top of page

Concorso materiale tra sequestro di persona a scopo di estorsione e tortura senza assorbimento del reato di tortura"

Estorsione

Cassazione penale sez. V, 28/03/2024, n.20726

Sussiste concorso materiale tra il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione e quello di tortura dovendosi escludere l'assorbimento di quest'ultimo nel primo.

Non costituisce estorsione la richiesta di rinuncia a parte della retribuzione come condizione per l’assunzione

L’attenuante della lieve entità nel reato di estorsione non si applica in presenza di richieste sistematiche, anche se di modesto importo

Estorsione ambientale: l’aggravante del metodo mafioso si configura con richieste di denaro per protezione in aree sotto influenza mafiosa

Non risponde di concorso in estorsione chi negozia la restituzione di un bene rubato per conto della vittima senza trarne profitto

L’omessa motivazione sull’attenuante della lieve entità nel delitto di estorsione non è deducibile in cassazione se non proposta in appello

Estorsione: il danno patrimoniale include la perdita di una concreta possibilità di ottenere un beneficio economico

Estorsione: minaccia di influire sul rinnovo dei contratti a termine per ottenere somme di denaro dai dipendenti

L’attenuante della lieve entità nel reato di estorsione richiede una valutazione complessiva del fatto e delle circostanze

Estorsione: la minaccia può essere implicita e subdola, idonea a creare timore e sudditanza psicologica nella vittima

L’omessa motivazione sull’attenuante della lieve entità nel delitto di estorsione non è deducibile in cassazione se non proposta in appello

Concorso materiale tra sequestro di persona a scopo di estorsione e tortura senza assorbimento del reato di tortura"

Concorso formale di reati: l’allontanamento violento da una gara pubblica integra turbata libertà e può configurare estorsione

Hai bisogno di assistenza legale?

Prenota ora la tua consulenza personalizzata e mirata.

 

