RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Salerno, giudicando in sede di rinvio, ha parzialmente riformato la sentenza emessa, nei confronti di Di.Na. dal Tribunale di Isernia, assolvendolo dal reato di atti persecutori di cui al capo d), per insussistenza del fatto; per il resto ha confermato l'affermazione di responsabilità dello stesso imputato in relazione ai reati di cui: al capo a), di violenza privata ai danni della ex coniuge Er.Ia., a cui impedì in più occasioni di rientrare nella propria abitazione, commesso in Venafro nel maggio 2014; al capo b), di minaccia aggravata ai danni della ex coniuge Er.Ia. contro cui profferiva la frase "io ti sgozzo prima o poi", commesso in Venafro il 14 maggio 2014; al capo c), di violazione degli obblighi di assistenza familiare, per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla ex moglie Er.Ia. e al figlio Lo.Di., non versando l'assegno di mantenimento, a loro beneficio stabilito dal Presidente del Tribunale di Isernia, commesso in Venafro dal marzo 2012 all'aprile 2015.
2. La sentenza della Corte di cassazione ha disposto l'annullamento, quanto al delitto di atti persecutori, ritenuto assorbente di quello di minaccia di cui al capo
b), per difetto di motivazione in ordine alla condizione di alterazione delle abitudini di vita della persona offesa; e, quanto al delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, per carenza di motivazione in merito ai profili dello stato di bisogno della persona offesa e della capacità economica dell'imputato.
3. Disposta l'assoluzione dal delitto di atti persecutori e proprio in ragione di detta decisione, il delitto di minaccia, ritenuto assorbito, rivive nella sua autonoma configurazione. Esso ha trovato fondamento probatorio nelle dichiarazioni di accusa rese da Er.Ia., al pari dell'episodio criminoso di cui al capo a).
3.1. Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui al capo
c) è stato integrato dalla mancata corresponsione del mantenimento dovuto alla ex moglie e al comune figlio minore Lo.Di., per il periodo dal marzo 2012 all'aprile 2015. In quel periodo, come precisato da Er.Ia. né lei né il figlio svolgevano attività di lavoro, sicché è rimasto accertato lo stato di bisogno. L'imputato non ha del resto allegato nulla per consentire una verifica dell'asserita impossibilità di far fronte agli obblighi, considerata anche l'entità dell'assegno alimentare.
4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore di Di.Na., che ha articolato più motivi.
4.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. La Corte territoriale ha errato nel confermare la condanna per il reato di minaccia dopo aver assolto il ricorrente dal reato di atti persecutori nonostante la Corte di cassazione, con la sentenza di annullamento, avesse statuito che il reato di minaccia doveva ritenersi assorbito in quello di atti persecutori. Non può affermarsi, come fatto dalla Corte territoriale, che il reato di minaccia riviva una volta che il reato per così dire assorbente non sia riconosciuto sussistente. Una volta ritenuta l'esistenza del reato complesso, il giudice deve prenderlo in esame come figura autonoma e distinta rispetto ai reati che lo compongono.
4.2. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. La Corte territoriale, al pari del giudice di primo grado, ha omesso di considerare che per la sussistenza del delitto di maltrattamenti devono concorrere due elementi, la disponibilità di risorse sufficienti da parte dell'obbligato e lo stato di effettivo bisogno del soggetto passivo. Su questi due aspetti i giudici di merito non hanno indagato a sufficienza e quindi sono incorsi in difetto di motivazione. La Corte territoriale ha fatto riferimento, per affermare lo stato di bisogno della persona offesa e del figlio, alla valutazione effettuata dal Tribunale civile di Isernia in sede di separazione dei coniugi e della situazione economica dei coniugi come in quella sede rappresentata. Il ricorrente, però, non aveva dimostrato la propria assoluta incapacità di fare fronte ai propri obblighi, data l'entità minimale dell'assegno alimentare stabilito dal Presidente del Tribunale di Isernia in sede di separazione. L'errore in cui è incorso il giudice è consistito nell'aver confuso la nozione penalistica di mezzi di sussistenza con il concetto civilistico di alimenti e nell'aver ritenuto che l'imputato non abbia provato la sua assoluta impossibilità incolpevole di adempiere ai propri obblighi, ignorando che detta prova non può essere posta a carico dell'imputato.
4.3. Con il terzo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione in ragione del mancato rilievo della intervenuta prescrizione del reato di cui al capo c) relativamente a Lo.Di. per difetto di querela e per intervenuta remissione di querela sporta da Er.Ia. Lo.Di. divenne maggiorenne già prima del marzo 2012 e quindi la Corte avrebbe dovuto, dal marzo 2012, computare la decorrenza del termine di prescrizione, ampiamente decorso prima della sentenza di merito. A fronte della maggiore età di Lo.Di. al momento della presentazione della querela da parte della madre, la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare il non luogo a procedere per mancanza delle condizioni di procedibilità, in quanto la querela è stata proposta da persona non legittimata. La provata maggiore età di Lo.Di. avrebbe dovuto indurre la Corte a riconoscere in ogni caso estinto il reato per remissione di querela, dato che nel corso dell'udienza del 9 aprile 2019 la Iannacone dichiarò di rimettere la querela sporta nei confronti dell'ex coniuge.
5. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con l'ulteriore richiesta di annullamento senza rinvio, per difetto della condizione di procedibilità, in riferimento al reato di cui al capo c) in danno di Er.Ia. ove si accerti l'avvenuta remissione di querela.
6. Successivamente il difensore di Di.Na. ha depositato memoria con cui ha replicato alla requisitoria del Procuratore generale in riferimento a ciascun motivo.
7. Il difensore della parte civile, Er.Ia. ha depositato conclusioni scritte, facendo presente che la parte civile è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento, per le ragioni di seguito esposte.
2. Il primo motivo è infondato. La Corte di cassazione, con la sentenza di annullamento con rinvio, ha dichiarato l'assorbimento del reato di minacce in quello di atti persecutori sulla implicita necessaria premessa che il reato assorbente sussista. Per il caso in cui il reato di atti persecutori venga meno, come è accaduto nel caso in esame all'esito del giudizio di rinvio, manca il termine essenziale per ragionare di assorbimento, per l'impossibilità di disporre di un fatto umano di maggiore ampiezza che possa esprimere il disvalore proprio del reato minore. Una volta che il reato assorbente è stato oggetto della pronuncia di parziale annullamento con rinvio, non potevano residuare incertezze in ordine al fatto che l'assorbimento, pur dichiarato dalla pronuncia rescindente, fosse condizionato al mantenimento della statuizione di condanna per il reato più grave.
Il giudice di rinvio ha dunque ben operato trattando autonomamente il reato di minacce dopo aver pronunciato assoluzione per il reato di atti persecutori.
Ha semmai errato nell'affermare che il reato di minacce sia "tornato a rivivere" al momento della pronuncia di assoluzione per il reato di atti persecutori, e ciò per la semplice ragione che la statuizione di assorbimento contestuale all'annullamento del capo di condanna per il reato assorbente non poteva che
essere condizionata, con effetti sospesi sino alla definizione del giudizio di merito, senza quindi che alcun reato fosse in quel momento negato nella sua esistenza storica e configurazione giuridica.
3. Il secondo motivo è infondato. Il ricorrente non ha mai versato l'assegno di mantenimento, di Euro 350,00 per la ex moglie e di Euro 250,00 per il figlio, e nel periodo del suo radicale e continuo inadempimento le persone offese non avevano altro reddito perché non svolgevano alcuna attività lavorativa. La Corte di appello ha così avuto un compito agevole nel provare lo stato di bisogno, per l'assenza in capo alla ex moglie e al figlio del ricorrente di ogni risorsa economica con cui provvedere agli essenziali bisogni di vita.
Quanto alla capacità reddituale del ricorrente, la Corte di appello ha ben motivato nella misura in cui ha rilevato che l'interessato non ha dedotto nulla di concreto per escludere che avesse capacità di corrispondere gli assegni di mantenimento imposti dal Presidente del Tribunale. Dal mancato assolvimento dell'onere di allegazione, in uno con la considerazione del provvedimento presidenziale impositivo degli assegni di mantenimento, si è logicamente argomentato in ordine alla capacità del ricorrente di assicurare alla ex moglie e al figlio i mezzi di sussistenza. Vale a tal proposito il principio di diritto per il quale "in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l'incapacità economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570 cod. pen., deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti" - Sez. 6, n. 53173 del 22/05/2018, Rv. 274613 -.
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato. Non c'è nelle sentenze, né di primo né di secondo grado, un riferimento alla remissione di querela e quindi la deduzione sul punto, in ragione della mancanza delle necessarie allegazioni volte a dare specificità al rilievo, si palesa generica.
Per il resto della doglianza, si rileva che non è stata proposta con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, essendosi l'imputato limitato in quella sede a rilievi in ordine all'asserito difetto di prova della mancata corresponsione dell'assegno, della sua capacità economica per fare fronte all'onere finanziario impostogli dal Presidente del Tribunale e dello stato di bisogno della ex moglie e del figlio. La doglianza non può dunque essere oggetto di considerazione nella sede del controllo di legittimità sulla pronuncia del giudice di rinvio.
In ogni caso, il riconoscimento della recidiva in sentenza rende manifestamente inondata la pretesa di estinzione del reato di cui al capo c) per intervenuta prescrizione.
4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Il ricorrente deve altresì essere condannato al pagamento delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile Er.Ia. come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Er.Ia. ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Salerno con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d. Igs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso, il 23 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2024.