Tribunale Nola, 03/10/2023, n.1621
Il reato di lesioni personali aggravate si configura quando l’offesa all’integrità fisica altrui viene commessa con l’uso di strumenti qualificabili come "armi improprie", ai sensi dell’art. 585 c.p. L’aggravante ricorre anche in caso di uso momentaneo o occasionale dello strumento atto ad offendere, senza necessità che sussista la violazione di altre disposizioni normative relative al porto dello strumento stesso.
Svolgimento del processo
Gi.Fr. veniva citato a comparire alla udienza del 6.10.21 dinanzi al Tribunale di Nola, in composizione monocratica, per rispondere del reato di lesioni aggravate ai danni della persona offesa, come contestate dal P.m. nel decreto di citazione a giudizio emesso addì 23.7.2018. Alla predetta udienza l'imputato era dichiarato assente perché a conoscenza del processo.
Alla successiva udienza del 25.1.22 si dava ingresso alla parte civile e, in assenza di eccezioni, veniva aperto il dibattimento e ammesse le prove, il procedimento veniva rinviato.
Le udienze del 31.5.11, del 20.9.22 erano rinviate per le ragioni di cui al verbale e la istruttoria aveva inizio con la escussione del teste Sc.Lu., moglie della persona, deceduto nelle more del procedimento, ragione anche per la quale veniva acquisita la querela ex art. 512 c.p.p. nonché della teste Di.Gi. Alla udienza del 14.2.23 veniva sentito un teste della difesa Al.Li., dunque, acquisito l'interroga torio reso dal prevenuto, si fissava la discussione alla udienza del 27.6.23. Alla predetta udienza l'astensione della magistratura onoraria comportava il rinvio del procedimento.
Alla udienza odierna, udita la discussione delle parti, all'esito della delibazione, il giudice dava lettura della seguente sentenza.
Motivi della decisione
Il quadro probatorio emerso dall'istruttoria svolta consente di ritenere avvalorata la sussistenza dell'addebito mosso al prevenuto, dunque, correttamente contestata la condotta di reato dall'ufficio di Procura. La prova a carico risiede in primis nel contenuto della querela, di fatto poi, avvalorata dalla testimonianza della Sc.Lu., moglie dell'Al.An., persona offesa del reato. La Sc., invero, ha ricostruito in udienza i fatti per cui è giudizio, con visibile sofferenza ma, al contempo, con un'assoluta mancanza di animosità nei confronti del prevenuto. Ella ha delineato l'episodio, avvenuto il di 23.7.2018, alle ore 17.00 circa in Marigliano, allorquando il marito Al. A. veniva colpito con un bastone alla mano sinistra dall'odierno imputato.
A tale riguardo ha riferito che nel mentre a bordo della macchina con il marito, Al. A. impegnato in una manovra per immettersi sulla carreggiata principale, l'imputato alla guida del veicolo che si trovava immediatamente dietro l'Al., dapprima inveiva violentemente nei riguardi della persona offesa e, di seguito lo raggiungeva brandendo un bastone di legno con il quale sferrava colpi al veicolo e alla persona offesa. La Sc. affermava, poi, di aver identificato l'odierno imputato presso la caserma dei Carabinieri. La ricostruzione operata dalla predetta teste, invero, risulta conforme al contenuto della querela, pienamente utilizzabile. Emerge, dallo scritto, che nel mentre Al. tentava di effettuare una manovra riceveva le lamentele del guidatore del veicolo che si trovava immediatamente dietro e, che allorquando usciva dalla macchina per comprendere le ragioni di cotanta "veemenza" riceva offese e minacce dal Gi. che sosteneva letteralmente: "signò i song o figlio e Lu.", dunque, lo raggiungeva di lì a poco brandendo una mazza di legno, iniziava a colpire il tetto, la porta sinistra, il faro posteriore della vettura (cfr. reperti fotografici) e, infine, la mano sinistra dell'Al.An..
La dinamica dei fatti trovava ulteriormente conferma nel narrato della teste Di.Gi.. Questa ultima, infatti, confermando le proteste poco "urbane" del Gi. ha afferito e una volta che l'Al. aveva terminato la manovra, l'imputato lo raggiungeva e, dopo aver preso una mazza dal cofano, dapprima colpiva la autovettura e, poi, la persona offesa.
