Tribunale di Pescara, 8 luglio 2024, n. 1217 - Giudice Fortieri
In tema di spaccio di stupefacenti, tentata estorsione e lesioni personali, segnaliamo la sentenza n. 1217/24 del tribunale di Pescara che ha condannato l’imputato a un anno di reclusione e 370 euro di multa. L’imputato è stato ritenuto colpevole per aver ceduto eroina a credito e successivamente tentato di estorcere il pagamento mediante violenza.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto ex art. 429 c.p.p. del 05/07/2022 il Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Pescara ha disposto il giudizio nei confronti di CA.Al. per rispondere dei reati trascritti in epigrafe.
All'udienza del 05/12/2022, dichiarata l'assenza dell'imputato, è stato dichiarato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove come richieste dalle parti.
L'udienza del 03/04/2023, revocata l'ordinanza ammissiva della prova nella parte relativa ai testi Im.Gi. e To.Ma., erroneamente indicati dal Pubblico Ministero nella propria lista al posto dei testi Pi.Al. e Di.Ma., ammessi ex art. 507 c.p.p., è stata rinviata in ragione dell'assenza dei testi.
All'udienza del 18/09/2023 è stato escusso il teste Di Marcantonio Sonia e revocata l'ordinanza ammissiva della prova nella parte relativa al teste Pi.Al.
L'udienza del 22/01/2024 è stata rinviata in ragione dell'assenza del teste Di.Gi.
All'udienza del 03/06/2024 è stato escusso il teste Di.Gi. ed acquisita la produzione documentale offerta dal Pubblico Ministero e dalla Difesa dell'imputato. Quindi, all'odierna udienza, esaurita la discussione, le parti hanno concluso come da verbale. Sulle conclusioni rassegnate dalle parti così come riportate a verbale, all'esito della camera di consiglio, il Giudice ha dato lettura del dispositivo della sentenza e della motivazione contestuale. Ritiene questo Tribunale che la prospettazione accusatoria abbia trovato pieno riscontro nell'istruttoria dibattimentale.
La ricostruzione dei fatti non può che partire dalla deposizione della persona offesa dei capi d'imputazione b) e c).
Di.Gi. ha riferito che, in epoca anteriore e prossima ai fatti per cui è causa, assumeva con regolarità sostanze stupefacenti di tipo eroina e cocaina per il reperimento delle quali, seppur in un'unica occasione, si era rivolta a CA.Al.
L'odierno imputato, previa promessa di pagamento, le procurava una dose di sostanza stupefacente al prezzo di Euro 15,00.
Nondimeno, non avendo la disponibilità della somma dovuta, evadeva le insistenti e reiterate richieste di adempimento avanzatele da CA.Al. fin quando, in data 31/10/2020, veniva aggredita dall'uomo che, onde ottenere la restituzione dell'importo predetto, le sferrava uno schiaffo che la colpiva in volto.
In quella circostanza veniva notata dai componenti di una pattuglia della Polizia di Stato che, in quel momento, transitava per la via (…) e dagli stessi veniva accompagnata presso il locale Nosocomio dove, ricevuta opportuna assistenza sanitaria, le refertavano una "contusione reg. zigomatica dx con edema. Rif. Ipoacusia" con prognosi di 7 gg. s.c.
A sostegno della ricostruzione offerta dalla persona offesa valga, altresì, il deposto dell'Ass. C. Di.Ma., in servizio presso la Questura di Pescara, la quale ha riferito che in data 31/10/2020 alle ore 06:15, mentre transitava sulla via (…) di Pescara, veniva fermata da Di.Gi. che lamentava di aver subito una violenta aggressione da parte di Ca.Al. per non avergli corrisposto l'importo di Euro 15,00 a saldo di un precedente acquisto di sostanza stupefacente. Quindi, richiesto l'intervento di un'ambulanza onde assicurare alla vittima adeguata assistenza sanitaria, si portava all'interno della struttura di edilizia popolare ivi presente e nota come "(…)" - e segnatamente presso il civico n. 171 come indicato dalla Di.Gi. - ove rinveniva, unitamente ad altri due individui, l'odierno imputato, noto agli operanti ed identificato mediante documento di riconoscimento.
