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Rissa: esclusa se una parte fugge senza contrapporsi all’aggressione

Rissa

Cassazione penale sez. VI, 04/12/2019, n.12200

Il reato di rissa richiede la condotta di due gruppi contrapposti che agiscano con la vicendevole volontà di attentare all'altrui incolumità, presupposto che non è integrato qualora un gruppo di persone assalga altri soggetti che fuggano dall'azione violenta posta in essere ai loro danni. (In motivazione, la Corte ha precisato che il reato di cui all'art. 588 c.p. richiede la partecipazione di almeno tre persone, in quanto rileva anche la contrapposizione tra due soggetti contro una sola persona).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. P.P., a mezzo del difensore di fiducia avvocato Pressi Alessio, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia che ha confermato la decisione del Tribunale di Terni che, per quel che in questa sede rileva, aveva condannato il ricorrente alla pena di un anno di reclusione per i delitti di cui all'art. 110 c.p., art. 635 c.p., comma 2 e artt. 81,56,582,585 e 337 c.p. e, ritenuto più grave il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, aveva aumentato la pena di un mese di reclusione per ciascun ulteriore reato (lesioni, danneggiamento e rissa). 2. La difesa deduce vizi cumulativi di motivazione in ordine al contributo partecipativo alle violenze con particolare riferimento all'elemento oggettivo del reato di rissa contestato. La Corte di merito non avrebbe adeguatamente valutato il motivo di appello che era teso a contrastare la sussistenza del delitto di rissa, non emergendo che il ricorrente avesse inferto colpi ad alcuno essendosi rivelata quella del P. una mera difesa passiva; nè la condotta aveva assunto la dignità del delitto di cui all'art. 588 c.p.. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La decisione deve essere annullata relativamente al contestato delitto di rissa i cui presupposti risultano assenti. 2. Deve innanzitutto rilevarsi che generiche ed in fatto risultano le censure complessivamente rivolte alla decisione della Corte di appello che ha confermato la condanna del ricorrente, oltre che per il delitto di rissa, anche per i delitti di resistenza a pubblico ufficiale, reato ritenuto più grave, lesioni personali e danneggiamento per i disordini che avevano avuto luogo all'interno della Casa circondariale di Terni. N.M., detenuto presso la Casa circondariale di Terni, aveva minacciava un altro soggetto ivi ristretto, D.R., che a sua volta aveva chiamato a raccolta altri compagni di detenzione, tra cui il ricorrente, che inseguivano N. sfuggito all'aggressione per l'intervento del personale della Polizia Penitenziaria. 3. A prescindere dalla rilevata responsabilità dei soggetti tutti, tra cui il P., in ordine al delitto di resistenza a pubblico ufficiale, tenuto conto della violenta opposizione posta in essere ai danni del personale della Polizia Penitenziaria intervenuto al fine di far cessare le condotte che ebbero a causare lesioni ed il danneggiamento del mobilio della Casa circondariale, deve rilevarsi come il delitto di rissa, per come evidenziato dalla decisione impugnata ed a prescindere dai rilievi in fatto mossi dal ricorrente, non sussiste. Costituisce principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, quello secondo cui non integra il delitto di rissa la condotta di un gruppo di persone che assale altre persone e queste ultime si difendono (Sez. 1, n. 21353 del 10/04/2013, Kaloti, Rv. 255949). Si rende, quindi, necessario che, nella violenta contesa, si possa distinguere l'azione di almeno due gruppi contrapposti, con volontà vicendevole di attentare all'altrui incolumità personale (Sez. 6, n. 24630 del 15/05/2012, Fiorillo, Rv. 253107). Se, pertanto, è vero che ai fini dell'integrazione del delitto di cui all'art. 588 c.p. risulta sufficiente la partecipazione di almeno tre persone e l'individuazione, nella contesa, di più centri di aggressione reciprocamente confliggenti, ciascuno dei quali può essere composto anche da una sola persona (Sez. 5, n. 19962 del 30/01/2019, Sterrantino, Rv. 275631), risulta evidente che l'aggressione deve essere reciproca, non essendo, invece, ravvisabile il delitto di rissa quando un gruppo di persone assale altre persone e queste ultime, come nel caso di specie, fuggano dall'azione violenta posta in essere. 4. Ed infatti, dall'esame delle decisioni di primo e secondo grado emerge che, all'iniziale minaccia che N.M. aveva rivolto al solo L.C., gesto portato a compimento dopo aver rotto una gamba del tavolo che costituiva dotazione della cella, azione minacciosa che non si era spinta sino ad assumere i connotati di una violenza fisica coinvolgente i due soggetti, L.C., unitamente ad altri cinque detenuti chiamati in "ausilio", inseguivano N.M. che fuggiva alla vista di tutti gli aggressori, tanto da non subire lesione alcuna anche grazie al pronto intervento del persona di Polizia Penitenziaria che era a presidio degli uomini e della struttura; ed infatti, l'aggressione coinvolgeva i pubblici ufficiali in questione e non il fuggitivo che, quindi, non ingaggiava nessuna colluttazione con il gruppo avverso. Nè può assumere rilevanza, ai fini dell'integrazione del delitto di rissa ex art. 588 c.p., venuto meno l'apporto di una delle parti contendenti costituito dal solo N., l'intervento operato dalla Polizia Penitenziaria teso a ristabilire l'ordine all'interno della struttura carceraria; intervento strettamente connesso all'esercizio della funzione pubblica svolta che non può certo essere valorizzato per la sussistenza dei presupposti del delitto di cui all'art. 588 c.p.. 5. Da quanto sopra consegue la necessità di annullare la sentenza di condanna limitatamente al ritenuto delitto di rissa, in realtà insussistente, provvedendo ex art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l), c.p.p. - non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto - ad eliminare la pena di un mese di reclusione corrispondente all'aumento in continuazione fissato dai Giudici di merito in ordine al delitto di cui all'art. 588 c.p.. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al delitto di rissa e per l'effetto elimina la relativa pena di un mese di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Si dà atto che il presente provvedimento, redatto dal Consigliere Dr. Costantini Antonio, viene sottoscritto dal solo Consigliere anziano del Collegio per impedimento alla firma del Presidente Dr. Mogini Stefano e dell'estensore ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a). Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2019. Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2020
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