Così riepilogata l'imponente istruttoria svolta, appare opportuno anzitutto soffermarsi sui criteri che presiedono alla valutazione della deposizione della persona offesa che nella ipotesi di specie risulta acquisita per il tramite della utilizzabilità della querela e, altresì, dalla testimonianza della consorte, costituitasi, quale erede, come parte civile. E' risaputo che il giudice può attingere la verità anche dalle sole dichiarazioni della p.o. (costituita PC) la quale, per legge, riveste anche la qualità di testimone; tuttavia, trattandosi di soggetto portatore d'interesse antagonista rispetto a quello dell'imputato, tale deposizione merita piena affidabilità solo là dove sia sottoposta ad indagine positiva, rigorosa e penetrante, circa l'attendibilità delle proposizioni accusatorie. Ciò comporta che, in concreto, la testimonianza della persona offesa debba essere valutata con ogni più opportuna cautela, sia sotto il profilo intrinseco della costanza, della linearità e della coerenza logica, sia sotto quello estrinseco della comparazione della stessa con qualsiasi dato di riscontro che possa concorrere ad assicurare il controllo dell'attendibilità della testimonianza, confermandone indirettamente il contenuto. E tanto più autosufficiente è la deposizione della persona offesa quanto più il controllo sulla credibilità intrinseca dia esito positivo, da ciò conseguendo che la dichiarazione della persona offesa non richiede riscontri esterni solo là dove non sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua attendibilità, perché, in caso contrario, solo pregnanti ed univoci ulteriori elementi confermativi della prospettazione accusatoria consentono di ritenere provato il fatto oggetto di imputazione. Ciò comporta che, quando l'istruttoria processuale difetta di dati di assoluta evidenza probatoria, e si fonda in buona parte sulla testimonianza della persona offesa, il giudice è tenuto ad utilizzare criteri di valutazione molto più rigorosi e puntuali, controllando e vagliando la credibilità soggettiva dell'accusatore e la coerenza del suo racconto, verificando la plausibilità e la realizzabilità dei fatti storici si come riferiti, senza prescindere da un'analisi critica circa il riferito movente, ovvero in ordine ai tempi in cui le denunce prima, e le dichiarazioni poi, sono state eventualmente rese. Ebbene, anticipando quanto si avrà modo di esporre nel prosieguo della motivazione, reputa il Tribunale che nel caso di specie il complesso delle acquisizioni dibattimentali, valutate alla stregua dei suesposti criteri, sia sufficiente ed adeguato a fondare un giudizio di penale responsabilità dell'imputato per il reato ascritto, dovendosi ritenere la prova costituita dalle dichiarazioni accusatorie della parte offesa pienamente attendibili, non solo per l'intrinseca credibilità che alle stesse può essere riconosciuta e per la mancata emersione, nel corso del dibattimento, di elementi idonei ad inficiarne la valenza dimostrativa, ma anche per la concordanza rispetto all'ipotesi di accusa del complesso degli ulteriori, significativi elementi acquisiti agli atti. Sotto il primo profilo, l'attendibilità della parte lesa si evince sia dalla trama interna del racconto, costante, logico, lineare, privo di contraddizioni e di sbavature, sia dall'atteggiamento espositivo mantenuto dalla teste, spontaneo, pronto e vivido ma equilibrato, misurato, privo di particolare acrimonia, accanimento o spirito vendicativo nei confronti dell'odierno imputato. La circostanza, poi, che la p.o. abbia coltivato la costituzione di parte civile, avanzando pretese risarcitorie in sede penale quale erede del diretto leso della condotta penalmente rilevante, certamente comporta un vaglio più accurato e pregnante della sua deposizione - in quanto soggetto portatore di un interesse proprio in causa - ma non si presta ovviamente, di per sé, ad un sospetto di inquinamento della plausibilità della sua deposizione. Né risulta prospettabile, ancor peggio, il dubbio che l'odierno processo sia frutto di una strumentalizzazione, attuata mediante la formulazione di un'accusa inveritiera e calunniosa al solo fine di ottenere del denaro: infatti, da un lato la motivazione economica, oltre che pienamente lecita, appare chiaramente sempre insita e comune a qualunque azione risaratoria, dall'altro essa non connota automaticamente una falsa accusa, architettata ad arte.
