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L'afferrare la mano non basta per ritenere integrato il reato di lesioni personali

afferrare la mano non basta per ritenere integrato il reato di lesioni personali

Corte appello Taranto, 05/09/2023, (ud. 09/06/2023, dep. 05/09/2023), n.396

L'aver afferrato la mano della persona offesa non costituisce una violenza sufficiente e adeguata a causare le algie e le ecchimosi su entrambe le braccia riportate nella certificazione medica presentata nel processo per lesioni personali. Questo porta a dubitare dell'affidabilità delle dichiarazioni della persona offesa, anche in considerazione del contesto probatorio complessivo, e impedisce di ritenere l'imputato responsabile.

Lesioni personali aggravate in ambito familiare: la rilevanza delle dichiarazioni confessorie e delle attenuanti generiche (Giudice Eliana Franco)

Reato di lesioni personali: dolo generico e valore del riconoscimento fotografico (Giudice Marta di Stefano)

Condanna per lesioni personali e esercizio arbitrario delle proprie ragioni: la prevalenza del diritto al rispetto della proprietà (Giudice Alessandra Zingales)

Violenza privata e lesioni aggravate: continuità del disegno criminoso e risarcimento alle parti civili (Giudice Simona Capasso)

Aggressione con spranghe: la Corte d'Appello di Napoli conferma la condanna per lesioni gravissime (Corte appello Napoli - Sesta sezione)

Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali: concorso formale e limiti della violenza (Giudice Marta di Stefano)

Lesioni personali volontarie: configurabilità del reato, bilanciamento attenuanti-aggravanti e determinazione della pena (Giudice Elena di Tommaso)

Lesioni personali aggravate dall’uso di strumenti atti ad offendere: requisiti e applicazione dell’art. 585 c.p. (Giudice Antonia Ardolino)

Lesioni personali: attendibilità della persona offesa e esclusione dell'aggravante di rapporto coniugale cessato (Giudice Martino Aurigemma)

Condanna per spaccio, tentata estorsione e lesioni: sentenza del Tribunale di Pescara

