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Distinzione tra critica e cronaca: la manifestazione di opinioni personali non è diffamazione

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Corte appello Bologna sez. II, 19/07/2024, n.1528

La critica, a differenza della cronaca, consiste nell'espressione di opinioni personali che, in quanto tali, non possono essere misurate con il metro della verità o falsità. Essa presuppone un contenuto minimo di veridicità dei fatti che la giustificano, ma non può pretendersi che sia rigorosamente obiettiva o asettica. La manifestazione di giudizi critici su vicende personali, anche se divergenti da decisioni giudiziarie, non costituisce diffamazione quando non si traducono in attacchi diretti alla moralità o all’immagine di terzi.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con l'atto introduttivo del giudizio (…) ha convenuto in giudizio En.Ce., suo ex dipendente, per sentirne affermare la responsabilità per il carattere diffamatorio delle dichiarazioni contenute in articoli di stampa e in trasmissioni televisive per avere dichiarato, contrariamente al vero, di essere stato destinatario di un licenziamento di carattere ritorsivo da parte della Banca in seguito alla scoperta/denuncia da parte del convenuto di presunti illeciti di cui la banca si era resa responsabile, omettendo di riferire che il licenziamento era stato invece intimato per gli addebiti che gli erano stati contestati e che il Tribunale di Parma, con sentenza del gennaio 2012, aveva confermato la legittimità del licenziamento disciplinare irrogato a En.Ce.

Con la sentenza impugnata il Tribunale, dopo aver circoscritto il vaglio agli articoli pubblicati sino al momento della notifica dell'atto di citazione, la cui responsabilità poteva essere riferita al convenuto (escludendo le pubblicazioni in cui En.Ce. è invece solo il protagonista di quanto viene narrato da altri), ha ritenuto lesive le esternazioni rilasciate da En.Ce. negli articoli di stampa e in trasmissioni televisive perché "non veritiere", in quanto "finalizzate a costruire un messaggio falso, quello in base al quale En.Ce. sarebbe stato licenziato per avere denunciato condotte di reato", ed ha condannato il convenuto al pagamento della somma di Euro20.000,00 oltre accessori e spese processuali.

Il Tribunale, in particolare, in relazione all'articolo pubblicato il 7 settembre 2011 sulla "(…)" (doc. 2 fascicolo (…)) ha osservato che la notizia era stata riportata da En.Ce. in modo volutamente "tronco", non facendo alcuna menzione della causa di impugnazione del licenziamento che in quel momento era pendente; in ordine alle pubblicazioni successive il Tribunale ha poi osservato che la falsità della rappresentazione dei fatti che connotava il carattere diffamatorio doveva misurarsi con i provvedimenti giudiziari che erano nel frattempo intervenuti, la sentenza del Tribunale di Parma del 9/11-1-2012 che aveva dichiarato la legittimità del licenziamento disciplinare irrogato a En.Ce. e il decreto di archiviazione della Procura di Monza che aveva escluso l'esistenza degli illeciti denunciati, ed ha concluso che la correlazione denuncia di illeciti- licenziamento - ritorsione, rappresentata dal En.Ce., era smentita dai provvedimenti giudiziari e veicolava un messaggio non completo e non veritiero, quello secondo il quale sarebbe stato destinatario di un licenziamento irrogato dalla banca per fini ritorsivi in seguito alla denuncia presentata su asseriti illeciti commessi dalla banca.

Avverso tale sentenza è stato proposto appello dal En.Ce.

L'appellante, in via preliminare, censura la pronuncia per omesso esame dell'eccezione di improcedibilità per mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria.

Espone che il procedimento di mediazione è stato promosso, ante causam, da (…) presso l'"Organismo conciliazione Ordine Avvocati Monza" avanzando richiesta risarcitoria di Euro 100.000,00, mentre la causa è stata poi instaurata dinnanzi al Tribunale di Parma avanzando una richiesta risarcitoria di Euro 250.000,00.

Secondo l'appellante la procedura di mediazione così esperita sarebbe incongruente rispetto alla successiva instaurazione della causa dinnanzi al Tribunale di Parma e all'importo richiesto nel processo, e la scelta di un altro foro (Monza) con il deposito dell'istanza di mediazione, avrebbe determinato la tacita deroga alla competenza del foro generale del convenuto con effetto vincolante ai fini dell'instaurazione del giudizio.

