Tribunale Ferrara, 23/02/2024, n.1659
Principio di diritto:
In tema di diffamazione, l’esercizio del diritto di critica richiede che il fatto attribuito sia vero e che la critica rispetti i limiti della continenza, evitando attacchi personali, strumentali o gratuiti. La diffusione su un social network integra l’aggravante del mezzo di pubblicità, per la rapida e ampia potenziale diffusione del messaggio offensivo, ai sensi dell’art. 595, comma 3, c.p. (Cass. Pen., Sez. V, n. 34160/2017; Cass. Pen., Sez. V, n. 4873/2016).
Sintesi della decisione:
Il Tribunale ha condannato l’imputato per il reato di diffamazione aggravata (art. 595, comma 3, c.p.), avendo pubblicato un commento su un social network in cui associava senza fondamento la persona offesa al termine "ladro". Il contenuto lesivo non è stato ritenuto giustificato dall’esercizio del diritto di critica, poiché privo del requisito di verità del fatto attribuito e volto a ledere la reputazione del destinatario. La pena è stata determinata in una sanzione pecuniaria, con condanna anche al risarcimento del danno morale subito dalla parte civile.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto di citazione diretta a giudizio, datato 20.04.2022, Ba.Lo. veniva tratto a giudizio per il reato di cui all'imputazione trascritto in epigrafe.
Alla pubblica udienza del 19.09.2022, presente l'imputato, e preso atto della regolarità delle notifiche, la persona offesa Po.Si. si costituiva parte civile; venivano ammesse le prove richieste dalle parti; il P.M. provvedeva alla correzione dell'errore materiale contenuto nel capo di imputazione laddove viene indicato "16.12.2020" anziché "16.12.2019" ed il procedimento veniva rinviato all'udienza del 29.05.2023, nel corso della quale si procedeva all'audizione del teste del P.M., Po.Si., in qualità di persona offesa, nonché del teste della parte civile, Lo.Mi., in ordine ai vari post pubblicati su (…) dal prevenuto nei confronti della persona offesa; il difensore della parte civile rinunciava all'audizione del teste Ra.Ro. e produceva gli allegati alla querela nonché il ed contenente la riproduzione del video di cui all'imputazione ed il procedimento veniva rinviato all'udienza del 17.11.2023, ove l'imputato si sottoponeva ad esame, la difesa della parte civile rinunciava all'audizione del teste Am.Pi., produceva la documentazione di cui all'elenco che allegava. All'esito, il Giudice dichiarava chiusa l'istruttoria, utilizzabili le prove assunte e le parti concludevano come da verbale in atti. Il difensore della parte civile depositava altresì conclusioni scritte e nota spese. Il procedimento veniva di poi rinviato all'udienza del 27.11.2023 per repliche, in assenza delle quali il Giudice dava lettura del dispositivo in atti, riservando la motivazione in giorni 90.
Dal compendio probatorio emerge la piena responsabilità penale dell'imputato per il fatto di reato allo stesso contestato così come riportato nell'imputazione, posto che può ritenersi raggiunta la piena prova in ordine a quanto esposto da Po.Si. nella querela sporta in data 14.03.2020 nei confronti di Ba.Lo., che costituisce l'atto propulsivo del presente procedimento.
Segnatamente, l'istruttoria ha consentito di accertare, che in data 15.12.2019, il programma televisivo "Le." aveva mandato in onda un servizio dal titolo "Il terremoto, i furbetti e le ville ristrutturate con i soldi pubblici", riguardante alcune irregolarità presuntivamente riscontrabili nell'erogazione dei contributi statali successivamente al terremoto verificatosi in Emilia-Romagna nel 2012. Tale servizio era stato di poi integralmente pubblicato sul sito internet de "Le." e, successivamente, in data 16.12.2019, pubblicato su (…) all'interno del gruppo chiuso "(…)" ad opera dell'utente nonché amministratore del gruppo, Ma.So.. Tale pubblicazione, invero, aveva scatenato una serie di commenti volti a stigmatizzare l'operato di chi non aveva gestito correttamente i contributi per la ricostruzione post-sisma, ed in questo dibattito si era altresì inserito l'odierno imputato, pubblicando il post di cui all'imputazione nonché una serie di screen-shot contenenti dati ed informazioni volti ad individuare nominativamente i presunti "ladri" (cfr. produzione difesa parte civile, doc. 12), tra i quali veniva indicato il geometra Po..
