RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte Appello di Trieste, sul gravame del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trieste, ha riformato la decisione del Tribunale di quella stessa città - che, all'esito del dibattimento, aveva assolto B.M. e A.L. dai reati a loro ascritti in concorso, di falso materiale art. 476 c.p. (capo A) e di frode assicurativa art. 642 c.p. (capo B) - dichiarandoli colpevoli e condannandoli alla pena ritenuta di giustizia.
1.1. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, B.M., vittima di un sinistro stradale nella sera del (Omissis), venendo investito da un'autovettura guidata da M.G., aveva formulato richiesta di indennizzo del danno patito alla compagnia assicuratrice, esibendo un referto medico, recante il n. 7794 e la data del (Omissis), a firma del Dott. A.L., quale medico in servizio presso l'Ospedale di (Omissis), nosocomio presso il quale il B. si sarebbe recato dopo l'investimento, e attestante le lesioni personali indicate nel predetto certificato, nonché ulteriore certificazione medica relativa a un successivo intervento chirurgico per distacco traumatico della retina, anch' esso ricondotto al sinistro. Il primo giudice aveva ritenuto non sufficientemente dimostrata la tesi accusatoria, fondata sulla mancata corrispondenza del numero del verbale di pronto soccorso sottoscritto da A. rispetto alla numerazione dei verbali emessi quel giorno in quella fascia oraria; sulla discrasia ravvisate dal consulente della parte civile tra il giorno della insorgenza della patologia oculistica e quello del sinistro; sull'erronea indicazione dell'ora del sinistro da parte del conducente del veicolo.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati per il tramite del rispettivo difensore di fiducia. Ciascun ricorso prospetta tre motivi, sostanzialmente analoghi, che saranno, pertanto, esposti congiuntamente, con le necessarie puntualizzazioni riguardanti, in particolare, il rispettivo terzo motivo.
2.1. Con un primo motivo, viene denunciata violazione dell'art. 6 par. 1 della CEDU per avere la Corte di appello pronunciato sentenza di condanna in esito al giudizio di secondo grado, senza che gli imputati, entrambi assenti, siano stati citati specificamente per rendere l'esame, in spregio ai principi di cui alla sentenza Maestri e altri c. Italia (n. 20903/15, 20973/15, 20980/15, 24505/15; dell'8 luglio 2021 Prima sezione), che ha condannato l'Italia per violazione della Carta Edu in caso di sentenza che riformi una decisione di primo grado di tipo assolutorio, senza che l'imputato sia stato citato per rendere l'esame. I ricorrenti, infatti, hanno solo ricevuto la citazione a giudizio dinanzi alla Corte di appello che, una volta constatante l'assenza, ha omesso di disporre una ulteriore citazione finalizzata alla loro audizione.
2.2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano inosservanza dell'art. 603 c.p.p., comma 3 bis, per avere ribaltato il verdetto assolutorio di primo grado, sulla base di una complessiva rivalutazione della prova dichiarativa, in specie, delle testimonianze R., A.F., V. e A., senza procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, richiesta dallo stesso Procuratore Generale.
2.3. Con il terzo motivo, è denunciata contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, non rafforzata, nonché travisamenti della prova, in particolare, con riguardo alla circostanza che l' A. ebbe a redigere un certificato in modalità cartacea pur essendo stato istituito il registro informatico, giacché la Corte di appello non ha tenuto conto delle ragioni rappresentate dall'imputato, e ha travisato le dichiarazioni del teste R., investigatore incaricato dalla compagnia assicuratrice.
2.3.1. Si sottolinea, inoltre, da parte della difesa di A., come i due imputati non si conoscessero né sono emersi contatti telefonici tra loro, tali da giustificare la prospettazione accusatoria; neppure è stato mai accertato un procedimento disciplinare a carico dell' A. per la condotta oggetto del presente giudizio. Ci si duole che non siano stati ascoltati gli operatori sanitari paramedici presenti al Pronto Soccorso il giorno dei fatti, che avrebbero potuto riferire in merito all'infermiere che richiese l'intervento presso il Pronto soccorso del Dott. A., chirurgo assegnato ad altro reparto; si evocano, ancora, le dichiarazioni della Dott.ssa E.G. con riguardo alle contingenze che, all'epoca dei fatti, potevano determinare il ricorso alla certificazione cartacea.
