RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza impugnata, la Corte di appello di Torino, decidendo sulle istanze, nell'interesse di L.R.D., D.G. e D.F.S., di ammissione alle pene sostitutive di cui all'art. 545-bis c.p.p., formulate immediatamente dopo la lettura del dispositivo adottato ai sensi dell'art. 599-bis c.p.p. (concordato sulla pena) in data 08 marzo 2023, le ha dichiarate inammissibili, sul rilievo che, "ai sensi del combinato disposto dell'art. 448 c.p.p., comma 1-bis, artt. 598 e 599-bis c.p.p., se gli imputati avessero voluto, in sede di concordato, la sostituzione delle pene detentive, avrebbero dovuto concordare anche tale sostituzione con il P. G., insieme con la rideterminazione della pena".
2. Gli odierni ricorrenti, per il tramite del rispettivo difensore di fiducia, formulano un solo motivo di doglianza con il quale, con analoghe argomentazioni, denunciano erronea applicazione degli artt. 598,599-bis, 545-bis c.p.p. sostenendo che una corretta esegesi delle previsioni legali conduce a ritenere che non sia necessaria la richiesta dell'imputato, né in caso di patteggiamento in primo grado né in sede di concordato in appello, non essendo ciò previsto dall'art. 448 bis c.p.p., e attribuendo l'art. 545-bis c.p.p. un ruolo di impulso al Giudice ai fini dell'ammissione al trattamento di favore dell'imputato condannato, in presenza di determinati presupposti; che, comunque, non siano sovrapponibili né assimilabili gli istituti del c.d. patteggiamento, ex art. 444 c.p.p. e del concordato in appello, ex art. 599-bis c.p.p., giacché quest'ultimo non si configura, come il primo, quale accordo sulla pena, ma come accordo sui motivi di impugnazione, in cui la specie della pena e/o le modalità esecutive della stessa esulano dal concordato, di cui non costituiscono elemento necessario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, poiché il provvedimento con il quale il giudice ha deciso sull'istanza di ammissione alle sanzioni sostitutive della pena detentiva non è autonomamente impugnabile.
2. Con la L. 27 settembre 2021, n. 134, art. 1, comma 17, entrata in vigore il 19 ottobre 2021, e con il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. Riforma Cartabia), attuativo dei principi in essa enunciati, il legislatore ha ridisegnato anche il quadro generale delle cd. sanzioni sostitutive di pene detentive brevi introdotto e disciplinato sino ad oggi dalla L. n. 689 del 1981.
2.1. In primo luogo, è stato ampliato significativamente il novero delle possibilità di sospensione dell'ordine di esecuzione, ai sensi dell'art. 656 c.p.p., comma 5, atteso che l'art. 545-bis c.p.p. consente l'applicazione di una pena sostitutiva in tutti i casi in cui sia stata comminata la detenzione fino a quattro anni (in luogo degli originari due anni). La modifica ha, inoltre, inciso sui rapporti esistenti tra la fase di cognizione e quella esecutiva, anticipando alla fase "di merito" la scelta relativa alle modalità di esecuzione della pena.
2.2. La relazione illustrativa al D.Lgs. n. 150 del 2022 (in Supplemento straordinario n. 5 alla Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 245 del 19/10/2022, p. 351 ss.), in relazione alla sanzioni sostitutive introdotte dal predetto testo di legge, chiarisce che "Tale tipologia di sanzioni si inquadra come è noto tra gli istituti - il più antico dei quali è rappresentato dalla sospensione condizionale della pena - che sono espressivi della c. d. lotta alla pena detentiva breve; cioè del generale sfavore dell'ordinamento verso l'esecuzione di pene detentive di breve durata." La valorizzazione delle pene sostitutive all'interno del sistema sanzionatorio penale, operata della legge delega, ha reso opportuna l'introduzione nel codice penale di una disposizione di raccordo con l'articolata disciplina delle pene stesse, che continua a essere prevista nella L. n. 689 del 1981, anche se, per ragioni di economia e di tecnica legislativa, oltre che di rispetto della legge delega, la disciplina delle pene sostitutive non è stata inserita nel codice penale, dove nondimeno, si è ritenuto opportuno, per ragioni sistematiche, operare alla stessa disciplina un rinvio nella parte generale, trattandosi di pene applicabili alla generalità dei reati. Per tale ragione, si è introdotto un nuovo art. 20-bis c.p. ("Pene sostitutive delle pene detentive brevi") - inserito nel Titolo 2 (Delle pene), Capo 1 (Delle specie di pene, in generale), dopo la disciplina generale delle pene principali e delle pene accessorie. Scopo della nuova disposizione è di includere espressamente le pene sostitutive nel sistema delle pene, delineato dalla parte generale del codice, richiamando la disciplina della L. n. 689 del 1981.
