Tribunale Napoli sez. III, 09/11/2021, (ud. 13/10/2021, dep. 09/11/2021), n.8634
Il reato di gestione illecita di rifiuti si configura quando l’attività di raccolta, deposito o smaltimento di materiali, anche non pericolosi, avviene senza le prescritte autorizzazioni, determinando un danno ambientale o un rischio potenziale per l'ambiente. La nozione di rifiuto è oggettiva e prescinde dalle intenzioni soggettive del detentore. La concessione delle attenuanti generiche è possibile qualora sussistano elementi idonei a meglio perequare la pena al disvalore concreto del fatto.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione a giudizio emesso dalla Procura in sede in data 27.07.2020 veniva rinviato a giudizio (...) innanzi a codesto Tribunale per rispondere del reato a lui ascritto in rubrica. All'udienza del 30.12.2020, accertata la regolare costituzione delle parti, il Giudice dichiarava procedersi in assenza dell'imputato ex art. 420 bis cpp. Dopo dei rinvii per assenza testi, all'udienza del 13.10.2021, il difensore di fiducia dell'imputato, munito di procura speciale, chiedeva di definire il processo nelle forme del rito abbreviato.
Il Tribunale disponeva l'acquisizione del fascicolo del P.M. agli atti del dibattimento, ammettendo la richiesta ed invitava le parti alla discussione. Sulle conclusioni come in epigrafe il Giudice dava lettura del dispositivo con riserva di deposito dei motivi in giorni trenta.
Motivi della decisione
Osserva il giudicante che, dagli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, emerge certa ed incontrastata la responsabilità dell'imputato in ordine al fatto contestato.
Risulta infatti, sia dalla CNR redatta in data 17.02.2020 dai militari del Comando Carabinieri Forestale - Stazione di Napoli - sia dalla relazione redatta dai funzionari ARPAC del 23.06.2020 e rilievi fotografici, quanto dagli atti irripetibili acquisiti al fascicolo del dibattimento (p.v. di sequestro) nonché da tutta l'altra documentazione legittimamente inserita nel fascicolo del P.M. acquisito agli atti (verbale di sopralluogo dell'Arpac per classificazione rifiuti) documentazione utilizzabile ai fini della decisione, che l'imputato, in qualità di legale rappresentante dell'impresa (...), con sede in Napoli alla via (...), effettuava sui luoghi, per cui è processo, in un'area di circa 100 mq, un deposito incontrollato di rifiuti consistiti: "in circa 450 mq di rifiuti provenienti da attività di demolizioni edili senza alcuna tracciabilità .... in assenza dell'autorizzazione prevista dalla legge, per il deposito di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (cfr verbale di sequestro del 17.02.2020, doc in atti).
Nella relazione della PG si precisava che, all'interno della sede della società, avente ad oggetto la rivendita di materiale edile, era riscontrabile la presenza di un'attività non autorizzata di recupero di rifiuti di demolizione, accatastati in un piazzale, svolta in assenza di ogni autorizzazione e formulario relativo alla tracciabilità dei rifiuti.
La natura di rifiuti, trovati accantonati in un deposito non autorizzato, si ricava inequivocabilmente dallo stato degli stessi accertato dagli agenti operanti e dai funzionari dell'Arpac, nonché dalla concordanza delle loro relazioni con le circostanze indicate nel verbale di sequestro e nella relativa documentazione fotografica.
Nella relazione ARPAC, infatti, detti rifiuti venivano classificati con il codice EER 17,09.04 - rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione, quali rifiuti speciali non pericolosi (v. relazione a firma dei funzionari ARPAC del 23.06.2020).
Tanto in fatto, le risultanze istruttorie consentono con sufficiente certezza di ritenere consumata l'ipotesi di reato contestata all'imputato nel capo di imputazione in quanto sprovvisto delle prescritte autorizzazioni.
Ed infatti, la condotta dell'imputato - è stata accertata dai militari del Comando Carabinieri - Nucleo Forestale - Stazione di Napoli - e sostanzialmente descritta, nella sua dinamica, dalla CNR ed annotazione di servizio redatta dai militari del predetto Comando - dediti alla repressione dei reati in materia ambientale - nonché dai funzionari dell'ARPAC.