2.3.2. Il difensore di B. evidenzia come risulti accertata la genuinità del sinistro, e la circostanza riferita dall'investitore, di avere accompagnato il B. presso l'Ospedale di (Omissis), dove, quindi, l'imputato certamente giunse, sebbene non risulti agli atti della amministrazione sanitaria del nosocomio un suo accesso. Ci si duole della fragilità degli argomenti spesi dalla Corte di appello per sovvertire una giudizio di primo grado senza tener conto delle problematiche organizzative presenti nella gestione dei reparti e del pronto Soccorso all'epoca dei fatti.
3. La parte civile Allianz ha depositato memoria con nota spese, di cui ha chiesto la liquidazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati e a tanto consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, agli effetti penali, perché i reati sono estinti per prescrizione, mentre, per quanto si dirà, l'annullamento agli effetti civili va disposto con rinvio per nuovo giudizio in sede civile.
2. E' fondato in modo assorbente il secondo motivo, dal momento che la sentenza impugnata ha ribaltato il verdetto assolutorio di primo grado sulla base di una complessiva rivalutazione della prova dichiarativa, in specie, delle testimonianze R., A.F., V. e A., senza procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, peraltro richiesta dallo stesso Ufficio appellante.
2.1. Va premesso che, in tema di giudizio di appello, l'obbligo di motivazione rafforzata, previsto in caso di riforma della sentenza assolutoria - e che la Corte di appello, nel caso di specie, ha pienamente assolto, corredando la decisione di motivazione esaustiva e puntuale quanto alla indicazione delle ragioni della mancata condivisione delle valutazioni operate dal Giudice di primo grado - è concorrente, e non alternativo, con quello di rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, sicché la sentenza di appello che ribalti la decisione assolutoria di primo grado, con condanna dell'imputato, postula l'adozione di una motivazione rafforzata e la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ai sensi dell'art. 603 c.p.p., comma 3-bis, (Sez. 3 n. 16131 del 20/12/2022 (dep. 2023) Rv. 28449303).
2.2. Giova ricordare che, nella giurisprudenza Europea, è da tempo consolidato l'indirizzo a tenore del quale (fr., tra le tante, C. eur. dir. uomo, 26.6.2012, Gaitanaru v. Romania; Id., 24.7.2012, D.M. T. e D.K.I. v. Bulgaria; Id., 5.3.2013, Manolachi v. Romania; Id., 4.6.2013, Hanu v. Romania; Id., 5.9.2015, Moinescu v. Romania; Id., 22.9.2015, Nitulescu v. Romania; Id., 5.7.2016, Lazu v. Repubblica di Moldavia; Id., 28.2.2017, Manoli v. Repubblica di Moldavia; Id., 29.6.2017, Lorefice c. Italia; Id., 25.3.2021, Di Martino e Molinari v. Italia., Dan c/Moldavia), allorché il giudice penale di secondo grado sia chiamato a riesaminare il caso sia in fatto sia in diritto, non è possibile "properly determine those issues without a direct assessment of the evidence". Ne discende che non è conforme al "fair trial" il processo che, in sede di appello, conduca alla condanna dell'imputato, in precedenza assolto, sulla base di una rivalutazione esclusivamente cartolare dell'attendibilità delle testimonianze assunte nel primo grado, senza passare attraverso la diretta audizione dei testi.
Il principio della rinnovazione della istruttoria dibattimentale in appello è stato recepito nel nostro sistema processuale sia a livello giurisprudenziale (Sez. U, n. 27620 del 28 aprile 2016, ric. Dasgupta; Sez. U n. 18620 del 19 gennaio 2017, ric. Patalano; Sez. U, n. 14426 del 28 gennaio 2019, ric. Pavan; Sez. U, n. 14800 del 21 dicembre 2017, ric. Troise) che normativo, essendo tale principio codificato nell'art. 603 c.p.p., comma 3 bis, introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103.
