top of page

Diffamazione politica: limiti del diritto di critica e rilevanza della continenza linguistica

diffamazione-politica-limiti-critica-linguaggio

Tribunale Gorizia, 01/03/2024, n.72

Principio di diritto
In tema di diffamazione, il diritto di critica politica, pur consentendo l’uso di toni aspri e polemici, incontra il limite della continenza linguistica. Superato tale limite con espressioni denigratorie o offensive, prive di interesse pubblico e rivolte esclusivamente alla sfera personale del soggetto criticato, si configura il reato di diffamazione. La critica politica deve essere costruttiva e attinente a temi di interesse collettivo, senza degenerare in attacchi gratuiti alla dignità personale.

Sintesi della decisione
Il Tribunale ha condannato l’imputato al pagamento di una multa per diffamazione aggravata, accertata attraverso un post pubblicato su un profilo social accessibile al pubblico.

Attribuibilità del contenuto: L’imputato ha riconosciuto la paternità del post contenente espressioni offensive nei confronti di un politico. Gli accertamenti della Polizia giudiziaria hanno confermato tale attribuzione.

Carattere diffamatorio del contenuto: Il post conteneva espressioni ritenute denigratorie e prive di rilevanza pubblica, rivolte alla sfera personale del soggetto criticato, superando il limite della continenza linguistica richiesto per la scriminante del diritto di critica politica.

Esclusione dell’esimente del diritto di critica: La condotta dell’imputato, improntata al disprezzo personale e non finalizzata alla discussione politica costruttiva, non rientra nell’esercizio del diritto di critica tutelato dall’art. 51 c.p.

Esclusione della speciale tenuità del fatto: Data la gravità delle offese e il ruolo pubblico della persona offesa, non si applica l’art. 131 bis c.p.

Dosimetria della pena: Considerati i precedenti penali dell’imputato e la mancanza di elementi attenuanti, il Tribunale ha irrogato la sola pena pecuniaria (600 euro di multa), in conformità ai principi della Corte Costituzionale e della CEDU, che escludono la pena detentiva per reati di diffamazione.

Spese processuali: L’imputato è stato condannato anche al pagamento delle spese processuali.

Termine per il deposito della motivazione: Il giudice ha fissato in 60 giorni il termine per il deposito della sentenza, considerata la complessità delle questioni trattate.

Diffamazione online: l'indirizzo IP come elemento imprescindibile per l'attribuzione della responsabilità

La diffamazione richiede la prova della comunicazione a più persone e l’attendibilità delle dichiarazioni

Diffamazione e diritto di critica: il limite tra espressione e offesa

Limiti della critica sui social media e il confine con la diffamazione aggravata

Diffamazione aggravata a mezzo social network: necessità di verità del fatto attribuito e limiti al diritto di critica

Il diritto di cronaca non giustifica l'accostamento infondato a scenari di terrorismo

Diffamazione e diritto di critica: bilanciamento tra libertà di espressione e tutela della reputazione

Critica politica e diffamazione: il bilanciamento tra diritto di critica e tutela della reputazione

Diffamazione aggravata mediante social media: esclusione del diritto di critica in presenza di offese personali

Diffamazione tramite social network: limiti del diritto di critica e abuso del linguaggio

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Deve essere pronunciata sentenza di condanna dell'odierno imputato per il reato di rubrica.

È documentalmente provato che - in risposta ad un commento pubblicato sul profilo (…) da Li.Va. e da Ri.Fr., relativo all'operato dell'onorevole Se.De. - l'odierno imputato, in data 17.3.2020, aveva a sua volta pubblicato tale scritto: sta tr era a favore sui tagli alla sanità per destinarli al suo cavallo da monta … face di cazz … gente che ha tradito la patria (cfr. doc. depositato dal p.m. all'udienza del 26.9.2023).

Il testimone Ga.Fa., operante di P.g., ha dichiarato che, all'esito degli accertamenti eseguiti su delega della Procura, era emerso come lo scritto fosse riconducibile all'odierno imputato.