Di tale situazione il Po. era stato informato da alcuni suoi clienti che facevano parte del gruppo, nello specifico i signori Mi.Lo. e Pi.Am., che di poi gli avevano girato su (…) il commento di cui all'imputazione ed i successivi post che ne erano derivati. In particolare, nel predetto commento il prevenuto - al quale lo stesso era pacificamente riconducibile - riprendendo la generica affermazione dell'architetto Me. contenuta nel video de "Le.": "I tecnici sono ladri" l'aveva invece espressamente correlata ai membri della Commissione Architettonica riferendosi ai medesimi come "ladri". Nel commento, infatti, si leggeva: "Mi aiutate? Potete domandare al nostro sindaco ragionier Lo. che ci tiene alla Onorabilità del Comune che sentite le dichiarazioni dell'arch. Me. "(…)" allora perché avete continuato ad accettare fra i membri della Commissione Architettonica, dei ladri?". Al riguardo, invero, il geometra Po. precisava che nel servizio de "Le." l'architetto Me., che era il dirigente comunale responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di S. Agostino, aveva fatto delle affermazione che si riferivano in generale all'attività di ricostruzione post-ter remoto, senza alcun riferimento/collegamento all'operato della Commissione Architettonica, mai neppure menzionata nel servizio (cfr. verbale trascrizione udienza 29.05.2023, deposizione teste Po.Si., pagg. 8-9). Aggiungeva, infatti, che proprio a fronte dell'affermazione del Ba. e dell'espresso riferimento operato dallo stesso alla Commissione, nella discussione si era altresì inserito un altro componente del gruppo (tale Al.Go.) che aveva chiesto al prevenuto: "Non ho capito Lo.. Vuoi dire che i tecnici ladri a cui fa riferimento l'architetto Me., fanno parte della commissione architettonica del comune? E' così?, ricevendo come risposta la pubblicazione di un estratto dal sito Op. che si riferiva in via esclusiva a lui e all'ingegnere Ba. (anch'egli facente parte della Commissione) con il valore degli interventi rispettivamente effettuati nel corso della ricostruzione, senza alcuna menzione degli altri due membri della Commissione (cfr. verbale trascrizione udienza cit., deposizione teste Po. cit., pagg.9-10,16). Su domanda del difensore dell'imputato precisava che sebbene in seguito alla pubblicazione del video de "Le." anche altri componenti del gruppo avevano espresso commenti negativi sull'operato dei tecnici nel corso della ricostruzione, nessuno di loro aveva correlato la parola "ladri" utilizzata genericamente dall'architetto Me., all'operato dello stesso, come invece fatto dal Ba. che, specificamente, aveva posto il suddetto termine in relazione alla Commissione Architettonica, di poi fornendo, quali membri della stessa, il proprio nominativo e quello dell'ingegnere Ba. (cfr. verbale trascrizione udienza cit., deposizione teste Po. cit., pag. 14, 16: "..Sta commentando il video de "Le."…non si parla assolutamente di commissione edilizia…. L'ha detta riferita a me? No ….Che era riferita a me è stato Ba.").