Grazie

oppure

PHOTO-2024-04-18-17-28-09.jpg

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO Con sentenza del 20 febbraio 2023 la Corte di Assise di Appello di Palermo, per quanto di interesse, in parziale riforma della sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale cittadino del 3 febbraio 2022 emessa a seguito di giudizio abbreviato nei confronti di So.Pa. e Md.Ha., riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena precedentemente irrogata, confermando nel resto. La sentenza di primo grado aveva condannato gli imputati alla pena di giustizia, oltre pene accessorie e statuizioni in favore delle parti civili, per i reati contestati. In particolare: - per il delitto associativo (capo 1) - esclusa la circostanza aggravante di cui all'art.61 bis cod. pen. - di cui all'art.416 commi secondo, quarto, quinto e sesto cod. pen. per avere partecipato, insieme ad altri soggetti da identificare di diverse nazionalità, ad un'associazione capeggiata da tale "(Omissis)" dedita alla gestione di un campo di prigionia illegale collocato in Libia ove numerosissimi migranti erano privati della libertà personale e sottoposti a vessazioni al fine di ottenere dai loro congiunti il versamento in favore degli stessi associati, di ingenti somme di danaro quale prezzo della liberazione e/o della loro partenza verso lo Stato italiano; associazione finalizzata alla commissione di una pluralità di delitti quali il favoreggiamento della immigrazione clandestina, la tratta di persone, la tortura, il sequestro di persona a scopo di estorsione. I ricorrenti avevano lo specifico compito di imprigionare i migranti e di torturarli nonché di contattare le famiglie cli costoro mentre li picchiavano per costringerle a versare le somme pattuite per la liberazione dei loro congiunti e per la successiva traversata sino alle coste italiane; - per il delitto di tratta di persone (capo 2) di cui all'art.601 cod. pen. - ritenuto in esso assorbito il reato di favoreggiamento della immigrazione clandestina (capo 5) - per avere introdotto anche in tempi diversi numerosi migranti di differenti etnie, tra i quali le persone offese indicate nel presente processo, in territorio italiano, riducendoli in schiavitù attraverso la privazione della libertà personale e, approfittando della loro situazione di inferiorità, internandoli in una safe house in Libia al fine di indurli a versare un ingiusto corrispettivo per imbarcarsi e raggiungere le coste italiane, corrispettivo che loro stessi o i familiari erano costretti a versare come prezzo della liberazione; - per il delitto di tortura (capo 3) di cui all'art.613 bis cod. pen. perché attraverso le condotte descritte, attuavano nei confronti dei migranti gravi violenze psicofisiche agendo con crudeltà, percuotendoli con bastoni e altri mezzi e addirittura tenendoli appesi a testa in giù cagionando alle vittime acute sofferenze fisiche e psichiche e un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona; - per il delitto di sequestro a scopo di estorsione (capo 4) di cui all'art.630 cod. pen. per avere sequestrato numerosissimi migranti per lunghi periodi di tempo e, ponendo in essere le condotte descritte, per aver costretto i migranti o le loro famiglie a versare il corrispettivo per la loro liberazione. 2. Avverso la decisione della Corte di Assise di Appello hanno proposto ricorso gli imputati con distinti atti sottoscritti dai rispettivi difensori di fiducia, deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo contenuto nel ricorso presentato nell'interesse di So.Pa. - sottoscritto dall'avv. G.F. LANFRANCA, successivamente revocato e sostituito dell'attuale difensore di fiducia, avv. SERENA ROMANO - è stata dedotta violazione di legge in relazione alla ordinanza che, in sede di giudizio abbreviato, ha respinto la richiesta di integrazione istruttoria di audizione della persona offesa So.Sa. ai sensi dell'art.441 comma quinto cod. proc. pen. È stato dedotto altresì vizio di motivazione in relazione alle censure mosse quanto al contenuto della registrazione prodotta da So.Sa. e al ruolo svolto dalla moglie del ricorrente Pa.. La richiesta istruttoria, immotivatamente respinta, era finalizzata a verificare se effettivamente la donna della conversazione fosse la moglie dell'imputato e quale fosse stato il ruolo della stessa, asseritamente rivolto alla ricezione del danaro per conto del marito che, al momento del pagamento., era nella prigione libica. 2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla individuazione dei criteri distintivi tra la fattispecie associativa e il concorso di persone nel reato continuato. Lamenta la difesa, in primo luogo, l'assenza degli elementi costitutivi della fattispecie associativa. Inoltre, la sentenza impugnata, pur avendo ritenuto veritiera la versione del ricorrente in base alla quale anche egli era stato prigioniero all'interno del campo libico ed era stato costretto a compiere le condotte contestate per non essere a sua volta sottoposto a violenza, lo ha poi ritenuto contraddittoriamente partecipe della contestata associazione, non considerando l'assenza dell'affectio societatis e della significativa permanenza del vincolo. Se gli imputati hanno agito in condizione di indiscutibile coercizione psicofisica, non si comprende come possano al contempo essere considerati partecipi dell'organizzazione criminale che gestiva il traffico dei migranti. 