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Differenza tra ingiuria e diffamazione nelle comunicazioni virtuali: reato di ingiuria depenalizzato

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Tribunale Vicenza, 10/06/2024, n.423

La comunicazione contenente espressioni offensive inviata direttamente alla persona offesa, anche se avvenuta in una chat online, integra il reato di ingiuria, depenalizzato con il D.Lgs. n. 7/2016, e non quello di diffamazione. Per configurare la diffamazione, è necessario che l'offesa sia comunicata a più persone in assenza dell'offeso, mentre l'ingiuria presuppone la presenza, anche virtuale, della vittima nel momento della comunicazione. (Cass. n. 10905/2020)

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
A seguito dì opposizione a decreto penale di condanna l'imputato MO.AL. è stato tratto avanti al Tribunale monocratico per rispondere dei reati di cui all'imputazione.

All'udienza filtro del 04.05.2022, imputato presente, veniva ammessa la costituzione di parte civile, revocato il decreto penale opposto, aperto il dibattimento venivano ammesse le prove.

Il fascicolo è pervenuto al ruolo dell'odierno giudice onorario all'udienza del 04.11.2022 rinnovate le istanze istruttorie e ammesse le prove venivano escussi i testi Za.Fe. ed altri (…).

L'udienza del 24.02.2023 veniva rinviata per legittimo impedimento della difesa di parte civile.

All'udienza 11.05.2023 l'imputato rendeva l'esame. All'udienza del 29.09.2023 la difesa depositava documentazione. All'udienza del 08.01.2024 chiuso il dibattimento Pubblico Ministero parte civile e difesa concludevano come in epigrafe e stante l'articolata discussione il giudice onorario rinviava per repliche.

All'udienza dell'11.03.2024 in assenza di repliche il giudice onorario decideva come da dispositivo riservando la motivazione in 90 giorni.

Motivi della decisione
Per i fatti di cui al capo 2) dell'imputazione deve emettersi sentenza di non doversi procedere nei confronti dell'imputato Mo.Al. per mancanza della querela.

In atti vi è solo la querela relativa al capo 1) dell'imputazione per i fatti del 04.02.2018 riguardante il post pubblicato sul profilo Facebook "Al.Mo."

Relativamente al capo 1) dell'imputazione vi è l'allegato n.3 prodotto dal Pubblico Ministero nel quale vi è uno scambio di battute fra la Ma. e Mo. e precisamente sì legge: Lo.Ma. "sicurissima che ci sono querelle in atto Non parlerei, ogni cosa a tempo debito. Ma intanto per lo stesso concetto di trasparenza che gridi agli altri".

Al.Mo.: "Se non sai i nomi impara a stare zitta altrimenti sei una mafiosa".

Lo.Ma.: "i nomi li so, mafiosa?? No prudente e soprattutto non stupida".

Al.Mo.: "Sei di una incompetenza assoluta ma come hai fatto ad essere uno dei gestori di Marostica senza censura?" Lo.Lo.: "Misteri del web, buonanotte Al.Mo., fine della discussione".

Conversazione confermata dalla teste Ma., quando è stata sentita come teste all'udienza del 04.11.2022 oltre ad aver riferito in merito ad altre occasioni di "scontro" e "confronto" con l'odierno imputato. Non vi è stata diffamazione in quanto non risulta provato che lo scambio di battute sia avvenuto in modo condiviso con altri utenti. Né si può parlare di diffamazione in quanto dalle risposte date dalla stessa Ma. quest'ultima non si ritiene indispettita o offesa dalla parola "mafiosa" che la stessa utilizza nella risposta. Un post diventa diffamatorio nel momento in cui la reputazione di una persona viene lesa in pubblico e l'interessato non è presente per potersi difendere dalle offese ricevute.

Si ha diffamazione sia nel caso in cui le voci siano vere sia in quello in cui siano false, quindi è rilevante solo la circostanza che quanto scritto inneschi il dubbio in altre persone arrivando a deteriorare e rovinare i rapporti sociali di un individuo.

Diversamente si ha ingiuria quando una persona rivolge un'offesa ad un'altra quando questa è presente.

La destinataria degli insulti era in chat era on line e quindi riceveva i messaggi in tempo reale quindi la Ma. era presente anche se solo virtualmente determinando quindi l'integrazione dell'ingiuria, l'esclusione del reato di diffamazione e della rilevanza penale della condotta anche qualora gli insulti fossero stati proferiti da remoto con più persone connesse (Cass. 10905/2020).

Quindi nel caso di cui all'odierno procedimento i fatti del 04.02.2018 devono essere inquadrati nel diverso reato di ingiuria, reato che è stato depenalizzato nel 2016 pertanto l'imputato deve essere assolto per il capo 1) dell'imputazione riqualificato il reato nell'art. 594 c.p. in quanto il fatto non è previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.
Visto l'art. 531 c.p.p., relativamente al capo 2 dell'imputazione dichiara non doversi procedere nei confronti dell'imputato AL.MO. per mancanza della condizione di procedibilità.

Visto l'art. 530 c.p.p.

Relativamente al capo 1) dell'imputazione, riqualificato il fatto nell'art. 594 c.p., assolve l'imputato AL.MO. in quanto il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Motivazione riservata in 90 giorni.

Così deciso in Vicenza l'11 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2024.

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