La deposizione del teste Lo.Ni., sostanzialmente confermativa di quanto dichiarato dalla persona offesa in merito alle circostanze nelle quali aveva appreso della pubblicazione del post di cui all'imputazione, dava atto: a)che lo stesso faceva parte del gruppo (…) denominato "(…)"; b) che si trattava di un gruppo privato che si occupava in generale delle problematiche del territorio, del quale facevano parte 2548 membri; c) che, nell'occasione, all'interno di una discussione derivante da un video de "Le." avente ad oggetto le problematiche legate alla ricostruzione post-sisma del 2012, aveva visto che erano state mosse delle accuse alla Commissione Architettura ed in particolare al geometra Po., del quale erano stati pubblicati i dati anagrafici, il codice fiscale, delle cifre (cfr. verbale trascrizione udienza cit., deposizione teste Lo.Ni., pag.21: "..Si parlava in generale della ricostruzione e di chi aveva avuto dei vantaggi che magari si presumeva non fossero dovuti,……. Sulla ricostruzione e chi aveva avuto magari dei contributi che non gli spettavano…….. Veniva nominato, poi erano stati pubblicati degli screen-shot con delle cifre, non so a cosa fossero legati, c'erano i dati, il codice fiscale, informazioni personali del geometra dove veniva incluso nella discussione che c'era in quei post" pag. 20: …"ho visto che era nominato personalmente il geometra in un contesto dove si davano delle accuse a membri di una consulta…..non mi ricordo, quella dell'architettura.."); d) che, poiché quest'ultimo non faceva parte del gruppo, gli aveva inviato gli screen - shot dei commenti che lo riguardavano; e) che il video de "Le.", dal quale erano scaturiti i vari commenti, non faceva riferimento al geometra Po. bensì in generale alle problematiche connesse alla ricostruzione post-sisma (cfr. verbale trascrizione udienza cit., deposizione teste Lo.Ni., pag. 21: Domanda Avv. Ga.: C'erano dei riferimenti in quel video che lei ricordi al geometra Po.? ADR: No che io ricordi no. Si parlava in generale della ricostruzione…"): f) che era stato il Ba. a correlare il termine "ladri" al Po., pubblicando, subito dopo il riferimento "I tecnici sono dei ladri" l'estratto del sito Op. con tutti i dati identificativi del geometra Po..
In sede di esame al quale si sottoponeva, l'imputato non negava l'addebito, pur precisando di essersi limitato a commentare il servizio de "Le.", nel quale - a suo dire - l'architetto Me. "in un certo senso" gli "aveva dato ragione di quello che portava avanti politicamente" ….che c'era qualcosa che non andava nel Comune di Sant'Agostino (cfr. verbale trascrizione udienza 17.11.2023, esame imputato, pag. 5). Aggiungeva di non aver fatto dei nominativi specifici, ma di aver semplicemente pubblicato dei documenti relativi a chi si era occupato della ricostruzione, in particolare dei Mude (ndr. pratiche edilizie gestite direttamente dal Comune per ottenere i contributi per la ricostruzione post-sisma), specificando di aver presentato, in qualità di consigliere comunale, circa 140 esposti al riguardo in seguito alle segnalazioni ricevute dai cittadini e che "in un Mude il beneficiario ha restituito in toto il denaro" (pag. 9). Affermava di non essersi voluto accanire contro alcun tecnico, bensì di aver agito per tutelare il denaro pubblico e di aver raggiunto il proprio obiettivo allorquando i beneficiari avevano dovuto restituire i denari ricevuti (dei quali però non era in grado di dire l'ammontare o la percentuale delle pratiche in cui si è proceduto in questo senso) o allorquando l'architetto Me. aveva archiviato delle pratiche Mude (pag.10). Precisava, infine, di non sapere se tutte le pratiche Mude dovevano essere sottoposte alla Commissione Architettonica, ma che qualcuna era "passata certamente", pur non essendo in grado di dire se e quali erano passate al vaglio della Commissione Architettonica quando ne faceva parte il geometra Po. (pag. 12).
Così ricostruita l'intera vicenda, si impone, dunque, l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato, in quanto, come già anticipato, l'istruttoria ha consentito di accertare che quest'ultimo pubblicava - sul profilo privato (…) denominato "(…)", con 2548 iscritti ai quali, quanto meno, era pacificamente visibile - il messaggio di cui all'imputazione, risultato gravemente offensivo della reputazione del geometra Po..