Quest'ultimo, in sede di esame dibattimentale, ha effettivamente riconosciuto la paternità del post in questione, aggiungendo che lo stesso non era riferito alla persona di Se.De., ma al suo operato politico e, in particolare, alla scelta di destinare denaro pubblico ad un maneggio intestato ad un amico. Ritiene il Giudice che le emergenze processuali consentano con sicuro convincimento di affermare la penale responsabilità del prevenuto in ordine al reato di rubrica.

Certa risulta innanzitutto l'attribuibilità della pubblicazione incriminata all'odierno imputato, in virtù degli accertamenti operati dalla P.g. nonché delle dichiarazioni in tal senso rese dall'imputato in dibattimento.

Provati risultano altresì i caratteri diffamatori della pubblicazione medesima, atteso che questa era stata apposta su un profilo (…) aperto al pubblico e atteso che il relativo contenuto è da reputarsi senz'altro offensivo - nel suo tenore complessivo e per le singole espressioni usate - dell'altrui reputazione, intesa quale senso della dignità personale nell'opinione degli altri (cfr., tra le tante, Cass. 3247/1995). Né può ritenersi operante nel caso di specie - contrariamente a quanto sostenuto dalla Difesa - l'esimente del diritto di critica politica, mancandone i requisiti di applicabilità elaborati dalla giurisprudenza, secondo cui il diritto di critica, che può anche non essere obbiettivo, deve tuttavia sempre corrispondere all'interesse sociale alla comunicazione nei limiti della continenza e correttezza del linguaggio (cfr., tra le tante, Cass. 44359/2005). Le stesse Sezioni Unite della Suprema Corte hanno statuito che l'esercizio scriminante del diritto incontra limiti che vanno desunti dalla sua stessa fonte, oltre che dall'intero ordinamento: quando tali limiti sono superati, sono configurabili ipotesi di abuso del diritto, ed il comportamento dell'agente esula dall'ambito consentito dall'art. 51 cod. pen. (Sez. U., 32009/2006). In tale prospettiva, è stato affermato che il limite della continenza, consustanziale al diritto di critica, deve ritenersi superato quando le espressioni adottate risultino pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto al fine perseguito nell'espressione della libertà di pensiero (Cass., 19381/2005). Ancor più specificatamente, la Suprema Corte ha affermato che l'applicazione della scriminante, pur nell'ambito della polemica tra avversari di contrapposti schieramenti od orientamenti, di per sé improntata ad un maggior grado di virulenza, presuppone che la critica sia espressa con argomentazioni, opinioni, valutazioni, apprezzamenti che non degenerino in attacchi personali o in manifestazioni gratuitamente lesive dell'altrui reputazione, strumentalmente estese anche a terreni estranei allo specifico della contesa politica, e non ricorrano all'uso di espressioni linguistiche oggettivamente offensive ed estranee al metodo e allo stile di una civile contrapposizione di idee, oltre che non necessarie per la rappresentazione delle posizioni sostenute e non funzionali al pubblico interesse (Cass. 23805/2015).

Ebbene, trasposti tali principi nel caso di specie, appare ictu oculi superato innanzitutto il limite della continenza del linguaggio, poiché lo scritto pubblicato dall'imputato era di fatto trasceso in un attacco personale, diretto a colpire la figura morale del soggetto criticato, con espressioni denigratorie e improntate al disprezzo più che alla critica costruttiva (ci si riferisce, evidentemente, alle espressioni "sta tr … faccia di cazz").

Sicché, a ben vedere - oltre all'indubbia sussistenza di toni lesivi dell'altrui dignità personale - tale scritto, proprio in quanto diretto alla mera sfera morale e individuale del soggetto criticato, senza alcun contributo critico di pensiero rispetto al suo comportamento o idee politiche concrete, risulta mera espressione di pensiero, del tutto privo di interesse o rilevanza pubblicistica e, in quanto tale, non costituzionalmente tutelato e non idoneo a costituire valida causa di giustificazione della condotta posta in essere dall'imputato.