La giurisprudenza interna, nell'adeguarsi a tali principi, già prima della novella che ha portato alla introduzione dell'art. 603 c.p.p., comma 3 bis, aveva rimarcato la necessità per il giudice dell'appello di procedere, anche d'ufficio, alla rinnovazione della prova dichiarativa in caso di riforma della sentenza di assoluzione sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità della dichiarazione ritenuta decisiva, senza operare distinzioni in ragione della qualità soggettiva del dichiarante. Tale principio è stato ripetutamente affermato - sulla base di una coordinata esegesi degli approdi ai quali si è pervenuti attraverso gli interventi delle Sezioni Unite, con le sentenze Dasgupta e le successive Patalano e Pavan - anche con riguardo al caso del giudice d'appello che riformi, anche su impugnazione della sola parte civile e ai soli effetti civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare l'istruzione dibattimentale, anche d'ufficio, nel caso di ribaltamento di tale decisione ai soli effetti civili e su impugnazione della parte civile (Sez. 6 -, n. 12215 del 12/02/2019, Rv. 275167, Sez. 5 -, n. 38082 del 04/04/2019 Rv. 276933), venendo in rilievo la garanzia del giusto processo a favore dell'imputato coinvolto nel procedimento penale, dove i meccanismi e le regole di formazione della prova non conoscono distinzioni a seconda degli interessi in gioco, pur se di natura esclusivamente civilistica (Sez. 5, n. 32854 del 15/04/2019 Rv. 277000). Si è anche precisato che, in tema di appello del pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione, l'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria previsto dall'art. 603 c.p.p., comma 3-bis, grava sul giudice di appello anche quando la diversa valutazione di una prova dichiarativa ritenuta decisiva riguardi una prova acquisita nel corso delle indagini preliminari, in sede di incidente probatorio, e non più ripetuta in dibattimento (Sez. 3. 24597 del 03/07/2020, Rv. 279863).
In sintesi - secondo il diritto vivente - l'obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa vale, a) per il testimone "puro"; b) per quello c.d. assistito; c) per il coimputato in procedimento connesso; d) per il coimputato nello stesso procedimento (fermo restando che, in questi ultimi due casi, l'eventuale rifiuto di sottoporsi all'esame non potrà comportare conseguenze pregiudizievoli per l'imputato); e) per il soggetto "vulnerabile" (...); f) per l'imputato che abbia reso dichiarazioni "in causa propria" e persino per il testimone "esperto". Analogo obbligo non si configura, invece, per l'assunzione delle dichiarazioni spontanee, ex art. 494 c.p.p., rimesse alla libera scelta dell'imputato e "non acquisibili d'ufficio altrimenti determinandosi una palese violazione del diritto al silenzio e del diritto di difesa".
2.3. Con riguardo, poi, alle dichiarazioni dell'imputato, con la sentenza CEDU Maestri ed altri c. Italia dell'8 luglio 2021, citata dai ricorrenti, la Corte Europea dei diritti dell'Uomo, oltre a ribadire la necessità di procedere ad una nuova escussione dei testimoni ai fini della condanna in appello preceduta da assoluzione in primo grado, come già affermato in Lorefice c. Italia del 29 giugno 2017, ha condannato l'Italia per non essere stato disposto, anche d'ufficio, l'esame degli imputati prima di procedere al ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado. A tal fine, la Corte Europea chiarisce che, non essendo la citazione dell'imputato alla udienza di appello equipollente alla citazione per l'esame, la prima non è sufficiente per ritenere assolto l'obbligo di esaminare l'imputato prima di condannarlo dopo l'assoluzione in primo grado. Tale obbligo, che incombe sul giudice, deve essere garantito mediante specifiche misure ("mesures positives à ces fins", par. 60).
Ora, la necessità di assumere l'esame dell'imputato in caso di riforma della sentenza assolutoria rientra in quella, più generale, di rinnovazione della prova dichiarativa di natura decisiva, sicché la stessa non sussiste ove, nel corso del giudizio di primo grado, sia mancata l'assunzione delle dichiarazioni dell'imputato (Nel caso di specie, il solo B. ha reso spontanee dichiarazioni alla udienza del 20/01/2020, a seguito di rinuncia all'esame) o la valutazione probatoria da parte dei giudici dei due gradi di merito sia stata incentrata su risultanze istruttorie diverse rispetto a tale atto, non oggetto di esame alcuno. (Sez. 6 n. 27163 del 05/05/2022, Rv. 283631). Ciò significa che la Corte d'appello è tenuta a disporre una specifica vocatio per procedere all'audizione dell'imputato, sotto forma di esame - mezzo di prova che non ammette equipollenti - qualora le sue dichiarazioni siano considerate "decisive": soltanto in questa situazione, il mancato consenso o la non presentazione all'udienza appositamente fissata per l'audizione, potranno configurare una rinuncia al diritto di difesa, pienamente legittima. Di qui, l'infondatezza del primo motivo di ricorso, dal momento che la sentenza impugnata non ha fatto leva - in termini dirimenti - sulle dichiarazioni degli imputati, essendo pervenuta al ribaltamento della sentenza di primo grado in virtù di una diversa valutazione delle sole dichiarazioni dei testimoni.