2.3. A differenza delle persistenti misure alternative alla detenzione, regolamentate tuttora dalla legge sull'ordinamento penitenziario (L. n. 354 del 1975, art. 47, e s.s. e successive modifiche), le pene sostitutive diventano applicabili direttamente dal giudice della cognizione in sede di pronuncia della sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti (nonché in fase di decreto penale di condanna). Ne emerge che il ruolo del giudice della cognizione non è più circoscritto alla quantificazione della pena, bensì esteso alle modalità con cui quest'ultima dovrà essere eseguita, con la finalità evidente di ridurre la mole di lavoro della magistratura di sorveglianza nonché di deflazionare l'appello, mentre assume un ruolo centrale l'U.E.P.E., a cui il giudice, al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla pena sostitutiva in concreto - nonché di determinare gli obblighi e le prescrizioni - può richiedere tutte le informazioni necessarie circa le condizioni dell'imputato, nonché di predisporre il programma di trattamento; d'altro canto, il difensore potrà trasmettere all'U.E.P.E. tutta la documentazione che ritenga necessaria ai fini della sostituzione.
3.L'intervento attuativo (con il D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 31) del criterio di delega di cui alla L. n. 134 del 2021, art. 1, comma 17, lett. c), di riforma della disciplina del potere discrezionale del giudice nella sostituzione della pena detentiva e nella scelta della pena sostitutiva da applicare, trova il suo corrispondente processuale nel nuovo art. 545-bis c.p.p., norma di nuovo conio, che introduce, tra gli atti successivi alla deliberazione del giudizio di merito, e, precisamente, dopo la lettura del dispositivo (art. 545 c.p.p.), una nuova fase: è previsto, infatti, che, quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il Giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 53, ne dà avviso alle parti, acquisendo il consenso dell'imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale.
3.1. Come chiarisce la relazione illustrativa, solo a partire dalla lettura del dispositivo, "sia il giudice sia le parti sono in grado di effettuare una prima valutazione circa la possibile applicazione delle pene sostitutive", di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 53 (e nei limiti edittali ivi stabiliti). In quel momento, infatti, sono cristallizzati tutti i fattori della decisione: è nota la misura della pena principale inflitta (la cui entità determina l'applicabilità o meno delle pene sostitutive); è noto se la pena principale sia stata o meno sospesa (posto che le pene sostitutive si applicano solo in caso di mancata sospensione condizionale della pena); è nota la qualificazione giuridica ritenuta in sentenza ed è noto se - in caso di reati previsti dalla c.d. prima fascia della L. n. 354 del 1975, art. 4-bis, - siano state o meno riconosciute determinate attenuanti (in presenza delle quali possono essere disposte pene sostitutive di pene detentive brevi).
3.2. Ancora, la relazione illustrativa precisa che nel "caso in cui non vi siano preclusioni circa la possibilità astratta di disporre la sostituzione delle pene detentive brevi, al fine di dare evidenza alla possibilità di sostituzione della pena, il giudice, subito dopo la lettura del dispositivo, è gravato dell'onere di dare avviso alle parti" e a "questo punto, l'imputato personalmente o a mezzo di procuratore speciale, può acconsentire alla sostituzione della pena detentiva con una pena sostitutiva diversa dalla pena pecuniaria", fermo restando che l'assenso all'applicazione di pene sostitutive diverse da quella pecuniaria deve consistere in un "atto personalissimo dell'imputato, da manifestare in modo esplicito (non essendo sufficiente un consenso o una "non opposizione" desunta dalla mera inerzia dell'imputato o del suo difensore,), in ragione della rilevanza delle conseguenze che gravano sul condannato".
