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Diffamazione tramite chat privata: esclusione dell’aggravante per uso di mezzo di pubblicità

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Tribunale Trieste, 26/08/2024, n.904

La diffamazione si configura con una condotta che offende la reputazione altrui in un contesto rivolto a più persone, senza la partecipazione della vittima. Tuttavia, l'aggravante di cui all'art. 595, comma 3, c.p. richiede l'uso di un mezzo idoneo a garantire un'ampia diffusione dell'offesa. L'utilizzo di una chat privata con un numero esiguo di partecipanti non soddisfa il requisito della necessaria diffusività per l’applicazione dell’aggravante.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto di citazione a giudizio emesso dal PM in sede il 4.9.2023 l'imputato veniva tratto dinanzi all'intestato Tribunale per rispondere del reato a lui ascritto in rubrica. All'udienza predibattimentale del 19.1.2024, celebrata alla presenza dell'imputato, si costituiva parte civile la p.o. del reato Sp.Br. con l'avv. St.Sa. del Foro di Trieste. La difesa munita di procura speciale avanzava istanza di definizione del procedimento mediante rito abbreviato.

Il Giudice ammetteva il rito e rinviava per la discussione.

All'udienza del 7.6.2023 l'imputato rendeva spontanee dichiarazioni. All'esito si dava modo alle parti di procedere alla discussione e rassegnare le rispettive conclusioni nei termini riportati in epigrafe.

All'udienza del 28.6.24, in assenza di repliche, veniva pronunciata sentenza mediante lettura del dispositivo, riservando il deposito della motivazione entro il termine di giorni novanta.

Motivi della decisione
Risulta dagli atti e, in particolare, dalla querela presentata il 24.8.2022 dalla p.o. Sp.Br. che la sera del 22 agosto 2022 egli veniva contattato telefonicamente da Sa.Go., una sua conoscente, che lo informava che all'interno di un gruppo (…) di cui ella faceva parte uno dei partecipanti aveva inviato una fotografia ritraente lo stesso Sp. con allegata una didascalia che invitata a fare attenzione al soggetto raffigurato in quanto era un borseggiatore ricercato. Nella foto acquista agli atti la didascalia riporta la frase: "questo signore è ricercato ha borseggiato un passante attenzione".

Il numero di telefono da cui era stata inviata la foto con relativa didascalia era l'utenza n. (…), utilizzata da un soggetto conosciuto dal querelante come Pa.Po.

La Go. riferiva altresì che, una volta pubblicata questa foto nel gruppo, ella aveva tentato di difendere la reputazione dello Sp. ed era di seguito stata esclusa dalla chat.

Nei giorni seguenti Sp. incontrava per strada l'odierno imputato e gli chiedeva spiegazioni sull'accaduto, venendo di fatto ignorato. Precisava inoltre il querelante che la foto inviata era stata scattata dallo steso Po. all'esterno del bar di proprietà del predetto.

La versione dei fatti resa dalla teste Sa.Go. confermava quanto riferito da Sp..

La teste Ab.Mi. riferiva che il gruppo whatsapp ove era stato effettuato l'invio della foto e di cui ella faceva parte si chiamava ragadi fuori: si trattava di una chat poco attiva e che era composta da sette utenti.

Confermava che il Po.Pa. aveva postato la foto di uomo, senza saper dettagliare altro. Ricordava però di aver invitato il Po. ad evitare di postare foto di altri soggetti, di cui nessuno aveva interesse.

L'annotazione di PG del 17.1.22 indicava tra i componenti del gruppo whatsapp in questione i nominativi di Ab.Mi., Fu.Lo., Sr.La. e Go.An., nomi forniti dalla stessa Go.Mi., con l'indicazione degli intestatari delle relative utenze. In sede di spontanee dichiarazioni rese nel dibattimento Po. riferiva di aver inviato la foto di Sp., che gli era stata inviata da un altro soggetto già munita della relativa didascalia per un disguido frutto di un errore di invio.

Non ricordava chi fosse il soggetto che gli aveva inviato tale foto e si giustificava asserendo che era accaduto per sbaglio.