2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge quanto alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all'art.601. cod. pen. di tratta di persone. Già con l'atto di appello la difesa aveva evidenziato che non era emerso dal compendio istruttorio che la permanenza all'interno del campo di prigionia libico fosse preordinata a qualche forma di sfruttamento in Libia, né in Italia; né che le vittime fossero state costrette a fornire prestazioni lavorative o sessuali durante il periodo di detenzione. La sentenza impugnata, nell'interpretazione della norma di cui all'art.601 cod. pen., ha ravvisato nella stessa due diverse condotte alternative (come dimostrerebbe la congiunzione "ovvero") e nel caso di specie rileverebbe una sola condotta che è quella del reclutamento ed introduzione nel territorio dello Stato o anche del trasferimento al di fuori di esso, trasporto o cessione di autorità di persone ridotte in stato di schiavitù La difesa osserva che dalla lettura della relazione della XVI legislatura del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica in tema di tratta di esseri umani si ricava che lo scopo di sfruttamento, mancante nel caso di specie, è elemento costitutivo e distintivo della fattispecie che può alternativamente estrinsecarsi in prestazioni lavorative, sessuali, accattonaggio, o altre attività che comportino lo sfruttamento o infine il prelievo di organi. Che lo scopo di sfruttamento sia elemento costitutivo della fattispecie si ricava anche dal tenore dell'art. 2 della Direttiva 2011/36/UE, attuata con il D.Lgs. 24/2014 che ha riformato l'art. 601 cod. pen. 2.4. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione cli legge e vizio di motivazione quanto al mancato accoglimento della richiesta di assorbimento del reato di tortura in quello di sequestro a scopo di estorsione. Già con l'atto di appello la difesa aveva evidenziato che le minacce e le violenze erano finalizzate esclusivamente ad ottenere il pagamento del prezzo del viaggio e cessavano, una volta corrisposta la cifra richiesta. Conseguentemente le condotte non potevano essere sussunte nella fattispecie incriminatrice di cui all'art.613 bis cod. pen., risultando quest'ultima assorbita nell'ipotesi di sequestro a scopo di estorsione. La sentenza impugnata, nel respingere la censura, ha valorizzato la diversa struttura e la diversa oggettività giuridica delle fattispecie, escludendo la sussistenza di un rapporto inquadrabile alla luce di principi di sussidiarietà o di consunzione. Ha altresì evidenziato che anche da un punto di vista probatorio, non vi era stata sempre coincidenza cronologica tra la condotta di segregazione a fini estorsivi e la inflizione delle violenze che si erano anche successivamente protratte anche dopo il pagamento del riscatto. La difesa ha ribadito nel motivo che l'art.630 cod. pen. comprende in un'unica fattispecie criminosa la limitazione della libe1tà personale e le violenze e minacce tese ad ottenere un ingiusto profitto con altrui danno: la violenza e la minaccia sono elementi costitutivi del reato. Inoltre, nel caso di specie nella quasi totalità dei casi, il periodo di segregazione coincideva con quello di inflizione delle torture. 3. Con il primo motivo contenuto nel ricorso presentato nell'interesse di Md.Ha. - sottoscritto dal difensore di fiducia, avv. VALENTINA FIORENZA - è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto ai criteri distintivi tra la sussistenza della fattispecie associativa e il reato concorsuale. Il motivo è sostanzialmente sovrapponibile al secondo motivo di ricorso proposto nell'interesse del coimputato ricorrente. Lamenta la difesa che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto l'imputato partecipe della descritta associazione in assenza di prova della cd. affectio societatis. L'imputato ha agito in condizione di indiscutibile coercizione psicofisica; è stato egli stesso vittima dell'organizzazione che gestiva il traffico dei migranti e in un periodo limitato di tempo per poi lasciare anche egli il campo di prigionia affrontando la traversata in mare; al più può essere riconosciuto allo stesso il contributo concorsuale nei singoli reati fine. Non vi è peraltro prova che i suoi parenti abbiano per suo conto ricevuto il corrispettivo per la liberazione dei prigionieri. 3.1. Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta violazione di legge quanto alla mancata applicazione dell'art.46 cod. pen. in relazione agli artt. 416,601,613 bis, 601 cod. pen. Ai sensi dell'art.46 cod. pen. la presenza di un costringimento fisico proveniente dall'esterno esclude la sussistenza del nesso psichico tra condotta ed evento: non poteva richiedersi all'imputato un comportamento diverso da quello tenuto dal momento che lo stesso era vittima delle violenze nel campo, come dimostrato dalla presenza di cicatrici sul suo corpo. 3.2. Con il terzo motivo è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all'art.601 cod. pen. di tratta di persone. L'imputato non ha mai introdotto in Italia altri soggetti essendosi lo stesso occupato unicamente del periodo di detenzione dei migranti presso la Safe house. Ciò risulta dai contributi dichiarativi forniti dalle persone offese che lo hanno indicato unicamente quale loro "carceriere" nel campo di prigionia. 3.3. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato accoglimento della richiesta di assorbimento del reato di tortura in quello di sequestro a scopo di estorsione. Il motivo è sostanzialmente sovrapponibile al quarto motivo presentato nell'interesse del coimputato. Le minacce e le violenze erano finalizzate esclusivamente ad ottenere il pagamento del prezzo del viaggio e cessavano, una volta corrisposta la cifra richiesta. Inoltre, nella quasi totalità dei casi, il periodo di segregazione coincideva con quello di inflizione delle torture e la circostanza che in una sola ipotesi le torture si siano protratte anche dopo il pagamento del prezzo rivela l'assoluta occasionalità dell'episodio a fronte della generalità dei casi in cui invece sussisteva siffatta coincidenza temporale. 3.4. In data 19 marzo 2024 è pervenuta memoria difensiva nell'interesse del ricorrente Md.Ha., con la quale il difensore di fiducia, avv. VALENTINA FIORENZA, ha ulteriormente sviluppato alcune delle argomentazioni contenute nei motivi di ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO Va preliminarmente ribadito che la sentenza impugnata, con motivazione immune da vizi logici, ha correttamente risposto alla specifica censura, pure formulata nei motivi di appello, quanto alla carenza della giurisdizione italiana a conoscere in tutto o in parte dei reati di cui alle imputazioni. Trattandosi - con particolare riferimento alle contestazioni di cui agli artt. 613 bis e 630 cod. pen. - di reati commessi da cittadini stranieri in danno di altri stranieri fuori dal territorio dello Stato italiano, nella prospettazione difensiva risultavano insussistenti, per la perseguibilità in Italia dei due imputati, i presupposti così come previsti dall'art. lo cod. pen. (Delitto comune dello straniero all'estero) e in particolare la richiesta di procedimento da parte del Ministro della Giustizia italiano ai sensi dell'art.342 cod. proc. pen. La Corte territoriale, dopo avere richiamato l'intero contenuto dell'art. 10 cod. pen., ha quindi individuato in atti la richiesta di procedimento avanzata in data 8 luglio 2020 dal Ministro della Giustizia (attraverso il Direttore Generale Affari Internazionali e Cooperazione giudiziaria in virtù di specifica delega ministeriale) e rivolta al Pubblico ministero procedente affinché perseguisse nello Stato italiano per i reati contestati i due ricorrenti che erano stati frattanto fermati in Italia. Risultavano sussistenti anche gli ulteriori requisiti richiesti dalla citata disposizione normativa: - i due imputati si trovavano in territorio italiano; le imputazioni erano ricomprese fra i delitti per i quali è stabilita una pena non inferiore nel minimo ad anni tre; - non risultava una richiesta di estradizione del governo libico o del Bangladesh, stato di origine degli imputati. Quanto a quest'ultimo requisito la sentenza ha operato buon governo del principio secondo cui ai fini della procedibilità di un delitto commesso dallo straniero all'estero, la richiesta del ministro non deve essere necessariamente preceduta dalla procedura di estradizione con esito negativo, ma occorre soltanto che all'estradizione non si sia dato luogo, non potendo coesistere i due istituti della procedibilità nello Stato e dell'estradizione. (Sez. 2, n. 6043 del 16/12/2021, dep.2022, Ackom, Rv. 282628). l. Operata questa necessaria premessa, ad avviso del Collegio, ricorsi risultano nel loro complesso infondati. 1.1. Il primo motivo di ricorso presentato nell'interesse di So.Pa. risulta manifestamente infondato. Nel corso del processo di primo grado, in sede di giudizio abbreviato, la difesa aveva sollecitato l'esercizio dei poteri ufficiosi del giudice ai sensi dell'art.441 comma quinto cod. proc. pen. al fine di procedere alla escussione - previa identificazione - di altre tre persone presenti nel campo di prigionia libico affinché confermassero la tesi difensiva in base alla quale anche gli imputati erano stati costretti a realizzare le condotte contestate perché minacciati di morte. La sentenza di appello (p.27) risponde esaustivamente a siffatta censura con motivazione immune da vizi logici rappresentando che: - la richiesta, peraltro avanzata ai sensi dell'art.441 comma quinto cod. proc. pen., era puramente "esplorativa" posto che nessuno di questi soggetti di cui si chiedeva l'audizione"(...) dei quali nulla di fotto si sa - ha mai reso dichiarazioni nell'ambito del giudizio abbreviato in trattazione (...)"; - eventuali approfondimenti istruttori di tale tipo avrebbero presupposto la diversa scelta del processo dibattimentale previa identificazione ed esame in contraddittorio di queste tre persone. 