Così ricostruito il quadro probatorio, ritiene questo Tribunale che possa affermarsi, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità penale di CA.Al. per i reati contestatigli.
All'imputato è contestato, al capo d'imputazione 1) a) il reato di cui all'art. 73 co. 1, 1 - bis e 5 D.P.R. 309/1990, per aver illecitamente ceduto a Di Giuseppe Erika una dose di sostanza stupefacente di tipo eroina dietro promessa di corresponsione del prezzo pari ad Euro 15,00.
E che tale condotta sia da attribuirsi all'odierno imputato è evidentemente riscontrabile dai deposti dei testi addotti dal Pubblico Ministero che, concordemente, hanno riferito di tale circostanza che, tra l'altro, costituisce antefatto logico e necessario rispetto ai successivi fatti di reato contestati a CA.Al., di cui, analogamente, ritiene questo Tribunale sussiste la responsabilità in capo all'odierno prevenuto.
A nulla rileva, ai fini dell'accertamento della responsabilità penale in capo a CA.Al. circa il reato di cessione illecita di sostanze stupefacenti, il fatto che Di.Gi. non ricordi il tipo di sostanza stupefacente fornitale dal Ca., stante, in ogni caso, la natura illecita di detta cessione a prescindere che si trattasse di sostanza di tipo eroina ovvero cocaina - come anche paventato dalla teste addotta - proprio in ragione della riconducibilità di entrambe nell'alveo delle sostanze stupefacenti la cui cessione è da considerarsi illecita ai sensi dell'art. 73 co. 1 e 1 bis c.p.
Nondimeno, la modestissima quantità di sostanza ceduta da CA.Al. a Di.Gi., desumibile dall'irrisorietà dell'importo fissato a titolo di prezzo per la detta cessione - pari a Euro 15,00 - consente di ritenere correttamente qualificata l'ipotesi di cui al comma 5 dell'art. 73 del D.P.R. 309/1990.
Pertanto, deve ritenersi provata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità di CA.Al. per il reato di cui all'art. 73, co. 1., 1 bis e 5 D.P.R. 309/1990.
Ad analoga affermazione di penale responsabilità in capo a CA.Al. deve pervenirsi con riferimento al reato di cui agli artt. 56 e 629 c.p., come contestatogli al capo d'imputazione b). Ai sensi dell'art. 629 c.p. il reato di estorsione si concreta nel fatto di chi "mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno".
Quanto all'elemento oggettivo, il reato di estorsione presenta una struttura a doppia condotta alternativa, potendo l'agente perseguire il proprio fine estorsivo mediante violenza ovvero minaccia tali da coartare psichicamente il soggetto passivo che, cooperando con l'estortore, si determina al compimento di una disposizione patrimoniale foriera di un ingiusto profitto per l'agente con altrui danno.
La condotta minacciosa può estrinsecarsi in plurime e differenti modalità, purché idonee a coartare la libertà di autodeterminazione patrimoniale della vittima che, per l'effetto, viene a trovarsi in uno stato di "costrizione psichica" da valutarsi in relazione a "concrete circostanze oggettive", quali la personalità sopraffattrice dell'agente, le circostanze ambientali in cui lo stesso opera, l'ingiustizia della pretesa, le particolari condizioni soggettive della vittima, le qualifiche (anche se non possedute) dell'estorsore o delle sue "non raccomandabili conoscenze", non rendendosi necessario che si sia verificata l'effettiva intimidazione del soggetto stesso (ex multis: Cass., sez. II, n. 23369/2018; n. 11922/2013; n. 2833/2013; n. 36689/2012).
Nondimeno, la condotta incriminata non deve sfociare in una coazione totale ed assoluta della libertà di autodeterminazione della vittima, che deve, ai fini della configurabilità del reato de quo, conservare un certo grado di autonomia decisionale altrimenti dovendosi sussumere il fatto storico in una eventuale differente fattispecie criminosa.