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Ba.Ch., imputato dei seguenti reati: a) del delitto di cui all'art. 612 bis co. 1 e 2 c.p., perché, con più molestie, con continui appostamenti e aggressioni fisiche e verbali e attraverso rinvio di continue telefonate dal contenuto minaccioso e ingiurioso ingenerava in Ma.Il., con la quale aveva avuto una relazione sentimentale, un fondato timore per la propria incolumità e dei propri familiari, cagionandole altresì un perdurante e grave stato di ansia. b) Del delitto di cui gli artt. 582, 585 in relazione all'art. 577 co. 1 c.p., per avere aggredito nella pubblica via Ma.Il., con la quale aveva una relazione sentimentale, strattonandola con forza e ne provocava la rovinosa caduta, così cagionandole lesioni personali guaribili in gg 5, come da certificazione medica. In Manduria, fino al 12.11.2019; veniva ritenuto, dal Tribunale di Taranto, con sentenza del 9.06.2022, colpevole del solo capo b) della rubrica ed assolto dal precedente capo a) per insussistenza del fatto. Il Tribunale affermava che il procedimento a suo carico avesse tratto origine dall'atto di denuncia-querela, depositato in data 10/12/2019 presso gli uffici della Questura di Taranto, dall'odierna p.c. Ma.Il., ex compagna dell'imputato, con il quale la donna aveva formulato istanza di punizione per le condotte asseritamente vessatorie poste in essere dal BA. nel corso della loro relazione. Secondo la tesi accusatoria, la convivenza tra i due, iniziata nel settembre del 2009, era nata sotto i migliori auspici e inizialmente era risultata serena tant'è che, nel maggio del 2010, era venuto alla luce (...), il primogenito della coppia. Successivamente il rapporto era stato caratterizzato da numerose crisi e lunghi periodi di separazione, circostanze determinate - sempre a dire della donna - da comportamenti esclusivamente ascrivibili all'imputato il quale era dedito all'uso di sostanze alcooliche e psicotrope. Inoltre, il sostentamento offerto dal Ba. all'economia familiare era pressoché inesistente ed egli stesso si era dimostrato insofferente rispetto ai continui richiami della Ma. ad un maggiore impegno in tal senso reagendo con violenza culminata in aggressioni di natura fisica. Dopo circa sei anni dall'inizio della relazione, la p.o. era rimasta nuovamente incinta ma, in questo caso, la donna aveva portato avanti da sola la gravidanza, dal momento che, dopo appena due mesi di gestazione, in seguito ad un violento litigio, la Ma. aveva deciso di interrompere la relazione con il BA. e di invitare quest'ultimo a lasciare la casa familiare, cosa che l'uomo aveva fatto fino alla nascita del secondogenito. Poco tempo dopo, con provvedimento del Tribunale per i Minorenni datato 15/10/2019, la madre aveva ottenuto l'affido esclusivo dei due figli con sospensione della responsabilità genitoriale del BA. e la regolamentazione del diritto di visita del padre. L'uomo, comunque, non avrebbe mai ottemperato a nessuno degli obblighi legati al mantenimento del primogenito e i suoi fugaci ritorni a casa erano stati dalla Ma. ritenuti nocivi all'instaurazione di un sereno clima familiare, avendo questo manifestato la sua condotta aggressiva anche nei confronti dei suoi due figli. Dopo aver fatto ritorno in Italia, l'imputato aveva comunque tentato di riallacciare i rapporti con il proprio nucleo familiare - a dire della Ma. al solo scopo di ottenere il permesso di soggiorno illimitato sul territorio nazionale - minacciando di morte la p.o. laddove non avesse acconsentito a concedergli la paternità del secondogenito (...), nonché a tempestarla di telefonate e sms, allo scopo di incontrarla, ovvero di ottenere visite con i figli più lunghe e non regolamentate. Inoltre, ad ulteriore manifestazione dell'insofferenza del BA. a quanto imposto con il provvedimento del Tribunale per i Minorenni sopra citato, questi si sarebbe presentato giornalmente presso la scuola elementare sita in Manduria frequentata dal figlio (...), "dando spettacolo davanti agli amichetti e alle maestre mettendo me e i miei figli in uno stato di soggezione'". Con riferimento ai singoli episodi riportati in querela, il primo era stato collocato al 25/10/2019: all'arrivo della Ma. all'asilo frequentato da (...) - il secondogenito della coppia - il Ba. si trovava già presente nei pressi dell'istituto e, con la forza, aveva sottratto dalle braccia della donna il figlio per poi condurlo nella sala giochi di un bar, ignorando e mettendo a tacere con aggressività l'opposizione della sua ex