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Minaccia: cosparge di benzina il luogo dove si trova la vittima, sussiste l'aggravante delle armi


Reato di minaccia (art. 612 c.p.)

La massima

Integra gli estremi del delitto di minaccia aggravata dall'uso di un'arma, di cui all' art. 612, comma 2, c.p. in relazione all' art. 339, comma 1, c.p. , la condotta di chi cosparga di liquido infiammabile il luogo in cui si trova la vittima e, impugnando un accendino, minacci di appiccare il fuoco, atteso che anche oggetti comuni possono essere qualificati come armi improprie ai sensi dell' art. 585, comma 2, c.p. quando, in un contesto aggressivo, possano essere utilizzati come mezzi di offesa alla persona (Cassazione penale , sez. V , 02/05/2019 , n. 26059).

Fonte: Ced Cassazione Penale


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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO

1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 16 febbraio 2018 dalla Corte di appello di Palermo, che ha confermato la condanna per il reato di cui all'art. 612 c.p., comma 2, di G.G., commesso nei confronti della moglie Gu.Ma.Ce., così riqualificata l'originaria contestazione di tentato omicidio da parte del Tribunale della stessa città. L'imputato è accusato di avere cosparso di benzina l'uscio ed il davanzale della finestra dell'abitazione della donna e di averla minacciata di appiccare il fuoco impugnando un accendino.


2. Il ricorso proposto nell'interesse dell'imputato consta di un unico motivo, con il quale si invoca il proscioglimento per estinzione del reato da remissione di querela in quanto, il 16 febbraio 2018, la persona offesa in udienza aveva rimesso la querela e l'imputato aveva accettato la remissione e il D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36, entrato in vigore successivamente alla pronunzia impugnata, aveva modificato il regime di procedibilità del reato, che da fattispecie procedibile di ufficio era stato trasformato in reato perseguibile a querela di parte.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto in quanto - convenendo con le argomentazioni della requisitoria del Procuratore generale - deve ritenersi che la remissione di querela non abbia efficacia estintiva rispetto al reato accertato, siccome procedibile di ufficio.


1.1. Il Collegio è giunto a questa conclusione riguardando, in primo luogo, la ricostruzione fattuale ed il percorso motivazionale della sentenza impugnata. In quest'ultima si legge che il dibattimento aveva consentito di accertare che il G. aveva cosparso di benzina l'uscio e la finestra dell'abitazione della Gu. (che, benchè all'interno, era stata anch'essa attinta da schizzi di liquido) e che l'uomo, impugnando un accendino, aveva minacciato di appiccare il fuoco. A fronte dell'originaria contestazione di tentato omicidio, già il Tribunale aveva riqualificato il reato in quello di cui all'art. 612 c.p., comma 2, e la Corte di appello aveva ritenuto correttamente individuata tale diversa fattispecie, evidenziando che "in fatto" era stata contestata la forma aggravata di cui all'art. 612 c.p., comma 2, senza altra specificazione.


Orbene, i dati suddetti inducono a ritenere che gli accadimenti vadano ricondotti al reato di cui all'art. 612 c.p., comma 2 in relazione all'art. 339 c.p., comma 1, trattandosi di minaccia commessa con uso di arma, e non semplicemente di minaccia grave; ne consegue che detta fattispecie, non rientrando nel fuoco della novella di cui al D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36, è tuttora procedibile di ufficio, il che rende neutra l'intervenuta remissione di querela.


1.2. A sostegno di questa tesi occorre rilevare che, per definire il concetto di arma cui il legislatore del codice penale allude, la norma di riferimento è quella di cui all'art. 585 c.p., comma 2, secondo cui, agli effetti della legge penale, per armi si intendono, tra l'altro, oltre che le armi in senso proprio e gli altri oggetti la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona, anche tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto ovvero senza giustificato motivo; il richiamo è evidentemente agli oggetti di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, comma 2. Ebbene, allo scopo di delineare questa nozione e di verificarne la riferibilità alla condotta del ricorrente, il Collegio intende dare seguito alle pronunce di questa Corte secondo cui il porto di un oggetto non destinato all'offesa cessa di essere giustificato nel momento in cui, per le circostanze di tempo di luogo o per il concreto uso che dello strumento viene fatto, esso perde la propria connotazione di oggetto di uso comune e diventa invece un'arma impropria. Ne consegue che qualsiasi oggetto comune, che in un contesto aggressivo possa essere utilizzato per l'offesa alla persona, è qualificabile come arma ai fini dell'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 585 c.p., comma 2, come testimoniato dall'ampia casistica rinvenibile nelle sentenze di questa Corte che hanno affermato e ribadito il principio (Sez. 5, n. 54148 del 06/06/2016, Vaina, Rv. 268750 - 01, con riferimento ad un manico di scopa; Sez. 5, n. 8640 del 20/01/2016, R., Rv. 267713 - 01, in ordine ad un pezzo di legno; Sez. 5, n. 46482 del 20/06/2014, A, Rv. 261017 - 01, per un guinzaglio; Sez. 5, n. 49517 del 21/11/2013, R, Rv. 257758 - 01, per una paletta di plastica; Sez. 5, n. 47504 del 24/09/2012, Baciu, Rv. 254082, in relazione ad un bicchiere di vetro).


1.3. Venendo alla fattispecie che occupa il Collegio, dal ragionamento sopra svolto discendono due corollari.


Da una parte, il criterio interpretativo "funzionale" seguito dalla giurisprudenza di legittimità, riguardando la norma generale di riferimento di cui all'art. 585 c.p., comma 2, va applicato anche al concetto di "arma" di cui all'art. 339 c.p., comma 1, richiamato dall'art. 612 c.p., comma 2.


Dall'altra, l'utilizzo congiunto di un liquido infiammabile quale è la benzina, in uno ad un accendino, costituisce un insieme dotato di potenzialità lesiva tale da poter essere annoverato nel concetto di arma secondo la nozione recepita dal codice penale ed accolta dalla giurisprudenza di questa Corte, ancorchè i due oggetti siano di uso comune e non siano naturalmente destinati all'offesa alla persona. Se ne deve ulteriormente inferire che avere cosparso il liquido infiammabile ed avere minacciato di incendiarlo con l'accendino integri a pieno titolo una minaccia aggravata dall'uso di un'arma, come tale sottratta al mutamento del regime di procedibilità di cui al recente intervento legislativo.


2. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


3. La natura dei rapporti oggetto della vicenda impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.


Così deciso in Roma, il 2 maggio 2019.


Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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