Dunque, deve ritenersi provato che l'imputato abbia proceduto a svolgere attività di raccolta smaltimento e deposito di rifiuti speciali non pericolosi in assenza delle necessarie autorizzazioni.
In punto di diritto, va preliminarmente definito il concetto di rifiuto, come desumibile dalla copiosa giurisprudenza formatasi sul punto sinora sulla base della normativa vigente, atteso che. la nozione in parola costituisce presupposto per l'applicazione della normativa contestata dalla pubblica accusa.
Per rifiuto la consolidata giurisprudenza intende, ai sensi della normativa comunitaria e nazionale, "... qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfi, restando irrilevante se ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto ovvero tramite il suo recupero e, inoltre, prescindendosi da ogni indagine sull'intenzione del detentore che abbia escluso ogni riutilizzazione economica della sostanza o dell'oggetto da parte di altre persone" (cfr. Cass. Sez. III, 18 settembre 2002, n. 31011; Cass. Sez. III, 17 gennaio 2003, n. 2125). Inoltre, elemento per l'individuazione di rifiuto è rinvenibile proprio nel "criterio oggettivo della destinazione naturale all'abbandono, non rilevando l'eventuale riutilizzazione" (Cass. 11 maggio 2001, n. 19125). In tal senso è orientata anche la giurisprudenza comunitaria: "La nozione di "rifiuto" di cui all'art. 1 della direttiva del Consiglio n. 75/442/Cee, come successivamente modificata, non deve essere interpretata nel senso che essa esclude sostanze od oggetti suscettibili di riutilizzazione economica, neanche se i materiali di cui trattasi possono costituire oggetto di un negozio giuridico, ovvero di una quotazione in listini commerciali pubblici o privati" (Corte giustizia CE, sez. VI, 25 giugno 1997, n. 304); "La nozione di rifiuto, ai sensi dell'art. 1 delle direttive del Consiglio n. 75/442/CEE e n. 78/319/CEE; non deve essere intesa nel senso di escludere dalla applicazione delle direttive le sostanze e gli oggetti che siano suscettibili di riutilizzazione economica" (Corte giustizia CE, 10 maggio 1995, n. 422).
Tali principi, in tema di individuazione della nozione di rifiuto, restano immodificati anche dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 che, all'art. 183 lett. A), come modificato dall'art. 2 c. 20 del D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4, definisce la nozione di rifiuto che non si presta a diverse interpretazioni.
Tanto premesso, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la quantità e tipologia di materiale raccolta e depositata, in una sorta di discarica abusiva, sul suolo oggetto di ispezione da parte delle Forze dell'Ordine, può certamente qualificarsi "rifiuto" ai sensi e per gli effetti della normativa contestata, atteso, tra l'altro, la natura del materiale, inequivocabilmente materiale di risulta edile e demolizione, con evidenti segni di degrado, come comprovano in modo chiaro i rilievi fotografici ed il verbale di sequestro in atti.
In siffatto contesto fattuale e normativo non è richiesta alcuna indagine ulteriore in merito all'ulteriore destinazione dei rifiuti e alla finalità della raccolta e deposito (rifiuti abbandonati sul suolo) essendo evidente la scelta legislativa di gestire tutte le attività afferenti lo specifico settore dei rifiuti, compresa quella della raccolta e deposito abusivo, e volendo, in tal modo, il legislatore conformarsi alla stessa giurisprudenza comunitaria che si è mostrata particolarmente sensibile al controllo dell'attività di trasporto, raccolta e deposito dei rifiuti in base ai principi di precauzione e di azione preventiva, interpretando la direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/Cee (relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/Cee) in senso particolarmente attento alla tutela dell'ambiente ed al controllo pubblico sulla gestione dell'intero ciclo dei rifiuti, ad esempio affermando che "(...) la nozione di trasporto di rifiuti "a titolo professionale" di cui all'art. 12 della direttiva deve essere interpretata in modo tale da ricomprendere non solo coloro che trasportano, nell'esercizio della loro attività professionale di trasportatori, rifiuti prodotti da terzi, ma anche coloro che, pur non esercitando la professione di trasportatori, nondimeno trasportino nell'ambito della loro attività professionale rifiuti da essi stessi prodotti (...)" (Corte giustizia CE, sez. III, 9 giugno 2005, n. 270).
