Tribunale Nola, 04/01/2023, n.1799
In tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, il reato si configura anche quando l’autore agisca nella ragionevole convinzione di far valere un diritto esistente, ricorrendo a violenza o minaccia. È irrilevante la sussistenza effettiva del diritto, essendo sufficiente la percezione soggettiva dell’autore di un pregiudizio subìto. La sussistenza di lesioni personali aggravate, invece, richiede la prova della condotta volontaria e della correlazione causale con le conseguenze lesive, che devono essere valutate sulla base dell'intenzionalità e delle circostanze oggettive.
Svolgimento del processo
All'esito dell'udienza preliminare del 18.09.2019, il G.U.P. di questo Tribunale ha dispone il rinvio a giudizio di D.Co., disponendone la comparizione innanzi alla scrivente per l'udienza del 12.12.2019 perché rispondesse per i reati di cui all'imputazione che precede.
In tale data l'imputato era presente ed il difensore delle persone offese dichiarava di rinunciare ai termini per le notifiche nei confronti dei suoi assistiti e nel contempo di volersi costituire parte civile, della quale si prendeva atto, nulla osservando le altre parti. Il processo ea rinviato per l'apertura del dibattimento e per l'istruttoria al 3.06.2020.
A seguito delle misure adottate per affrontare l'emergenza correlata ai fenomeni epidemiologici del COVID 19, in tale data il processo non poteva essere celebrato e veniva rinviato d'ufficio all'udienza del 26.11.2020 con sospensione dei termini di prescrizione, come da decreto di rinvio (mesi 1 e giorni 28). nel corso della quale, in assenza di questioni preliminari veniva aperto il dibattimento, il P.M. produceva il referto del 16.07.2018 (per errore indicato del 17.07.2019 nel verbale sintetico) e poi si procedeva all'escussione delle prime due persone offese, con semplici domande a precisazione, avendo le parti prestato il consenso all'acquisizione degli atti a loro relativi (denuncia-querela di Mi.Gi. del 15.07.2018 e successiva integrazione del 17.07.18 e sommarie informazioni del 4.10.2018 e denunce-querele di Da.Pa. del 2 e del 18.07.2018), mentre la terza, Da.Fe. o, che era stata citata, presentava una giustifica per la sua assenza. All'esito la difesa avanzava richiesta di perizia psichiatrica per accertare la capacità d'intendere e di volete dell'imputato, cui le altre parti si opponevano e che la scrivente rigettava, non essendo emersi elementi concreti che la suffragassero. Il processo era rinviato al 15.04.2021 per il prosieguo dell'istruttoria.
In tale data veniva escusso Da.Fe., poi, con il consenso di tutte le parti, venivano acquisiti i verbali di sommarie informazioni rese dai testi Da.Ro., D'a.Da., Ca.Pa. e Op.Mi., ai quali dunque il P.M. rinunciava e la cui ordinanza ammissiva veniva revocata, nulla osservando le altre parti. 11 processo era rinviato per il prosieguo istruttoria.
All'udienza del 13.05.2021 in via preliminare veniva dato atto della remissione di querela da parte di D'a.Da. ed il nuovo difensore dell'imputato, dichiarando di aver ricevuto il nuovo mandato difensivo solo in quella data, chiedeva un termine a difesa, esprimendo nel contempo la volontà acquisitiva in ordine all'annotazione di P.G. del teste presente, il V. Brig. Ro.Vi., cui il P.M. a quel punto rinunciava e la cui ordinanza ammissiva veniva revocata. Il processo era rinviato al 7.10.2021 per il teste D.Pa., che era presente e veniva reso edotto del rinvio.
In tale data il delegato del difensore chiedeva un rinvio a causa di un impedimento personale dello stesso, cui le altre parti non si opponevano, che veniva concesso e che era da intendersi con sospensione del termine di prescrizione, sebbene non formalmente dichiarata in udienza (ai sensi dell'art. 159 co.1 n. 3 c.p.), al 17.02.2022 mesi 4 e giorni 10).
