. assolve C.A. dal reato p. e p. dall'art. 337 c.p. perché il fatto non sussiste.

Letto l'art. 530 II co. c.p.p. assolve C.A. dal reato p. e p. dall'art. 341 bis c.p. perché il fatto non sussiste.

Napoli, 20 ottobre 2017

Il Giudice onorario

Dott.ssa Cristiana Sirabella

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