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Usura: il profitto confiscabile coincide con gli interessi usurari concretamente corrisposti

Usura

Cassazione penale sez. II, 22/03/2023, n.16045

In tema di usura, il profitto confiscabile ai sensi dell'art. 644, comma 6, c.p., identificandosi, conformemente alla generale nozione di profitto del reato, nell'effettivo arricchimento patrimoniale conseguito, in rapporto di immediata e diretta derivazione causale dalla condotta illecita, coincide con gli interessi usurari concretamente corrisposti. (Fattispecie in cui la Corte, in applicazione di tale principio, ha ritenuto, sulla base della distinzione tra danno civile e danno criminale, che fosse possibile sottoporre a sequestro preventivo finalizzato alla confisca le somme effettivamente percepite dall'imputato a titolo di interessi, rimanendo a tal fine irrilevante il profilo dell'omessa restituzione delle somme prestate come capitale).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 27 ottobre 2022 il Tribunale di Cagliari rigettava l'appello proposto nell'interesse di T.D. avverso l'ordinanza con la quale il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva accolto solo in parte la richiesta di revoca del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, su somme di denaro, titoli e beni del valore per il valore eccedente l'importo di 115.000 Euro. Il Tribunale, disposta la restituzione all'indagato, sottoposto a indagini per il delitto di usura, di otto assegni circolari del complessivo importo di 82.000 Euro, confermava nel resto l'ordinanza del G.i.p., ritenendo che il profitto confiscabile fosse pari alla somma di 365.000 Euro che - alla luce delle dichiarazioni della persona offesa, della documentazione bancaria acquisita e degli accertamenti svolti dal consulente del pubblico ministero - era risultata essere stata corrisposta interamente a titolo di interessi. 2. Ha proposto ricorso T.D., a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza per erronea applicazione della legge penale con riferimento alla nozione di profitto confiscabile. Pur seguendo la impostazione accusatoria, secondo la quale T. avrebbe ricevuto da L.S. la somma di 365.000 Euro, a fronte di quella mutuata di 250.000 Euro, il vantaggio concretamente conseguito dal primo sarebbe stato di soli 115.000 Euro, pari alla differenza fra quanto erogato e quanto poi restituito dalla persona offesa. Questa tesi trova conforto nella giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite (sentenza n. 26654 del 2008), in tema di profitto nei cosiddetti reati in contratto, quale quello di usura. Anche qualora fosse provata la natura usuraria degli interessi pagati, la nullità colpirebbe solo la clausola relativa agli stessi e il capitale dovrebbe comunque essere restituito da L. a T.. 3. Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 94, comma 2, come modificato dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, nella quale è stato convertito il D.L. 31 ottobre 2022, n. 162), in mancanza di alcuna richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti, il Procuratore generale e la difesa hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile perché proposto con un motivo manifestamente infondato. 2. La difesa ha richiamato la distinzione che nella giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata, a partire dalla sentenza Fisia Italimpianti s.p.a.. (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008 Rv. 239924-01), fra l'ipotesi dei delitti commessi nell'attività di conclusione di un contratto, cioè dei c.d. reati in contratto, e l'ipotesi dei reati che consistono nel concludere un determinato contratto, in sé vietato, cioè dei c.d. reati contratto: in questo secondo caso la norma incriminatrice penale vieta proprio la stipulazione del contratto, in ragione dell'assetto degli interessi che esso mira a realizzare (ad esempio la vendita di sostanze stupefacenti, la ricettazione, il commercio di prodotti con marchi contraffatti); nel primo, invece, la norma penale sanziona la condotta posta in essere da uno dei contraenti in danno dell'altro nella fase della stipulazione (si tratta, per lo più, delle fattispecie di reato caratterizzate dalla cooperazione artificiosa della vittima come la violenza privata, l'estorsione, la circonvenzione di persona incapace e l'usura). Il principio è stato ribadito anche di recente dalle sezioni semplici (cfr. Sez. 2, n. 40765 del 21/10/2021, Carotenuto, Rv. 282194 nonché Sez. 6, n. 6607 del 21/10/2020, dep. 2021, Venuti, Rv. 281046) e anche dalla giurisprudenza civile, che pure ha da ultimo affermato che il contratto effetto di circonvenzione d'incapace deve essere dichiarato nullo ai sensi dell'art. 1418 c.c. per contrasto con norma imperativa, così come quello di estorsione: "ciò che rileva è l'evidente connotazione e dimensione pubblicistica della tutela delle vittime dei reati di estorsione, quale indice sicuro della sussistenza di esigenze di interesse collettivo sottese alla tutela penale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sulla annullabilità dei contratti" (Sez. 2 civ., n. 17568 del 31/05/2022, Rv. 664893). La medesima conclusione può essere tratta per il reato di usura, poiché la relativa fattispecie penale è posta pure essa a tutela anche di diritti inviolabili della persona (autonomia contrattuale) e di interessi generali della collettività (funzionamento del mercato creditizio e dell'economia nel suo complesso). 3. Alla luce della suddetta distinzione e, a sostegno della propria richiesta, il ricorrente ha affermato che, qualora fosse provata la natura usuraria degli interessi pagati, il capitale mutuato dovrebbe essere comunque restituito all'indagato dalla persona offesa, osservazione condivisa dal Procuratore generale nella propria requisitoria: così opinando, però, le parti hanno sovrapposto le nozioni di danno civile e di danno criminale, consistente quest'ultimo nelle conseguenze di tipo pubblicistico che ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma penale. In particolare, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di usura, il profitto confiscabile ai sensi dell'art. 644 c.p., identificandosi nell'effettivo arricchimento patrimoniale già conseguito in rapporto di immediata e diretta derivazione causale dalla condotta illecita concretamente contestata, coincide con gli interessi usurari concretamente corrisposti (Sez. 2, n. 23132 del 05/04/2018, Caruso, Rv. 272883; Sez. 2, n. 45642 del 27/10/2015, Unicredit s.p.a., Rv. 265033; Sez. 6, n. 45090 del 02/10/2014, Mimotti, Rv. 260665; da ultimo v. Sez. 2, n. 39789 del 04/07/2022, Franze', non mass.). Nella ricostruzione in fatto del G.i.p. e del Tribunale, non sindacabile né sindacata in questa sede dal ricorrente, la somma di 365.000 Euro è stata incamerata dall'indagato a titolo di interessi maturati, cosicché, quanto al sequestro del profitto funzionale alla confisca, è irrilevante il profilo relativo alla omessa restituzione del capitale. 4. Alla inammissibilità dell'impugnazione proposta segue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro tremila, così equitativamente fissata. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma, il 22 marzo 2023. Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2023
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