Tribunale di Lecce, 9 luglio 2024, n. 1044 - Giudice Coppola
In tema di lesioni personali aggravate, segnaliamo la sentenza n. 1044/24 del Tribunale di Lecce, che ha condannato l’imputato a sei mesi di reclusione per aver aggredito un avversario con una testata durante una partita di calcio. Il tribunale ha escluso la scriminante sportiva, considerando l’aggressione avvenuta a gioco fermo e per futili motivi, giudicandola quindi un gesto non giustificabile. L’imputato è stato condannato anche al risarcimento danni in favore della parte civile, con una provvisionale di 2.000 euro.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto di citazione a giudizio emesso dalla Procura in sede in data 8 Aprile 2021, GR.Os. veniva tratto a giudizio innanzi a codesto Tribunale per rispondere del delitto di lesioni personali commesse in danno di DE.GI., fatto commesso a Lecce in data 20 luglio 2020,
secondo la condotta dettagliatamente descritta nella epigrafe della presente sentenza.
All'udienza del 15 settembre 2021, rilevata la regolarità delle notifiche, il Giudice dava atto della costituzione di parte civile di DE.GI. e apriva il dibattimento invitando le parti a formulare le rispettive richieste probatorie, che accoglieva fissando per l'avvio della istruttoria.
All'udienza del 20 aprile 2022, si procedeva ali 'ascolto della persona offesa, DE.GI. e il P.M. depositava documentazione medica relativa alla stessa parte.
Alia successiva udienza dell'8 febbraio 2023, la difesa formulava istanza di MAP e il Giudice rigettava la richiesta per tardività come da ordinanza a verbale; nella medesima sede si procedeva all'acquisizione delle S.LT. rese da FA.Gi. ed altri (…), i quali venivano altresì escussi con domande a chiarimento; a quel punto il Giudice disponeva un rinvio su richiesta della difesa al fine di addivenire ad un bonario componimento.
All'udienza del 16 giugno 2023, la difesa rappresentava il fallimento delle trattative e il Giudice rinviava per l'esame dell'imputato e discussione.
Infine, alla udienza del 10.4.2024, si procedeva ali 'acquisizione delle dichiarazioni rese dall'imputato in sede di interrogatorio, in luogo dell'esame, e il Giudice, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, invitava le parti a concludere.
All'esito della camera di consiglio, il Tribunale pronunciava sentenza con riserva dei motivi.
IN FATTO.
Alla luce delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, costituitasi parte civile, la vicenda può essere riassunta nei termini che qui di seguito si espongono.
In data 20 luglio 2020, durante un torneo calcistico al Centro Sportivo (…), si verificava uno scontro che vedeva il coinvolgimento del DE.GI. e di GR.Os.
Segnatamente, il DE.GI. riferiva che a causa di un contrasto di gioco, entrambi cadevano al suolo e, dopo essersi rialzati, il GR. aggrediva l'avversario con una improvvisa testata all'arcata
sopraccigliare sinistra, cagionandogli una ferita lacerocontusa della regione palpebrale sinistra, con lesioni giudicate guaribili in giorni 10 (cfr. certificazione medica in atti del 20/07/2020, prodotta nel corso dell'esame della P.O.) ma il DE.GI. riferiva di non conoscere personalmente il Gr.
Su domanda del difensore, il De.Gi. riferiva di non conoscere personalmente il Gr., ma solamente di vista, avendo entrambi i ragazzi frequentato lo stesso liceo, (…).