1.2. Il ricorso censura altresì la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale non ha accolto la richiesta ex art.603 cod. proc. pen. di integrazione istruttoria in appello relativa alla nuova escussione delle quattro parti civili. Il motivo è manifestamente infondato nella parte in cui non si confronta con la sentenza impugnata che ha evidenziato che: - le quattro persone offese sono state esaminate ripetutamente nell'ambito del procedimento di primo grado sia durante le indagini preliminari sia nel corso dell'incidente probatorio e dunque" (...) non si arriva a capire che cos'altro questi soggetti (...) potrebbero oggi aggiungere (...)" (p.25/26). Il motivo è generico nella parte in cui non si confronta con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l'appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato. (S.U., n. 8825 del 27/10/2016, clep.2017, Galtelli, Rv. 268822). La sentenza impugnata, infatti, ha risposto ad una censura che genericamente prospettata in sede di appello - è stata diversamente sviluppata con il ricorso per cassazione. In particolare, la Corte territoriale ha, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, risposto adeguatamente al dubbio posto sulla identificazione della persona che ebbe a svolgere il ruolo di collettore delle somme dei rigetti (p.29) e cioè la moglie di So.Pa. identificata con generalità ed indirizzo completo e filmata proprio presso la sua abitazione. Il motivo di ricorso come sviluppato con il ricorso per cassazione, invece, lamenta approfondimenti istruttori di natura diversa quali quello del reale ruolo svolto dalla coniuge dell'imputato e della identificazione dell'interlocutore della stessa durante la conversazione registrata e prodotta dalla persona offesa nel corso del processo. 2.Manifestamente infondato risulta anche il secondo motivo non confrontandosi con le indicazioni fornite dalla giurisprudenza di questa Corte e con la motivazione in fatto della sentenza impugnata, non contraddittoria, né manifestamente illogica. 2.1. Il motivo si articola a sua volta in due censure: la prima volta a contestare la sussistenza della ipotesi associativa; la seconda volta ad escludere, pur volendo ritenere sussistente l'associazione, la partecipazione degli imputati alla stessa, dovendosi gli stessi considerare non certo partecipi quanto piuttosto delle "vittime" costrette e coartate psicologicamente e fisicamente a svolgere determinati compiti. 2.1.1. Quanto alla prima delle censure, la Corte territoriale, dopo avere richiamato la giurisprudenza di questa Corte laddove chiarisce che l'elemento differenziale tra l'ipotesi associativa e quella del concorso di persone nel reato risiede principalmente nell'elemento organizzativo e strutturale, ha valorizzato gli elementi di fatto che, nel caso in esame, hanno consentito di delineare un contesto "delinquenziale di tipo associativo" (p.33 e ss.). Le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dalle persone offese hanno rivelato un'organizzazione dotata di strutture, uomini e mezzi che, capeggiata da "(Omissis)", gestiva il grande campo di detenzione di Z ove risultavano prigioniere centinaia di persone in attesa di imbarcarsi per l'Italia dopo il pagamento del riscatto da parte dei loro familiari, ravvisandosi indici inequivocamente rivelatori della fattispecie associativa quali: - il numero ingente di persone coinvolte; - il ruolo dirigenziale dei promotori; - la rigorosa suddivisione dei ruoli (dirigenti, carcerieri, torturatori, scafisti); - la reiterazione organizzata dei vari reati indirizzata al conseguimento del precipuo fine dell'associazione di lucrare dall'imbarco dei migranti verso l'Italia; - la disponibilità di beni strumentali concentrati nella safe house. La sentenza ha operato buon governo delle indicazioni fornite da questa Corte secondo cui nel concorso di persone nel reato continuato l'accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto volto alla sola commissione di più reati ispirati da un medesimo disegno criminoso, mentre le condotte di partecipazione e promozione dell'associazione per delinquere presentano i requisiti della stabilità del vincolo associativo e dell'indeterminatezza del programma criminoso, elementi che possono essere provati anche attraverso la valutazione dei reati scopo, ove indicativi di un'organizzazione stabile e autonoma, nonché di una capacità progettuale che si aggiunge e persiste oltre la consumazione dei medesimi. (Sez. 2 n. 22906 del 08/03/2023, Bronzellino, Rv. 284724). 2.1.2. Quanto alla seconda delle censure, anche in tal caso la Corte territoriale ha fornito risposta esauriente e immune da vizi (p.35 e ss.) attraverso la valorizzazione di plurimi e incontestati elementi di fatto che hanno permesso di configurare il requisito dell'affectio societatis e della partecipazione consapevole in capo ai ricorrenti. La sentenza impugnata, al riguardo, ha sì riconosciuto che gli imputati si sono trovati ad agire in situazioni ambientali a loro non favorevoli; tuttavia, le mansioni di carcerieri dagli stessi svolte sono state realizzate attraverso il ricorso "(...) alle vessazioni gratuite, ai pestaggi crudeli immotivati, alle violenze sanguinose anche laddove non richieste (...). Le persone offese hanno univocamente ribadito che gli attuali ricorrenti si siano distinti per la loro impressionante ferocia; erano sempre armati di fucile, circostanza che denota la totale fiducia riposta in loro da parte degli organizzatori; oltre al ruolo di sorveglianti, avevano l'incarico in ragione della padronanza della lingua bangla di mantenere i contatti con i parenti dei detenuti che risiedevano in Bangladesh per convincerli a pagare il riscatto. Ulteriore circostanza di significativo rilievo è quella secondo cui i pagamenti del riscatto avvenivano in Bangladesh ed erano i parenti degli imputati a ricevere le somme versate dai familiari dei prigionieri in cambio della libertà di questi ultimi. Il collegio non ignora le indicazioni di questa Corte secondo cui - in tema di cause di giustificazione e secondo un'interpretazione dell'art. 54 cod. pen. che tenga conto delle disposizioni sovranazionali - lo