Del resto, è stato accertato che l'attività posta in essere dall'imputato presentava un minimo di organizzazione, sia pure rudimentale, tale da far ritenere la non occasionalità della raccolta e successivo abbandono dei rifiuti, circostanza questa confermata, peraltro, dalle stesse dinamiche dei fatti in contestazione (basta evidenziate che nella relazione ARPAC per procedere all'analisi dei rifiuti si " procedeva alla movimentazione con l'ausilio di un mezzo meccanico (pala meccanica) messa a disposizione dalla parte del cumulo di rifiuti ... " (v. relazione ARPCA), nonché dall'assenza di documentazione attestante la provenienza o destinazione del rifiuto.
Peraltro, per l'eterogeneità del materiale raccolto ed abbandono sul. suolo, consistente in materiale di risulta di attività di costruzione e demolizione, nessun dubbio residua che detto materiale costituisse" rifiuti" speciali, se pur classificati non pericolosi.
Tutti elementi che conducono ad escludere anche l'ipotesi di tenuità del fatto ex art. 131 bis cp, come richiesto dalla difesa, palesandosi un danno in concreto all'ambiente desumibile dallo svolgimento abituale e non controllabile di raccolta e conseguente abusivo smaltimento (e/o abbandono) di rifiuti trattandosi, come rilevabile dalle foto, di materiale tale da escludere una qualche volontà di riparazione e riutilizzazione dei beni (, tra l'altro, neppure provata o invocata dall'imputato) ed essendo anzi emerso la destinazione all'abbandono sul suolo, oggetto di controllo.
Attesa la ritenuta integrazione della fattispecie penale contestata dalla pubblica accusa con la condotta posta in essere dall'imputato, così come accertata, non sussistono dubbi sulla sussistenza dell'elemento soggettivo che nel caso di specie può essere anche soltanto colposo.
Ed invero, detta attività veniva svolta all'interno della sede della società e, dunque, sotto la diretta e costante direzione dell'imputato risultato essere il titolare e legale rappresentante dell'impresa, oggetto di controllo, tra l'altro, presente in loco all'atto dell'accesso, come riscontrabile dalla sottoscrizione del verbale di sequestro in atti.
In riferimento poi alla quantificazione della, appaiono concedibili le circostanze attenuanti generiche in forza della corretta condotta processuale dell'imputato ed anche al fine di meglio perequare la pena all'effettivo disvalore del fatto reato.
Orbene, valutati tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p., la pena equa da applicare ed, in particolare, il grado di pericolosità ed il quantitativo dei rifiuti depositati, stimasi quella di mesi quattro di arresto di seguito determinata: pena base, mesi sei di arresto; ridotta per la concessione ex art. 62 bis cp delle attenuanti generiche alla pena alla pena di mesi cinque di arresto; aumentata ex art. 81 cpv c.p. - come correttamente contestato dal Pm - alla pena di mesi sei di arresto; ulteriormente ridotta per il rito prescelto alla pena in concreto irrogata.
Segue per legge la condanna a carico dell'imputato del pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 535 c.p.p.
Sussistono i presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena e non menzione stante l'incensuratezza del prevenuto che induce ad una prognosi positiva sulla loro futura astensione dal crimine.
Si dispone la confisca e smaltimento dei rifiuti con bonifica dell'area in sequestro se non altrimenti già eseguita da effettuarsi a cura del PM ed a spese del condannato.
P.Q.M.
Letti gli artt. 438 - 533 e 535 c.p.p. dichiara (...) colpevole del reato a lui ascritto in rubrica, concesse le attenuanti generiche, con la diminuente del rito lo condanna alla pena di mesi quattro di arresto, oltre spese processuali. Pena sospesa e non menzione.
Si dispone la confisca e smaltimento dei rifiuti con bonifica dell'area in sequestro.
Trenta giorni per deposito motivazione
Così deciso in Napoli il 13 ottobre 2021.
Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2021.