Al riguardo, infatti, occorre premettere che, se è vero che nel suddetto post non è espressamente menzionato il nome della persona offesa, è altrettanto vero che il collegamento artatamente e scientemente creato dal prevenuto, tra la generica affermazione dell'architetto Me. "I tecnici sono ladri", la Commissione Architettonica (dalla funzionario in realtà mai menzionata) nella quale invece - a detta dello stesso - operavano dei "ladri" ed il geometra Po. quale membro della Commissione, rende evidente il riferimento dell'appellativo "ladro" a quest'ultimo, il quale - diversamente, da quanto accade nella aspecifica affermazione dell'architetto Me. - viene ad essere identificato come esempio concreto di "tecnico ladro" operante nella Commissione Architettonica.
Nessun rilievo, infatti, può essere attribuito alla dichiarazione del prevenuto volta ad evidenziare come il suo commento sia nato dall'affermazione dell'architetto Me. e che, a ben vedere, egli sia semplicemente limitato a pubblicare dati pubblici estrapolati dal sito Op. relativi ai tecnici che avevano operato nella ricostruzione post-sisma, posto che dalla mera lettura della sequenza dei post emerge come la valenza diffamatoria di quello di cui all'imputazione sia da ricondurre in via esclusiva alla strumentalizzazione operata dal prevenuto dell'affermazione fatta dall'architetto Me., utilizzata dapprima per spostare l'attenzione sulla Commissione Architettonica - invero mai menzionata dalla funzionario del comune e dallo stesso invece deliberatamente indicata come luogo nella quale operavano dei "ladri" - e di poi indicando il geometra Po. quale membro della predetta commissione.
Così operando il prevenuto ha creato negli altri interlocutori del gruppo la falsa idea che i tecnici "ladri" ai quali faceva riferimento l'architetto Me., fossero quelli della Commissione Architettonica, ed in particolare il geometra Po., del quale - su richiesta di un altro interlocutore del gruppo, interessato a sapere, dopo il predetto riferimento operato dall'imputato, se i tecnici-ladri di cui all'affermazione dell' architetto Me., facessero parte della Commissione Architettonica del comune - forniva i dati identificativi estrapolati dal sito Op., con ciò indicandolo come "ladro" e, conseguentemente ledendone la reputazione.
Se è vero, infatti, che il punto di partenza del post del prevenuto è costituito da un fatto vero, nello specifico l'affermazione dell'architetto Me., è altrettanto vero che la strumentalizzazione della stessa, volta ad attribuirle un diverso significato che trascende e va oltre quello originario, integra la fattispecie in contestazione, posto che diffonde un messaggio non corrispondente al vero, che costituisce una evidente aggressione della sfera personale della persona offesa, tacciata - senza alcuna ragione e senza alcun effettivo riscontro - di essere un "ladro".
In altre parole, cioè, si tratta, invero di un accostamento di dati che comporta una espansione indebita ed arbitraria dell'originaria affermazione dell'architetto Me. con il risultato di produrre una diversa quanto falsa affermazione, palesemente lesiva della reputazione (intesa quest'ultima come la stima goduta da una persona nell'ambiente sociale, politico e professionale) della persona offesa (In questo senso, cfr.: Cass. Pen. Sez. V, 24.03.1995, n. 3236, Scalfari) e, certamente, non riconducibile ad un legittimo esercizio del diritto di critica che, ai fini della sua applicabilità, richiede, la verità del fatto attribuito, rimasto, nel caso di specie, privo di ogni riscontro, non essendo in alcun modo emersa l'esistenza di procedimenti penali e/o disciplinari a carico del geometra Po. per l'attività svolta nell'ambito della ricostruzione post-sisma, né provvedimenti giudiziari volti a stigmatizzare/sanzionare eventuali condotte illecite tenute nel medesimo ambito.
Come chiarito in molteplici occasioni anche dalla stessa giurisprudenza di legittimità, infatti: "In tema di diffamazione, l'esercizio del diritto di critica richiede la verità del fatto attribuito" … (cfr., Cass. Pen., Sez. V, 12.06.2017, n.34160) e, per tale ragione, tale esimente non può trovare applicazione nel caso di specie a fronte della falsità di quanto dichiarato.