stato di necessità risulta configurabile rispetto ad una vittima di tratta e in condizioni cli asservimento nei confronti di organizzazioni criminali dedite al narcotraffico, qualora la stessa sia costretta a compiere un trasporto di stupefacenti, senza una concreta possibilità di sottrarsi alla situazione di pericolo ricorrendo alla protezione dell'Autorità (Sez. 6, n. 2319 del 16/11/2023, dep.2024, O., Rv. 285890). Il caso in esame, tuttavia, presenta aspetti di sostanziale differenza rispetto alla giurisprudenza richiamata: le concrete modalità di realizzazione delle condotte degli imputati rivelano, nella assoluta gratuità e inutilità della ferocia mostrata, una consapevole scelta ed una conseguente libera adesione al programma criminoso, confortata e confermata dal ruolo svolto dai familiari nel paese d'origine quali destinatari del riscatto. La sentenza in questo senso ha operato corretta applicazione delle indicazioni di questa Corte secondo cui la scriminante dello stato di necessità è configurabile a condizione che l'agente non abbia altra scelta all'infuori di quella di subire il conseguente danno o di porre in essere l'azione che gli si imputa come reato e sempre che tra il pregiudizio temuto e l'azione di difesa sussista un giusto rapporto di proporzione. (Sez. 6, n. 24255 del 16/03/2021, Deji, Rv. 281526 che ha escluso la configurabilità della scriminante di cui all'art. 54 cod. pen. con riferimento alle condotte di sevizie e di torture perpetrate da un soggetto ristretto in un campo di prigionia per migranti che, per ottenere la sua liberazione ed un miglior trattamento, aveva collaborato con i carcerieri ponendo in essere gravi condotte criminose in danno di altri prigionieri, sul presupposto della ritenuta insussistenza della mancanza di alternativa alla commissione delle crudeli vessazioni, nonché della sproporzione tra il pericolo paventato e le indicibili crudeltà commesse). 3. Il terzo motivo risulta infondato. La difesa ha escluso che nell'ipotesi di specie sia configurabile il reato di tratta di persone di cui all'art.601 cod. pen. in assenza di uno degli elementi costitutivi della fattispecie rappresentato dallo sfruttamento da intendersi come induzione o costrizione della vittima della tratta a prestazioni lavorative, all'accattonaggio o ad altre attività previste dalla norma. Per potere adeguatamente respingere la censura difensiva occorre, sia pure brevemente, inquadrare la fattispecie in esame, oggetto - come evidenziato nello stesso ricorso - di successive modifiche in attuazione delle indicazioni comunitarie. L'art.601 primo comma cod. pen. nell'attuale formulazione si presenta a fattispecie plurima e descrive due condotte alternative: - il fatto di colui che recluta, introduce nel territorio dello Stato, trasferisce anche al di fuori di esso, trasporta, cede l'autorità rispetto a una o più persone che si trovino nelle condizioni di cui all'art. 600 cod. pen. (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù; - il fatto di chi realizza le stesse condotte su una o più persone mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica, psichica o di necessità, o mediante promessa o dazione di denaro o di altri vantaggi alla persona che ha su di essa autorità al fine di indurle o costringerle a prestazioni lavorative, sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi. Dunque, le modifiche dell'art.601 cod. pen. - introdotte dall'art.2 comma primo lett. b) D.Lgs. 4 marzo 2014 n.24 - hanno provveduto a tipizzare le condotte di "tratta", individuandole in quelle di reclutamento, introduzione nel territorio dello Stato, trasferimento al suo interno o anche al di fuori di esso, nonché in quella di colui che fornisce ospitalità. La prima ipotesi prevista è a dolo generico, mentre per la seconda è richiesto il dolo specifico, individuato nel fine di indurre le vittime o costringerle alle prestazioni, già prima elencate, che ne comportano lo sfruttamento, o a sottoporsi al prelievo di organi: "(...) in sintesi, nel fuoco del dolo specifico entrano quelle situazioni che integrano il secondo degli eventi costitutivi della fattispecie di riduzione in servitù (...)" (Sez. 1, n. 35992 del 05/03/2019, Omorodion, Rv. 276718). Le modifiche del 2014, mentre non hanno sostanzialmente intaccato la struttura oggettiva dell'incriminazione, ad eccezione della tipizzazione delle condotte integranti il reato, hanno determinato un mutamento nella configurazione del dolo specifico, che in precedenza era genericamente riferito alla volontà di commettere i delitti previsti dall'art. 600 comma primo cod. pen., mentre ora viene espressamente circoscritto a quella di indurre o costringere il soggetto passivo a compiere le attività specificamente indicate. Contrariamente a quanto affermato nel ricorso, la interpretazione che della norma è stata fornita dalla sentenza impugnata non esclude dalla fattispecie in esame l'elemento dello sfruttamento: la prima ipotesi, infatti, si applica alle condotte di tratta rispetto alle persone che si trovino nelle condizioni di cui all'art. 600 cod. pen. (schiavitù o servitù. È proprio il rinvio alle condizioni di cui all'art.600 cod. pen. che completa la fattispecie: chi esercita ai sensi dell'art.600 cod. pen. su una persona poteri corrispondenti a quelli spettanti al proprietario realizza una vera e propria "reificazione" della vittima: la riduzione