Nella data indicata il difensore prestava il consenso all'acquisizione anche delle annotazioni di servizio dei testi di P.G. M.llo Va.Ra. e App. Se. Ci.Vi., la cui ordinanza ammissiva veniva revocata in quanto vi era rinuncia, non opposta dalle altre parti, del P.M. Il teste D.PA., invece, veniva sanzionato in quanto assente non giustificato ed il processo era rinviato al 22.09.2022 (poi differito con decreto fuori udienza, cui ci si rimanda integralmente quanto alle ragioni del rinvio, al 26.09.2022),
All'udienza così disposta il teste D.PA. era presente e giustificava la propria precedente assenza, per cui la sanzione veniva revocata; poi le parti prestavano il consenso all'acquisizione del verbale di sommarie informazioni da lui rese e dunque l'ordinanza ammissiva a lui relativa veniva revocata, avendovi il P.M. ed il difensore di parte civile (del quale pure era teste) rinunciato, nulla opponendo la difesa. Il difensore di parte civile depositava anche una sentenza della Corte d'Appello intervenuta tra le stesse parti per fatti correlati a quelli per i quali si procede ed il P.M. depositava un c.d. rom che costituiva allegato delle querele; il processo era rinviato per l'eventuale esame dell'imputato e per la discussione al 24.10.2022. in tale data l'imputato non era presente per rendere esame e, non essendovi altra attività da svolgere, né verbali di interrogatorio dell'imputato, in quella data non comparso, da acquisire, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale ed utilizzabili gli atti legittimamente acquisiti, la scrivente ha dato la parola alle parti per le rispettive conclusioni e richieste, ritirandosi di seguito in camera dà consiglio per poi decidere come dalla presente sentenza di condanna, il cui dispositivo e stato letto in udienza alle parti presenti, il tutto per motivazioni che seguono.
Motivi della decisione
Osserva il giudicante che le risultanze processuali comprovano pacificamente la penale responsabilità dell'imputato per entrambi i reati a lui ascritti in rubrica, dovendosene pertanto dichiarare la penale responsabilità ed emettere sentenza di condanna.
In via preliminare occorre evidenziare che, a causa dei differimenti disposti alle udienze del 3.06.2020 e del 7.10.2021 "per le ragioni indicate nella parte che precede" il termine di prescrizione è stato sospeso per un periodo complessivo di mesi 6 e, giorni 8. Nel merito, la piattaforma probatoria portata al vaglio di questo Giudice è di natura essenzialmente documentale, in virtù della volontà acquisitiva mostrata dalle parti e dunque si tratta di materiale ampiamente utilizzabile ai sensi dell'art. 3933 co. c.p.p. integrato dalle dichiarazioni rese dai testi escussi, dal referto medico prodotti in atti e dal c.d. rom allegato alla querela, relativi ai fatti di cui si discute, tutta documentazione di cui s'è dato atto nella sezione relativa allo svolgimento in fatto. Orbene, questo materiale probatorio consente di giungere alle conclusioni indicate con la certezza richiesta dalla legge in relazione all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.
Dalla sintesi di questo materiale probatorio la vicenda al centro del presente processo può essere ricostruita come segue.