Ed invero: "La rapina si differenzia dall'estorsione in virtù del fatto che in essa il reo sottrae la cosa esercitando sulla vittima una violenza o una minaccia diretta e ineludibile, mentre nell'estorsione la coartazione non determina il totale annullamento delia capacità del soggetto passivo di determinarsi diversamente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto correttamente qualificata alla stregua di tentata estorsione la condotta dell'imputato, il quale aveva minacciato il proprio inquilino, sparando un colpo di pistola contro il muro, affinché gli corrispondesse anticipatamente il canone di locazione dell'immobile, mediante consegna di una somma di denaro che in quel momento non aveva con sé). " (Cass. Pen. Sez. 2 -, Sentenza n. 15564 del 08/04/2021 Ud. (dep. 23/04/2021) Rv. 281102 - 01). Quanto all'elemento soggettivo, è sufficiente la sussistenza del dolo generico, consistente nella previsione e volontà dell'agente di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno mediante l'utilizzo di violenza ovvero o minaccia con coscienza e volontà.
Il momento consumativo del reato è da individuarsi, pertanto, nel conseguimento da parte dell'agente dell'ingiusto profitto che si è proposto con corrispondente danno patrimoniale del soggetto passivo. Così compendiati gli elementi costituitivi della fattispecie de qua, deve ritenersi che l'azione criminosa si arresti alla soglia del tentativo punibile allorquando venga interrotta per cause indipendenti dalla volontà dell'agente che interferiscano con la sequenza causale ut supra riportata ovvero nel caso in cui, pur completata, non consegua il verificarsi del danno. Pertanto, il mancato raggiungimento da parte dell'agente dello scopo prefissatosi darà luogo ad un tentativo di estorsione punibile se la condotta minacciosa e violenta risulti idonea, a seguito di valutazione da svolgersi ex ante, a legittimare quell'anticipazione di tutela in cui si estrinseca la disciplina del tentativo ex art. 56 c.p.
La valutazione di idoneità degli atti come univocamente diretti alla realizzazione del reato (nella sua forma consumata) deve essere calata nel caso concreto e, pertanto, avendo riguardo della connotazione storica del fatto, delle sue effettive implicazioni in riferimento sia alla posizione dell'autore della condotta che a quella del suo interlocutore, nonché del significato del linguaggio e del messaggio alla stregua delle abitudini locali (Cass. VI, n. 197/2012, in un caso in cui l'imputato, tramite un proprio emissario, aveva dapprima manifestato ad un imprenditore edile l'intenzione di parlargli e aveva successivamente richiesto allo stesso di telefonare, giacché, diversamente, vi sarebbe stato un incendio).
Ne consegue che, ai fini della valutazione dell'idoneità di una minaccia estorsiva, è priva di rilievo la capacità di resistenza dimostrata, dopo la formulazione della minaccia, dalla vittima (Cass. II, n. 12568/2013).
Ciò premesso, non v'è dubbio che la condotta posta in essere da CA.Al. nei confronti di Di.Gi., consistita nell'usare violenza nei suoi confronti al fine di ottenere la corresponsione del prezzo della precedente cessione di sostanza stupefacente, integri il delitto di tentata estorsione, venendo all'uopo in rilievo il deposto offerto dalla persona offesa che, in modo lineare e del tutto credibile, ha riferito dell'aggressione subita da quello che identificava senza dubbio in CA.Al.
A sostegno e riscontro di tale ricostruzione, tra l'altro, verte il deposto dell'Ass. C. Di.Ma., che, fornita assistenza alla persona offesa e ricevute da questa le opportune informazioni onde individuare l'autore dei fatti, si recava presso il civico indicato da Di.Gi. come il luogo ove si era consumata l'aggressione a suo danno da parte di CA.Al. che, invero, ivi rinveniva ed identificava.
Pertanto, l'elemento oggettivo della violenza risulta pienamente integrato dalla condotta posta in essere dall'odierno prevenuto, come accertata in sede dibattimentale.
