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Rissa: l’aggravante si applica anche al compartecipe che subisce lesioni personali

Rissa

Cassazione penale sez. V, 24/11/2017, n.9933

In tema di delitto di rissa, l'aggravante di cui all'art. 588, comma 2, c.p., è applicabile anche nei confronti del compartecipe che abbia riportato lesioni personali, in quanto colui che partecipa volontariamente alla condotta violenta collettiva, diretta ad offendere oltre che a difendere, si assume la responsabilità per rissa semplice o aggravata a seconda degli effetti della colluttazione.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con tempestivo ricorso per cassazione, a firma del difensore di fiducia, Avv. Andrea Nocchi, T.Z. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Ancona, pronunciata in data 25 gennaio 2016, di conferma di quella emessa, in data 12 giugno 2013, dal Tribunale di Jesi, che l'aveva riconosciuto responsabile del delitto di cui all'art. 588 c.p., comma 2, e vittima del delitto di lesioni personali aggravate commesso nei suoi confronti da C.A. e M.G.L., in relazione al quale questi ultimi erano stati condannati a corrispondergli una somma a titolo di risarcimento del danno patito. 2. Sviluppa l'imputato sette motivi, enunciati nei limiti imposti dall'art. 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Eccepisce la violazione dell'art. 588 c.p., per avere la Corte territoriale ritenuto integrato l'elemento oggettivo del delitto di rissa sia da tre sole persone, che, in gruppi contrapposti, si sarebbero fronteggiate, sia dal subentro di altra persona intervenuta a dare manforte ad uno dei soggetti inizialmente coinvolti nella lite; per avere, altresì, la stessa Corte ravvisato l'elemento soggettivo della fattispecie menzionata, ancorchè esso ricorrente non potesse avere consapevolezza del successivo intervento ad adiuvandum del suo avversario di una terza persona, perchè, se così fosse stato, secondo l'id quod plerumque accidit, avrebbe evitato la lite piuttosto che combattere contro due persone riunite. 2.2. Denuncia il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 52 c.p., posto che, sebbene in linea di principio la legittima difesa sia incompatibile con la rissa, tuttavia, nel caso di specie, la detta scriminante avrebbe potuto trovare applicazione in considerazione del fatto che egli s'era trovato a fronteggiare un'offesa del tutto nuova, autonoma, ingiusta e diversa rispetto a quella inizialmente accettata, atteso che i suoi avversari si erano successivamente armati di un bastone. 2.3. Deduce il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 588 c.p., comma 2, eccependo sia l'illegittimità costituzionale della norma de qua, in quanto ipotesi occulta di responsabilità oggettiva, e chiedendo, pertanto, che sia sollevato il relativo incidente di costituzionalità, sia, comunque, l'impossibilità di porre a suo carico il previsto aggravamento di pena, non avendo potuto egli evitare che i suoi avversari si munissero del bastone, che, in effetti, avevano utilizzato nei suoi confronti cagionandogli le gravi lesioni patite. 2.4. Stigmatizza l'erronea applicazione degli artt. 62-bis e 133 c.p., non avendo il giudice censurato fatto buon governo delle norme indicate nella dosimetria della pena. 2.5. Lamenta, infine, il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 1227 c.c., per avere la Corte di merito confermato la congruità del risarcimento del danno, liquidatogli quale parte civile del delitto di lesioni personali aggravate commesso dal C. e dal M., per essere stato egli concausa dell'aggressione subita. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è infondato e, a tratti, inammissibile. 1. Il primo motivo è infondato. Secondo il tradizionale insegnamento di questa cattedra nomofilattica, cui il Collegio intende senz'altro prestare adesione, per la configurazione del reato di rissa è necessario che nella contesa violenta esistano più fronti di aggressione, con volontà vicendevole di attentare all'altrui personale incolumità; il che può realizzarsi anche quando qualcuna delle "parti" protagoniste sia rappresentata da un solo soggetto, con l'unico limite che il numero dei corrissanti non sia inferiore a quello di tre (Sez. 5, n. 12508 del 07/02/2014, Scognamiglio e altri, Rv. 259999; Sez. 5, n. 11245 del 10/03/1988, Verona, Rv. 179757). Sussistente tale condizione, non occorre, peraltro, neppure che i corrissanti - benchè presenti in un unico contesto spazio-temporale -, vengano contemporaneamente ed insieme a vie di fatto, nè che la rissa abbia luogo in un unico e ben determinato posto, ben potendo le modalità dell'azione implicare spostamenti in luoghi vicini e frazionamenti in vari episodi, che rimangono sempre concatenati tra loro. Donde, a mente della lezione ermeneutica correttamente evocata dalla Corte di merito, non viene meno l'unicità di contesto spazio-temporale allorchè la violenta, reciproca aggressione tra più soggetti contrapposti abbia una dinamica progressiva e si verifichi attraverso manifestazioni tra loro concatenate e prive di soluzioni di continuità, anche se in luoghi diversi e vicini, posto che a nulla rileva, in tal caso, che i gruppi si scindano in sottogruppi, anche di due sole persone o che, al limite, ad uno degli episodi in successione rimangano presenti solo due dei corrissanti (Sez. 5, n. 7013 del 03/11/2010 - dep. 23/02/2011, Sciortino e altri, Rv. 249827; Sez. 5, n. 1729 del 16/10/1987 - dep. 11/02/1988, Cracchiolo, Rv. 177558; Sez. 5, n. 3866 del 23/01/1986, Palaia, Rv. 172731). Di poi, le deduzioni in fatto articolate dal ricorrente, circa la diversa dinamica degli accadimenti rispetto a quella registrata nelle conformi decisioni di merito, non possono trovare spazio in questa sede attesa la loro estraneità al sindacato di legittimità. 