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Configurabilità della tentata rapina impropria e esclusione della desistenza volontaria in presenza di condotta finalizzata alla fuga

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Corte appello Taranto, 18/09/2024, n.433

Il reato di tentata rapina impropria si configura quando, a seguito della sottrazione di un bene, l'agente pone in essere una condotta violenta o intimidatoria per garantire la fuga o l'impunità, anche mediante il frapporre ostacoli al recupero del bene da parte del soggetto offeso o di un terzo. Non ricorre invece la desistenza volontaria ex art. 56 c.p. quando le modalità dell'azione siano chiaramente finalizzate a un intento criminoso mai abbandonato.

Tentata estorsione e rapina aggravata: violenza per impedire l'esercizio del diritto di credito (Giudice Alessandro Cananzi)

Recidiva specifica e responsabilità aggravata: condanna per rapine multiple con unico disegno criminoso (Giudice Napolitano Tafuri)

Rapina aggravata e rito abbreviato: valore della confessione e attenuante del risarcimento del danno (Giudice Paola Scandone)

Rapina impropria aggravata: condanna per violenza post-sottrazione con arma impropria (Collegio - Di Petti presidente)

Condanna per tentata rapina aggravata: uso del coltello e intervento di terzi a interrompere l’azione criminosa (Collegio - Di Petti presidente)

Condanna per rapina aggravata: cinque anni di reclusione e revoca della sospensione condizionale (Collegio - Cristiano presidente)

Rapina aggravata e attendibilità delle dichiarazioni della vittima: accertamento di responsabilità nel rito abbreviato (Giudice Paola Scandone)

Tentata rapina: l'intimidazione a minori come strumento di coercizione (Giudice Diego Vargas)

Condanna per rapina pluri-aggravata e ricettazione: uso di arma e collegamento teleologico tra i reati (Collegio - Di Petti presidente)

La distinzione tra il reato di furto con strappo e quello di rapina risiede nella direzione della violenza esercitata

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza del 7 febbraio 2024, il G.U.P. presso il Tribunale di Taranto, in sede di giudizio abbreviato, ha dichiarato TA.VI., generalizzato in atti, responsabile del reato di tentata rapina impropria commesso in data 4 settembre 2022 all'interno dell'istituto comprensivo "(...)" di Massafra nonché di numerosi furti, sia nella forma tentata che consumata, commessi sempre sul territorio di Massafra tra il luglio 2022 e giugno 2023.

Per l'effetto, riconosciute le circostanze aggravanti per il più grave reato sub capo C, ivi compresa la contestata recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, ritenuti i reati avvinti dal vincolo della continuazione ed applicata la diminuente per il rito, il TA. è stato condannato alla pena finale di anni tre di reclusione ed euro 2.000,00 di multa.

Avverso la predetta pronuncia, il difensore dell'imputato ha formalizzato tempestivo appello, censurando:

- preliminarmente, la nullità della sentenza per carenza di motivazione da parte del Giudice di prime cure, limitatosi a ricalcare quanto riportato nell'ordinanza genetica della custodia cautelare applicata al TA., senza alcun vaglio critico del materiale probatorio offerto dal corposo fascicolo del P.M., in particolare sotto il profilo delle modalità di individuazione e riconoscimento del TA. con riguardo al furto tentato del 28 agosto 2022 e della tentata rapina impropria del 4 settembre 2022, sub capi A e B della rubrica;

- nel merito, la qualificazione del reato di cui al capo B atteso che, correttamente analizzato il quadro probatorio, il giudicante avrebbe dovuto quantomeno riqualificare la fattispecie de qua nel reato di tentato furto aggravato; quanto al capo D dell'imputazione, la mancata applicazione in favore del TA. dell'ipotesi di cui all'art. 56 comma 3 c.p., risultando in concreto non un tentativo di furto ma una desistenza volontaria da un originario e non dimostrato proposito criminoso;

- sotto il profilo sanzionatorio, l'applicazione della recidiva reiterata infraquinquennale, a dire della difesa mai contestata all'imputato, nonché il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche per tutti i reati ascritti al Ta., seppur sul punto non fornendo alcuna argomentazione a sostegno della tesi.

Reputa la Corte che le illustrate doglianze siano assolutamente prive di fondamento, meritando la sentenza impugnata perciò piena ed integrale conferma, con ogni conseguente statuizione.

Il materiale probatorio offerto al giudicante dal fascicolo del P.M., pienamente utilizzabile atteso il rito prescelto dall'imputato, e di cui da contezza la sentenza gravata (seppur riprendendo doviziosamente l'informativa di P.G.) appare granitico nel confermare, anzitutto sotto il profilo materiale, i fatti di reato ascritti nei singoli capi di imputazione al Ta.

