RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Messina sez. Minorenni ha confermato la pronunzia con la quale il Tribunale ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.O.A.L. per il reato di rissa a seguito della concessione del perdono giudiziale.
2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato articolando due motivi con i quali deduce erronea applicazione della legge penale e vizi della motivazione. In particolare lamenta il travisamento della testimonianza di T.O., ritenuta decisiva ai fini dell'affermazione di responsabilità del C., in quanto la stessa ha dichiarato di non averlo visto colluttare con alcuno e comunque di essersi dapprima allontanata per recuperare l'autovettura e successivamente di aver visto esclusivamente il proprio fidanzato litigare con tale Cu. e null'altro. Illogica sarebbe poi la sentenza nella misura in cui, pur ammettendo che l'imputato non ha materialmente partecipato alla rissa, egli ne debba rispondere per il semplice fatto di avere assistito alla medesima facendo "cerchio" insieme a numerose altre persone ai corissanti, peraltro indicati esclusivamente in numero di due.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
2. Quello di rissa è reato a concorso necessario - e più precisamente reato plurisoggettivo proprio bilaterale - caratterizzato dall'impiego della violenza e dalla reciprocità dell'aggressione. Secondo l'oramai consolidato insegnamento di questa Corte, per la realizzazione del fatto tipico è necessaria una contrapposizione violenta e contestuale cui partecipino almeno tre presone, animate dal reciproco intento di recare offesa agli avversari (ex multis Sez. 5, n. 19962 del 30/01/2019, Sterrantino, Rv. 275631). La condotta di partecipazione incriminata dall'art. 588 c.p. consiste pertanto nel compiere atti di violenza fisica, mentre è certamente ipotizzabile il concorso esterno nel reato ai sensi dell'art. 110 c.p., attraverso la realizzazione di condotte atipiche, come l'istigazione ed il rafforzamento della volontà dell'effettivo partecipe alla rissa, purchè, ovviamente, si traducano in un effettivo e concreto contributo alla sua consumazione.
3. Dalla motivazione della sentenza impugnata sembra emergere che la Corte territoriale abbia ritenuto il C. concorrente nel reato, pur avendo apparentemente escluso, come era stata eccepito con il gravame di merito, che egli avesse materialmente partecipato alla rissa. Ed in tal senso il giudice dell'appello ha identificato la condotta concorsuale attribuibile all'imputato in quella di aver "accerchiato" i contendenti insieme ad altre persone, rafforzando in tal modo il proposito criminoso del Cu.. La sentenza, però, precisa anche, richiamando in proposito quanto riferito dalla T., che in effetti ad azzuffarsi erano stati solo due soggetti e cioè il menzionato Cu. ed il fidanzato della teste, Tu.Gi..
3.1 Anche volendo recepire la qualificazione della condotta dell'imputato operata dalla Corte, dunque, non può non osservarsi come egli sarebbe concorso alla realizzazione di un fatto non tipico, difettando, per la configurabilità del reato di rissa, il numero minimo di partecipanti - e cioè di autori della condotta tipica - richiesto dalla menzionata giurisprudenza perchè il fatto possa considerarsi invece conforme a quello incriminato dall'art. 588 c.p..
Nè ai fini dell'integrazione del requisito in questione possono computarsi l'imputato o le altre persone che hanno presenziato alla colluttazione tra i due soggetti suindicati formando un "cerchio", proprio in quanto non partecipanti alla rissa.
3.2 Peraltro, quanto alla natura concorsuale della condotta attribuita all'imputato, deve evidenziarsi che la stessa, per come descritta dalla sentenza, non può ritenersi tale nella misura in cui non viene spiegato - ma solo apoditticamente affermato - in che termini e per quali ragioni l'"accerchiamento" dei contendenti abbia rafforzato il loro intento e non abbia costituito invece il naturale ed irrilevante comportamento di chi, per mera curiosità, voleva assistere a quanto stava avvenendo.
3.3 In realtà dalla stessa sentenza, nella parte in cui viene riassunta la decisione di primo grado, sembra altresì emergere che effettivamente una rissa sia avvenuta all'esterno del locale frequentato da tutti i protagonisti della vicenda, ma non viene precisato (nè in tal senso è di ausilio la motivazione della pronunzia di primo grado, egualmente ambigua sul punto) se tale episodio sia effettivamente lo stesso sopra descritto - che dunque di tale rissa sarebbe stato un segmento, rimanendo da chiarire in che termini - ovvero altro e precedente al confronto tra i citati Cu. e Tu., insorgendo però a questo punto la necessità di precisare se ed in che modo l'odierno imputato vi sia stato eventualmente coinvolto. Non è dato però di comprendere a questo punto quale sia stata l'esatta ricostruzione dei fatti operata dalla Corte, rimanendo la sentenza equivoca sul punto ed invero perfino contraddittoria, atteso che, come detto, la stessa apparentemente sembra aver ridotto l'oggetto del giudizio al "duello" finale.
4. Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullate con rinvio per nuovo esame alla Corte d'appello di Reggio Calabria sez. Minorenni, la quale, fermo restando il potere di ricostruire i fatti in aderenza a quelle che si riveleranno essere le effettive risultanze processuali colmando le lacune ed incongruenze motivazionali del provvedimento impugnato, si atterrà al principio di diritto formulato da questa Corte in merito ai presupposti per l'affermazione della responsabilità del concorrente esterno nel reato di rissa.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte d'appello di Reggio Calabria, sezione Minorenni.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019