Sulla base di ciò sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la propria incompetenza in favore del Tribunale di Monza o in subordine avrebbe dovuto rilevare che il procedimento di mediazione non era idoneo a produrre effetti e a soddisfare la condizione di procedibilità della domanda.

Eccepisce, inoltre, il difetto di procura speciale sostanziale del difensore della Banca e la conseguente improcedibilità della mediazione stante l'assenza della parte all'incontro dinnanzi all'organismo.

Nel merito censura la pronuncia per vizio di motivazione e per erronea valutazione e ricostruzione dei fatti.

Premette che tra il 2010 e il 2014 i media nazionali e internazionali si sono occupati di quello che è stato definito "scandalo (…)": alcune società del Gruppo (…) sono state coinvolte in attività di riciclaggio internazionale su cui ha indagato la Procura di Roma (proc. 22698/2008 RGNR PM Dott. Gi.Ca.) cui è seguito un procedimento penale conclusosi con sentenze di patteggiamento da parte di alcuni manager; è stata inoltre avviata un'indagine della Banca d'Italia conclusasi con l'irrogazione di sanzioni.

Nel 2008 espone che l'appellante, all'epoca dipendente di una filiale di Parma di (…), ha fatto delle segnalazioni all'interno della Banca, rivolgendosi anche al Collegio Sindacale, in relazione ad una falla informatica, scoperta da En.Ce. casualmente, che consentiva di celare le giacenze effettive presenti nei caveau della banca; nel 2009 presentava poi un esposto/denuncia alla Banca d'Italia e all'autorità giudiziaria ed il fascicolo generato dalla denuncia veniva trasmesso per competenza alla Procura di Roma ed unito al fascicolo del proc. 22698/2008. L'attenzione dei media sul Gruppo (…) è stata determinata proprio dai fatti che hanno costituto oggetto delle indagini penali e l'interesse sulla vicenda che ha riguardato i rapporti tra la Banca e l'appellante si acceso in seguito alla pubblicazione sul sito web Dagospia dell'articolo del 14/3/2011 a firma dell'esperto in questioni bancarie con lo pseudonimo (…).

A sostegno delle censure l'appellante deduce, in particolare, che è erronea la valutazione sulla "falsità" delle dichiarazioni rese dall'attore negli articoli di stampa e nei contributi video in quanto il Tribunale ha concentrato l'attenzione soltanto sulla causa di lavoro e non anche sul procedimento penale condotto dalla Procura di Roma che è l'elemento essenziale delle pubblicazioni, in relazione al quale non può essere rimproverata all'appellante la diffusione di notizie false ; che inoltre erroneamente è stata ravvisata l'illiceità delle pubblicazioni successive alla sentenza del Tribunale di Parma (che ha rigettato l'impugnazione proposto dal En.Ce. del licenziamento intimato, ritenendolo legittimo) non tenendo conto che l'appellante ha sempre dato atto dell'esito della causa di lavoro, pur ritenendolo ingiusto; che è altresì erronea la valutazione del Tribunale sulla "falsità della rappresentazione dei fatti" non distinguendo che una cosa è propalare una notizia falsa, altra è la percezione personale che un soggetto ha dei fatti, percezione peraltro giustificata dal contesto in cui è stato intimato il licenziamento, ovvero subito dopo le segnalazioni inoltrate dall'appellante al collegio sindacale della Banca.

Critica inoltre la pronuncia in ordine alla liquidazione del danno lamentando violazione dei principi in tema di onere della prova e l'erroneità dell'applicazione degli interessi ex art. 1284 c. 4 c.c.

Censura infine la regolamentazione delle spese di lite.

L'appellata si è costituita in giudizio ed ha resistito all'appello chiedendone il rigetto. Ha inoltre proposto appello in via incidentale avverso il rigetto della richiesta di pubblicazione della sentenza di condanna ex art 120 c.p.c.

Motivi della decisione
Le censure con cui l'appellante lamenta l'omesso esame delle eccezioni riguardanti la procedura di mediazione e, con esso, il soddisfacimento della condizione di procedibilità devono essere rigettate.

