Tribunale Lecce sez. I, 15/02/2024, n.423
Principio di diritto:
In tema di diffamazione, l’esercizio del diritto di critica politica gode di margini più ampi rispetto al diritto di cronaca, ma deve comunque rispettare il limite della continenza formale e sostanziale e basarsi su un nucleo di veridicità del fatto da cui trae spunto. La critica, anche aspra e pungente, non deve mai sfociare in gratuiti attacchi personali o offese alla dignità umana. Il giudizio critico deve rimanere collegato ai fatti contestati e non trasformarsi in un pretesto per esternare sentimenti ostili.
Sintesi della decisione:
Il Tribunale di Lecce ha assolto l’imputato dal reato di diffamazione a mezzo stampa, ritenendo che le espressioni utilizzate nel corso di un comizio e riportate su Facebook fossero legittima espressione del diritto di critica politica. Le frasi, pur caratterizzate da toni accesi e pungenti, non sono state considerate offensive della sfera personale della parte offesa, ma si sono limitate a una valutazione soggettiva dell’operato politico. Non è emersa una gratuita aggressione alla dignità del soggetto passivo. L’imputato è stato assolto perché il fatto non sussiste.
Svolgimento del processo
1. Con decreto del 18.02.2022, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, Co.An. veniva tratto a giudizio per rispondere del reato di cui in epigrafe.
Si costituiva parte civile Va.Gr. e, all'udienza dell'8.05.2023, il Tribunale ammetteva le prove richieste dalle parti, dando poi corso all'istruttoria dibattimentale mediante l'esame della p.o.
All'udienza dell'11.09.2023, dopo l'esame dell'imputato, venivano escussi i testi Nu.Ca. e Ca.Re. e, all'esito, il Tribunale dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale rinviando ad altra data per la discussione.
All'udienza odierna le parti procedevano alla discussione come da verbale in atti; il Tribunale si ritirava in camera di consiglio ed all'esito dava lettura del dispositivo.
Motivi della decisione
2. Ritiene questo giudice che non vi sia prova della penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato a lui ascritto sulla scorta delle seguenti considerazioni.
Co.An. è imputato del reato di diffamazione a mezzo stampa in danno di Va.Gr., per aver offeso la reputazione della p.o. pronunciando in un pubblico comizio, nonchè a mezzo Facebook, ove l'intero comizio era pubblicato, le seguenti frasi: "sindaco dalle attività miracolose, amministratore unico del Comune di Soleto dimme ce te servr ca cu mie ha parlar e politica basata sul clientelismo atta ad assegnare i lavori alle stesse ditte la favola della cicala e la formica portando ogni giorno qualcosa a casa. Sindaco che non ha un buon rapporto con la lingua italiana".
Ebbene, alla luce dell'istruttoria svolta, ritiene questo giudice che le frasi pronunciate dall'imputato nel corso del comizio nonché sul blog nascono come una critica al modus operandi del Va.; critica dai toni di certo accesi e provocatori che, però, s'innestano all'interno di una vicenda (squisitamente politica e non personale) che rende necessario opportuni approfondimenti sul bilanciamento che il giudice è tenuto a compiere tra l'esercizio del diritto di manifestazione del pensiero e quello di critica.
In realtà, ciò che si evince dalle dichiarazioni rese dalla parte civile nella querela acquisita agli atti e dall'imputato nei commenti è che, senza dubbio, tra gli stessi non intercorressero rapporti amichevoli, considerato che anche in precedenza c'erano state situazioni di dissidio simili a quella in oggetto e che, quindi, motivi di contrasto o di dissapori tra i due si erano già verificati ed erano frequenti.
D'altronde il tono dei commenti del Co., per quanto duro e fortemente critico, non appare offensivo e lesivo della dignità umana e dei valori appartenenti alla sfera morale della persona del Va.
Dalla semplice lettura del testo dell'articolo, infatti, non si rileva il contenuto gravemente offensivo dell'onore e del decoro della persona offesa.
La libertà del pensiero e il diritto di critica trovano, infatti, un limite nel rispetto dei diritti altrui costituzionalmente garantiti, quali il diritto all'onore e alla tutela della propria reputazione e della stima di cui si gode nella comunità in cui si vive.