Nondimeno, nel caso di specie, non consente di ritenere integrato nella forma consumata il delitto di estorsione il mancato conseguimento della pretesa creditoria illegittimamente vantata dall'odierno imputato (sul punto, cfr. Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 9880 del 24/01/2020, secondo cui: ""Integra il delitto di estorsione la condotta minacciosa o violenta con la quale si costringa, o si tenti dì costringere, il beneficiario della cessione di sostanza stupefacente a pagarne il prezzo, trattandosi dell'esercizio di una pretesa non tutelabile dall'ordinamento"), non essendosi pertanto verificato l'evento del conseguimento dell'ingiusto profitto con altrui danno che, invero, costituisce elemento essenziale per ritenere perfezionato il delitto ex art. 629 c.p.
Pertanto, l'estorsione rimane a livello di tentativo e come tale deve essere punita, previa diminuzione della pena edittale prevista per il reato - base.
All'imputato è altresì contestato il reato di cui all'art. 582 c.p., per avere cagionato a Di.Gi., nelle modalità e nelle circostanze di luogo e di tempo ut supra ricostruite, lesioni personali consistite in "ematoma zigomo destro ed ovattamento auricolare" giudicate guaribili in 7 gg. s.c. Preliminarmente, giova evidenziare come il reato de quo, come correttamente contestato nel capo d'imputazione c), è procedibile d'ufficio anche a seguito dell'entrata in vigore della ed. "Riforma Cartabia" (D.Lgs. 150/2022), che ha mantenuto detto regime di procedibilità qualora ricorra taluna delle circostanze aggravanti previste, tra le altre, nell'art. 585 c.p., ad eccezione di quelle indicate dall'art. 577, co 1 n. 2 e co. 2 c.p.
Nel caso di specie sussiste la circostanza aggravante di cui all'art. 585 c.p., in relazione all'art. 576, co. 1, n. 1 c.p., avendo l'odierno CA.Al. cagionato lesioni personali a Di.Gi. anche al fine di eseguire il reato contestato al capo d'imputazione b) ai sensi dell'art. 61 n. 2 c.p., che, pertanto, rende il reato di lesioni aggravate perseguibile d'ufficio.
Ciò premesso, ritiene questo Tribunale che sia stata raggiunta la prova oltre ogni ragionevole dubbio della penale responsabilità di CA.Al. per il reato di lesioni personali aggravate, di cui al capo d'imputazione c).
E opportuno premettere che, in merito al concorso dei reati di estorsione e lesioni personali, il Supremo Consesso ha statuito che: "la condotta di violenza, la quale, cumulativamente od alternativamente con quella di minaccia, costituisce il nucleo essenziale del delitto di estorsione, è in esso interamente assorbita quando non provoca alcuna lesione personale (come nel caso in cui l'agente si limiti ad immobilizzare la vittima o a percuoterla ovvero esplichi solo la violenza c.d. reale); in caso contrario, devono trovare applicazione le norme sul concorso di reati. (Fattispecie di tentata estorsione, nella quale la Corte ha ritenuto dovessero essere assorbiti i reati di percosse ascritti all'imputato)". (Cass. Pen. Sez. 2, Sentenza n. 17427 del 21/02/2019 Ud. (dep. 23/04/2019) Rv. 276053-01).
Di.Gi. ha riferito che, a seguito dello schiaffo ricevuto si portava presso il locale nosocomio onde ricevere opportuna assistenza medico-sanitaria.
Veniva quindi dimessa con la diagnosi di "contusione reg. zigomatica dx con edema. Rif. Ipoacusia " ed una prognosi di giorni 7 s.c. (cfr. referto del pronto soccorso di Pescara del 31/10/2020 prodotto dal Pubblico Ministero all'udienza del 03/06/2024).
Tale circostanza trova riscontro altresì nel deposto dell'Ass. C. Di.Ma., che riferiva dell'intervento effettuato in loco a supporto della persona offesa e della vicenda occorsa nei momenti precedenti, come riportatale da Di.Gi. che indicava in CA.Al., ivi presente ed identificato dagli operanti, l'autore dell'aggressione.
Orbene, ritiene questo Tribunale che CA.Al. debba essere ritenuto colpevole altresì del reato di lesioni aggravate come contestato al capo d'imputazione c).
I reati contestati sono stati evidentemente consumati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
Va pertanto applicata la disciplina sanzionatoria di cui all'art. 81 c.p. cpv.