Non solo il foro individuato per l'espletamento della procedura di mediazione obbligatoria ex art. 4 D.Lgs. 2010/28 (nella specie Monza) non può ritenersi vincolante ai fini della competenza territoriale dell'instaurando giudizio, ma, ancor prima, il En.Ce. non ha sollevato in primo grado eccezione di incompetenza territoriale sotto il profilo in rilievo (luogo di esperimento della mediazione), sostenendo soltanto che il foro diverso della mediazione e l'importo diverso richiesto comportavano che il procedimento di mediazione non poteva ritenersi correttamente esperito, e chiedeva al Giudice che venisse "riformulato il tentativo di mediazione in modo consono e nella sede del foro competente".

Anche l'eccezione sul difetto di procura del difensore a rappresentare la società all'incontro dinnanzi all'Organismo di mediazione è priva di fondamento atteso che, come risulta dalla procura prodotta allegata all'istanza di mediazione, al difensore erano stati conferiti poteri di rappresentanza sostanziale (a rappresentare la predetta società attribuendogli a tal fine ogni e più ampio potere, ivi compreso quello di transigere la controversa e sottoscrivere ogni documento, tra cui anche verbali e/o accordi di conciliazione).

Nel merito, le critiche che vengono sollevate dall'appellante si manifestano fondate.

Dalla analisi degli articoli e delle interviste in contestazione emerge che il En.Ce. ha espresso le proprie considerazioni e valutazioni personali sulla vicenda che lo ha riguardato nel rapporto di lavoro con Banco di De., vicenda che si intreccia con le indagini svolte dalla Procura di Roma sugli illeciti commessi dagli istituti controllati della banca, e ai quali egli aveva fatto riferimento nelle dichiarazioni oggetto della domanda, valutazioni che, in quanto tali, non possono misurarsi con il metro dell'obiettività e della "verità".

Come si è affermato in tema di distinzione tra diritto di cronaca e diritto di critica "a differenza della cronaca, del resoconto, della mera denunzia, la critica si concretizza nella manifestazione di un'opinione (di un giudizio valutativo). È vero che essa presuppone in ogni caso un fatto che è assunto ad oggetto o a spunto del discorso critico, ma il giudizio valutativo, in quanto tale, è diverso dal fatto da cui trae spunto e a differenza di questo non può pretendersi che sia obiettivo e neppure, in linea astratta, "vero" o "falso". La critica postula, insomma, fatti che la giustifichino e cioè, normalmente, un contenuto di veridicità limitato alla oggettiva esistenza dei dati assunti a base delle opinioni e delle valutazioni espresse, ma non può pretendersi che si esaurisca in essi (ex multis Cass. Pen. 36045/2014).

Gli articoli e interventi che sono stati ritenuti lesivi dal Tribunale sono i seguenti: - articolo del 7 settembre 2011 "la denuncia del bancario parmigiano En.Ce. licenziato dal Banco di De." pubblicato su "La (…)", (doc. 2 fasc. Banco di De.) - estratto del Report dell'ottobre 2012 di Transparency International Italia "Un'alternativa al silenzio" 4. Testimonianze, En.Ce., pag. 23 (doc. 8 fasc. Banco di De.); - articolo - intervista pubblicato in data 31 maggio 2012 sul blog di Gianluca Foglia sul sito web della sottosezione Emilia Romagna de (…), (doc. 9 Banco di De.) ; - il video pubblicato sul sito web di (…) del 9 dicembre 2013 (cfr. doc. 14 Banco di De.) - l'intervento a (…) dell'11 dicembre 2013 (doc. 16 Banco di De.); - l'intervento a 'La gabbia' del 18 dicembre 2013 (cfr. doc. 17 Banco di De. - l'intervento alla conferenza stampa del Movimento Cinque Stelle del 14 gennaio 2014 (cfr. doc. 18 Banco di De.).

Deve in primo luogo escludersi la riferibilità all'appellante del contenuto dell'articolo pubblicato su "La (…)" il 7 settembre 2011 "La denuncia del bancario parmigiano En.Ce.

licenziato dal Banco di De." "(doc. 2), risultando il En.Ce. in questo articolo soltanto il protagonista delle vicende che vengono riferite dal giornalista.

