Tribunale Roma sez. XVI, 06/03/2024, n.4161
Principio di diritto
In tema di diffamazione a mezzo social network, è configurabile il reato anche in assenza di esplicita indicazione nominativa del soggetto leso, purché quest'ultimo risulti individuabile attraverso elementi concreti come riferimenti personali, circostanze temporali, o il contesto narrativo. Ai fini del dolo, è sufficiente la consapevolezza dell’idoneità delle espressioni utilizzate a ledere la reputazione altrui.
Sintesi della decisione
Il Tribunale ha condannato l’imputato per diffamazione a mezzo social network, ritenendo provata sia la responsabilità penale sia l’identificabilità delle parti offese.
Punti salienti della decisione:
Identificazione della persona offesa: Anche in mancanza di nomi espliciti, il soggetto leso può essere identificato attraverso il contesto, le circostanze descritte e i riferimenti oggettivi. Nel caso specifico, i riferimenti all’attività lavorativa, alla società coinvolta e al contesto delle dichiarazioni permettevano di risalire con certezza all’identità delle persone e delle società diffamate.
Dolo generico: Per la configurabilità del reato è sufficiente il dolo generico, consistente nella consapevolezza dell’idoneità offensiva delle espressioni proferite e nella volontà di diffonderle pubblicamente. Le dichiarazioni, postate su un social network, erano chiaramente lesive dell’onore e della reputazione altrui.
Valutazione dell’offesa: L’imputato aveva utilizzato espressioni oggettivamente offensive, come l’accusa di appartenenza a un’associazione a delinquere e di gestione fraudolenta. Queste dichiarazioni, pur derivanti da uno stato di frustrazione personale, non escludevano la volontarietà e la consapevolezza della lesività delle stesse.
Condanna:
Pena ridotta per il rito abbreviato.
Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche a causa della gravità e reiterazione delle condotte.
La condotta diffamatoria è stata considerata aggravata dalla diffusione tramite social network, con potenziale accesso a un pubblico indeterminato.
Spese legali: L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al risarcimento delle parti offese.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato, i Sig.ri Ma.Ve. ed altri (…) convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la (…) s.r.l. (oggi E. s.r.l. in liquidazione) al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia d'imprese, adito, disattesa ogni contraria istanza e/o eccezione: 1. In via principale, previo accertamento della competenza del Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia d'imprese, dichiarare nulle e/o annullare, e comunque revocare e riconoscere illegittime e/o tamquam non esset, le delibere assembleari assunte dall'assemblea della (…) S.r.l. in data 9 aprile 2021, per i motivi esposti nel presente atto, con ogni conseguenziale pronuncia e statuizione.
2. In via subordinata, qualora venisse accertata e/o dichiarata la competenza arbitrale di cui all'Art. 28 dello statuto della Società, e salvo gravame ivi incluso il regolamento di competenza, chiede disporsi la traslatio iudicii ordinando la riassunzione della causa davanti all'arbitro dichiarato competente, con fissazione del termine per la riassunzione e la conservazione degli effetti del presente atto introduttivo, per ivi sentire dichiarare nulle e/o annullare, e comunque revocare e riconoscere illegittime le delibere assembleari assunte dall'assemblea della (…) S.r.l. in data 9 aprile 2021, per i motivi esposti nel presente atto, con ogni conseguenziale pronuncia e statuizione.
3. Con vittoria di spese e compensi professionali come per Legge".
Si costituiva la (…) s.r.l. (oggi E. s.r.l. in liquidazione) la quale concludeva, in via preliminare, per la dichiarazione di incompetenza del Tribunale di Roma essendo competente a conoscere della presente controversia l'arbitrio, e, comunque, nel merito per il rigetto della domanda.
Successivamente, all'udienza del 26 settembre 2023 le parti precisavano le rispettive conclusioni e la causa veniva rimessa per la decisione al Collegio - trattandosi di causa ricompresa nell'art. 50 bis c.p.c. - con concessione alle parti del termine di giorni venti per il deposito di comparsa conclusionale e di giorni dieci per repliche.
I Sig.ri Ma.Ve. ed altri (…) hanno instaurato il presente giudizio nei confronti della (…) s.r.l. (oggi E. s.r.l. in liquidazione) al fine di sentire dichiarare nulle e/o annullare le delibere assembleari assunte dall'assemblea della (…) S.r.l. in data 9 aprile 2021.
A fondamento della domanda, gli attori hanno dedotto: il mancato raggiungimento del quorum deliberativo di cui all'art. 15 dello Statuto societario, l'illegittima estromissione dal voto dell'avv. (…) in qualità di rappresentante della partecipazione sociale detenuta dai Sig.ri Pa.So. ed altri (…); l'illegittimità della sostituzione dell'amministratore della società; l'illegittimità della deliberazione di revoca della dichiarazione dell'amministratore unico di scioglimento della società; l'illegittimità dei bilanci approvati.
Deve essere, in via preliminare, esaminata l'eccezione di incompetenza del Tribunale, sollevata da parte convenuta, per essere devoluta la cognizione a conoscere della presente controversia alla competenza di un arbitro unico.
L'eccezione risulta meritevole di accoglimento.
Come è noto, l'art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 ha previsto che gli atti costitutivi delle società, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell'art. 2325 bis c.c., possono, mediante clausole compromissorie, prevedere la devoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale: la clausola deve, peraltro, prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Ove il soggetto designato non provveda, la nomina è richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale. La clausola è vincolante per la società e per tutti i soci, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto della controversia. Non possono essere oggetto di clausola compromissoria le controversie nelle quali la legge preveda l'intervento obbligatorio del pubblico ministero. Il successivo art. 35, poi, dispone al quinto comma che la devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell'art. 669 quinques c.p.c., ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell'efficacia della delibera.