Si aggiunga che l'età della narrante (Sc.) e le modalità della sua testimonianza - pur caratterizzata da un comprensibile stato di agitazione, - non possono far insorgere alcun dubbio circa la "competenza" o capacità di testimoniare della stessa. Dall'esame diretto della teste operato anche dal Tribunale emerge chiaramente come la stessa risulti "competente dal punto di vista cognitivo e linguistico" e, in assenza di qualsivoglia stato patologico, capace di riferire realisticamente fatti ed esperienze vissute. Ad avvalorare il giudizio di piena attendibilità della teste parte lesa, inoltre, non appare di secondaria importanza la sussistenza di numerosi riscontri, provenienti dalla documentazione fotografica acquista agli atti, nonché dalle deposizioni testimoniali, tali da sfiorare la consistenza di autonomi elementi a carico.
La documentazione fotografica (cfr, doc. agli atti) attesta eloquentemente la presenza sul veicolo e sulla mano che sono conseguiti all'episodio di violenza riportato dal compianto Al. A..
Il complesso delle suesposte considerazioni conducono quindi a ritenere la piena attendibilità delle dichiarazioni rese dalla Sc. ed acquisita, unitamente agli altri riscontri, la prova della condotta delittuosa ascritta all'imputato e trasfusa nel capo di imputazione. Occorre ulteriormente sottolineare come la valenza del riferito della teste parte lesa, così come corroborato dagli elementi documentali e testimoniali sopra riportati, non risulta minimamente sminuita dalla deposizione del teste a difesa, Li.Al., che si è, in ultima analisi, limitati a riferire di trovarsi, rispetto al teatro degli accadimenti, nella propria vettura collocata dopo 3-4 macchine rispetto a quelle dei contendenti, di essersi trovato lì per caso in quanto ciascuno nella propria vettura (riferendosi all'imputato) stavano andando a ritirare del materiale, di aver "messo pace" e che non vi era alcuna mazza. In primo luogo, invero, la conoscenza dei fatti è necessariamente limitata ad una visuale piuttosto distante rispetto all'occorso, in secondo luogo il teste non nega che si verificò una situazione di "caos" tanto da spingerlo a inserirsi per "mettere la pace"; da ultimo, la circostanza che il teste li presente non riferisca delle condizioni del veicolo dell'Al., rese evidenti anche dalla messaggistica depositata e intercorsa, verosimilmente, tra il padre del prevenuto e l'Al. (cfr. querela). Il narrato del Li., sebbene divergente, per taluni aspetti, dalle dichiarazioni rese dal prevenuto in sede di interrogatorio, trovano una plausibile spiegazione nella circostanza anzidetta, ossia che il predetto teste sopravviene successivamente ad un prima parte della vicenda e, dunque, descrive quanto evidente dalla propria collocazione rispetto al teatro degli accadimenti.
In conclusione, ritiene il Tribunale che, all'esito dell'espletata istruttoria dibattimentale, sia emersa la prova della penale responsabilità dell'imputato in ordine ai fatti ascritti in rubrica, avendo gli elementi probatori acquisiti consentito di accertare l'oggettiva sussistenza del fatto di reato contestato all'imputato.
