RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Campobasso ha confermato quella del giudice dell'udienza preliminare di quella stessa città, che, nel giudizio abbreviato, ha dichiarato Ma.Al. colpevole di avere partecipato a una rissa aggravata dalla morte di uno dei partecipi, condannandolo alla pena di giustizia, condizionalmente sospesa.
2. Ha proposto ricorso il difensore di fiducia e procuratore speciale dell'imputato, avvocato Nicolino Cristofaro, il quale deduce, con un unico articolato motivo, violazione degli artt. 588 comma 2, 62 n. 2 e 62-bis cod. pen. e vizi della motivazione, anche per travisamento della prova, dolendosi dell'omessa considerazione, da parte della Corte di appello, delle doglianze dell'appellante e del travisamento della prova, sostenendo l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'aggravante di cui al secondo comma dell'art. 588 cod. pen. e, invece, la ricorrenza di quelli per il riconoscimento dell'attenuante della provocazione e delle circostanze attenuanti generiche.
2.1. In particolare, il ricorrente deduce che non sarebbe stata dimostrata la prevedibilità dell'evento da parte dell'imputato - che non colpì la vittima, attinta, invece, con un coltello estratto dal De.Gi. con gesto fulmineo e repentino, nel corso di una rissa in cui i contendenti si erano affrontati fino a quel momento solo con le mani -sicché nessuna possibilità aveva il Ma.Al. di prevedere l'evoluzione dello scontro con il colpo mortale ai danni del Mi., peraltro cognato e amico dell'odierno ricorrente.
2.2. Quanto alla circostanza attenuante della provocazione, la Corte di appello avrebbe omesso di dare il dovuto rilievo all'antefatto che aveva dato luogo alla rissa, caratterizzato da una sfida lanciata dal De.Gi., dopo avere scoperto di avere subìto "una sola" dal Mi., per una fornitura di cocaina, quando effettuava ben 68 telefonate al Ma.Al., chiedendo un incontro con toni aggressivi e sempre più minacciosi; la sfida veniva raccolta dal Ma.Al. solo dopo tanta insistenza e aggressività da parte del De.Gi., ubriaco e fuori di sé, chiamando il cognato Mi. e un dipendente, Di.Gi., per avere manforte nel "fare un mazziatone" al De.Gi.. Dunque, la rissa sarebbe scaturita dal comportamento fortemente provocatorio del De.Gi.
2.3. Con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la difesa si duole della mancata considerazione della circostanza che il Ma.Al. non ebbe alcun ruolo nella mortale aggressione perpetrata unicamente dal De.Gi., così come sarebbe stata obliterata la condotta successiva dell'imputato, quando assistette fino allo spirare il Mi.; a tanto, si aggiunge la mancata considerazione della totale incensuratezza e della complessiva condotta di vita dell'imputato, dedito da molti anni a regolare attività lavorativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato quanto alla doglianza afferente allo scrutinio della circostanza aggravante di cui all'art. 588 comma secondo cod. pen., in esso restando assorbita la censura che involge il diniego delle circostanze attenuanti generiche. Nel resto, il ricorso deve essere rigettato.
2. Non ha pregio la deduzione incentrata sul mancato scrutinio della circostanza attenuante della provocazione, la quale è normalmente incompatibile con il reato di rissa, a meno che non risulti che l'azione offensiva di uno dei due gruppi contendenti sia stata preceduta e determinata - senza che ricorrano gli estremi della legittima difesa - da una pretesa tracotante, eticamente o giuridicamente illecita, o da una gravissima offesa proveniente esclusivamente dall'altro gruppo (Sez. 5, n. 43383 del 17-10-2005, Rv. 232455; conf. Sez. 5, n. 8020 del 13-12-2012 -dep. 2013-Rv. 255218).
2.1. La sentenza impugnata ha compiutamente ricostruito i fatti, con dovizia di richiami alle fonti di prova, ne ha individuato la genesi e ha descritto, nella loro evoluzione, le condotte tenute dagli antagonisti già da prima dello scontro fisico, e, in particolare, ha posto in luce che le insistenti e minacciose richieste del De.Gi., furioso con il Mi., trovavano il loro antefatto nella circostanza che quest'ultimo, in qualche modo coadiuvato dall'imputato, quello stesso giorno, gli avesse rifilato "un pacco" al posto della dose di cocaina poco prima acquistata al prezzo di 90 Euro. In tale contesto, si inserisce la messaggistica telefonica richiamata dalla sentenza (con i riscontri provenienti dalle fonti dichiarative), da cui emerge l'intento del Ma.Al., esternato chiaramente al Di.Gi., di "fare un mazziatone a De.Gi.", chiedendogli anche di spalleggiarlo e non desistendo neppure a fronte del tentativo di Di.Gi. di convincerlo a soprassedere, anche perché "è la notte di Natale". Ciononostante, infatti, il Ma.Al. si era recato con il proprio furgone, pochi minuti dopo, presso l'abitazione del Di.Gi., il quale ancora una volta tentava di convincere il ricorrente a desistere, senza riuscirvi.