compagna. Il 09/11/2019, intorno alle ore 12:00, l'imputato si era appostato nei pressi della (...), e, alla vista della Ma., le aveva chiesto, in maniera minacciosa, di lasciare a lui i bambini affinché li portasse con sé a casa della madre. A due giorni da tale episodio, ti Ba. aveva poi ribadito tale intento telefonando alla Ma., a fronte della cui ostilità aveva proferito insulti e minacce. Il 12/11/2022, la p.o. sarebbe stata nuovamente aggredita nella zona adiacente un negozio di gioielleria sito in piazza (...). Inoltre, alla prima denuncia me era seguita una seconda, depositata in data 25/09/2020 presso gli Uffici della Questura di Taranto, del pari acquisita con il consenso delle parti. In questo secondo scritto, la persona offesa aveva dichiarato che, dopo che il Ba. aveva fatto ritorno sul territorio nazionale, nelle giornate del 14, 15 e 16 settembre si era presentato presso l'abitazione familiare della Ma., chiedendo di poter conferire con lei e di vedere i propri figli a dibattimento, la p.o. confermava quanto dedotto in querela precisando 'effettiva scansione temporale della relazione sentimentale intercorsa tra lei e l'imputato e precisando che, il giorno 8/01/2018, ella si era recata, in compagnia del figlio (...), presso un bar di Manduria dove il BA. le aveva dato appuntamento allo scopo di trascorrere un po' di tempo con il bambino. Una volta giunti all'interno dell'esercizio commerciale, tuttavia, l'imputato aveva iniziato a consumare sostanze alcoliche, intrattenendo discorsi inappropriati con il figlio cosicché c'era sorto un acceso diverbio tra loro culminato in accuse reciproche. La donna aveva cercato di andare via ma era stata seguita dall'imputato il quale, dopo averla raggiunta in una strada buia del centro storico di Manduria, mentre il figlio piangeva, l'aveva cinta in vita e bloccata in quella posizione. In quel frangente l'uomo era stato poi allontanato grazie all'intervento di alcuni passanti, allertati dal figlio della coppia che, incitato dalla madre, si era allontanato per fuggire verso casa. La p.o. rammentava l'episodio occorso il 12/11/2018, oggetto del capo b) dell'imputazione, pur senza essere in grado di circostanziare ulteriormente gli eventi, nè di aggiungere particolari rilevanti rispetto a quanto già dedotto in querela. La teste Ni., madre di della p.o., confermava sostanzialmente il narrato della figlia e con riferimento agli eventi del 12/11 /2019, in ragione dei quali la Ma. aveva riportato le lesioni di cui al certificato medico in atti, la donna riferiva riferito che quella sera la figlia era rientrata a casa visibilmente agitata e che, dopo aver da lei appreso dell'aggressione perpetrata ai suoi danni, l'aveva personalmente accompagnata presso il locale pronto soccorso. Del resto, l'episodio trovava conferma nelle s.i. rese da Ro. il 30/03/2020, innanzi alla P.S. di Manduria, il cui verbale veniva acquisito con il consenso delle parti. L'imputato, dal canto suo negava gli addebiti sostenendo di non aver mai usato violenza nei confronti della ex compagna e di aver tentato di mettersi in contatto con la stessa unicamente al fine di poter intrattenere rapporti con la prole. Sulla scorta di tali elementi ritenuto che la narrazione degli eventi fornita dalla parte lesa non supportasse, "in modo sufficientemente preciso, circostanziato e soprattutto credibile, le accuse rivolte all'odierno imputato in ordine alla condotta descritta al capo a) dell'imputazione, mostrandosi la stessa carente soprattutto sotto il profilo della coerenza interna (credibilità intrinseca), rendendo dunque opportuno il vaglio circa la sussistenza di riscontri esterni al narrato che, nello specifico, risultano inconsistenti alla luce dell'intero compendio probatorio in atti, se non con riferimento, come si vedrà, al reato di lesioni" decideva il giudizio nel modo suindicato condannando il Ba. alla pena ritenuta di giustizia, con le statuizioni conseguenti solo in relazione al capo b) della rubrica. Avverso tale pronuncia propone tempestivo appello il difensore dell'imputato il quale, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, rileva che la deposizione della teste Ro. smentirebbe la versione accusatoria affermata in querela laddove, al contrario la deposizione ella stessa p.c. resa a dibattimento confermerebbe la ricostruzione dell'episodio effettuata dalla teste in parola. In subordine chiede l'applicazione del disposto di cui all'art. 131 bis c.p. e, in ogni caso, lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l'eccessività