L'evidenza del certificato di P.S. n. (…) (…) che accerta "irregolarità della corticale ossea della base della falange distale del III dito mano sx", così come desumibile dalle fotografie agli atti, oltre che dalla descrizione compiuta dalla Sc. e dalla Di., fa esclude che si possa configurare il reato di cui all'art. 581 C.P., posto che ci si trova in presenza non di una semplice sensazione fisica di dolore (ciò che sarebbe proprio della percossa e soltanto di questa) ma di alterazioni, sia pure lievi, della integrità fisica della persona, evento che normalmente si registra nei traumi contusivi, comportanti, come nel caso di specie, rottura dei vasi sanguigni e conseguenti infiltrazioni nel tessuto sottostante l'epidermide, che danno vita all'ematoma. Le lesioni de quibus sono aggravate in ragione dell'uso di strumenti (bastone) qualificabili come "arma impropria" ai sensi e per gli effetti dell'art. 585 c.p.. A tale ultimo proposito, si ricorda che, secondo costante giurisprudenza della Suprema Corte, l'art. 585 c.p., laddove prevede un aumento di pena e la procedibilità d'ufficio se le lesioni sono cagionate con armi e precisa che per armi devono intendersi, tra le altre, tutti gli strumenti atti ad offendere dei quali è vietato il porto senza giustificato motivo, va interpretato nel senso che qualsiasi oggetto, anche di uso comune, che in un contesto aggressivo possa essere utilizzato per l'offesa alla persona è qualificabile come arma ai fini dell'applicazione dell'aggravante in questione (v. Cass. 24/09/2012 n. 47504; Cass. 21/11/2013 n. 49517). Nello stesso senso, si è affermato che per arma impropria deve intendersi qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa, che sia in concreto utilizzato per procurare lesioni personali, giacché il porto dell'oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per essere tale oggetto utilizzato come arma (Cass. 20/06/2014 n. 46482, relativa a fattispecie in tema di lesioni personali aggravate in cui la Corte ha qualificato un guinzaglio come arma impropria). Si è altresì precisato che, per la configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 585, co. 2, n. 2 c.p., non rileva il fatto che si tratti di un uso momentaneo od occasionale dello strumento atto ad offendere, dato che per l'esistenza dell'aggravante de qua non si richiede che concorra la contravvenzione di cui all'art. 4 della legge n. 110 del 1975, sicché sussiste l'aggravante di cui all'art. 585, co. 2 n. 2 c.p. (lesione personale procurata con l'uso di strumenti atti ad offendere), nel caso in cui le lesioni siano procurate con l'uso di un bastone, considerato che devono considerarsi armi improprie tutti gli strumenti, ancorché non da punta o da taglio, che in particolari circostanze di tempo e di luogo possono essere utilizzati per l'offesa alla persona (Cass. 7/10/2014 n. 44864). L'esistenza del dolo è insita nella volontarietà dell'azione violenta effettuata.
Ciò premesso quanto alla sussistenza del fatto ed alla responsabilità dell'imputato, non sussistono le condizioni per riconoscere la particolare tenuità del fatto in favore del Gi.Fr..
Le modalità della condotta, le ragioni insussistenti a base della medesima non consentono di ritenere l'offesa al bene giuridico connotata da un disvalore così esiguo, pur sé la prognosi (giorni tre) ha riguardato un periodo breve, né il comportamento dell'imputato talmente occasionale da non meritare alcun trattamento sanzionatorio ai sensi dell'art. 131 bis c.p..
Ne consegue che Gi.Fr. va, pertanto, dichiarato colpevole del reato di lesioni personali aggravate e condannato alla pena di mesi 4 di reclusione, così calcolata: riconosciute - alla luce della previa incensuratezza del prevenuto, del suo corretto comportamento processuale anche in considerazione della manifestazione di riparazione del danno cagionato (offerta risarcitoria a verbale) e della motivazione sottesa ai fatti oggetto di giudizio - le attenuanti generiche equivalenti alle individuate aggravanti, oltre alle spese processuali. L'imputato va, inoltre, condannato al risarcimento del danno in favore della costituita PC, liquidato equitativamente in Euro 2.000.00 (considerata la tipologia della condotte e la natura delle conseguenze patite, non solo di tipo fisico (nei limiti del referto di primo soccorso) e psicologico, ma anche materiali per i danni la veicolo (atteso il deposito di un preventivo con riferimento al quale non sussiste, altresì, la prova dell'avvenuto esborso) ed alla rifusione delle spese di patrocinio di PC, liquidate in Euro 2.000 oltre accessori ed IVA come per legge.
Gi.Fr. è incensurato e non si dubita che non ricadrà nel delitto. Gli si applica pertanto la sospensione condizionale della pena per il prescritto periodo di anni cinque al termine del quale se non vi sarà recidiva i reati saranno estinti.
Motivazione contestuale.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara Gi.Fr. responsabile del reato di lesioni personali aggravate ex artt. 582 e 585 c.p., e per l'effetto, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, lo condanna alla pena finale di mesi 4 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l'art. 163 c.p. ordina la sospensione condizionale della pena per la durata di anni cinque.
Visto l'art. 538 c.p.p., condanna il predetto imputato al risarcimento del danno in favore della costituita PC, liquidato in Euro 2.000,00, ed alla rifusione delle spese di costituzione e patrocinio idi PC, liquidate in complessivi Euro 2.000 oltre accessori.
Motivazioni contestuali.
Così deciso in Nola il 3 ottobre 2023.
Depositata in Cancelleria il 3 ottobre 2023.