2.4. L'ulteriore precisazione che va fatta è che, ai fini della rinnovazione dell'istruttoria in appello ex art. 603 c.p.p., comma 3-bis, per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa devono intendersi non solo quelli concernenti l'attendibilità dei dichiaranti, ma, altresì, tutti quelli che implicano una diversa interpretazione delle risultanze delle prove dichiarative, posto che il loro contenuto - salvo non attenga ad un oggetto del tutto definito o ad un dato storico semplice e non opinabile - è frutto della percezione soggettiva del dichiarante, onde il giudice del merito è inevitabilmente chiamato a "depurare" il dichiarato dalle cause di interferenza provenienti dal dichiarante, in modo da pervenire ad una valutazione logica, razionale e completa, imposta dal canone dell'"oltre ogni ragionevole dubbio".(Sez. 2 n. 13953 del 21/02/2020, Rv. 279146; conf. Sez. 3 n. 16444 del 04/02/2020, Rv. 279425); in tal senso, Sez. 5 n. 27751 del 24/05/2019, Rv. 276987, nell'affermare il principio, aveva osservato come "un "fatto" non sempre presenta una consistenza oggettiva di natura astratta e asettica, ma è talvolta mediato attraverso l'interpretazione che ne dà il dichiarante, con la conseguenza che la risultanza probatoria risente di tale mediazione che incide sull'approccio valutativo del giudice, anch'esso pertanto mediato".
2.5. Alla luce di tale quadro ermeneutico, risulta fondato il motivo con cui si lamenta l'inosservanza della disposizione di cui all'art. 603 c.p.p., comma 3-bis, dal momento che la Corte di appello è pervenuta alla riforma della decisione di primo grado senza assumere ex novo le dichiarazioni dei testimoni, che ha posto alla base del ribaltamento.
3. Tanto è sufficiente per rilevare, a fronte di un ricorso non inammissibile, l'avvenuto decorso del termine prescrizionale, mancando l'evidenza della prova dell'innocenza degli imputati, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., non emergente ictu oculi in ragione della puntuale ricostruzione operata nella sentenza impugnata, sulla base delle risultanze istruttorie. Invero, la non manifesta infondatezza del ricorso non ha impedito il decorso del tempo necessario a prescrivere, a mente del consolidato principio di diritto, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva, (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 Tettamanti, Rv. 244275). D'altro canto, nella medesima pronuncia, il massimo consesso nomofilattico ha altresì affermato che in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei caso in cui le circostanze idonee a escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato, e la sua rilevanza penale, emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di contestazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U. Tettamanti).
3.1. In particolare, va rilevato che i fatti in esame sono stati contestati come commessi in data anteriore e prossima al 07/07/2015 (data di ricezione della richiesta di indennizzo, da parte della compagnia assicuratrice, erroneamente indicata in 17/07/2015 nel capo A).
3.2. Inoltre, si osserva che, nel giudizio di primo grado, si sono tenute cinque udienze e che i rinvii del dibattimento sono stati disposti per lo svolgimento dell'istruttoria e per la discussione, essendo state rigettate le richieste di rinvio per impedimento dell'imputato B., formulate per le udienze del 25/02/2019 e 25/11/2019; che, dinanzi alla Corte di appello, si sono tenute tre udienze: nella prima, del 13/09/2021, pur essendo stato chiesto un rinvio dalla Difesa, tuttavia, la Corte di appello ha rinviato il dibattimento per l'esigenza di rinnovare la notifica nei confronti dell'imputato B., che era stata del tutto omessa; quella del 23/03/2022 è stata rinviata per diversa composizione del collegio, e il 15/06/2022 è stata pronunciata la sentenza impugnata. Non si sono, pertanto, registrate sospensioni né interruzioni della prescrizione. 3.3. Conseguentemente, ai sensi degli artt. 157 - 160 c.p., la prescrizione dei delitti ascritti agli imputati risulta maturata in data 07/01/2023, imponendosi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, agli effetti penali.
5. La stessa sentenza - stante la già argomentata fondatezza del secondo motivo di ricorso deve essere annullata anche agli effetti civili, con rinvio al Giudice civile competente, che dovrà procedere alla rinnovazione delle prove dichiarative ritenute decisive.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione. Annulla la medesima sentenza agli effetti civili e rinvia al Giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso in Roma, il 14 luglio 2023.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2023