Il diritto di critica presuppone un contenuto di veridicità, anche se limitato alla oggettiva esistenza del fatto assunto a base delle opinioni e valutazioni espresse, e non deve costituire una gratuita aggressione dell'altrui patrimonio morale, circostanza che non si è verificata nel caso di specie, ove alcuna delle insinuazioni e valutazioni espresse nei commenti in questione possono ritenersi lesive dell'onore o della dignità della persona offesa, nel contesto di profondo dissidio in cui sono calate. La critica mossa al Va., attraverso un'ironia pungente, non trascende mai in un attacco aggressivo alla sfera morale dello stesso, penalmente protetta.
La reputazione non è altro se non il senso della dignità personale nella stima degli altri consociati, la cui offesa si realizza tutte le volte in cui la gente offra una rappresentazione della persona diffamata tale da condizionare negativamente la considerazione ed il giudizio degli altri. Ciò si verifica sia quando venga attribuita ad una persona una condotta illecita, sia quando si faccia riferimento a comportamenti comuni socialmente censurabili.
Una condotta astrattamente diffamatoria può risultare tuttavia scriminata laddove il soggetto indagato eserciti il diritto di cronaca o di critica costituzionalmente tutelati dall'articolo 21 della Costituzione, quali specificazioni della più ampia libertà di manifestazione del pensiero.
Ai fini dell'applicazione dell'articolo 595 c.p. la Corte di Cassazione si è pronunciata sul bilanciamento che il giudice è chiamato a compiere tra il valore della reputazione e dell'onore, tutelati dalla norma penale, e la libertà di manifestazione del pensiero, tutelata dalla norma costituzionale. Tale bilanciamento è necessario sia con riferimento all'esercizio del diritto di cronaca sia con riferimento a quello del diritto di critica.
Cronaca e critica sono attività funzionalmente diverse, mentre la cronaca è esposizione dei fatti allo scopo di informare il lettore, per cui deve essere fondata sulla più scrupolosa obiettività, la critica consiste, invece, in una attività valutativa, in un dissenso, o in consenso, e si configura come un'analisi di eventi condotte e fenomeni allo scopo di apprezzarne il significato e le conseguenze che siano a questi causalmente riconducibili.
"in tema di diffamazione a mezzo stampa per la sussistenza dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica è necessario che quanto riferito non trasbordi in gratuiti attacchi alla sfera personale del destinatario e rispetti un nucleo di veridicità in mancanza del quale la critica sarebbe pura congettura è possibile occasione di dileggio e di mistificazione fermo restando che l'onere del rispetto della verità e più attenuato rispetto all'esercizio del diritto di cronaca in quanto la critica esprime un giudizio di valore che in quanto tale non può pretendersi rigorosamente obiettivo" (Cass. N.43403/2009).
"Sebbene il diritto di critica abbia confini più ampi del diritto di cronaca, affinché non si configuri la diffamazione è necessario che il giudizio, anche se è vero e irriverente, sia collegato col dato fattuale dal quale il criticante prende spunto. In caso contrario, il fatto rappresenta solo l'occasione e pretesto per sfogare sentimenti ostili verso persone che con esso non hanno relazione" (Cass. n. 48553/2011).
Ancora la Cassazione ha affermato " il diritto di critica è un diritto fondamentale, direttamente collegato al diritto costituzionale alla libera manifestazione del pensiero che spetta a tutti cittadini e la critica essendo espressione di una valutazione personale, non necessariamente deve essere obiettiva e può anche essere molto aspra ed essere rappresentata in modo suggestivo anche per catturare l'attenzione di chi ascolta. Tuttavia essa, deve sempre essere espressa in modo continente, non deve trasformarsi in un puro attacco personale cd, infine, deve poggiare su un dato fattuale vero". (Cass. 47037/2011).
Le parole utilizzate dal Co., sebbene pungenti, non si sono tradotte in una gratuita ed immotivata aggressione alla sfera personale del soggetto passivo, ma sono da ritenere contenute nell'ambito della tematica attinente al fatto dal quale la critica ha tratto spunto, espressioni di valutazioni puramente soggettive dell'agente, che possono anche essere pretestuose ed ingiustificate, oltre che caratterizzata da forte asprezza.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, l'imputato va assolto dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Il Tribunale, visto l'art. 530 c.p.p.,
assolve Co.An. dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Motivazione contestuale.
Così deciso in Lecce il 15 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2024.