Passando al trattamento sanzionatorio, esclusa valenza alla contestata recidiva per essere il reato non sintomatico di incrementata capacità a delinquere, ritenuto di poter concedere l'attenuante del danno di lieve entità di cui all'art. 62 n. 4 (anche alla luce del recente intervento della Corte Costituzionale del 15.6.2023 n. 120), concesse, altresì, le circostanze attenuanti generiche in considerazione delle attuali condizioni sociali dell'imputato che ha mostrato la volontà di intraprendere un percorso di riabilitazione e, in ogni caso, di reinserimento nel tessuto sociale e lavorativo (cfr. produzione documentale offerta dalla difesa dell'imputato all'udienza del 03/06/2024 consistite nella richiesta inoltrata al SERT presso la Casa Circondariale di Teramo e nei contratti di lavoro a tempo indeterminato in favore dell'imputato, ritenuta la continuazione tra i reati (che, nel caso di specie non è soggetta al limite di aumento minimo di cui all'art. 81 ult. co. c.p., atteso che: "Il limite di aumento minimo per la continuazione, pari ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave, previsto dall'art. 81, comma quarto, cod. pen., si applica nei soli casi in cui l'imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva emessa precedentemente al momento della commissione dei reati per i quali si procede. " Sez. 4, Sentenza n. 22545 del 13/09/2018 Ud. (dep. 23/05/2019) Rv. 276268 - 01) e ritenuto più grave il reato di cui al capo d'imputazione b), pena equa risulta essere quella di anni uno di reclusione ed Euro 370,00 di multa, così determinata: pena base per il reato di cui al capo b) anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 350 di multa, ridotta per l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p. ad anni uno e mesi due di reclusione ed Euro 250,00 di multa, ulteriormente ridotta per le circostanze attenuanti generiche a mesi dieci di reclusione ed Euro 170,00 di multa, aumentato a mesi undici di reclusione ed Euro 370,00 di multa per la continuazione con il reato di cui al capo a), ulteriormente aumentata ad anni uno di reclusione ed Euro 370,00 di multa per la continuazione con il reato di lesioni di cui al capo c).
Visto il casellario giudiziale dell'imputato, non può concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, altrimenti incorrendosi nella violazione del disposto dell'art. 164, ult. co. c.p.
All'affermazione della penale responsabilità dell'imputato segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
Considerata l'intervenuta ammissione del condannato al beneficio del Patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'art. 545 bis c.p.p. è possibile procedersi alla sostituzione della pena detentiva breve con la pena pecuniaria sostitutiva ex art. 53 L. 689/1981, determinata ai sensi dell'art. 56 quater L. 689/1981 in Euro 7.300,00 (ammontare prossimo al minimo pari a Euro 20,00 giornalieri moltiplicati per i giorni di pena detentiva).
P.Q.M.
Visti gli artt. 533, 535 e ss c.p.p., dichiara CA.Al. colpevole dei reati a lui ascritti e, per l'effetto, ritenuta la continuazione tra i reati e più grave il reato di cui al capo d'imputazione b), disapplicata la recidiva, concessa l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p. e le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 370,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 545 bis c.p.p., 53 e ss. e 56 - quater 1. 689/1981
Considerata l'intervenuta ammissione del condannato al Patrocinio a spese dello Stato si ritiene applicare la pena sostitutiva nella misura prossima al minimo di Euro 20,00 giornalieri.
Sostituisce
La pena detentiva sopra indicata con la pena pecuniaria sostitutiva della multa pari a Euro 7.300,00 (trecentosessantacinque giorni di pena detentiva per il valore giornaliero pari ad Euro 20,00, determinato ai sensi dell'art. 56 quater L. 689/1981).
Avverte
Il condannato alla pena sostitutiva che, in caso di mancato pagamento, la pena sostitutiva potrà essere revocata con conversione del residuo in altra pena sostitutiva, ai sensi dell'art. 71 L. 689/1981.
Così deciso in Pescara l'8 luglio 2024.
Depositato in Cancelleria l'8 luglio 2024.