Occorre ora esaminare se la clausola compromissoria contenuta nello statuto della convenuta devolva alla cognizione arbitrale anche la valutazione della legittimità delibere assembleari.
L'art. 28 dello Statuto della società convenuta dispone espressamente che "tutte le controversie sorte tra i soci oppure tra i soci e la società, gli amministratori, i liquidatori o i sindaci, aventi per oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, sono risolte da un arbitro unico nominato dal Presidente del Tribunale competente in relazione all'ubicazione della sede sociale, entro trenta giorni dalla richiesta avanzata in forma scritta dalla parte più diligente. La sede dell'arbitrato è stabilita, nell'ambito della Provincia in cui ha sede la società, dall'arbitro nominato. L'arbitro procede in via irrituale, con dispensa da ogni formalità di procedura, e decide secondo diritto entro novanta giorni dalla nomina, pronunciandosi anche sulle spese dell'arbitrato. La presente clausola compromissoria non si applica alle controversie nelle quali la legge prevede l'intervento obbligatorio del Pubblico Ministero".
Ebbene, alla luce del chiaro disposto contenuto nelle richiamate disposizioni statutarie sono devolute all'arbitro tutte le controversie che possono insorgere, tra l'altro, tra i soci e la società e, conseguentemente, anche quelle aventi ad oggetto l'impugnazione delle delibere assembleari adottate dalle società convenute.
Ciò posto, come è noto, costituisce tema assai dibattuto la possibilità di devolvere in arbitrato la cognizione della controversia avente ad oggetto l'impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio allorquando sia dedotta la violazione delle norme dirette a garantirne la chiarezza e la precisione (come nel caso di specie, nel punto 4.3. dell'atto di citazione).
Per come si legge in uno dei più importanti e recenti arresti della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 20674/2016), premesso che, in linea generale, non possono costituire oggetto di compromesso le controversie riguardanti interessi della società o la violazione di norme poste a tutela dell'interesse collettivo dei soci o dei terzi, si è osservato che, ai fini dell'esclusione della deferibilità al giudizio degli arbitri, non è di per sé sufficiente la natura sociale o collettiva dello interesse, la quale ne comporta soltanto la sottrazione alla volontà individuale dei singoli soci, ma non ne implica l'indisponibilità da parte della volontà collettiva espressa dalla società, secondo le regole della propria organizzazione interna, occorrendo invece che la sua protezione sia affidata a norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione da parte dell'ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte (cfr. Cass. n. 3772/2005; Cass. n. 18600/2011). Tali caratteristiche sono state riconosciute, in particolare, alle norme che disciplinano la contabilità sociale con la finalità di assicurare la chiarezza e la precisione dei bilanci, osservandosi che le stesse non solo sono imperative, ma contengono principi dettati a tutela, oltre che dell'interesse dei singoli soci ad essere informati dell'andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell'affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l'effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell'ente, e sono pertanto inderogabili, in quanto la loro violazione rende illecita, e quindi nulla, la delibera di approvazione (Cass. n. 13031/2014).
Ebbene, alla luce dei principi ora esposti deve necessariamente ritenersi che la clausola compromissoria si applica alle doglianze, sollevate dagli attori, relative: al mancato raggiungimento del quorum deliberativo di cui all' art. 15 dello Statuto societario, all' illegittima estromissione dal voto dell'avv. (…) in qualità di rappresentante della partecipazione sociale detenuta dai Sig.ri Pa.So. ed altri (…) all'illegittimità della sostituzione dell'amministratore della società; all'illegittimità della deliberazione di revoca della dichiarazione dell'amministratore unico di scioglimento della società (punti nn. 4.1. e 4.2. dell'atto di citazione.
Con riferimento a tal doglianze deve essere dichiarata l'incompetenza del Tribunale di Roma per essere competente a conoscere della presente controversia, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto della società convenuta, l'arbitro unico.
La predetta clausola arbitrale non si applica invece alla doglianza relativa alla illegittimità dei bilanci approvati (punto 4.3. dell'atto di citazione).
Tuttavia, con riferimento a tale motivo di impugnazione, il Tribunale rileva come esso sia stato formulato in modo del tutto generico, sì da non consentire neppure di cogliere il rilievo reale ed effettivo di dette doglianze.
La domanda va, sul punto, rigettata nel merito.
Parte attrice, rimasta soccombente, deve essere condannata alla refusione, in favore della convenuta, delle spese legali relative al presente giudizio, spese che vengono liquidate come in dispositivo sulla base delle statuizioni contenute nel d.m. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55 e successive modificazioni.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando in composizione collegiale, nel contraddittorio tra le parti, così provvede:
1) dichiara l'incompetenza del Tribunale di Roma per essere competente a conoscere della presente controversia, limitatamente ai punti 4.1. e 4.2. dell'atto di citazione, l'arbitro unico previsto dall'art. 28 dello Statuto della società convenuta;
2) rigetta la domanda per il resto;
3) condanna parte attrice alla refusione, in favore di parte convenuta, delle spese legali del presente giudizio che liquida in euro 11.000,00 per compensi oltre rimborso forfettario spese generali al 15 per cento, iva e cpa come per legge.
Così deciso in Roma il 28 novembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2024.