ad oggetto di una persona ne comporta ex se lo sfruttamento. Dunque, lo sfruttamento quale elemento costitutivo della fattispecie sussiste anche nella condotta di cui alla prima ipotesi dell'art.601 comma primo cod. pen. in quanto la tratta di persona in stato di schiavitù richiedendo una previa condizione di totale assoggettamento, presuppone lo sfruttamento della stessa. Diversamente nella seconda ipotesi prevista dall'art.601 comma primo cod. pen. lo sfruttamento caratterizza la fattispecie dal punto di vista dell'elemento psicologico e del dolo specifico ponendosi come il fine della condotta. Trova, quindi, implicita conferma il principio fissato da questa Corte anteriormente alla modifica del 2014 secondo cui ai fini dell'integrazione dell'altra fattispecie delineata nel primo comma dell'art. 601 cod. pen. - soggetto passivo del reato è colui che ancora si trova in stato di libertà (Sez. 5, n. 40045 del 24/9/2010, Murmylo e altri, Rv. 248899), principio ribadito anche successivamente in tema di concorso tra reciti allorquando la Corte ha affermato che il reato di riduzione in stato di servitù (art. 600, comma primo, seconda ipotesi, cod. pen.) concorre con il reato di tratta di persona libera (art. 601, comma primo, seconda ipotesi, cod. pen.), poiché, difettando l'unicità naturalistica del fatto, non sussiste un rapporto di specialità ex art. 15 cod. pen. tra le due fattispecie, né le stesse contengono clausole di riserva che consentano l'applicazione delle figure dell'assorbimento, della consunzione o del "post-factum" non punibile. (Sez. 5, n. 49514 del 19/09/2018, A., Rv. 274452 relativa al caso in cui le vittime erano state condotte in Italia con l'inganno, allettate dalla prospettiva di trovare un lavoro lecito, e, una volta varcati i confini, poste in stato di servitù con condotte materialmente distinte, che erano seguite l'una all'altra). 4. Infondato il quarto motivo. Va in primo luogo evidenziato che, contrariamente a quanto indicato nel ricorso, la giurisprudenza di questa Corte ha considerato, in punto di concorso/assorbimento di fattispecie, l'ipotesi in cui il delitto di sequestro di persona possa risultare assorbito in quello di tortura e non viceversa. Ha osservato al riguardo questa Corte che l'assorbimento può operare, nonostante la diversa oggettività giuridica, nella misura in cui la condotta di privazione della libertà personale della vittima connoti parte della condotta torturante, agevolando la realizzazione del fine ultimo, perseguito dall'agente, di inflizione alla medesima di un supplizio, mentre si configura il concorso tra i due reati nel caso in cui la privazione della libertà personale si protragga oltre il tempo necessario al compimento degli atti di tortura. (Sez.2, n. 1729 del 01/12/2021, dep.2022, A. Rv. 282523). Va ulteriormente evidenziato che secondo questa Corte, nel delitto di tortura la crudeltà della condotta si concretizza in presenza di un comportamento eccedente rispetto alla normalità causale, che determina nella vittima sofferenze aggiuntive ed esprime un atteggiamento interiore particolarmente riprovevole dell'autore del fatto (Sez. 5, n. 50208 del 11/10/2019, S. Rv. 277841 - 02). 4.1. Rispetto invece allo specifico motivo di ricorso con il quale diversamente si suggerisce un possibile assorbimento del delitto di tortura in quello di sequestro di persona a scopo di estorsione - nella ipotesi in cui le condotte violente integranti la prima fattispecie coincidano temporalmente con la realizz21zione della finalità del sequestro e cioè con il versamento del prezzo del riscatto - la censura, a parere del Collegio, non si confronta con la sentenza impugnata. La Corte territoriale (p.41 e ss.), con motivazione giuridicamente corretta come nella parte che segue, richiama in primo luogo gli elementi costitutivi del delitto di tortura e descrivendo la fattispecie quale inflizione di violenze e minacce gravi oltre che di crudeltà che cagionino acute sofferenze fisiche e psichiche a persone private della libertà personale, ravvisando la sicura riconducibilità a tale tipo di condotta di quella tenuta dagli imputati. Quindi, da siffatta premessa, ricava la condivisibile conseguenza per cui la inflizione di sofferenze fisiche crudeli non è affatto o non è necessariamente elemento integrativo del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione: "(...) la privazione della libertà personale della vittima costituisce, ove presente, un mero presupposto della condotta punita dall'art.613 bis cod. pen. sul quale non necessariamente si appunta uno specifico disvalore almeno nell'ottica della condotta di tortura (...)." La Corte territoriale ha quindi escluso tra le due norme un rapporto inquadrabile alla luce dei principi della sussidiarietà o di consunzione, prodromico alla richiesta di assorbimento. La sentenza impugnata ha poi affrontato l'ulteriore aspetto contenuto nella doglianza relativo cioè alla fattispecie esaminata in relazione alla coincidenza temporale tra periodo di segregazione e inflizione delle torture: sul punto con motivazione in fatto ha evidenziato che "non sempre è risultato vero" che vi sia stata la invocata sovrapposizione cronologica, richiamando le dichiarazioni di una delle persone offese nella parte in cui ha raccontato di essere stato picchiato solo "meno duramente" dopo il pagamento del prezzo da parte dei suoi familiari. Dunque, la Corte territoriale ha escluso la possibilità dell'assorbimento del delitto di tortura in quello di sequestro di persona a scopo di estorsione. 