3.3. L'avvio dell'ulteriore fase del procedimento, nella quale si decide sulla sostituzione e sulla scelta della pena sostitutiva, e', dunque, subordinata a una manifestazione di volontà dell'imputato. Una volta acquisito il consenso, e sentito il Pubblico Ministero, si aprono, per il giudice, due possibili strade:
- egli può decidere immediatamente, se ne sussistono i presupposti, sentito il Pubblico Ministero, con decisione che potrà anche essere di rigetto dell'eventuale istanza dell'imputato, come, nel caso di pericolosità conclamata di quest'ultimo;
- se, invece, non è possibile decidere immediatamente, il giudice fissa una apposita udienza, non oltre sessanta giorni, dandone avviso alle parti e all'ufficio di esecuzione penale esterna competente (U.E.P.E.), acquisendo informazioni, se del caso, anche dalla polizia giudiziaria.
Si apre, in tal modo, una fase interlocutoria, durante la quale il Giudice procederà alla verifica della possibilità concreta di sostituire la pena e di consentire alla parte stessa e all'U.E.P.E. di intervenire e definire i contorni e i contenuti della pena sostitutiva da sottoporre al giudice (art. 545 c.p.p., comma 1, terzo periodo). Le parti hanno un ruolo attivo in tale fase, con facoltà di depositare documentazione all'U.E.P.E. e, fino a cinque giorni prima dell'udienza, possono (depositare memorie. La norma è espressione della valorizzazione dell'apporto delle parti - ed in modo particolare, dei difensori - che vengono chiamate a contribuire alla più adeguata risposta sanzionatoria al reato, in rapporto alle esigenze di individualizzazione del trattamento che discendono dall'art. 27 Cost., comma 3.
3.4. Esaurita la fase "informativa", all'udienza fissata per l'eventuale sostituzione della pena principale, il giudice assume le proprie determinazioni definitive sul trattamento sanzionatorio, integrando o confermando il dispositivo già letto all'udienza conclusiva del giudizio ordinario: "se sostituisce la pena detentiva, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti"; in tal caso si applicheranno la L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 57 e 61. Se, invece, le informazioni raccolte non consentono di disporre la sostituzione della pena principale con una pena sostitutiva, il giudice "conferma il dispositivo", pubblicando la decisione mediante lettura del dispositivo (art. 545-bis, comma 3).
Dunque, al termine dell'udienza "dedicata", il giudice dovrà nuovamente dare lettura in udienza del dispositivo, sia esso stato modificato o solo confermato: "Del dispositivo integrato o confermato è data lettura in udienza ai sensi e per gli effetti dell'art. 545 c.p.p." (art. 545-bis c.p.p., comma 3, ultimo periodo). Solo con questa seconda lettura del dispositivo - ferma la statuizione di condanna - la sentenza si intenderà pubblicata, nel senso che in "entrambi i casi, il giudice pubblica la decisione mediante lettura del dispositivo come integrato o confermato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 545 c.p.p. (nuovo art. 545-bis c.p.p., comma 3)" (così: la relazione illustrativa), volendosi in tal modo "rendere chiaro, ad ogni effetto ma soprattutto ai fini del decorso dei termini per l'impugnazione, che il giudice deve dare nuova lettura del secondo dispositivo e che il dies a quo è quello della lettura di quest'ultimo, qualunque contenuto esso abbia".