Non convince l'argomentazione difensiva, basata sull'archiviazione pronunciata nei confronti di Li.Va. e Ri.Fr. dal G.i.p. del Tribunale di Udine, in applicazione del diritto di critica politica: sul punto, è sufficiente evidenziare che le espressioni pubblicate da Li.Va. e da Ri.Fr. erano diverse da quelle pubblicate dall'odierno imputato.

Risultano quindi appurati gli elementi oggettivi del delitto di diffamazione contestato a Na.Ni..

Venendo all'elemento soggettivo del reato, è appena il caso di evidenziare che per integrare il delitto di diffamazione è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell'altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone (Cass., 16712/2014).

Applicati tali principi, non si vede come poter escludere, in capo all'imputato, la consapevolezza della lesività dell'articolo - stante il calibro delle espressioni ivi esplicitamente riportate - nonché la volontà di portare siffatte espressioni a conoscenza di più persone, attesa la relativa pubblicazione su (…). Va pertanto affermata la penale responsabilità di Na.Ni. per il delitto ascrittogli in rubrica.

Il fatto non può essere ritenuto di speciale tenuità, ai sensi dell'art. 131 bis c.p., attesa la gravità dell'offesa, sia in relazione al contenuto in sé, sia in relazione al ruolo pubblicistico ricoperto dalla persona offesa; l'imputato, peraltro, non appare nemmen meritevole della speciale esimente di cui all'art. 131 bis c.p., stanti i plurimi precedenti penali, anche gravi, a suo carico (cfr. Certificato del Casellario giudiziale in atti).

Non possono essere riconosciute all'imputato nemmeno le circostanze attenuanti generiche, atteso che non si ravvisa in atti alcun elemento di fatto favorevole all'autore dell'illecito e idoneo ad attenuare la gravità del reato, riducendone il disvalore. Sul piano soggettivo, la gravità delle espressioni proferite nei confronti della persona offesa sottende ad una corrispondente intensità volitiva; inoltre non può essere valutato a favore dell'imputato il comportamento processuale né altra condotta suscettibile di integrare l'attenuante di cui è chiesto il riconoscimento. Invero, l'imputato non ha risarcito il danno, nemmeno parzialmente o quanto meno con una lettera di scuse, non ha dimostrato alcuna resipiscenza e non ha dedotto alcuna circostanza idonea a diminuire la gravità del fatto realizzato, onde la concessione delle attenuanti generiche costituirebbe per l'imputato un premio del tutto immeritato, avulso da qualsiasi fatto che ne giustifichi il riconoscimento. Quanto al trattamento sanzionatorio, deve premettersi come in relazione alla fattispecie in esame non possa trovare applicazione la pena detentiva prevista dall'art. 595 c.p. e ciò in ossequio ai principi espressi nella sentenza emessa dalla Corte Costituzionale il 22.6.2021 nonché nella sentenza emessa il 7 marzo 2019 dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo, su ricorso n. 22350/13 per dedotta violazione dell'art. 10 Cedu.

Siffatti principi - cfr. segnatamente paragrafi 9 e 62 della citata sentenza della Corte europea, da ritenersi criterio interpretativo anche nella dosimetria della pena - rendono necessario un conseguente adeguamento sanzionatorio della fattispecie, mercé l'applicazione della sola pena pecuniaria, prevista in alternativa a quella detentiva dalla norma in esame.

Valutati anche i criteri di cui all'art. 133 c.p. - in particolare la gravità dell'offesa - è pertanto da ritenersi congrua la pena di Euro 600,00 di multa.

Alla condanna consegue l'obbligo del pagamento delle spese processuali.

Appare congrua l'assegnazione del termine di giorni 60 per il deposito della motivazione ex art. 544, comma 3, avuto riguardo alle questioni trattate.

P.Q.M.
visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,

dichiara

Na.Ni. responsabile del reato a lui ascritto in rubrica e lo

condanna

alla pena di Euro 600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Motivazione in giorni 60.

Così deciso in Gorizia il 23 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2024.

bottom of page