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Resistenza a pubblico ufficiale: esclusione della tenuità del fatto e responsabilità penale (Giudice Ester Ricciardelli)

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Tribunale Nola, 18/01/2022, (ud. 19/11/2021, dep. 18/01/2022), n.2257

Il reato di resistenza a pubblico ufficiale si configura quando l’imputato oppone violenza o minaccia per ostacolare un atto d’ufficio, anche se la condotta è rivolta verso più pubblici ufficiali nel medesimo contesto fattuale. La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) non è applicabile nei confronti di reati commessi contro pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta emesso in data 21.07.2020, Es. Gi. Ri. veniva tratto a giudizio innanzi a questo Tribunale per rispondere del reato di cui all'imputazione.

All'udienza del giorno 28.04.2021, il Giudice dichiarava l'assenza dell'imputato, ritualmente citato e non comparso. La difesa anticipava la volontà di definire il procedimento con le forme di un rito alternativo e chiedeva un termine a difesa per munirsi di procura speciale; il Giudice, in accoglimento, rinviava all'udienza del 21.05.2021.

In tale data, il difensore, munito di procura speciale, chiedeva la sospensione del procedimento con il rito della messa alla prova; il Giudice si riservava e, all'uopo, disponeva l'acquisizione di informazioni relative all'imputato, ai sensi dell'art. 464 bis c.p.p., alla Polizia, ai Carabinieri, all'Agenzia delle Entrate e ai Servizi Sociali competenti.

Alla successiva udienza del 17.09.2021, il Giudice, visionata la documentazione acquisita, scioglieva la riserva assunta e rigettava la richiesta di sospensione del procedimento nelle forme della messa alla prova poiché, valutati i criteri di cui all'art. 133 c.p., tenuto conto della personalità dell'Es., non poteva formularsi un giudizio prognostico positivo in ordine alla reiterazione di condotte delittuose della medesima specie di quella in contestazione da parte dell'imputato. Pertanto, il difensore anticipava la volontà di definire il procedimento nelle forme del rito abbreviato e, a tal fine, chiedeva termine a difesa per munirsi di nuova procura speciale; in Giudice, in accoglimento, rinviava all'udienza del 19.11.2021.

In data odierna, il difensore, munito di procura speciale, chiedeva la definizione del procedimento nelle forme del rito abbreviato e il Giudice disponeva in conformità, acquisiva il fascicolo del PM e, sulle conclusioni rassegnate dalle parti, decideva dando lettura del dispositivo e riservandosi il deposito dei motivi nel termine di sessanta giorni.

Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice che, alla stregua dell'istruttoria espletata, emerge, al di là di ogni dubbio, la prova della responsabilità dell'imputato in ordine al reato a lui contestato.

Sulla scorta degli atti di indagine (in particolare, annotazione di PG del 10.01.2019) pienamente utilizzabili ai fini della decisione in ragione del rito prescelto, i fatti per cui si procede possono essere così ricostruiti.

Il 10 gennaio 2019, agenti in servizio presso il Commissario P.S di (omissis), a seguito di segnalazione di molestie ai danni di Am. Ma., si recavano presso il Parco Am.. Giunti sul posto, i militari individuavano due soggetti, poi identificati in Am. Ma. e nell'odierno imputato, discutere animatamente, per cui intervenivano al fine di placare la lite in corso. La genesi della lite era da individuare nella fine della relazione fra l'Es. e l'Am., la quale raccontava ai militari che l'imputato non aveva accettato la cessazione del rapporto amoroso e l'aveva già aggredita il giorno precedente.

L'Es., dal suo canto, sollecitato dai militari a raccontare cosa fosse accaduto, inveiva contro gli stessi, li spintonava e ingiuriava, profferendo le seguenti espressioni "chi cazzo siete poliziotti di merda non siete nessuno, vi ammazzo". Dunque, con non poca resistenza l'odierno imputato veniva invitato a calmarsi e salire sull'auto di servizio.

Così ricostruiti i fatti, ad avviso di questo Giudice, risulta provata la realizzazione da parte dell'imputato di una condotta di resistenza tramite minaccia e violenza nei confronti degli agenti Ni. Se. e Bo. An. in servizio presso il Commissariato di (omissis), concretizzatasi negli spintoni e nel rivolgersi nei loro confronti, profferendo le già citate parole "chi cazzo siete poliziotti di merda non siete nessuno, vi ammazzo", al fine di opporsi agli stessi nel momento del compimento di un atto del loro ufficio, ovvero in occasione di un controllo presso il Parco Am. sito in (omissis), per la segnalazione di molestie nei confronti dell'Am. Ma. e che vedevano coinvolto l'Es..

Alla luce delle esposte considerazioni risultano, dunque, integrati gli elementi costitutivi del delitto in contestazione.