Ed invero, per ogni furto contestato - in disparte al momento l'imputazione sub capo B);

- è stata fornita una dettagliata denuncia da parte ora della persona offesa (come nel caso di cui ai capi F, g e H della rubrica) ora da parte dei titolari del potere di denuncia, trattandosi di catene di esercizi commerciali, corroborate altresì dalle sommarie informazioni dei testimoni oculari delle condotte sottrattive, che permettono di descrivere in ciascuno dei casi l'autore del furto come un uomo dalle precise caratteristiche fisiche (giovane, di media statura, con capelli scuri) coincidenti per ciascuno degli episodi delittuosi.

Per tutti gli episodi contestati, il soggetto in questione è stato individuato successivamente tramite la visione delle immagini tratte dalle videocamere di sorveglianza e dai riconoscimenti operati dalle stesse vittime o dagli agenti di P.G. intervenuti sul posto, i quali

- stante i numerosissimi precedenti specifici in zona del TA. - nessun dubbio hanno mai manifestato nell'identificazione dell'imputato anche tramite le predette immagini.

Di tali elementi probatori non v'è da dubitare, come correttamente osservato dal G.U.P. di Taranto nel corposo paragrafo dedicato alla valutazione del compendio probatorio ove, tra l'altro, viene sottolineato come sia lo stesso Ta., in sede di interrogatorio di garanzia a seguito dell'arresto, ad aver ammesso tutti gli addebiti contestatigli, ridimensionando la propria condotta esclusivamente con riguardo al capo B) dell'imputazione.

Proprio con riferimento a tale ipotesi delittuosa, sulla quale la difesa insiste nell'atto di appello, ritiene la Corte che l'editto accusatorio sia stato correttamente formulato dal P.M., configurandosi nell'azione del TA. gli estremi del reato di cui all'art. 56-628 c.p.

Ed invero, alla condotta sottrattiva posta in essere ai danni dell'istituto comprensivo "(...)" di Massafra era seguita, nell'immediatezza, anche una condotta di cosciente e volontaria violenza ai danni del vigilante Ta., non potendosi in alcun modo condividere l'affermazione secondo cui il Ta. si sarebbe limitato a disfarsi del bene alla vista del metronotte.

Ciò in quanto, a ben considerare le dichiarazioni del teste oculare, sulla cui genuinità non sussistono elementi per i quali dubitare, in uno alle immagini di videosorveglianza riprese, il gesto posto in essere dal TA. è stato volto con chiara evidenza non tanto a lasciar cadere il bene davanti a sé (bene che sarebbe stato, in tal caso, ripreso con evidenza dalle telecamere nel momento della fuga dell'imputato) quanto, come correttamente espresso dal giudice di prime cure, a frapporre un ostacolo tra sé e il vigilante che lo stava inseguendo, al fine di agevolare la propria fuga, ciò che permette di qualificare l'ipotesi de qua nel reato di cui all'art. 56-628 c.p.

Ne comprende questa Corte sulla scorta di quali elementi è possibile da parte della difesa invocare la previsione di cui all'art. 56 comma 3 c.p. con riguardo al tentato furto sub capo D dell'imputazione, atteso che la condotta del Ta., introdottosi all'interno di un magazzino di un supermercato con modalità e condotte tipiche del suo modus operandi (come rileva lo stesso difensore allorché, in altra parte dell'atto di appello, rammenta come tutte le contestazioni odierne e pregresse del Ta. attengano alla sua attività professionale di autore seriale di furti) non mostrano alcun segno tangibile di una volontà di desistere da un chiaro intento criminoso, atteso che l'imputato non si era certo introdotto all'interno di un pubblico esercizio in normale orario di ricezione al pubblico ma, coscientemente, aveva scavalcato le mura perimetrali del supermercato Eu. intrattenendosi nei pressi del magazzino.

In ultimo, quanto al trattamento sanzionatorio, ritiene la Corte che corretta sia stata la contestazione ed il riconoscimento della recidiva in capo al Ta., in ragione dei numerosissimi precedenti specifici posti in essere dall'appellante ed evincibili dal casellario giudiziale che, in uno coi reati in contestazione, ne colorano una personalità criminale incline in via professionale alla commissione di delitti contro il patrimonio come primaria fonte del proprio sostentamento.

Vieppiù che la confessione resa dal Ta. in sede di interrogatorio, già valorizzata in parte qua dal giudice di prime cure, non può per sé giustificare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in favore dell'appellante (tra l'altro sotto specifici profili già ritenute dal G.U.P. nella valutazione di singoli aumenti per la continuazione). Ciò tenuto conto della gravità dei singoli episodi e della assoluta mancanza di resipiscenza da parte dell'imputato.

Alla conferma della gravata sentenza, per tutte le ragioni sin qui rassegnate, consegue in capo all'appellante la condanna al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio, da porsi a carico dell'Erario trattandosi di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.
Letti gli artt. 605 comma 1 e 592 c.p.p.,

conferma la sentenza n. 221 emessa in data 7 febbraio 2024 dal G.U.P. del Tribunale di Taranto ed appellata da Ta.Vi., che condanna al pagamento delle spese processuali del presente grado, da porsi a carico dell'Erario trattandosi di soggetto ammesso al Patrocinio a spese dello Stato.

Così deciso in Taranto il 10 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 18 settembre 2024.

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