L'articolo in questione peraltro, come viene precisato nel sottotitolo, riporta la notizia pubblicata da Dagospia il 14/3/2011 in cui, per quello che interessa, viene narrata dall'articolista la vicenda del "giovane impiegato del Banco, licenziato - sostiene lui -per avere denunciato varie irregolarità in filiale proprio sull'uso dei contanti delle cassette di sicurezza e sull'inosservanza di varie norme relative all'antiriciclaggio. Storie da ponderare, certo, ma che il En.Ce. aveva ritenuto di raccontare a più riprese anche alla Guardia di finanza che indaga su certe vicende del Banco di De., riscontrando interesse degli investigatori agli ordini del PM di Roma dott. Ca."

Nella pubblicazione di (…) ottobre 2012, En.Ce., rispondendo alle domande dell'intervistatore, riferisce di avere scoperto casualmente "una falla informatica che consentiva di celare la reale giacenza di valuta estera nei caveau delle varie filiali agli occhi della Tesoreria Centrale della banca " e di aver denunciato tali fatti prima all'interno della banca e, non avendo ricevuto risposta, di essersi rivolto al Collegio sindacale e al Presidente della Banca" un mese più tardi, il 18/11/2011, sono stato licenziato. A quel punto ovviamente ho deciso di procedere per vie esterne, inviando un esposto alla Banca d'Italia nel gennaio 2009". Alla domanda "Ti aspettavi la reazione che hai poi subito. Hai ricevuto supporto da qualcuno?" En.Ce. risponde "inizialmente no, quando poi ho visto l'atteggiamento della banca, ho capito di avere toccato un tasto parecchio sensibile. Solo allora ho avuto la netta percezione che la Banca mi avrebbe punito severamente. Infatti così è stato".

L'odierno appellante nell'articolo non fa altro che esprimere la propria personale opinione sugli avvenimenti che lo hanno riguardato, e tanto fa riferendo eventi temporali che sono realmente accaduti (scoperta e segnalazione della "falla informatica" alla banca; successivo licenziamento) e che a suo giudizio sono in stretta correlazione, e, come si vede, non viene taciuta la circostanza che il Tribunale di Parma ha rigettato "tutte le sue istanze" (ovvero l'impugnazione del licenziamento). Infatti, a chiusura dell'intervista il giornalista scrive " A seguito del licenziamento, En.Ce. si appella al Tribunale di Parma che respinge però tutte le sue istanze: decide allora di presentare una denuncia contro i vertici della banca alla Procura di Monza, da cui parte un'inchiesta tutt'ora in corso che parrebbe aver scosso fin nelle fondamenta l'istituto bancario, portando alle dimissioni del Direttore Generale e dell'Amministratore Delegato".

È rilevante osservare che, non a caso, le dichiarazioni rilasciate da En.Ce. vengono riportate nella forma dell'intervista, così segnando un distacco tra il giornalista e le dichiarazioni dell'intervistato, e nel contempo si rende manifesto che si tratta di giudizi personali del soggetto intervistato sui fatti che lo riguardano.

Ad analoga valutazione si prestano le dichiarazioni rilasciate da En.Ce. nell' articolo-intervista pubblicato il 31 maggio 2012 sul blog di Gi.Fo.

In questo articolo En.Ce. critica le motivazioni del licenziamento disciplinare che gli è stato irrogato e con esse la decisione del Tribunale che ha rigettato l'impugnazione del licenziamento: in particolare si legge nell'articolo il licenziamento disciplinare si è fondato su rilievi del tutto inventati. Basta dire che prima della lettera di contestazione che ha preceduto il licenziamento non ero mai stato destinatario neppure di un rimprovero verbale. Un'altra anomalia è stato il fatto che la banca non è riuscita, a livello documentale, a dimostrare nulla di quanto contestato al sottoscritto. (…) si è infatti affidato unicamente alle testimonianze proprio di quei dipendenti da me in precedenza denunciati; continua poi "devo dire in tutta franchezza che la cosa che più di tutte mi ha negativamente stupito è stato proprio il comportamento di certa magistratura. Alcuni magistrati, infatti, mi hanno palesemente danneggiato. Purtroppo c'è da rendersi conto, al di là delle colorazioni politiche, che oggi in Italia esiste un enorme problema relativo alla Giustizia".