Mi.Gi. era stato il proprietario di un terreno sito in (...), alla via (...), che aveva acquistato nel 1983 e che 2016, non. avendo più interesse al suo mantenimento, aveva deciso di vendere. Il primo acquirente interessato all'acquisto che gli si presentava era tal D.PA., presentatogli dall'odierno imputato che si proponeva come mediatore, e l'accordo veniva raggiunto, tanto che il D.PA. gli versava una caparra da 20.000,00 euro in vista della formalizzazione del futuro acquisto. A causa di problemi economici sopravvenuti all'acquirente, il contratto definitivo non veniva poi stipulato e il Mi. gli restituiva la caparra. A quel punto, erano i mesi di settembre-ottobre 2017, il D.CO. si proponeva lui stesso come acquirente e le trattative sembravano prendere una piega positiva, ma si concludevano quando l'imputato scopriva che le spese notarili erano interamente a suo carico, cosa che non voleva accettare. Il Mi., nel gennaio dell'anno successivo, decideva di risolvere il contratto con l'ente erogatore dell'acqua, successivamente al quale la G. si recava sul terreno per rimuovere il contatore ed apporre i sigilli. La decisione era stata indotta dalla circostanza che il D.CO. aveva collegato un tubo al contatore che portava l'acqua al terreno, che prelevava in maniera abusiva. Nello stesso periodo il Mi. riceveva una
proposta di acquisto da parte del vicino dà fondo, Da.Ro., tramite il padre Pa., al quale aveva per primo proposto l'acquisto del terreno e che inizialmente non era stato interessato. Da quel momento iniziavano tutti i problemi poi sfociati nell'odierno processo, in quanto il D.CO. si professava con tutti proprietario del terreno, tanto che uno dei fratelli Da., dovendo fare dei lavori al proprio stabile, insistente su una proprietà contigua, aveva chiesto a lui, che ancora le deteneva, le chiavi del fondo, ma nel contempo, nel dubbio, si informava con il Mi. sullo stato giuridico del terreno e questi, comprendendo che l'imputato si spacciava per titolare dello stesso, consentiva ai vicini di proseguire i lavori ma chiedeva che all'esito le chiavi fossero restituite a lui. Da quel momento il Mi. iniziava a ricevere una serie di minacce, sia personali che telefoniche, dal D.CO. (in un'occasione anche alla presenza dei Carabinieri) che si riteneva leso nei propri diritti e che assumeva nei suoi confronti anche un atteggiamento persecutorio, con appostamenti nei luoghi da lui frequentati allo scopo di intercettarlo, che cessavano solo dopo che la presentazione delle denunce da lui sporte nel luglio del 2018.
Da canto loro, anche i Da. denunciavano il verificarsi di una serie di episodi aggressivi e violenti perpetrati dall'imputato a loro danno dopo l'acquisto del terreno. In particolare, Da.Pa. in data 2.07.2018 denunciava danneggiamenti alle colture e alle piante presenti sul fondo perpetrati dall'imputato (avvenuti in data 28 e 29 giugno 2018 e riscontrate dalle immagini del sistema di videosorveglianza, allegato alla denuncia e prodotte in dibattimento su sopporto informatico); in data 17.07.2018, ampliando la ricostruzione degli eventi, Da.Pa. denunciava che, a seguito dei lavori di ristrutturazione al loro immobile avvenuta a gennaio 2018, realizzati mediante la collocazione di una impalcatura sul terreno contiguo del Mi., che ancora non avevano acquistato, e previa autorizzazione del proprietario, si erano visti aggredire verbalmente dal D.CO., il quale lamentava di non essere stato avvisato, quale proprietario, della collocazione dell'impalcatura, minacciandoli di morte se si fossero permessi di ripetere l'operazione. Cosa della quale lui ed i figli rimanevano oltremodo perplessi, non solo per l'aggressività dei modi e dei toni assunti, ma anche perché sapevano che la proprietà faceva capo al Mi.
Il denunciante proseguiva dicendo che le minacce e l'atteggiamento invadente ed aggressivo del soggetto era continuato, ed anzi peggiorato, anche dopo il formale acquisto da parte del figlio Ro. del terreno ed era perdurato fino alla denuncia da lui sporta.
Anche Da.Ro. rappresentava tutta una serie di episodi analoghi, avvenuti nel corso del tempo, soprattutto da quando il fratello aveva acquistato il terreno sito in Volla, alla via (...) dal Mi.; il teste, integrando con il proprio narrato la denuncia sporta in data 16.07.2018, riferiva in dibattimento che l'imputato compiva in continuazione atti vandalici sulla proprietà del fratello (il 14.07 2018 aveva rotto di lucchetto ed il palo di ferro a presidio del cancello con mazzola e scalpello, venendo colto sul fatto dai Carabinieri prontamente allertati ed intervenuti, nella serata dello stesso giorno lanciava delle pedane di legno da un furgone all'interno della proprietà, in data 12.07.2018 realizzava delle buche per la piantumazione di fiori e la mattinata del 13.07.2018, scavalcando la recinzione che delimita la proprietà, aveva realizzato delle buche, per poi tornare in tarda mattinata e piantarvi dei fiori; in un frangente aveva dato fuoco ad un piccola betoniera che era posizionata sul fondo). Anche questi episodi erano stati ripresi dal sistema di videosorveglianza posto a presidio della proprietà e rappresentati su un cd rom prodotto in atti.