Inoltre, aggiungeva di non aver mai avuto discussioni o dissidi con il GR., tali da giustificare siffatta reazione aggressiva durante la partita di calcio, né di avervi mai giocato contro a calcio. Il teste CA., in sede di sommarie informazioni testimoniali, riferiva di aver assistito alla partita in qualità di spettatore e di aver notato una cattiva gestione arbitrale, con la mancata segnalazione di diversi falli, situazione questa che, a dire del CA., generava forte malcontento tra i giocatori. Ancora, riferiva che, a seguito di un contrasto di gioco occorso tra il DE.GI e il GR., quest'ultimo colpiva con una testata l'avversario e continuava ad insultarlo verbalmente, nonostante fossero intervenuti gli altri compagni di gioco per riportarlo alla calma. A dibattimento, il teste precisava di avere una ottima visuale della partita e di aver perciò assistito a tutta la scena, in cui la testata da parte del GR. era avvenuta all'improvviso, senza che prima che GR. scambiasse qualche parola con DE.GI.
A suo dire, niente di particolare era prima successo tra i due giocatori, né ricordava che prima vi era stata una particolare azione di gioco o qualche fallo. Prima di quel momento non aveva mai visto il GR. coinvolto in simili situazioni. II teste FA. sentito a S.I.T. riferiva che il giorno dell'accaduto era compagno di squadra del DE.GI. e assisteva all'aggressione del GR. in danno del DE.GI., il quale veniva colpito dal primo con una violenta testata sull'arcata sopraccigliare sinistra. Il FA. riferiva di essere intervenuto per primo a sedare quanto accadeva e di aver bloccato il GR. prendendolo da dietro per il collo, allontanandolo e invitandolo alla calma. Escusso a dibattimento con domande a chiarimento, il FA. riferiva di non aver sentito nessuno dei due giocatori proferire insulti reciproci. Aggiungeva inoltre di conoscere il GR. da tempo e di non comprendere le ragioni del gesto, non avendo il GR. peraltro addotto alcuna giustificazione in seguito, né avendo mai assunto in precedenza atteggiamenti violenti.
A domanda di questo Giudice circa le ragioni che avevano condotto il GR. a compiere il gesto violento, il teste rispondeva di non aver percepito nulla neanche successivamente e ipotizzava quindi che tutto fosse dovuto all'andamento della partita, che vedeva il GR. nella squadra perdente sino a quel momento. Su domanda specifica della difesa circa la possibilità che l'aggressione fosse ricollegata al contrasto di gioco, il teste rispondeva che la vicenda si sviluppava al di fuori dell'azione di gioco e segnatamente dichiarava: "No no, la palla era lontana dalla situazione". (cfr. verbale di fonoregistrazione ud. 8.2.2023).
Riferiva, infine, di essere venuto a conoscenza da un amico in comune che il GR., a seguito dell'accaduto, era intenzionato a contattare il DE.GI. per scusarsi, intenzione tuttavia mai concretizzatasi per quanto da lui saputo.
IN.Ma., escusso a S.LT., riferiva di essere intervenuto effettuando una prima medicazione all'amico DE.GI. e di averlo poi condotto, unitamente al FA., presso il Pronto Soccorso. Con riferimento alla dinamica dei fatti, riferiva di non aver assistito direttamente all' aggressione, ma di aver solo visto cadere i due giocatori sul campo a seguito di un contrasto di gioco e di essere intervenuto successivamente vedendo il volto del DE.GI. coperto di sangue.
L'imputato, in sede di interrogatorio acquisito con il consenso delle parti in luogo dell'esame dell'imputato, riferiva che nella giornata del 20 luglio 2020 prendeva parte ad una partita di calcio e ammetteva che, a seguito di un contrasto di gioco intercorso con l'avversario DE.GI., colpiva lo stesso in maniera istintiva. Precisava, tuttavia, che la sua reazione scaturiva da ripetuti insulti e gesti provocatori rivoltigli dal DE.GI. durante la partita. Aggiungeva di aver tentato, unitamente al legale di fiducia, di addivenire ad un componimento della lite, ma che le pretese eccessivamente onerose della parte civile non consentivano una pacifica risoluzione della vicenda. Concludeva nel senso che si era trattato di un gesto istintivo e del quale si era pentito subito.
IN DIRITTO.
