RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, la Corte di Appello di Torino ha confermato la sentenza emessa il 23 maggio 2018 dal Tribunale di Torino che ha condannato l'imputato Te.Fr. per i reati di cui agli artt. 570, commi 1 e 2, n.2, e 3 L. 54/2006 (ora 570-bis cod. pen.), alla pena di un mese di reclusione ed Euro duecento di multa con il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinatamente al pagamento della provvisionale di diecimila Euro disposta in favore della parte civile costituita.
La Corte di appello, confermando le statuizioni civili, ha integrato il dispositivo della sentenza di primo grado precisando che il termine per il pagamento della provvisionale è di un anno dal passaggio in giudicato.
All'imputato si contesta di non avere provveduto al pagamento delle somme stabilite dal giudice civile per il mantenimento della figlia minore nata nel 2009, avendo omesso di versare l'assegno mensile di trecento Euro dal marzo del 2013, facendole mancare i mezzi di sussistenza, con condotta perdurante.
2. Tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso Te.Fr. articolando i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione per illogicità e contraddittorietà , in ordine alla ritenuta sussistenza del concorso formale tra le due ipotesi di reato in contestazione.
In particolare, viene criticata la sentenza che ha consapevolmente disatteso l'orientamento di legittimità più recente secondo cui il rapporto tra le due fattispecie determina un concorso apparente di norme, in quanto il più grave delitto di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori implica l'omissione del versamento dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice civile, con conseguente assorbimento del reato meno grave.
2.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in merito alla concessione della pena sospesa subordinata al pagamento della provvisionale sulla base di una valutazione illogica delle condizioni economiche dell'imputato, che è stato ritenuto in grado di pagare detta provvisionale nonostante il suo importo elevato pari a diecimila euro, valorizzandosi semplicemente il fatto che lavora.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato limitatamente al primo motivo.
Nel contrasto tra i due opposti orientamenti, il Collegio ritiene di dare continuità alla interpretazione (vedi, Sez. 6, n. 20013 del 10/03/2022, B., Rv. 283303; Sez. 6, n. 9065 del 08/02/2023, M., Rv. 284274; Sez. 6, n. 45103 del 10/10/2023, F., Rv. 285473) che ravvisa un rapporto di consunzione per il principio di specialità e non il concorso formale eterogeneo, fra il delitto previsto dall'art. 3 1.8 febbraio 2006 n.54 (attualmente punito dall'art. 570-bis cod. pen.) e quello previsto dall'art. 570, comma 2, n. 2, cod. pen., in quanto il primo richiede esclusivamente la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento, mentre il secondo presuppone che tale inadempimento abbia fatto mancare al beneficiario i mezzi di sussistenza.
L'elemento specializzante dello stato di bisogno, correlato alla mancanza di mezzi di sussistenza, comporta l'assorbimento del reato di cui all'art. 570-bis cod. pen., in quanto entrambe le due fattispecie tutelano lo stesso bene giuridico correlato all'obbligo di assistenza economica nell'ambito dei rapporti tra genitori e figli, e si differenziano solo per la diversa gravità dell'inadempimento, che nel reato previsto dall'art. 570, comma 2, n. 2, cod. pen. raggiunge il suo grado di maggiore offensività .
La violazione degli obblighi di assistenza economica contemplata dall'art. 570-bis cod. pen. sebbene correlata ad una pronuncia del giudice civile non si differenzia sotto il profilo del bene giuridico protetto rispetto alle condotte di reato previste dall'art. 570 cod. pen. in quanto la sua finalità non è quella di tutelare l'autorità formale della pronuncia giudiziaria (come il reato di cui all'art. 388 cod. pen.), ma di assicurare l'osservanza degli obblighi di assistenza familiare anche in caso di separazione o scioglimento del matrimonio.
Ciò significa che sebbene sia richiesto per l'integrazione del reato necessariamente l'adozione di un provvedimento giudiziario che imponga l'obbligo di pagare l'assegno di mantenimento, la ratio della tutela è la stessa di quella del reato previsto dall'art. 570 cod. pen.
