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Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali: condotta e valutazione delle attenuanti generiche (Giudice Napolitano Tafuri)

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Tribunale Napoli, 24/06/2010, (ud. 24/06/2010, dep. 24/06/2010)

La condotta di resistenza a pubblico ufficiale, unitamente a lesioni personali, si configura quando un soggetto, con violenza o minaccia, tenta di opporsi all’esercizio legittimo delle funzioni di un pubblico ufficiale, anche se motivato da uno stato psico-fisico alterato, purché emerga l’intenzionalità della condotta. Le attenuanti possono essere concesse in presenza di elementi favorevoli quali stato di incensuratezza o successive scuse.

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La sentenza integrale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
A seguito di arresto operato in data 29.4.2010, veniva condotto innanzi a questa AG M.N. per la convalida dell'arresto e la contestuale celebrazione del rito per direttissima.

Convalidato l'arresto, si procedeva nelle forme ordinarie mediante l'escussione del teste T.G. (ud. 1 1.5.20210) e l'esame dell'imputato (ud. 24.6.2010), quindi, le parti rassegnavano le conclusioni, come in epigrafe trascritte.

Il Giudice si ritirava per la decisione, che veniva emessa e pubblicata mediante lettura del dispositivo e della contestuale motivazione in udienza.

Osserva il Giudicante che, all'esito dell'espletata istruttoria, è rimasta accertata la responsabilità dell'imputato in ordine ai reati di cui agli artt 337 cp e 582, 585 cp. come contestati.

Invero, dagli atti di causa quale verbale di arresto e dichiarazioni rese in sede di convalida, e dall'esame del teste escusso, della cui attendibilità non vi è da dubitare, essendo escluso qualsiasi intento calunnatorio nei confronti dell'imputato e avendo svolto l'intervento nell'espletamento del proprio servizio, riferiva che dopo aver ricevuto varie segnalazioni relative alla presenza di un soggetto che arrecava fastidio ai passati nei pressi del Porto di Pozzuoli, si recavano sul luogo e qui notavano l'odierno imputato che alla loro vista cercava di allontanarsi, pertanto cercavano di fermarlo seguendolo in una strada laterale che aveva intrapreso.

Raggiunto il soggetto, lo bloccavano per un braccio, ma l'imputato iniziava a divincolarsi colpendo l'appuntato D.A.C. sul collo, poi caduto in terra sferrava calci, cercando di colpire i genitali degli operanti.

Avutone ragione, veniva condotto presso la locale compagnia, ma qui M.N. cominciava a minacciare i militari con frasi tipo "non sapete cosa state facendo" "vi posso accoltellare la notte, so dove abitate, vi uccido, lasciatemi" con la finalità di essere lasciato libero..

Orbene la condotta descritta integra senza ombra di dubbio il reato in contestazione di resistenza a pubblico ufficiale, essendo evidente la violenza posta ai danni dei militari che erano intervenuti a bloccarlo e le minacce proferite per indurli a lasciarlo libero. Risulta altresì configurato i reato di lesioni come conseguenza della violenza esercitata (cfr referto in atti).

Non può trovare attendibilità la tesi difensiva, per cui l'imputato totalmente ignaro sia stato aggredito ingiustamente dai militari, del resto lui stesso ha ammesso che quella sera aveva un po' bevuto e quindi appare possibile che oggi non abbia una completa cognizione dei fatti Deve dunque affermarsi la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati ascrittigli.

Quanto alla pena da infliggere, valutati tutti gli elementi di cui all'art. 133 cp., e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, attesa l'unicità del disegno criminoso e ritenuto di poter concedere le circostanze attenuanti generiche in considerazione sia dell'apparente stato di incensuratezza che delle modalità del fatto (è emerso che successivamente sia andato a scusarsi con il m.llo T.G.), stimasi equo comminare la pena di mesi cinque di reclusione (P.B. mesi sei di recl. Per il reato più grave di cui all'art. 337 c.p., ridotto di 113 per le generiche, aumentato, per la continuazione alla pena comminata).

Segue la condanna pagamento delle spese processuali.

Sussistono i presupposti per la concessione della pena sospesa.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533, 535 c.p.p. dichiara M.N. colpevole dei reati ascrittigli, unificati dal vincolo della continuazione e concesse le circostanze attenuanti generiche e lo condanna alla pena di mesi cinque di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Pena sospesa.

Atti al Pm in sede per l'ulteriore corso.

Napoli, 24.6.2010

Giudice dott.ssa Antonia Napolitano Tafuri

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