Ora, è possibile sulla scorta delle dichiarazioni della persona offesa, quand'anche questa sia costituita parte civile, fondare la penale responsabilità dell'imputato. A tal proposito occorre rammentare come la giurisprudenza di legittimità ha da tempo osservato come le deposizioni della persona offesa possono essere assunte, anche da sole, come prova dei fatti in contestazione, purché sottoposte ad una rigorosa indagine circa la loro attendibilità, non potendosi esse equiparare puramente e semplicemente alle dichiarazioni del testimone, astrattamente immune dal sospetto di interesse all'esito della causa (Cass. pen., sez. IV, n. 43394/2007, Ia., nonché, da ultimo, Casso pen., sez. II, n. 15589/2021). Sicché, qualora la parte offesa si sia costituita parte civile, la giurisprudenza di legittimità ritiene che "può essere opportuno (ma non necessario) procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi, proprio perché, in tal caso, la persona offesa è portatrice di una specifica pretesa economica la cui soddisfazione discende dal riconoscimento della responsabilità dell'imputato" (da ultimo, Cassazione penale, sez. II, 24/03/2021, n. 15589). Ebbene, nel caso di specie, è da sottolineare come la versione dei fatti resa dalla persona offesa, che già si mostra lineare, logica e priva di alcuna contraddizione, è stata pienamente riscontrata nel certificato del nosocomio del Pronto Soccorso di Lecce, dal quale risulta che il giorno dell'aggressione, il DE.GI. riportava "ferita lacerocontusa della regione palpebrale sinistra, con lesioni giudicate guaribili in giorni 10" per la quale si rendevano necessari tredici punti di sutura e che già in quella sede veniva denunciato l'accaduto nei termini di cui alla imputazione, ovvero di una testata a seguito di uno scontro di gioco.
Definitivo suggello alle affermazioni del DE.GI. promanano poi dai tanti testi oculari sentiti a SIT prima e poi a dibattimento, i quali (FA., CA.) hanno confermato la dinamica del fatto, ovvero la violenta ed immotivata testata inflitta dal GR. al compagno di giochi, dopo un fisiologico scontro fisico durante la partita, che comunque era finito, si era concluso infatti con la caduta in terra di entrambi i giocatori, prima della testata (vedasi in particolare su questo punto le deposizioni del FA.). A nulla rilevano, inoltre, le giustificazioni addotte dall'imputato il quale riferiva di esser stato provocato dal DE.GI. in modo reiterato durante la partita, atteso che le risultanze dibattimentali non hanno consentito di dar prova di quanto riferito e anzi il teste CA. ha assunto esattamente il contrario, ovvero che il GR. dopo aver dato la testata al DE.GI., seguitava pure ad insultarlo. Così come non è comprovata né una condotta particolarmente fallosa del DE.GI., prima dell'evento, né che la testata fosse seguita ad un fallo di gioco particolarmente brutto del DE.GI.
Il GR., infatti, nulla di questo ha dimostrato a suo beneficio nel corso del giudizio. Ciò posto, risulta integrato sotto il profilo soggettivo e oggettivo il reato di lesioni contestato all'imputato, atteso che la condotta violenta del D'A. ha prodotto una malattia nel corpo, id est la compromissione della salute della persona offesa, invero il DE.GI. ha necessitato di diversi punti di sutura a livello della palpebra sinistra ed una prognosi di 10 giorni di guarigione.