Sotto il profilo soggettivo, la ricorrenza di questa componente della fattispecie, da ravvisarsi nella mera "consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell'altrui reputazione e nella volontà che la frase venga a conoscenza di più persone, anche solo due" (cfr. Cass. Pen. Sez. I, 22.01.2014, n. 16712), trova conferma nello stesso tenore offensivo del messaggio, elemento oggettivo che consente di affermare la piena adesione psicologica al fatto da parte dell'imputato.
L'imputato, pertanto, va dichiarato responsabile del reato di cui all'art. 595 co. 1 c.p., aggravato, ai sensi del comma 3 della norma citata, in ragione del mezzo ad alta diffusività con il quale il messaggio offensivo della reputazione della persona offesa è stato reso pubblico (in ordine alla riconduzione di "(…)" al concetto ampio di "qualsiasi altro mezzo di pubblicità" di cui al comma 3, Cit., cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4873 del 14/11/2016 e Cass. Sez. 1, Sentenza n. 24431 del 28/04/2015).
Non risulta, infatti, neppure applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. giacché sia le modalità della condotta (propalazione del messaggio offensivo tramite social network con la conseguente rapida quanto ampia diffusività dello stesso) che il danno all'immagine arrecato alla persona offesa, stimato professionista nella realtà locale ove il post è stato pubblicato (sul gruppo (…) "(…)"), ostano alla configurazione dell'accaduto in termini di particolare tenuità.
Con riguardo alla determinazione della pena, occorre previamente evidenziare che la condotta processuale del prevenuto, che si è sottoposto all'esame fornendo comunque una sua versione del fatto, inserito nell'ambito della lotta allo sperpero del denaro pubblico che lo stesso porta avanti da anni, costituisce elemento da valorizzare al fine della concessione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p. e, conseguentemente, tenuto conto dei criteri di cui all'art. 133 c.p., ed in particolare che si è trattato di un unico episodio, si ritiene corrispondente a giustizia l'applicazione della pena pecuniaria alternativamente prevista a quella detentiva, che si quantifica in Euro 688,00 di multa.
Alla suddetta pena, segue, altresì, l'obbligo per l'imputato al pagamento delle spese processuali.
Non sussistono elementi ostativi alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Quanto alle statuizioni civili, oggetto di specifica richiesta della parte civile e doverose a seguito dell'accertata penale responsabilità dell'imputato per il fatto allo stesso contestato - si ritiene che il materiale probatorio formatosi in sede dibattimentale abbia consentito di ritenere provato come il geometra Po. - costituitosi parte civile - abbia subito un danno quantomeno morale dal fatto oggetto del presente procedimento che, tenuto conto della diffusività del mezzo utilizzato per la pubblicazione del post, nonché della risonanza a livello locale dello stesso , si può ritenere provato sino alla somma di Euro 1.500,00 in ragione dell'evidente disagio derivante dal fatto di essere stato rappresentato, nella realtà ove il predetto opera da anni, sia in ambito privato che pubblico, come "un ladro".
Alla condanna dell'imputato al pagamento della provvisionale come sopra liquidata in favore della parte civile, segue, altresì, l'obbligo alla rifusione delle spese processuali e di costituzione di quest'ultima, così come liquidate in parte dispositiva.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533-535 c.p.p.
dichiara
l'imputato responsabile del reato ascritto e, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., lo condanna alla pena di Euro.688,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Pena sospesa.
Visti gli artt. 538-539-541 c.p.p.
condanna
l'imputato al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, rimandando per la quantificazione dello stesso avanti al Giudice Civile
condanna
sin da ora l'imputato al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva che si quantifica in Euro 1.500,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile che si liquidano in Euro 2.800,00 a titolo di compenso, oltre oneri e spese ed accessori come per legge.
Visto l'art. 544 co. 3 c.p.p. si indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Ferrara il 27 novembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2024.