Con la conseguenza che il rapporto tra i due predetti reati è equiparabile al rapporto che intercorre tra il comma 1 ed il comma 2, n. 2 dell'art. 570 allorché vengano in considerazione le sole violazioni degli obblighi familiari di assistenza economica.
Poiché le violazioni degli obblighi di assistenza economica vanno, in linea crescente, dalla violazione meno grave del mancato versamento di quanto dovuto per assicurare ai figli uno stile di vita conforme alle capacità economiche degli obbligati (c.d. obbligo di mantenimento) alla violazione più grave dell'omesso versamento di quanto necessita per la sopravvivenza dei figli (c.d. stato di bisogno), nel caso in cui la violazione degli obblighi di assistenza, sebbene fissati in sede giudiziaria, si traduca nel mancato versamento del minimo necessario per sopravvivere, la condotta omissiva integra solo l'ipotesi di reato più grave dell'art. 570, comma 2, n. 2 cod. pen. restando assorbita la condotta meno grave prevista dall'art. 570-bis cod. pen., che è punita meno gravemente con le stesse pene alternative dell'ipotesi di cui al comma 1 dell'art. 570 cod. pen.
Non si tratta, quindi, di norme penali che concorrono tra loro, in rapporto di specialità reciproca, in quanto l'elemento specializzante costituito dalla violazione del provvedimento giudiziario - valorizzato dall'orientamento opposto che ravvisa il concorso formale dei due reati (Sez. 6, n. 12307 del 13/03/2012 Rv. 252604; Sez. 6, n. 55064 del 13/09/2017, Rv. 271669, Sez. 6, n. 10772 del 20/02/2018; Sez. 6, n.18572 del 10/04/2019, Rv. 275677; Sez. 6, n. 8612 del 05/02/2020, Rv. 278458; Sez. 6, n. 36207 del 30/09/2020, Rv. 280180; Sez. 5, n. 12190 del 04/02/2022, P., Rv. 282990) - assume una rilevanza secondaria rispetto alla finalità della tutela penale che investe unicamente il bene dell'osservanza degli obblighi di assistenza economica nell'ambito dei rapporti di famiglia, e che si giustifica essenzialmente per estendere la rilevanza penale della violazione di detti obblighi anche quando manchi il vincolo formale del matrimonio e non per dare tutela all'autorità della decisione giudiziaria, che rappresenta solo il presupposto di fatto richiesto per l'integrazione della fattispecie di reato, senza alcun contenuto di maggiore o diversa offensività rispetto al reato di cui all'art. 570 cod. pen.
2. Il secondo motivo è generico e come tale inammissibile.
Se è pur vero che la sentenza non specifica quale sia il reddito dell'imputato, si deve rilevare che neppure il ricorrente ha spiegato perché un soggetto che svolge una regolare attività lavorativa non possa pagare la provvisionale nel termine di un anno fissato in sentenza, chiedendo, se del caso, una congrua rateazione dell'importo dovuto fissato in diecimila euro.
3. In conclusione, in accoglimento del primo motivo la sentenza deve essere annullata nella parte in cui è stato disposto l'aumento di pena per la continuazione rispetto al reato meno grave di cui all'art. 570-bis cod. pen. nella misura specificata dalla sentenza di merito, pari a giorni dieci di reclusione ed Euro venti di multa, dovendosi detto reato ritenere assorbito in quello più grave previsto dall'art. 570, comma 2, n. 2 cod. pen.
L'annullamento deve essere disposto senza rinvio attraverso l'eliminazione della predetta pena irrogata in aumento per la continuazione, con conseguente rideterminazione della pena finale in quella di giorni venti di reclusione ed Euro centottanta di multa (detratta la pena in aumento rispetto alla pena base di trenta giorni di reclusione e duecento Euro di multa).
Il ricorso, per quanto sopra osservato, deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Assorbito il reato di cui al capo B) nel reato di cui al capo A), annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al relativo aumento di pena, che elimina, rideterminando la pena in giorni venti di reclusione e 180,00 Euro di multa.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Torino con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento a favore dello Stato.
Così deciso l'8 luglio 2024.
Depositata in Cancelleria il 6 agosto 2024.