L'episodio delle lesioni contestato al primo capo di imputazione veniva descritto dal teste nel corso della sua escussione. Egli, dopo aver precisato che la loro abitazione è situata su un terreno contiguo a quello oggetto dei fatti per cui è processo, riferiva che la mattina del 16.07.2018 veniva chiamato dalla moglie, la quale gli diceva che il D.CO., che era presente nella proprietà del cognato e che stava scaricando delle pedane di legno, appena si era accorto della sua presenza le riferiva testualmente "Chiama pure tuo marito, fallo venire, perché gli ho preparato delle fosse dove atterrerà lui e Mi.
A quel punto lui usciva di casa e si dirigeva verso l'imputato, il quale già a distanza cominciava ad inveire; al suo invito alla calma, il D.CO. anziché rabbonirsi afferrava un palo di ferro posto nelle vicinanze e lo scagliava nella direzione del Da., il quale istintivamente alzava il braccio per coprire il viso e veniva colpito sull'avambraccio e che gli provocava un taglio alla mano, che successivamente gli doveva essere medicato con alcuni punti di sutura (cfr. certificato medico del 16.07.2028, in atti, che referta una prognosi di 7 giorni); lui a quel punto reagiva ed iniziava una colluttazione tra i due uomini, che veniva sedata dall'intervento di altre persone presenti ai fatti, tra cui Op.Mi.
Il teste poi, su domande della difesa, precisava che il D.CO. - che pretendeva di esercitare un proprio presunto diritto di proprietà sul terreno dei Da. con la piantumazione di alberi e piantine - aveva anche realizzato un allaccio idrico abusivo (di cui in atti vi è il verbale di sommarie informazioni rese dal teste D'a.Da., che poi ha rimesso la querela, sebbene occorra dire che il fatto non oggetto del presente processo), attraverso il quale annaffiava fiori e piante che aveva piantato.
Le dichiarazioni rese da altri testi e acquisite al dibattimento, in particolare quelle di Ca.Pa., moglie di Fe., e di Op.Mi., davano riscontro e conferma a quanto riferito dal predetto teste. La prima, dopo aver dichiarato che il D.CO. li tormentava in continuazione con il suo atteggiamento aggressivo e prevaricatore, a volte giungendo ad appostarsi nei pressi della sua abitazione per spiarla ed apostrofarla, creandole stato di ansia e di apprensione, riferiva dell'episodio in cui era stato colpito il marito, ricostruendolo negli stessi termini da lui riferiti. Op.Mi., titolare di una palestra sita proprio in prossimità dei luoghi di cui si discute, riferiva che la sera della lite (lui dichiarava essere una sera d'agosto, ma le persone offese hanno dichiarato che si era in luglio) lui aveva già sentito il D.CO., persona nota in paese per avere un carattere molto difficile e litigioso - rivolgere insulti ed epiteti in direzione della famiglia Da., finché ad un certo punto scendeva Fe. che cercava di riportarlo alla ragione; da lì ne scaturiva una lite, con spintoni e insulti reciproci, finché l'imputato afferrava un palo di ferro posto lì vicino e lo scagliava addosso al Da., nonostante questi fosse molto vicino e dunque potesse riceverne seri danni, che si parava con il braccio e riportava una ferita alla mano, che si vedeva costretto a farsi medicare in ospedale, dove gli venivano apposti anche dei punti di sutura, mentre lui stesso interveniva per bloccare il D.CO. ed impedirgli di portare oltre il suo gesto. Il teste, poi, confermava di aver assistito ad innumerevoli aggressioni da parte dell'imputato nei confronti della famiglia Da., anche se fino a quel momento erano sempre e solo state di natura verbale. La denuncia del titolare del fondo, Da.Ro., ricalcava quella dei propri congiunti, ripercorrendo nei medesimi termini la vicenda e riferendo degli atteggiamenti prevaricatori del D.CO. come già erano stati riferiti dalle altre persone offese.