3.5. E, infatti, l'art. 545-bis c.p.p., comma 4, prevede che "i termini per il deposito della motivazione decorrono, ad ogni effetto di legge, dalla lettura del dispositivo, confermato o integrato, di cui al comma 3" (art. 545-bis c.p.p., comma 3, ultimo periodo), essendosi anche prevista una norma di raccordo con la disciplina della motivazione contestuale, la cui pubblicazione deve essere differita alla lettura del secondo dispositivo: è stabilito, infatti, che "quando il processo è sospeso ai sensi del comma 1, la lettura della motivazione redatta a norma dell'art. 544 c.p.p., comma 1 segue quella del dispositivo integrato o confermato e può essere sostituita da una esposizione riassuntiva" (art. 545 bis c.p.p., comma 4, prima parte). Quindi, la motivazione della sentenza, - anche per la parte relativa alla statuizione di condanna, che non è coinvolta dal successivo procedimento, con cui si riapre la possibilità per il giudice di intervenire esclusivamente sul trattamento sanzionatorio - anche laddove contestuale, non viene letta all'udienza nella quale è data lettura per la prima volta del dispositivo con cui si afferma la penale responsabilità dell'imputato, ma solo dopo la lettura del dispositivo integrato o confermato quanto al trattamento sanzionatorio. Nei casi diversi da quello della motivazione contestuale, i termini per il deposito della motivazione decorrono, ad ogni effetto di legge, dalla lettura del dispositivo, confermato o integrato, di cui al comma 3, momento in cui si intende avvenuta la pubblicazione della sentenza.
4. Così delineato il procedimento dedicato alla valutazione dell'eventuale sostituzione della pena detentiva con quelle sostitutive, il tema da affrontare è quello della impugnabilità del provvedimento con il quale il Giudice di merito decide sulla ammissione al trattamento sostitutivo. Con il ricorso in esame, infatti, gli imputati hanno impugnato esclusivamente l'ordinanza resa dalla Corte di appello di Torino all'udienza del 31 marzo 2023, con la quale, come si è premesso, sono state dichiarate inammissibili le istanze difensive volte alla sostituzione delle pene detentive con la detenzione domiciliare ex art. 20-bis c.p.. Per quanto emerge dagli atti, le istanze vennero formulate immediatamente dopo la lettura del dispositivo, e la Corte di appello, fissata apposita udienza, ha deciso con ordinanza ad hoc, con la quale ha ritenuto che, trattandosi di decisione assunta ai sensi dell'art. 599-bis c.p.p., le parti avrebbero dovuto concordare con il P.M. anche la sostituzione della pena detentiva.
4.1. Ritiene il Collegio che la questione della impugnabilità (o meno) del provvedimento che decide sulla sostituzione delle pene detentive (di sostanziale conferma del dispositivo, come nella fattispecie in esame, ovvero di indicazione della pena sostitutiva), vada risolta negativamente, nel senso che esso può essere impugnato solo congiuntamente alla sentenza che chiude la fase introdotta dall'art. 545-bis c.p.p..
Militano in favore di tale tesi sia argomenti desumibili dall'interpretazione del dato letterale della norma, sia profili di carattere sistematico, anche interni alla disciplina dell'istituto.
4.3. In primo luogo, in base al principio di tassatività delle impugnazioni, ex art. 568 c.p.p., deve osservarsi che il legislatore, nel disciplinare siffatto procedimento, non ha previsto in modo espresso alcuna forma di impugnazione del provvedimento che "conferma" o "integra" il primo dispositivo. In tale ottica, può agevolare l'interpretazione la diversa previsione espressa contenuta nell'art. 464-quater c.p.p., comma 7, che, con riferimento all'istituto affine della messa alla prova, a proposito dell'ordinanza che decide sull'istanza di ammissione disponendo la sospensione del procedimento (art. 168-bis c.p., e s.s.), ne prevede la ricorribilità per cassazione, con previsione analoga al D.P.R. n. 448 del 1988, art. 28, comma 3, che, con riguardo al processo minorile, si esprime in termini non dissimili dall'art. 464-quater c.p.p., comma 7, contemplando genericamente la possibilità di ricorrere per cassazione contro l'ordinanza di messa alla prova. Con riguardo, invece, alla ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, le Sezioni hanno chiarito che essa "non è immediatamente impugnabile, ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 586 c.p.p., in quanto l'art. 464-quater c.p.p., comma 7, nel prevedere il ricorso per cassazione, si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell'imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova." (Sez. U, Sentenza n. 33216 del 31/03/2016 Cc. (dep. 29/07/2016) Rv. 267237, che, in motivazione ha affermato che "Certamente, la norma consente l'impugnabilità diretta ed autonoma del provvedimento con il quale, in accoglimento dell'istanza dell'imputato, il giudice abbia disposto la sospensione del procedimento, giacché in tal caso alle parti non sarebbe altrimenti consentito alcun rimedio avverso la decisione assunta."