Il Tribunale reputa che il reato risulti provato in tutti i suoi elementi oggettivo e soggettivo. La diffamazione postula la commissione di una condotta che offenda la reputazione di un soggetto nell'ambito di una conversazione rivolta a più persone e alle quale non partecipa la parte lesa. Evidente che l'appellativo di borseggiatore lede la reputazione del soggetto interessato trattandosi di definizione dispregiativa e che l'immagine allegata all'offesa consente di individuare inequivocabilmente il destinatario della lesione, soggetto conosciuto dall'autore della condotta e anche da taluno degli interlocutori.

Ciò premesso, sotto il profilo del dolo non appare credibile poiché del tutto indimostrato e scarsamente circostanziato che la condotta sia dipesa da un errore e si tratti quindi di fatto colposo.

In particolare ciò si ricava dall'atteggiamento assunto dal Po. stesso nei confronti di Sp. che lo affrontava per chiedergli spiegazioni, sia rispetto a quanto accaduto alla Go., che veniva estromessa dalla chat per aver difeso Sp..

Il fatto non appare sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 131 bis c.p. considerato in particolare l'atteggiamento susseguente al reato, giacché l'imputato non tentava neppure di mitigare la propria condotta nel rapportarsi con la Go. e con lo Sp.; analogamente alcuna fattiva proposta conciliativa risultava percorribile tra le parti sicché si reputa che la condotta non posa valutarsi di minima portata offensiva alla luce della natura dell'offesa per l'intensità dell'elemento soggettivo del reato, in assenza di alcun segnale di revisione critica da parte dell'imputato rispetto a quanto commesso.

Si reputa tuttavia che vada esclusa la contestata aggravante difettando il requisito dell'uso di un mezzo di pubblicità, atteso che la chat ove si consumava il reato consentiva la percezione dell'offesa ad un numero esiguo di persone sicché si reputa che il mezzo utilizzato per la commissione del fatto risulti privo del requisito di necessaria diffusività contemplato dall'aggravante in parola (si veda Cass. Sez. 1 sentenza n. 37618 del 19.5.23 rv 285248-01). Valutati tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. pena equa si valuta quella di Euro 300 di multa, così determinata: esclusa la contestata aggravante p.b. euro 450 ridotta per il beneficio del rito ad Euro 300.

Sussistono i presupposti per concedere la sospensione condizionale della pena e la non menzione in accoglimento dell'istanza della difesa, sussistendone i presupposti oggettivi di legge e valutando di poter esprimere una prognosi favorevole con riferimento al rischio di reiterazione del reato confidando nella portata deterrente della presente pronuncia. Segue ella condanna dell'imputato l'accoglimento della domanda di parte civile intesa ad ottenere il risarcimento del danno da reato, di natura morale, tenuto conto della minima diffusività dell'azione diffamatoria da liquidarsi in via equitativa nella misura di Euro 300. L'imputato va altresì condannato alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla parte civile per la rappresentanza e difesa in giudizio per le fasi di studio (euro 250), introduttiva (euro 300) e decisionale (euro 950) da computarsi nella somma finale di Euro 1500, oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15% dei compensi, IVA e CNA come per legge. La motivazione viene riservata nel termine di giorni novanta per ragioni di natura organizzativa.

P.Q.M.
Letti gli artt. 438 e ss., 533, 535 C.P.P.

DICHIARA

Pa.Po. responsabile del reato a lui ascritto, esclusa l'aggravante di cui all'art 595 comma 3 c.p. e applicata la diminuente per il rito lo condanna alla pena di Euro 300 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Letti gli art. 163 e 175 c.p. concede all'imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione.

Letto l'art 538 e ss c.p.p.

condanna

l'imputato al risarcimento del danno cagionato alla parte civile costituita che liquida equitativamente nella somma di Euro 300, oltre alla condanna alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla parte civile determinate in Euro 1500 oltre alle spese generali nella misura del 15% dei compensi, IVA e CNA come per legge.

Riserva il deposito della motivazione nel termine di giorni novanta.

Così deciso in Trieste il 28 giugno 2024.

Depositata in Cancelleria il 26 agosto 2024.

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