A riscontro del dichiarato di queste ultime, vi sono poi le diverse annotazioni di servizio dei militari che di volta in volta erano intervenuti sui luoghi, chiamati dai Da. in occasioni delle varie azioni dell'imputato. Così, nell'annotazione di servizio del 17.07.2018, a firma, tra altri, del V. Brig. Ma. della Stazione CC di Volla, si dà atto dell'intervento effettuato presso la proprietà in questione quanto il D.CO. aveva rotto e il lucchetto posto a chiusura del cancello che delimitava la proprietà, venendo trovato ai militari in possesso di una tenaglia e di un seghetto. Analoga vicenda era accaduta 3 giorni prima, come relazionato nell'annotazione di servizio a firma dell'App. S.Ci. - anch'essa acquisita - in cui si attestava che verso le 13,00 la pattuglia da lui composta veniva indirizzata presso il podere dei Da., che avevano allertato i Carabinieri, dove trovavano il D.CO. con una mazzola ed uno scalpello anche in quel caso intento a rompere il lucchetto del cancello della proprietà, che a suo dire gli aveva impedito ad accedere alla sua proprietà, di cui non forniva alcuna documentazione e nel contempo si presentava Da.Fe. che affermava che la proprietà era del fratello e che lo potevano dimostrare con documentazione idonea. Infine vi è l'annotazione del 20 .07.2018 a firma del M.llo Va., sempre in servizio presso i CC di Volla, in cui si riportava l'intervento da lui effettuato assieme all'App. Ci. sempre presso la proprietà dei Da., su chiamata del proprietario, che lamentava ancora una volta la presenza invasiva del D.CO., il quale in quel frangente stava innaffiando una pianta con un
tubo collegato ad una condotta, allaccio poi risultato abusivo, venendo per questo denunciato con separato atto (che, come detto, non è confluito nel presente fascicolo). Dalle dichiarazioni rese dal D.PA., anch'esse acquisite con il consenso delle parti, non è emerso nulla di più rispetto a quanto già illustrato circa la genesi della vicenda, che aveva portato alla ossessiva presenza del D.CO. sulla proprietà di Da.Ro., in quanto si limitava a ripercorre le vicende già descritte dal Mi. in termini sostanzialmente analoghi.
Ebbene così ricostruita la vicenda non residua dubbio alcuno sulla penale responsabilità dell'imputato per entrambi i reati a lui ascritti.
Va, sempre in via preliminare, evidenziato che le persone offese sono sembrate assolutamente attendibili nel narrato reso, non solo per la linearità delle rispettive dichiarazioni, ma anche per l'assenza di qualsiasi acrimonia nei confronti dell'imputato, verso il quale si è resa palese solo l'esasperazione per comportamenti di assoluta invasività del tutto ingiustificata, ma senza che fosse espressa e ciò tanto nelle denunce, quanto nelle dichiarazioni dell'unica persona offesa escussa in alcun intento di rivalsa o vendicativo nei suoi confronti.
E' noto come la persona offesa, pur essendo considerata dal legislatore, anche quando si costituisce parte civile, alla stregua di un qualunque testimone tanto che la Corte Costituzionale, con la decisione del 19 marzo 1992 nr. 115 ha escluso l'illegittimità dell'art. 197 lettera c), c.p.p., nella parte in cui non include tra i soggetti per i quali vi è l'incompatibilità con l'ufficio di testimone, la parte civile - viene collocata, dalla giurisprudenza, in una posizione diversa rispetto a quella del testimone, e ciò proprio per il ruolo che assume nell'ambito del processo, sia quando si costituisce parte civile nel processo penale, sia quando non eserciti tale facoltà. Se infatti il testimone è per definizione una persona estranea agli interessi in gioco del processo, che si limita a rendere una deposizione su fatti a cui ha assistito personalmente, senza altre o diverse implicazioni, la persona offesa è per definizione in posizione di antagonismo nei confronti dell'imputato, per la semplice istanza di ottenere giustizia con la condanna di questi, ovvero perché portatore di un interesse privato al buon esito del processo e, con la costituzione di parte civile, di un evidente interesse, di natura economica, alle restituzioni ed al risarcimento del danno.