4.2. Il motivo non si confronta con la giurisprudenza di questa Corte in punto di concorso apparente di norme: l'unico criterio secondo le Sezioni unite idoneo a dirimere la eventuale sussistenza di un concorso apparente è quello di specialità ex art.15 cod. pen. (S.U. n.41588 del 22/06/2017, La Marca, Rv. 270902); le figure dell'assorbimento, della consunzione, dell'antefatto o postfatto non punibile sono classificazioni prive di sicure basi ricostruttive e mancano di riferimenti normativi che consentano queste ricostruzioni alla voluntas legis (S.U. n.20664 del 23/02/2017, Stalla, Rv.269668). 4.2.1. Il principio di specialità consente alla legge speciale di derogare a quella generale in presenza di siffatte condizioni: - le diverse disposizioni penali devono regolare la "stessa materia"; - la norma speciale deve contenere tutti gli elementi costitutivi della norma generale e presentare uno o più requisiti propri e caratteristici in funzione specializzante sicché l'ipotesi di cui alla norma speciale, qualora la stessa mancasse, ricadrebbe nell'ambito operativo della norma generale (S.U. n.1235 del 28/10/2010, dep.2011, Giordano, Rv. 248865); - la convergenza di norme può considerarsi integrata solo in rapporto di continenza tra le fattispecie, alla cui verifica deve procedersi attraverso il confronto strutturale tra le norme incriminatrici astrattamente considerate, mediante la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definire le fattispecie di reato (S.U. La Marca, cit.); - il principio di specialità presuppone "l'unità naturalistica del fatto" e anche ove il principio di specialità operasse, resterebbe pur sempre impregiudicata l'ipotesi del concorso tra reati qualora l'agente realizzi una pluralità di condotte nell'ambito di una progressione criminosa (S.U. La Marca, cit.). Ove si escluda il concorso apparente è possibile derogare alla regola del concorso di reati solo quando la legge contenga le cd. clausole di riserva le quali, inserite nella singola disposizione, impongono l'applicazione di una sola norma incriminatrice prevalente in base ad una logica diversa da quella della specialità. 4.2.2. Sulla base di queste considerazioni, ad avviso del Collegio, può essere escluso l'assorbimento del delitto di tortura nel delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione. La comparazione degli elementi costitutivi dei due reati dimostra l'assenza di un rapporto di continenza posto che il sequestro a scopo di estorsione non contiene tutti gli elementi costitutivi del delitto di tortura, né rispetto a quest'ultimo uno o più requisiti caratteristici in funzione specializzante. Affinché si consumi il sequestro a scopo di estorsione non è necessario che si consumi anche il delitto di tortura. Infine, nel caso di specie manca come sottolineato anche dalla sentenza impugnata, l'identità naturalistica del fatto, atteso che non sempre la privazione della libertà personale del sequestro è risultata coincidente con le sevizie della tortura. 5. Il primo e il secondo motivo di ricorso presentati nell'interesse di Md.Ha. sono sovrapponibili al secondo motivo di ricorso presentato nell'interesse di So.Pa. Si rinvia dunque alle argomentazioni contenute nel precedente paragrafo 2. 6. Il terzo motivo di ricorso nell'interesse di Md.Ha. è manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti della sentenza impugnata e con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui esula dai poteri del giudice di legittimità quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. (S.U. n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944). Il motivo di ricorso, inoltre, si articola offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari (in particolare le sommarie informazioni rese dalle persone offese), sollecitando una rivalutazione o una diretta interpretazione degli stessi, anziché un controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita. (Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012, Aprovitola, Rv. 253774). La sentenza impugnata con motivazione in fatto non contraddittoria né manifestamente illogica ha ricostruito la condotta di Md.Ha. quale preposto alla sorveglianza del capannone in cui erano ristretti i migranti provenienti dal Bangladesh non solo per provvedere al loro vitto, ma anche per costringere le famiglie dei prigionieri, usando ferocia inaudita nei confronti di questi ultimi, ad assicurare all'organizzazione il pagamento del riscatto per il proseguimento del viaggio in Europa. Gli imputati scortavano altresì i migranti una volta pagato il prezzo sulle coste libiche obbligandoli ad imbarcarsi anche in presenza di cattive condizioni del mare su natanti di fortuna (p.32 e ss.). 7. Il quarto motivo di ricorso presentato nell'interesse di Md.Ha. è sovrapponibile al quarto motivo di ricorso presentato nell'interesse del coimputato So.Pa. Si rinvia dunque alle argomentazioni contenute nel precedente paragrafo 4). 8. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. La natura dei reati impone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs.196/03 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, in data 28 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 24 maggio 2024.
bottom of page