RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di L'Aquila, con la sentenza impugnata in questa sede, ha confermato la condanna alle pene ritenute di giustizia pronunciata nei confronti di S.R. dal Tribunale di Avezzano il 2 novembre 2021, in ordine al delitto di usura, aggravata ai sensi dell'art. 644 c.p., comma 5, n. 3, realizzata erogando un prestito dell'importo di 1000 Euro, con corresponsione di interessi per ogni settimana di ritardo nella restituzione pari a 300 Euro, e con la successiva sottrazione di un'autovettura del valore di 15.000 Euro alla persona offesa simulandone la vendita.
2. Ha proposto ricorso la difesa dell'imputato deducendo, con il primo motivo, vizio di motivazione, meramente apparente, con riguardo alle censure formulate con l'atto di appello riguardanti il giudizio di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa; la Corte territoriale non aveva esaminato e dato risposta al punto centrale delle doglianze che metteva in rilievo il contrasto tra la ricostruzione dei fatti, fornita dalla persona offesa nell'atto di querela acquisito agli atti, e il contenuto delle dichiarazioni rese nel corso del dibattimento
2.1. Con il secondo motivo si deduce vizio della motivazione, del tutto mancante, in ordine alle censure formulate con l'atto di appello circa la sussistenza della circostanza aggravante dell'approfittamento dello stato di bisogno; la Corte territoriale aveva solo affermato in modo assertivo che la persona offesa versasse in stato di bisogno, mentre dagli atti risultava che la persona offesa si era trovata in una condizione temporanea di mancanza di liquidità, situazione certamente reversibile e, come tale, non integrante lo stato di bisogno; era, altresì, mancante la motivazione sulla prova della consapevolezza da parte del ricorrente dell'ipotizzata condizione di stato di bisogno in cui versava la persona offesa; l'insussistenza della circostanza aggravante avrebbe dovuto condurre la sentenza impugnata a dichiarare la già intervenuta estinzione del reato per prescrizione in data anteriore alla pronuncia della sentenza di primo grado.
2.2. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge in relazione all'art. 62 c.p., n. 4 per l'errata esclusione della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, avendo la Corte territoriale ritenuto che il riferimento al danno dovesse essere operato tenendo conto non già dell'importo dei soli interessi pattuiti, ma dell'intera somma di denaro complessivamente richiesta alla persona offesa, dato peraltro rimasto indimostrato in quanto del tutto ignorato dalla sentenza impugnata.
2.3. Con il quarto motivo si deduce vizio di motivazione per aver la Corte d'appello omesso di rispondere alle censure formulate con l'atto di impugnazione in relazione alla misura dell'aumento di pena disposto in relazione alla circostanza aggravante prevista dall'art. 644 c.p., comma 5, n. 3 nella misura massima prevista, pur in presenza di elementi obiettivi che avrebbero dovuto condurre a limitare l'aumento di pena.
2.3. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche mancando anche in relazione a tale profilo l'indicazione di argomenti logici idonei a sostenere e giustificare il diniego della concessione delle circostanze, non avendo tenuto in considerazione alcuna la Corte territoriale gli elementi positivi espressamente indicati nell'atto di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
1.1. In ordine al contenuto del primo motivo di ricorso, se va considerato il sicuro contrasto delle versioni dichiarative sullo specifico punto denunciato, va allo stesso tempo osservato che esso riguarda la sola vicenda della cessione dell'auto a garanzia del pagamento; in entrambe le versioni, il dato logico precedente, ossia l'assunzione del prestito alle condizioni usurarie indicate, non è diversamente riferito, il che rende irrilevante la difformità oggetto di censura.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è generico: in ordine alla sussistenza dello stato di bisogno, il Tribunale (con giudizio sostanzialmente condiviso dalla sentenza impugnata) ha motivato la prova della condizione in cui versava la persona offesa e della consapevolezza dell'agente di tale specifica situazione, applicando il principio di diritto ripetutamente espresso dalla Corte ("lo stato di bisogno della persona offesa del delitto di usura può essere provato anche in base alla sola misura degli interessi, qualora siano di entità tale da far ragionevolmente presumere che soltanto un soggetto in quello stato possa contrarre il prestito a condizioni tanto inique e onerose": Sez. 2, n. 21993 del 03/03/2017, Surgo, Rv. 270064 - 01, riguardante una fattispecie in cui il calcolo degli interessi usurari era risultato pari all'86% su base annua; v. anche Sez. 2, n. 12791 del 13/12/2012, dep. 2013, Cerra, Rv. 255357 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 20868 del 30/04/2009, Acri, Rv. 244884 - 01).