Ne deriva che se in relazione al contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, vanno seguiti i canoni di valutazione unanimamente e costantemente espressi dalla giurisprudenza, di merito e di legittimità, che si esprimono nel principio secondo il quale il giudice può motivare il proprio convincimento con una valutazione centrata sulla personalità del dichiarante e sulla attendibilità del contenuto intrinseco della dichiarazione, traendo la prova del fatto rappresentatogli dal semplice racconto del teste, senza la necessità di altri elementi che ne confermino la credibilità, con riferimento, invece, al contenuto della denuncia sporta dalla persona offesa occorre svolgere un esame più rigido e rigoroso della attendibilità intrinseca del narrato, e, qualora la piattaforma probatoria lo consenta, occorre valutare anche gli altri elementi probatori, verificando se gli stessi confortino o meno il contenuto della denuncia (cfr., tra le altre, Casi. Sez. II del 19 novembre 1998 n. 12000).
Pertanto quando la persona offesa rappresenta il principale (se non il solo) testimone che abbia avuto la percezione diretta del fatto da provare e sia, quindi, sostanzialmente l'unico soggetto processuale in grado di introdurre tale elemento valutativo nei processo, affinché il suo racconto possa essere posto a fondamento del giudizio di colpevolezza dell'imputato, occorre sottoporlo ad una puntuale analisi critica, mediante la comparazione con il rimanente materiale probatorio acquisito (laddove ciò sia possibile) utilizzabile per corroborare la sua dichiarazione, ovvero, laddove una verifica "ab estrinseco" non sia possibile, attraverso un esame attento e penetrante della testimonianza, condotto con rigore e spirito critico, che investa la attendibilità della dichiarazione e la credibilità soggettiva di chi l'abbia resa e che, tuttavia, non sia improntato da preconcetta sfiducia nei confronti del teste, dovendosi comunque partire dal presupposto che, fino a prova contraria, il teste, sia esso persona offesa sia esso parte civile, riferisca fatti veri, o da lui ritenuti tali. Quando, dunque, le persone offese siano ritenute credibili e le loro dichiarazioni, oltreché attendibili, anche confortate anche da elementi estrinseci (come nel caso di specie, si può giungere serenamente alla conclusione che esse siano idonee a fondare un giudizio di certezza in ordine alla penale responsabilità dell'imputato. Quanto alle lesioni, infatti, nulla sulla sussistenza della condotta, indiscutibilmente riferibile al D.CO., che l'ha posta in essere con la volontà precisa e consapevole di colpire il Da., il quale fortunatamente ha riportato una ferita che poteva essere ben più grave rispetto all'azione che l'aveva determinata.
Anche del secondo reato sussistono tutti gli elementi costitutivi; il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni si estrinseca nella condotta di chi, pur potendo ricorrere all'Autorità Giudiziaria, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, usando violenza o minaccia alle persone. Occorre precisare che per la configurabilità del reato non è affatto necessario che il diritto oggetto della illegittima pretesa sia realmente esistente, essendo sufficiente che l'autore del reato agisca nella ragionevole convinzione di difendere un suo diritto: l'elemento psicologico è dunque ciò che connota il reato e lo differenzia dall'ipotesi di rapina, in cui la violenza è esercitata per un diritto che non solo compete, ma di cui si ha anche la piena consapevolezza della non sussistenza. Ebbene nel caso in oggetto è emerso con chiarezza che il D.CO. era convinto di essere stato defraudato di un proprio legittimo diritto e dunque si comportava nei confronti del terreno, di cui assumeva aver acquisito la titolarità, da un lato uti domini (piantumando, innaffiando le piante, ecc.) dall'alito esercitando il presunto ius excludendi alios e dunque rompendo i lucchetti, minacciando il legittimo proprietario ed i suoi familiari, ecc. La sua condotta, pertanto, rientra pienamente nel perimetro operativo del reato a lui contestato al secondo capo, ricorrendone, in particolare, l'elemento psicologico che lo deve sorreggere.
