RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Ragusa il 22 ottobre 2018, che condannava Ca.Gi. per il reato di cui all'art. 570, secondo comma, n. 2, cod. pen., in relazione all'omesso versamento dell'assegno di mantenimento - posto suo carico con provvedimento del giudice - a favore della ex moglie e del figlio minore di età.
2. Avverso la sentenza ricorre per cassazione l'imputato deducendo i seguenti motivi:
2.1. Violazioni di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dello stato di bisogno in capo alla signora Mu.Af. e al figlio minore.
Sul punto la motivazione della sentenza impugnata non tiene in alcuna considerazione:
- che l'imputato, sino al 2015, ha contribuito alle spese scolastiche di suo figlio, facendogli anche dei regali;
- che la casa coniugale, rimasta alla signora Mu.Af., dopo la separazione era stata acquistata con le risorse dell'imputato;
- che, a partire dal 2015, il padre dell'imputato era subentrato al prevenuto nella obbligazione economica in favore della parte civile, in ragione della incapacità economica dell'imputato e in forza di una scrittura privata intervenuta tra le parti e ratificata dal tribunale;
- che, per alcuni periodi, il figlio minore ha vissuto insieme al padre e al nonno, i quali hanno, necessariamente, provveduto al suo sostentamento quotidiano.
Tali fatti sono stati confermati in dibattimento anche dalla parte civile.
2.2. Violazione di legge in relazione alla ritenuta capacità da parte dell'imputato di far fronte agli obblighi posti a suo carico con provvedimento del 26 novembre 2011.
È stato provato che l'imputato versava in condizioni di notevoli difficoltà economiche; ciò nonostante, la Corte territoriale non ha ritenuto assoluta l'incapacità economica dell'imputato. Secondo il recente orientamento giurisprudenziale, l'imputato non si presume più economicamente capace a meno che non dimostri uno stato di totale indigenza; la capacità economica dell'imputato rientra tra gli elementi che vanno provati per potersi affermare la sua responsabilità. A tal fine, occorre tenere in considerazione tutte le peculiarità del caso specifico, senza dimenticare che l'imputato ha diritto di provvedere anche alle proprie esigenze di vita egualmente indispensabili. Tale principio non ha trovato alcun riconoscimento da parte della Corte di appello.
2.3. Violazione di legge in ordine alla ritenuta configurabilità del reato anche dopo la scrittura privata intervenuta tra le parti nel 2015, mediante la quale il padre dell'imputato volontariamente si impegnava a subentrare al figlio nell'adempimento dell'obbligo posto a suo carico.
Non è configurabile il reato contestato qualora gli ex coniugi si siano attenuti ad accordi transattivi conclusi in sede stragiudiziale.
Almeno da quel momento, la Corte di appello avrebbe dovuto escludere la sussistenza del reato.
2.4. Vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche. La Corte territoriale non si è confrontata con le deduzioni della difesa che aveva evidenziato l'incensuratezza dell'imputato e il suo comportamento processuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Occorre premettere che la condanna è intervenuta in relazione all'intero periodo in contestazione (e cioè dal 2014 fino alla sentenza di primo grado del 22 ottobre 2018).
2.1. Con riferimento al periodo 2014/2015 (esaminato nel secondo motivo di ricorso), la Corte di appello si è, correttamente, adeguata al principio di diritto, secondo il quale, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, integra il reato di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen., la condotta del soggetto obbligato che, non versando in uno stato di indigenza, determinante l'assoluta impossibilità di contribuire al mantenimento della prole, si limita ad effettuare versamenti occasionali, ovvero sostituisce arbitrariamente la somma di danaro stabilita dal giudice civile con "regalie" di beni voluttuari o comunque inidonei ad assicurare il quotidiano soddisfacimento delle esigenze primarie.
Quanto alla dedotta incapacità di adempiere, la Corte di appello ha puntualmente evidenziato che il predetto non aveva dimostrato la propria assoluta impossibilità di adempiere e che risultava provato, invece, che svolgeva l'attività lavorativa di bracciante agricolo presso l'azienda agricola di famiglia e usufruisse di altri fonti reddituali in nero.
Deve, a questo proposito essere ribadita la regala iuris in base alla quale incombe all'interessato l'onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l'impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, di talché la sua responsabilità non può essere esclusa in base alla mera documentazione formale dello stato di disoccupazione (Sez. 6, n. 7372 del 29/01/2013, S.f Rv. 254515 - 01).
Il diverso orientamento di questa Corte citato dal difensore attiene, invece, alla diversa ipotesi di cui all'art. 570-bis cod. pen, che punisce gli inadempimenti degli obblighi economici originati dal procedimento di separazione dei coniugi, tanto nei confronti dei figli, quanto nel caso in cui tali obblighi siano imposti in favore del coniuge separato. Alla materia che accomuna entrambe le fattispecie -obbligo di assistenza materiale, quale proiezione del dovere di cura - solo nel caso di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2 cod. pen., si aggiunge l'elemento specializzante dello stato di bisogno, correlato alla mancanza di mezzi di sussistenza, che giustifica un diverso bilanciamento dei beni in conflitto.
In ogni caso, deve ritenersi che, avendo l'art. 570-bis ad oggetto l'inadempimento a una obbligazione civile, non può aversi alcuna inversione dell'onere della prova.
2.2. In relazione al periodo dal 2015 fino al 22 ottobre 2018 (preso in esame dai primo e dal terzo motivo di ricorso), la sentenza impugnata non si confronta, invece, con il fatto che, dal 2015, con scrittura ratificata dal Tribunale, il nonno paterno si era assunto l'obbligazione civile relativa al mantenimento del figlio. Il padre dell'imputato, pertanto, ha, a tutti gli effetti, pagato per conto dell'imputato la somma determinata da giudice civile.
Si tratta di una ipotesi ben diversa da quella di percezione di eventuali elargizioni a carico della pubblica assistenza (Sez. 6, n. 46060 del 22/10/2014, D.M. Rv. 260823 - 01.), ovvero da quella nella quale i genitori delle parti intervengono in ausilio dei figli donando quanto nelle loro possibilità, così contribuendo su base volontaria al mantenimento dei nipoti, o, ancora, da quella in cui provveda in tutto o in parte al mantenimento l'altro genitore con i proventi del proprio lavoro. Tale sostituzione non elimina, infatti, lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo del quale, viceversa, costituisce la prova (Sez. 6, n. 14906 del 03/02/2010, B., Rv. 247022 - 01; Sez. 6, n. 38125 del 24/09/2008, N., Rv. 241191- 01).
Nel caso in cui, invece, un congiunto dell'imputato assuma formalmente l'obbligazione del predetto deve, a tutti, gli effetti, ritenersi che lo stesso, a mezzo del terzo, abbia adempiuto al versamento dell'assegno di mantenimento.
2.3.La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata in relazione a tale punto affinché la Corte di appello, in sede di rinvio, adeguandosi al principio di diritto sopra dettato, rivalutati, dal 2015, la sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato.
4. Il quarto motivo, avente ad oggetto la concessione delle circostanze attenuanti generiche, deve ritenersi assorbito dall'accoglimento degli altri motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 3 giugno 2024.