Anche in questo caso deve rilevarsi che viene in considerazione, come è chiaro, il convincimento personale espresso dal En.Ce. sul licenziamento e sulle cause che lo hanno determinato, che non è del tutto disancorato dai fatti storici (laddove afferma la mancanza di precedenti contestazioni di addebiti da parte della banca), ma soprattutto non è suscettibile di essere apprezzato in termini astratti di "verità" o "falsità", esprimendo En.Ce. la sua personale valutazione circa l'assenza degli addebiti contestati dalla banca, e una critica nei confronti della decisione giudiziaria che non ha accolto le sue ragioni.

Il diritto di critica si sostanzia nella manifestazione di "un'opinione meramente soggettiva che ha per sua natura carattere congetturale e non può per definizione pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica perché fondata su una interpretazione necessariamente soggettiva di fatti e comportamenti" (ex multis Cass. 49750/2014; Cass. 7499/20).

Le contestazioni sulle motivazioni del licenziamento che in questo caso il En.Ce. esprime dopo la decisione giudiziaria che ha confermato la piena legittimità del provvedimento (la sentenza del Tribunale di Parma del gennaio 2012), trattandosi appunto di manifestazione di un giudizio critico, quale è, non può misurarsi con la verità giudiziale che è stata accertata, né porta escludere tout court la legittimità di qualsiasi manifestazione di dissenso avverso una decisione giudiziaria.

Critiche queste ultime che peraltro investono il Tribunale e, in generale, la Giustizia (che nelle esternazioni En.Ce. critica come asservita ai "poteri forti"), riguardo alle quali non è ravvisabile la titolarità di un interesse tutelabile in capo all'attuale appellata.

Peraltro il En.Ce. nel contesto dice espressamente che gli è stato irrogato un licenziamento disciplinare, seppure contesta gli addebiti sollevati come "inventati" dalla banca, e che il Tribunale ha dichiarato la legittimità del licenziamento, mettendo quindi il lettore nella condizione di comprendere che esiste anche "un'altra versione dei fatti", che quella che esprime pertanto è soltanto la sua opinione.

Per quanto riguarda le interviste audiovisive rilasciate a (…) il 9 dicembre 2013, a (…) l'11 dicembre 2013, a 'La Gabbia' il 18 dicembre 2013 e durante l'intervento alla conferenza stampa del Movimento Cinque Stelle il 14 gennaio 2014, la sentenza impugnata si presta alle censure per le medesime ragioni sin qui espresse, avendo il Tribunale ravvisato "la stessa connotazione infamante" riconosciuta negli articoli di stampa, per avere En.Ce. rappresentato una correlazione diretta licenziamento-denuncia-ritorsione smentita dai provvedimenti giudiziali, fornendo con ciò una rappresentazione dei fatti non corrispondente al vero e lesiva dell'immagine della Banca.

Nei contributi video il contenuto delle dichiarazioni rese da En.Ce. è sempre lo stesso: En.Ce. riferisce della scoperta della falla informatica che consentiva di nascondere le effettive giacenze di valuta nei caveau, delle segnalazioni rivolte all'interno della banca, del licenziamento intervenuto subito dopo la presentazione dell'esposto al Collegio sindacale.

Anche in questi casi En.Ce. esprime soltanto le proprie opinioni e giudizi critici sulla vicenda personale che lo ha riguardato, che continua evidentemente a percepire come ingiusta, e dà atto comunque dell'esito della causa di lavoro di primo grado, sia pure criticandola.

Si tratta in definitiva di critiche che rimangono, inoltre, circoscritte alla propria vicenda personale, non sconfinando in giudizi o attacchi alla moralità e immagine del Banca, limitandosi alla critica delle motivazioni che hanno determinato il suo licenziamento.

Per le ragioni esposte, l'appello merita accoglimento.

Rimane assorbito l'appello incidentale proposto da (…) spa.

Le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo in base alle tariffe vigenti.

P.Q.M.
La Corte

- Accoglie l'appello proposto da En.Ce. Enrico e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda proposta da (…) spa;

- Condanna (…) spa al pagamento in favore En.Ce. Enrico delle spese processuali di entrambi i gradi che si liquidano per il primo grado ai sensi del DM 55/2014 in Euro7.000,00 per compenso oltre 15 per cento spese gen., iva e cpa e per il presente grado ai sensi del DM 147/22 in Euro 382,00 per anticipazioni e Euro 5.000,00 per compenso oltre 15 per cento spese gen., iva e cpa.

Così deciso in Bologna il 29 giugno 2023.

Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2024.

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