2.2. Nel descritto contesto, in cui la rissa maturò, risulta arduo ravvisare, come invocato dal ricorrente, l'unilateralità provocatoria dell'ingiusta pretesa del De.Gi., alla quale il gruppo contrapposto sarebbe stato indotto a reagire: l'imputato, pur infastidito dall'insistenza e aggressività delle numerosissime richieste del De.Gi., si trovava, infatti, a sua volta, in una situazione illecita, in ragione del suo comportamento, oltre al fatto che, pur potendo evitare una reazione immediata, tanto più nella notte di Natale, nei confronti di persona che sapeva "ubriaca" e fuori di sé, si adoperò immediatamente per organizzare una spedizione punitiva nei suoi confronti, portando con sé non solo il Mi., ma anche un proprio dipendente, il Di.Gi. (poi rivelatosi estraneo ai fatti).
2.3. La Corte di appello ha, quindi, ragionevolmente tratto, attraverso una analisi specifica delle condotte che hanno preceduto la contesa fisica, il convincimento che, già nei momenti che precedettero l'incontro-scontro, sussistesse in capo ai protagonisti - Mi., De.Gi., Ma.Al. - "il dolo di un reciproco intendimento" (pg. 11), escludendo, così, implicitamente, la ricorrenza della provocazione, non essendo censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando ne risulti il rigetto dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (Sez. 5, n. 6746 del 13-12-2018 - dep. 2019Rv. 275500, in una fattispecie in cui il giudice di appello, pur non avendo esplicitamente motivato sulla mancata applicazione dell'attenuante della provocazione - espressamente richiesta con i motivi di appello - aveva fatto esplicito riferimento, in motivazione, alla reciprocità di perduranti condotte illecite e di risalenti contrasti tra le parti, rigettando così implicitamente l'invocata attenuante).
3. Venendo alla circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 588 cod. pen., come si è già ricordato, Ma.Al. è accusato di avere partecipato a una rissa aggravata dall'evento; egli non è stato, invece, chiamato a rispondere dei predetti reati più gravi - né delle lesioni personali (patite dallo stesso ricorrente nel corso della rissa), né di concorso nell'omicidio del Mi. - fatti che, correttamente, sono stati imputati al solo autore materiale di tali condotte (il De.Gi.) a titolo di omicidio volontario.
3.1. Invero, è pacifico nella giurisprudenza di legittimità che, con il reato di rissa, ben possano concorrere altri reati - come quelli di lesioni personali e omicidio commessi in occasione o in conseguenza della violenta contesa, ma di questi ultimi, ulteriori e più gravi, reati risponde solo l'autore, in concorso eventuale con coloro nei cui confronti siano ravvisabili gli estremi del concorso materiale o morale secondo il disposto dell'art. 110 cod. pen. Mentre, per gli altri corrissanti, che non siano stati autori o coautori sotto alcun profilo dei più gravi delitti di sangue, secondo le regole del concorso di persone nel reato di cui all'art. 110 cod. pen., è configurabile, per la semplice partecipazione alla rissa, la fattispecie di rissa aggravata dai più gravi eventi di cui al secondo comma dell'art. 588 cod. pen.
3.2. Dunque, fuori dai casi di concorso morale o materiale, i reati di lesioni personali e di omicidio non possono essere ascritti in via autonoma agli altri corrissanti (Sez. 1, 23-10-1981, n. 11169, Rv. 151343), nei confronti dei quali, per tali più gravi fatti, non è neppure configurabile il concorso anomalo ai sensi dell'art. 116 cod. pen., occorrendo fare esclusivo riferimento, per quanto concerne i delitti di lesioni personali e di omicidio, alla speciale ipotesi aggravata di cui all'art. 588 comma secondo cod. pen. (Sez. 1, n. 20933 del 15-05-2008, Neziri, Rv. Rv. 240307).
3.3. Il reato di rissa, aggravata, ai sensi dell'art. 588, comma 2, cod. pen. concorre, quindi, con i reati di lesioni personali e di omicidio con esclusivo riferimento al corrissante autore degli ulteriori fatti (Sez. 1, 22-01-2008, n. 14346, Rv. 240134), mentre tali fatti ulteriori integrano, nei confronti degli altri corrissanti, la speciale circostanza aggravante che fonda la fattispecie di rissa aggravata (Sez. 1, n. 20933 del 15-05-2008, ric. Neziri, Rv. 240307).
3.4. In sintesi: la fattispecie di cui al comma secondo dell'art. 588 cod. pen. non costituisce titolo autonomo di reato, ma ipotesi aggravata della fattispecie semplice di cui al primo comma del medesimo articolo; con tale ipotesi aggravata concorrono, con riguardo al solo corrissante autore degli ulteriori fatti, i soli reati di lesioni personali e omicidio da costui commessi nel corso della contesa (che non hanno valore assorbente rispetto al delitto di rissa, non essendo il delitto di omicidio o quello di lesioni personali "reato progressivo" rispetto alla rissa e non essendo il delitto di rissa, rispetto a quelli di omicidio e lesioni, reato complesso).