In punto di diritto, si osserva che il reato di resistenza a un pubblico ufficiale, si configura là dove il soggetto ponga in essere una condotta aggressiva, violenta o minacciosa tale da coartare la libertà del pubblico ufficiale mentre compie un atto del suo ufficio o che sia idoneo ad ostacolare l'esplicazione della propria funzione. La norma in esame mira a salvaguardare la libertà di determinazione e di azione della P.A., attuata attraverso la tutela anche fisica dei soggetti pubblici. Ora, nel caso di specie, è risultata provata la realizzazione da parte dell'imputato un comportamento di violenza e minaccia all'incolumità fisica dei pubblici ufficiali intervenuti, al fine di opporsi agli stessi nel momento del compimento di un atto del loro ufficio.

Quanto al profilo psicologico, la fattispecie richiede la coscienza e volontà di usare violenza o minaccia per opporsi al compimento dell'atto e la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un rappresentante dell'autorità che sta adempiendo ad un dovere del proprio ufficio (Cass. Pen. Sez. 6, 17701/2004), elementi entrambi presenti nel caso in esame.

Al riguardo, va, inoltre, specificato che la condotta posta in essere dall'Es. nel medesimo contesto fattuale per opporsi al compimento dello stesso atto di ufficio, anche se realizzata nei confronti di più pubblici ufficiali, integra un unico reato e non una pluralità di reati avvinti dalla continuazione (in tema cfr. cass. Pen. Sez. 6, sent. n. 37727 del 9.5.2014).

Conclusivamente, dunque, va affermata la penale responsabilità dell'Es. in ordine al reato a lui ascritto.

Non si ritiene di applicare al caso di specie la causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., come richiesto dalla difesa in sede di conclusioni, atteso che, valutate le concrete modalità della condotta

serbata dall'imputato ai sensi dell'articolo 133, primo comma, c.p., l'offesa non si appalesa di particolare tenuità.

Va, invero, evidenziato che la norma in parola stabilisce che "l'offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità […] nei casi di cui agli articoli 336, 337 e 341 bis, quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni", ipotesi ricorrente nel caso di specie.

Peraltro, pronunciatasi espressamente sul punto, la Corte Costituzionale ha escluso l'illegittimità costituzionale di tale norma. In particolare, ha ritenuto "non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate complessivamente dai Tribunali di Torino e di Torre Annunziata in riferimento agli artt. 325, secondo comma e 27, primo e terzo comma, Cost. - dell'art. 131- bis, secondo comma, cod. pen., come modificato dall'art. 16, comma 1, lett. b), del d.l. n. 53 del 2019, conv. con modif. nella legge n. 77 del 2019, secondo cui, agli effetti dell'applicazione della causa di non punibilità prevista dal primo comma del medesimo art. 131-bis, l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando il reato di cui all'art. 337 cod. pen. è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni. La scelta legislativa di escludere dal campo di applicazione dell'esimente di tenuità il reato di resistenza a pubblico ufficiale non è manifestamente irragionevole, poiché corrisponde alla peculiare complessità del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, laddove il normale funzionamento della pubblica amministrazione include anche la sicurezza e la libertà di determinazione delle persone fisiche che esercitano le pubbliche funzioni. La norma censurata non è neppure contrastante con i principi di proporzionalità e di finalismo rieducativo della pena, considerato che i criteri di cui all'art. 133, primo comma, cod. pen., richiamati dall'art. 131- bis, primo comma, cod. pen., seppure non rilevano agli effetti dell'applicazione della causa di non punibilità, mantengono tuttavia la loro ordinaria funzione di dosimetria sanzionatoria, unitamente a quelli di cui al secondo comma del medesimo art. 133. Infine, i tertia addotti dai rimettenti nella prospettiva dell'art. 3 Cost. risultano sprovvisti dell'omogeneità necessaria a impostare il giudizio comparativo" (v. Corte Costituzionale sent. n. 30/2021).

Tanto premesso in ordine alla responsabilità dell'Es., passando alla determinazione del trattamento sanzionatorio, ritiene questo Giudice che l'imputato non sia meritevole del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche stante l'assenza di alcun comportamento positivamente valutabile, non potendosi certamente ritenere tale la scelta del rito alternativo già "premiato" dalla riduzione di pena.

Pertanto, tenuto conto di tutti i criteri valutativi di cui all'art. 133 c.p., stimasi equo irrogare a Es. Gi. Ri. la pena finale di mesi sei di reclusione, così determinata: pena base mesi nove di reclusione, ridotta alla pena finale suindicata in ragione del rito prescelto.

Non sussistono i presupposti formali e sostanziali per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, essendo l'Es. gravato da una condanna alla pena detentiva di tre anni di reclusione.

Consegue per legge, ai sensi dell'art. 535 c.p.p., la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

Alla luce dei carichi di lavoro si reputa opportuno fissare in giorni sessanta il termine per il deposito dei motivi.

P.Q.M.
Letti gli artt. 438, 533 - 535 c.p.p. dichiara ES. GI. RI. colpevole del reato a lui ascritto e, operata la riduzione per il rito prescelto, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Fissa in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione della sentenza.

Così deciso in Nola, il 19 novembre 2021

Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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