Tribunale Napoli sez. I, 27/11/2018, (ud. 19/11/2018, dep. 27/11/2018), n.13416
La condotta di lesione personale, aggravata dal rapporto di convivenza equiparato al coniugio, si configura quando il soggetto attivo cagiona una malattia nel corpo o nella mente alla vittima. Tale reato si distingue dalle percosse, che sono reati di mera condotta non necessariamente correlati a una malattia o conseguenza permanente. Inoltre, la confessione dell’imputato e le circostanze attenuanti generiche, riconosciute in presenza di motivazioni specifiche, possono essere bilanciate con le aggravanti contestate per determinare l’entità della pena.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di arresto operato dal Commissariato di P.S. di Portici Ercolano in data 19.11.18. L.N. veniva condotto innanzi questo Tribunale per la convalida ed il contestuale giudizio con il rito direttissimo. All'odierna udienza, sulla scorta dell'imputazione formulata dal P.M., l'ufficiale di p.g. procedente all'arresto riferiva con relazione orale e l'imputato rendeva le proprie dichiarazioni.
Sulle richieste delle parti, come da verbale, il Tribunale con ordinanza contestuale ed allegata al verbale convalidava l'arresto solo in relazione al reato di cui all'imputazione e non convalidava l'arresto per il reato di cui all'art. 572 c.p. (v. ordinanza di non convalida allegata al verbale di udienza) e disponeva procedersi al giudizio con il rito direttissimo.
Costituite le parti, preliminarmente l'imputato formulava richiesta di giudizio abbreviato per il reato di cui in epigrafe.
Il Giudice disponeva l'acquisizione del fascicolo del P.M. agli atti del dibattimento, ammettendo la richiesta, e invitava le parti alla discussione.
Sulle conclusioni come in epigrafe il Giudice dava lettura del dispositivo e della contestuale motivazione.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva il giudicante che, dagli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, emerge certa la responsabilità dell'imputato in ordine ai fatti contestati.
Risulta, infatti, sia dalla relazione orale dell'ufficiale di p.g., in sede di convalida, quanto dagli atti irripetibili acquisiti al fascicolo del dibattimento (p.v. di arresto, di perquisizione e di sequestro), nonché da tutta l'altra documentazione legittimamente inserita nel fascicolo del P.M. acquisito agli atti (referti medici), documentazione utilizzabile ai fini della decisione, e dalle dichiarazione confessorie rese dall'imputato che lo stesso fu arrestato subito dopo aver tenuto le condotte contestate.
In particolare, l'imputato ha dichiarato che a seguito di un litigio con la propria compagna S.C. - mentre si trovavano all'interno del bar dove lavorano entrambi - le metteva le mani al collo e la donna reagiva prendendolo a morsi.
Il litigio era stato originato dalla gelosia dell'uomo in quanto la compagna manifestava troppe attenzioni nei confronti di un dipendente del bar.
Nella querela della donna è, poi, specificato che il L.N. oltre a mettere le mani al collo la prendeva a calci e pugni e che lei per difendersi lo colpiva con un vassoio.
Il racconto della donna, quanto alle lesioni riportate, è confortato dalla scheda del referto in atto in cui si legge che "al collo della donna si apprezza lieve escoriazione e con lieve trauma facciale regione zigomatica dx".
Sul punto, invero, lo stesso imputato ha ammesso di aver colpito per primo la sua compagna.
Va anche specificato che il descritto litigio si inserisce in un contesto familiare decisamente più ampio posto che il L.N. il 4 maggio 2018 era stato arrestato per maltrattamenti e lesioni nei confronti della sua compagna S.
Tuttavia, con sentenza n. 12086/18 del Tribunale di Napoli del 23.10.2018, veniva assolto dai predetti reati perché il fatto non sussiste: nella motivazione della sentenza si legge che in dibattimento la S. ritrattava le precedenti accuse mosse contro il L.N..
Tale "ripensamento" della S. non influisce sulla sua attendibilità rispetto ai fatti oggetto del presente procedimento atteso che, come detto, L.N. ha ammesso di averla colpita.
Corretta appare la qualificazione giuridica data al fatto dal p.m. sussistendo l'aggravante contestata (è ormai pacifica l'equiparazione della convivenza al rapporto di coniugio) e la natura di lesione personale, descritta nel referto in atti, che si configura quando il soggetto attivo cagioni una lesione dalla quale derivi una malattia nel corpo o nella mente così differenziandosi dal reato di percosse per il quale, invece, trattandosi di reato di mera condotta, è sufficiente la manomissione dell'altrui persona fisica a produrre un'apprezzabile sensazione dolorifica, non essendo, invece, necessario che tale sensazione di dolore si verifichi (v. Sez. 5, Sentenza n. 38392 del 17/05/2017).
Va, pertanto, affermata la penale responsabilità del prevenuto in ordine ad al reato contestato.
Le modalità di realizzazione dell'azione criminosa, i motivi a delinquere, la confessione resa, rendono il L.N. meritevole della concessione delle attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata aggravante.
Quanto alla pena, tenuto conto della reiterazione della condotta criminosa e tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p. si stima equa la pena di mesi quattro di reclusione, così determinata: pena base, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, mesi sei di reclusione, diminuita di un terzo per effetto del rito scelto.
Come per legge, segue la condanna alle spese processuali ed a quelle di custodia (omissis).
Sussistono i presupposti per concedere al L.N. la sospensione condizionale della pena.
P.Q.M.
Letti gli artt.438 e ss., 533 e 535 c.p.p.
Dichiara L.N. colpevole del reato a lui ascritto e concesse le attenuanti generiche, ritenute equivalenti rispetto alle contestate aggravanti, considerata la riduzione per il rito, lo condanna alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia in carcere.
Pena sospesa.
Napoli, 19.11.2018