Ciò configura l'elemento oggettivo del delitto, accompagnato da quello soggettivo, vista la sicura volontari età della condotta tenuta dal GR. e della inflizione del male, in base alle modalità dell'azione. Appare poi correttamente contestata la circostanza aggravante dei futili motivi di cui all'art. 61 n. I) c.p., atteso che, nella assenza di specifiche motivazioni (pregresso litigio, azione pregiudizievole del DE.GI., improperi da parte della persona offesa, che potessero fungere da provocazione del gesto) si versa proprio nella ipotesi indicata nella imputazione che si ravvisa allorquando (…) la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento. (Cass. 25940/2020). È opportuno, poi, precisare che nel caso di specie non sia ravvisabile la scriminante sportiva. Infatti, dalla ricostruzione della dinamica, emersa dall'istruttoria dibattimentale, si evince chiaramente che l'aggressione da parte del GR. è avvenuta in un contesto in cui il gioco era fermo, dunque, al di fuori ed al termine dell'azione di gioco, dovendosi intendere per tale l'azione che vede impiegati entrambi i giocatori nel possesso della palla (cfr. sul punto precisa dichiarazione di FA.).
Pertanto, sussiste una palese assenza di collegamento funzionale tra la testata inferta dal GR. e la competizione sportiva. A questo proposito la Suprema Corte ha precisato che "in tema di competizioni sportive non è applicabile la cosiddetta scriminante del rischio consentito qualora nel corso di un incontro di calcio un calciatore colpisca un avversario con un pugno al di là di un 'azione ordinaria di gioco, trattandosi di dolosa aggressione fisica per ragioni avulsi dalla peculiare dinamica sportiva". (cfr. Casso sez. V n. 11225/2023; cfr. in tal senso anche Casso Sez. V n. 11991/2017).
La pena.
Tenuto conto della personalità dell'imputato, incensurato e quindi alla prima esperienza, della giovane età dello stesso, della condotta collaborativa assunta nel corso del processo finalizzata ad addivenire ad una celere conclusione della vicenda, con le acquisizioni, del pentimento manifestato nell'interrogatorio, si ritengono concedibili le circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p.
La complessiva considerazione della vicenda, in base ai criteri ermeneutici fissati all'art. 133 c.p., ritenuta l'equivalenza tra la contestata aggravante di cui all'art. 61 n. 1 e le attenuanti generiche, induce a reputare congrua la pena pari a mesi sei di reclusione. Alla condanna segue per legge il pagamento delle spese processuali. In considerazione dell'incensuratezza dell'imputato, possono essere concessi allo stesso i benefici di legge della pena sospesa e della non menzione. A fronte della acclarata responsabilità, va poi risarcito il danno del DE.GI., la cui liquidazione va rimessa in altra sede, posto che comunque il DE.GI. ha anche riferito di una prognosi più lunga di quella inizialmente accordata, d'altronde già emergente da un certificato medico privato. In assenza di specifici elementi che attestino il tenore esatto dei pregiudizi psicofisici patiti, oltre a quelli emersi dal dibattimento, è possibile comunque accordare una somma per provvisionale, tenuto conto delle modalità della condotta e del verosimile trauma piscologico subito, che, insieme al danno biologico temporaneo per 10 giorni, appare congruo determinare la somma di Euro 2.000,00 all'attualità. Sono poi dovute le spese dell'azione civile svolta dalla parte, che si determinano, a mente dei parametri vigenti, in Euro 1.378,00 (applicando le tariffe nei valori minimi per la fase di studio 237,00, introduttiva 284,00, istruttoria 567,00 e decisione 709,00 ridotta di 1/3 ex art. 106 bis D.P.R. 115/02). Si fissa in giorni 90 il termine per la motivazione, in ragione del carico delle decisioni assunte all'udienza.
P.Q.M.
Letti gli arti. 533 e 535 c.p.p. Dichiara GR.Os. responsabile del reato a lui ascritto e lo condanna, con l'equivalenza tra le attenuanti generiche e l'aggravante, alla pena di mesi sei di reclusione.
Pena sospesa e non menzione.
Letti gli arti. 538 e 541 c.p.p.,
Condanna GR.Os. al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile.
DE.GI., da liquidarsi in separata sede, su cui riconosce una provvisionale di Euro 2.000,00 all'attualità, oltre alla refusione delle spese di lite, in favore della predetta, che liquida in Euro 1.797,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Lecce il 10 aprile 2024.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2024.