del trattamento sanzionatorio. In data odierna, il P.G. e i difensori della parte civile e dell'imputato, previa discussione, hanno concluso nei termini riportati in epigrafe. L'appello è fondato. In primo luogo occorre rilevare che il Tribunale, in ordine alla credibilità delle dichiarazioni della persona offesa ha ritenuto che le stesse delineassero "un contesto di relazioni interpersonali caratterizzato da forte acredine, sì da aver condotto ad una descrizione degli eventi del tutto esasperata rispetto alla loro reale ed effettiva portata". Inoltre l'attendibilità della donna risulterebbe ulteriormente svilita "dalla circostanza, allegata dalla difesa per mezzo della produzione documentale del 10/03/2022, per cui era stato lo stesso Ba. ad adire il Tribunale Civile affinché si provvedesse d'imperio alla regolamentazione del diritto di visita dei minori e che, in quella sede, la p.c. aveva preferito addivenire ad un accordo, impegnandosi a rimettere una querela sporta in data 13/09/2017 (cfr. verbale di comparizione del 10/11/2017, all. 1) alla produzione documentale del 10/03/2022)". Così come ha ritenuto che il contesto persecutorio fosse stato smentito proprio dalla stessa Ma. che dinanzi al Tribunale aveva ammesso "che le telefonate non erano frequenti e che le stesse, prevalentemente attinenti all'esercizio del diritto di visita dei figli, erano avvenute per un lasso di tempo circoscritto". In relazione al reato di cui sub b) rileva che, "a differenza di quanto sopra descritto in ordine al reato sub a), in questo caso sono presenti plurimi riscontri al narrato della p.o. I fatti occorsi il 12/11/2019, infatti, risultano essere stati confermati sia dalle dichiarazioni della teste oculare Ro. e della Ni., sia dalla presenza in atti di un certificato medico redatto in pari data ed idoneo ad attestare lesioni compatibili con quelle descritte dalla Ma." Ad avviso della Corte, stante la ritenuta inattendibilità della principale fonte accusatoria, giudizio questo che, alla stregua della sua onnicomprensività, si riverbera necessariamente su tutte le dichiarazioni rese, non potendosi effettuare un distinguo tra esse, impropriamente il Tribunale indica fonti a riscontro dovendosi ritenere, al contrario, che le stesse costituiscano autonome fonti di prova. E tuttavia, se la deposizione della teste Ni. altro non è che il precipitato di quanto appreso dalla Ma. di cui è pure la madre, di talché le dichiarazioni, oltre ad essere de relato, appaiono di provenienza non certo estranea al contesto dei rapporti personali/familiari di cui si è dubitato, le dichiarazioni rese dalla teste Ro., che pure è ritenuta essere presente ai fatti, smentiscono la tesi propugnata nella querela in quanto costei, nelle s.i.t. del 30.03.2020, dunque a poco più di 4 mesi dal fatto, affermava che il Ba., nella circostanza, non avesse usato violenza nei confronti della Ma. se non trattenendole la mano per evitare che si allontanasse dal luogo dell'incontro, e che la discussione era proseguita con toni alterati da entrambe le parti ma l'intervento di alcuni passanti aveva fatto sì che il Ba. si tranquillizzasse. Lei stessa aveva accompagnato l'amica presso l'abitazione che appariva spaventata ma null'altro era successo né aveva mai notato né sul viso né sul corpo della Ma. segni di percosse. Pertanto, da un lato l'aver afferrato la mano della donna non rappresenta quella violenza necessaria a provocare le algie, le ecchimosi ad entrambe le braccia, riportate nella certificazione medica prodotta, per l'altro neppure può riferirsi all'episodio oggetto dell'imputazione la caduta per terra lamentata in sede di esame obiettivo e da cui sarebbero scaturiti i dolori al ginocchio di cui si riferisce nella citata certificazione. Conseguentemente l'imputato va mandato assolto anche da tale contestazione con le statuizioni che ne derivano.

P.Q.M.
La Corte, visto l'art. 599 c.p.p., in riforma della sentenza del Tribunale di Taranto, resa in data 9.06.2022, appellata da Ba.Ch. assolve il predetto dal residuo delitto di cui al capo b) della rubrica perché il fatto non sussiste ed elimina le statuizioni civili. Con separato e contestuale decreto, liquida al difensore della parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, le competenze professionali del presente grado di giudizio. Termine di 90 giorni per il deposito della motivazione. Così deciso in Taranto il 9 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 5 settembre 2023.

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