Affermata, dunque la penale responsabilità dell'imputato, il trattamento sanzionarono deve prendere le mosse dai criteri direttivi di cui all'art. 133 c.p., ed in particolare dalle modalità della condotta e dalla intensità del dolo, non potendosi da un lato trascurate la particolare aggressività mostrata dall'imputato nelle condotte da lui poste in essere, dall'altro le peculiarità del carattere che, pur non essendo tale da determinare una vera e propria incapacità di intendere e di volere, tuttavia comporta una scarsa capacità di esercizio dei freni inibitori, che verosimilmente inducono il D.CO. ad avere reazioni esorbitanti di fronte alle legittime pretese altrui.
Nel contempo i fatti devono ritenersi avvinti dal vincolo della continuazione, essendo indubbio che le lesioni arrecate a Da.Fe. costituiscono uno sviluppo delle pretese avanzate dal D.CO. nei confronti delle persone offese, secondo una preventiva valutazione unitaria. Non ricorrono, invece, le condizioni per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Difatti, pur non potendosi non apprezzare il comportamento estremamente collaborativo della difesa, che nel corso del processo ha acconsentito all'acquisizione di gran patte del materiale probatorio utilizzato per la presente decisione, tuttavia, specularmente, il comportamento dell'imputato è stato caratterizzato da estrema indisciplina, con intemperanze continue ed interruzioni che hanno costretto la scrivente in talune occasioni a determinarne l'allontanamento dall'aula d'udienza, ostando il comportamento del D.CO. alla prosecuzione del processo. Tanto basta per escludere il riconoscimento del beneficio premiale.
Ciò detto, si stima congrua la pena di mesi 9 di reclusione, così determinata: ritenuto il reato di lesioni il più grave e partendo dalla pena base nel minimo edittale di mesi 6 di reclusione, deve poi applicarsi l'aumento per l'aggravante (correttamente contestata, non essendovi dubbio che la lesione sia stata arrecata con un'arma c.d. impropria, costituita da un paletto di ferro rinvenuto occasionalmente sui luoghi dell'aggressione), nella misura di mesi due di reclusione ed infine un ulteriore aumento di mesi uno per il secondo reato in contestazione. Seguono per legge la condanna al pagamento delle spese processuali (per mero errore omesso nel dispositivo, cui si provvede con separata ordinanza) e le statuizioni relative alle parti civili costituite, che devono essere rimesse dinanzi al giudice civile per la compiuta determinazione del danno da loro concretamente subito, mentre vanno riconosciute le spese di giudizio sostenute,
da liquidarsi come da dispositivo. Non può accogliersi la richiesta di una provvisionale, non essendo stata raggiunta alcuna prova sul punto.
Alla luce della descrizione dei fatti sopra rappresentata, non sussistono, a parere di questo Giudice le condizioni per la concessione della sospensione condizionale della pena, attesa che nulla lascia presagire che per il futuro l'imputato si asterrà dal commettere analoghi fatti di reato, apparendo al contrario molto verosimile la loro reiterazione da parte sua. Il carico di lavoro e le numerose sentenze assunte in decisione alla medesima udienza giustificano la riserva del termine per il deposito dei motivi.
P.Q.M.
Letti gli art. 533 e 535 c.p.p.,
dichiara D.Co. colpevole dei reati a lui ascritti e, ritenuti i fatti avvinti dal vincolo della continuazione, lo condanna alla pena di mesi 9 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Visti gli artt. 74 c.p. e ss. 538 e 539 c.p.p.,
condanna D.Co. al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili costituite, rimettendole davanti al Giudice civile per la compiuta liquidazione del danno. Rigetta la richiesta di una provvisionale.
condanna D.Co. al pagamento delle spese di giudizio incontrate dalle parti civili costituite, liquidate in euro 2.500,00 con riguardo a Da.Fe., Da.Pa., Da.Ro. e Ca.Pa. e di euro 1.500,00 a favore di Mi.Gi., oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento IVA e CPA se dovute come per legge; Letto l'art. 544 III co. c.p.p., indica in giorni 90 il termine per il deposito dei motivi.
Così deciso in Nola il 24 ottobre 2022.
Depositata in Cancelleria il 4 gennaio 2023.