4.4. Sul piano sistematico, si osserva che, secondo il sistema delineato dall'art. 545-bis c.p.p., nel caso in cui, dopo la lettura del dispositivo di condanna (an), si apra l'ulteriore fase destinata alla individuazione, da parte del medesimo Giudice, anche delle modalità di esecuzione della pena (quomodo), la fissazione di un'udienza ad hoc comporta la sospensione del processo - che, quindi, - non può considerarsi ancora chiuso - con il conseguente spostamento in avanti della pubblicazione della sentenza, solo dopo la lettura del secondo dispositivo, momento dal quale decorre anche il dies a quo per il deposito della motivazione. Ai sensi del combinato disposto dell'art. 546 c.p.p. e L. n. 689 del 1981, art. 61 il Giudice avrà un dovere motivazionale anche in relazione alle ragioni sottese alla decisione sulla applicazione delle pene sostitutive.
4.5. Ora, poiché il Giudice non può dare in ogni caso lettura della motivazione della sentenza se non dopo la lettura del dispositivo integrato o confermato, contenente, appunto, anche la decisione sulle modalità di esecuzione della pena detentiva, quest'ultima decisione - ove confluita in un autonoma ordinanza da trasfondersi, poli, nel secondo dispositivo - non può essere impugnata se non unitamente alla sentenza, perché solo dopo tale momento, con la pubblicazione della sentenza, l'imputato viene a conoscenza sia delle ragioni della condanna, sia del trattamento sanzionatorio. La motivazione e', infatti, unica e si riferisce sia alla condanna, sia al provvedimento di sostituzione, con la inevitabile conseguenza che l'impugnazione ammessa è una sola, nei confronti della sentenza che contiene "anche" l'integrazione con la pena sostitutiva o la conferma del primo dispositivo.
4.6. D'altro canto, non può non rilevarsi come la descrizione normativa sia univoca, nel senso che la decisione sulla applicazione della sanzione sostitutiva si espliciti nel (secondo) dispositivo di conferma del dispositivo già letto ovvero di sostituzione della pena detentiva.
4.7. Nel caso di specie, la Corte di appello di Torino ha, invece, impropriamente, adottato una autonoma ordinanza, contenente la declaratoria di inammissibilità dell'istanza difensiva di sostituzione della pena detentiva, e, dall'incarto processuale trasmesso a questa Corte, non è dato sapere se la sentenza di condanna sia stata depositata, e se la Corte di appello abbia integrato il dispositivo facendovi confluire la declaratoria di inammissibilità delle istanze di sostituzione delle pene detentive, con sostanziale "conferma" del primo dispositivo.
5. In ogni caso, risulta dirimente il seguente principio di diritto:
"La decisione sulla sostituzione della pena detentiva ex art. 545-bis c.p.p., comma 3, è impugnabile in uno alla sentenza di condanna (art. Ex art. 586 c.p.p.). Non è impugnabile - autonomamente rispetto alla sentenza che definisce il giudizio - il provvedimento emesso all'esito dell'udienza fissata ex art. 545 bis c.p.p., comma 1 che decide sulla richiesta di sostituzione della pena detentiva con una delle pene sostitutive."
6. La novità della questione correlata a normativa di nuovo conio consente di escludere che la causa che ha determinato l'inammissibilità sia imputabile ai ricorrenti, nei cui confronti non deve, pertanto, pronunciarsi anche la condanna al pagamento dell'ammenda.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2023