2. Inammissibile per genericità è la doglianza che attinge l'elemento psicologico del reato. Invero, con il richiedere l'esclusione del dolo di rissa, per l'impossibilità da parte del soggetto agente di avere la consapevolezza di tutti gli elementi del fatto, in ragione l'intervento successivo, ad adiuvandum, di un terzo (il C.), rimasto inizialmente estraneo alla lite, la difesa si limita a contrastare in maniera del tutto astratta il ragionamento decisorio sviluppato da entrambi i giudici di merito e, insistendo nella stessa prospettiva demolitoria, pretende di affermare l'inconfigurabilità della componente volitiva dell'anzidetto elemento, allegando una mera ipotesi, quella della rinuncia allo scontro, completamente avulsa da fatti concreti accertati nel processo. 3. Infondato è anche il motivo con il quale si stigmatizza la mancata applicazione nel caso di specie della scriminante della legittima difesa. Se, infatti, è certamente vero che, come da affermata giurisprudenza di questa Corte, la causa di giustificazione della legittima difesa è inapplicabile al reato di rissa ed a quelli commessi nel corso di essa, in quanto i corrissanti sono animati dall'intento reciproco di offendersi e di accettare la situazione di pericolo nella quale volontariamente si sono posti, sicchè la loro difesa non può dirsi necessitata, salvo il caso, del tutto eccezionale, che, sussistendo tutti gli altri requisiti voluti dalla legge, vi sia stata una reazione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia un'offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta (Sez. 5, n. 32381 del 19/02/2015, D'Alesio e altro, Rv. 265304; Sez. 5, n. 4402 del 09/10/2008 - dep. 02/02/2009, P.G. in proc. Corrias e altri, Rv. 242596), deve darsi atto che, nella fattispecie sottoposta a scrutinio, la reazione posta in essere dagli avversari mediante l'uso di un bastone non può dirsi assolutamente imprevedibile e sproporzionata, essendo secondo l'ordine delle cose che i soggetti coinvolti in una zuffa facciano uso di un'arma impropria, peraltro di assai agevole reperimento. 4. Quanto, poi, al rilievo che non potrebbe essere ritenuto il delitto di rissa aggravata perchè l'unico a riportare lesioni è stato proprio il ricorrente, è sufficiente osservare che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, l'aggravante sussiste anche nei confronti del partecipante alla rissa che abbia riportato lesioni personali (Sez. 5, n. 4402 del 09/10/2008 - dep. 02/02/2009, P.G. in proc. Corrias e altri, Rv. 242597; Sez. 5, n. 2991 del 02/02/1984, Friscia, Rv. 163442; Sez. 2, n. 10 del 15/01/1965 - dep. 16/03/1965, Maddalena, Rv. 99464), posto che colui che partecipa volontariamente alla condotta violenta collettiva, che connota il delitto di rissa, si assume una responsabilità per rissa semplice o aggravata a seconda degli effetti della colluttazione. Poichè, infatti, come chiarito dal giudice delle leggi (Corte Cost. sentenza n. 21 del 11 febbraio 1971), i partecipanti alla rissa, nell'assumere un atteggiamento aggressivo sono consapevoli di porre in essere un'immediata situazione di pericolo per l'incolumità propria e per quella altrui e, quindi, di accettare che l'evento lesivo abbia a realizzarsi, la norma che prevede un aggravamento sanzionatorio per tale eventualità non si pone in contrasto con il principio della personalità della responsabilità penale di cui all'art. 27 Cost., comma 1, la relativa questione di incostituzionalità è manifestamente infondata. 5. Le doglianze che si dirigono sull'operata dosimetria della pena sono del pari destituite di fondamento. La pretesa eccessività della pena inflitta involge, infatti, valutazioni di merito inammissibili in questa sede, dal momento che la Corte territoriale, con motivazione immune da censure perchè esente da vizi logici e perchè conforme ai parametri di cui all'art. 133 c.p., ha determinato la pena, senza riconoscimento di attenuanti generiche, in base alla gravità della condotta ed alle modalità della vicenda, ritenendo i detti indici significativi di una notevole capacità a delinquere. 6. Infondato è, in ultimo, il motivo articolato con riguardo all'ammontare dell'importo risarcitorio siccome determinato in relazione al delitto di lesioni personali commesso in danno del ricorrente, costituitosi parte civile. Va rammentato che, per insegnamento costante impartito dalla cattedra nomofilattica (Sez. 4, n. 18099 del 01/04/2015, Lucchelli e altro, Rv. 263450; Sez. 5, n. 35104 del 22/06/2013, R.C. Istituto Città Studi, Baldini e altri, Rv. 257123; Sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013, Fontana e altri, Rv. 258170), in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, la valutazione del giudice, affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, è censurabile in sede di legittimità solo se essa difetti totalmente di giustificazione o si discosti macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria. Ne deriva che, avendo la Corte territoriale evocato i criteri di un'equilibrata comparazione tra l'entità del danno subito, il ruolo avuto dalla vittima stessa nell'eziologia che ha portato alla sua verificazione e l'ammontare del suo indennizzo, la statuizione sul punto non è sindacabile in questa sede, implicando valutazioni in fatto non consentite. 7. Dalle considerazioni svolte discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 24 novembre 2017. Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2018
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