La censura rivolta alla motivazione della sentenza impugnata, quanto all'errata considerazione della ragione determinante la formulazione della richiesta di erogazione del denaro (riguardante una condizione di carenza di liquidità transitoria), non si confronta con tale dato che assume evidentemente carattere assorbente.
1.3. Anche il motivo di ricorso che lamenta l'errato diniego della circostanza attenuante del danno è affetto da genericità.
Il danno considerato già nel suo valore intrinseco, relativo alla misura degli interessi pretesi (pari a 300 Euro) in alcun modo poteva dirsi di speciale tenuità, poiché la verifica della speciale tenuità del danno presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia "lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito in conseguenza del reato, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato" (Sez. 2, n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, Di Giorgio, Rv. 280615 - 01; Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Sicu, Rv. 269241 - 01; Sez. 4, n. 8530 del 13/02/2015, Chiefari, Rv. 262450 - 01).
Va, inoltre, rammentato che nella valutazione su indicata, occorre avere riguardo al "danno patrimoniale" in cui sono ricomprese anche le eventuali voci di danno morale procurato dalla condotta illecita alla persona offesa, quale effetto della pressione psicologica subita nell'accettare le condizioni inique per l'erogazione del prestito (con riguardo alle conseguenze fisiche e morali derivanti dalla commissione di reati che attentano non solo al patrimonio, ma anche alla libertà morale della vittima, Sez. 2, n. 13575 del 20/12/2013, dep. 2014, Di Girolamo, Rv. 259701 - 01).
La censura, incentrata sull'errata motivazione della sentenza impugnata in punto di individuazione della somma da considerare (quella dei soli interessi, e non anche dell'intero ammontare del prestito) trascura di considerare i principi su ricordati.
1.4. Anche il motivo con sui si censura il diniego delle circostanze attenuanti generiche è generico e reiterativo.
La sentenza impugnata ha dato conto dei precedenti penali da cui è gravato il ricorrente, stimando tale dato evidentemente come ostativo alla concessione delle invocate attenuanti, a fronte di un motivo di appello assai generico nell'indicazione di dati positivi, con motivazione congrua e immune da vizi secondo il costante insegnamento di legittimità (così facendo corretta applicazione dell'insegnamento della giurisprudenza di legittimità sul punto: Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269; Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep. 2019, Carillo, Rv. 275509 - 03; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 - 02).
1.5. Il motivo di ricorso attinente al trattamento sanzionatorio, con specifico riguardo alla misura dell'aumento di pena per la ravvisata aggravante dello stato di bisogno, è fondato.
Secondo il costante orientamento della Suprema Corte, ove il giudice ritenga di applicare una pena che, pur discostandosi dai minimi edittali, non superi la misura media di quella edittale è adeguatamente motivata la relativa decisione che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p. con espressioni sintetiche ("pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento"), come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv 271243; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464); se, invece, quel limite venga superato è necessaria una specifica motivazione che renda giustificabile logicamente l'esercizio del potere discrezionale indicato dall'art. 132 c.p. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243 - 01; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596 - 01).
La sentenza impugnata, a fronte dello specifico motivo di appello e in presenza della fissazione della pena base muovendo dal minimo edittale, non ha fornito alcuna giustificazione sulla scelta del giudice di primo grado nel fissare l'aumento per la circostanza aggravante nella misura massima stabilita dalla legge, con manifesta illogicità della determinazione assunta.
2. La sentenza deve, pertanto, essere annullata con rinvio alla Corte d'appello di Perugia, per nuovo giudizio sul trattamento sanzionatorio, relativamente alla misura dell'aumento derivante dalla circostanza aggravante di cui all'art. 644 c.p., comma 5, n. 3.
Le statuizioni che precedono impongono la declaratoria di irrevocabilità dell'accertamento, quanto alla responsabilità dell'imputato, con conseguente riconoscimento della fondatezza dell'azione proposta dalla parte civile, con rinvio per la liquidazione delle spese sostenute alla Corte d'appello di Perugia ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 110, comma 3.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'aumento di pena per la circostanza aggravante dello stato di bisogno, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso ed irrevocabile l'affermazione di responsabilità.
Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile L.M., ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Perugia con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2023