Di contro, tali reati non devono essere posti in via autonoma a carico degli altri corrissanti (a meno che non sussistano gli elementi del concorso materiale o morale), agendo essi, nei confronti di questi ultimi, come semplice aggravante del delitto di rissa, posto che, nel secondo comma, il legislatore ha previsto un aggravio di pena "per il solo fatto della partecipazione alla rissa", fatte salve, quindi, le pene per gli ulteriori reati previste a carico degli autori di essi (Sez. 1, n. 14346 del 22-01-2008, Oglialoro, Rv. 240134).
3.5. Così chiarito l'ambito del giudizio, risulta fondata l'obiezione difensiva incentrata sul vizio di motivazione circa la sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 588 comma 2 cod. pen., dal momento che nella sentenza impugnata non è riscontrabile adeguata argomentazione sul criterio di imputazione delle circostanze di cui all'art. 59 cod. pen.
3.6. Come è noto, a seguito della sentenza n. 364 del 1988 della Corte Costituzionale, con cui il giudice delle leggi ha fornito le coordinate per una interpretazione costituzionalmente orientata del principio di colpevolezza, il legislatore ha provveduto ad armonizzare la disciplina delle circostanze con il sistema odierno e ha stabilito che "Le circostanze che attenuano la pena sono valutate a favore dell'agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti. Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell'agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti".
Dunque, le circostanze aggravanti sono imputate al reo solo in tre casi: a) se questi le conosceva; b) se sono ignorate per colpa, cioè se questi avrebbe dovuto conoscerle (e quindi quando non le conosce per sua colpa); c) se sono ritenute erroneamente inesistenti, per errore determinato da colpa.
3.7. Ora, se, per la situazione circostanziale preesistente al fatto di reato, o perlomeno concomitante, resta ferma la declinazione della conoscenza o quantomeno della conoscibilità della circostanza, per le circostanze successive, la giurisprudenza ha costantemente affermato, sanando la lacuna normativa, che il termine "conoscenza" deve essere interpretato estensivamente, come sinonimo di "previsione" o "prevedibilità" in concreto dell'evento ulteriore, da svolgersi attraverso l'esame delle modalità dell'azione e di tutte le circostanze rilevanti del fatto, tali da rendere prevedibili, in ragione delle caratteristiche della contesa, tali sviluppi.
3.8. L'affermazione della responsabilità per la fattispecie di rissa aggravata avrebbe, dunque, richiesto un accertamento specifico in merito alla prevedibilità in concreto dell'evento ulteriore da parte del Ma.Al., secondo le richiamate coordinate. Invece, nella sentenza impugnata manca lo scrutinio del profilo in esame, essendosi limitata la Corte di appello a ritenere sussistente la contestata aggravante di cui al secondo comma dell'art. 588 cod. pen. sulla base della sola osservazione che la morte del Mi. era "intervenuta immediatamente dopo la rissa come conseguenza di essa" (pg. 19 della sentenza impugnata).
3.9. La Corte di appello, a fronte di uno specifico motivo di appello, avrebbe dovuto, invece, adeguatamente spiegare perché, nella situazione data, di una rissa a mani nude, fosse prevedibile per il Ma.Al. l'evoluzione concretamente registratasi, ovvero le lesioni in danno del Ma.Al. medesimo e la morte del corrissante, cagionate entrambe, per quanto accertato definitivamente in fatto nel processo di merito, da un'azione fulminea dell'autore materiale, che "con un gesto repentino ed inatteso colpì, con il coltello in sequestro, il Ma.Al. alla mano sinistra ed il Mi. alla gola" (pg. 12 della sentenza impugnata).
4. L'epilogo del presente scrutinio di legittimità è dunque l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Salerno che, nel rinnovato giudizio, dovrà condurre il vaglio in merito alla ravvisabilità, in capo al Ma.Al., della circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 588 cod. pen. secondo i richiamati principi. Resta assorbito dall'annullamento il motivo relativo alle circostanze attenuanti generiche.
Nel resto il ricorso va rigettato.
5. Nel quadro dei principi di diritto richiamati, il giudice del rinvio conserva nel merito piena autonomia di giudizio nella ricostruzione dei dati di fatto e nella valutazione di essi (Sez. 1, n. 803 del 10;02;1998, Scuotto, Rv. 210016), potendo procedere ad un nuovo esame del compendio probatorio con il solo limite di non ripetere i vizi motivazionali del provvedimento annullato (Sez. 3, n. 7882 del 10;01;2012, Montali, Rv. 252333).
6. Ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen. la sentenza impugnata ha autorità di cosa giudicata quanto alla affermazione di responsabilità.
6.1. In caso di diffusione del presente provvedimento, devono essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'aggravante di cui all'art. 588, comma 2, cod. pen., con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Salerno. Rigetta nel resto il ricorso.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196-03 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2024