Tribunale di Frosinone, 23 luglio 2024, n. 629 - Giudice Palmieri
In tema di lesioni personali aggravate, segnaliamo la sentenza del Tribunale di Frosinone che ha condannato un imputato per aver aggredito un uomo con un antifurto metallico (block-shaft), causandogli gravi lesioni facciali.
Il tribunale ha riconosciuto il block-shaft come "arma impropria", ritenendo che le modalità dell’aggressione non fossero giustificabili come legittima difesa.
All'imputato è stata comminata una pena di due anni di reclusione, con sospensione condizionale subordinata al pagamento di una provvisionale di 5.000 euro in favore della parte civile.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto che dispone il giudizio emesso dal GUP in data 13.09.2019 si procedeva nei confronti di Pe.Al., in epigrafe generalizzato, chiamandolo a rispondere del reato sopra descritto.
All'udienza del 15/06/2021 (proveniente dall'udienza del 05/12/2019, di rinvio per adesione dei difensori all'astensione proclamata dall'Unione delle camere penali, da quella del 24.09.2020, di rinvio sul ruolo dell'odierno giudicante, nonché dell'udienza del 19.01.2021, di rinvio per astensione proclamata dai V.P.O.), nella dichiarata assenza dell'imputato, alla presenza dei suoi difensori e della già costituita parte civile, veniva aperto il dibattimento ed ammesse le prove come richieste dalle parti, ad eccezione della lista testi della p.c. non ammessa per tardività del deposito; su richiesta della difesa veniva altresì estromessa dal fascicolo l'annotazione di P.G. del 16.09.2017, il fascicolo fotografico allegato all'annotazione stessa rimaneva invece agli atti del fascicolo come prova documentale.
Veniva escussa la p.o. De.Ro. ed, all'esito, veniva acquisita documentazione medica relativa alle sue condizioni dì salute all'esito dei fatti veniva altresì modificato il capo di imputazione nel senso che "laddove si legge lato DX, deve intendersi lato SX".
Venivano inoltre escussi i testi: El.Ca., il lgt. Fa.Br., il m.llo Pa.An. ed il m.llo In.Fa.. Al termine si acquisivano le sommarie informazioni rese dalla teste Ca. ed il verbale di sequestro del 14.09.2017 dell'antifurto metallico "block-shaft" quale presumibile arma utilizzata per commettere il reato.
All'udienza del 25/01/2022 venivano escussi i testi Gr.An., Ig.Em., Pe.Fr., Ci.Ma., Fo.Gu. e Fo.Lu. (tutti testi p.m.). Al termine venivano acquisite, con il consenso delle parti, le SS II rese dai testi Ce.Fr. (con rinuncia alla sua escussione), Fo.Lu., Fo.Gu., Ci.Ma., Mo.Gi. (con rinuncia alla sua escussione) Pe.Fr., Ig.Em., De.Ro..
Rinviata l'udienza del 28.06.2022 per astensione dei difensori, l'udienza del 14/02/2023 per assenza dei testi della difesa, l'udienza del 25/07/2023 per assenza del giudice e l'udienza del 27/12/2023 per assenza del teste della difesa, all'udienza del 12/03/2024, veniva escusso il teste della difesa Tu.Sa., al termine la costituita parte civile chiedeva di produrre una consulenza tecnica sullo condizioni di salute della persona offesa, la difesa si opponeva ed il giudice non ammetteva la richiesta non essendo stata ammessa la lista testi della parte civile per tardività; veniva acquisita la memoria difensiva. Venivano altresì acquisiti: il verbale di sequestro e successivo dissequestro del veicolo condotto dalla persona offesa, Fiorino Tg. (…); il verbale di sequestro del blocca sterzo, n. 1 maglietta a mezza manica colore bianco indossata dall'imputato; inoltre il fascicolo fotografico dei beni oggetto di sequestro e delle lesioni subite dalla persona offesa. A questo punto la difesa chiedeva disporsi la visione del corpo di reato e la costituita parte civile formula richiesta di perizia medico legale sulla persona del De. ai sensi dell'art, 507 c.p.p.
All'udienza del 02/04/2024 le parti prendeva visione del corpo di reato ed al termine rigettata la richiesta di integrazione istruttoria ai sensi dell'art. 507 c.p.p., dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, le parti concludevano nei termini di cui in epigrafe.
All'udienza odierna, il p.m, rinunciava alle repliche ed il giudice emetteva la sentenza, dando lettura del dispositivo L'imputato è chiamato a rispondere del reato di lesioni personali aggravate.
Ai fini della ricostruzione de fatto occorre partire dalla deposizione della persona offesa De.Ro..
Il teste premetteva che la mattina del (…) mentre stava andando a Ceprano per un lavoro per conto della FTP di Ripi a bordo del veicolo della ditta, notava, davanti, ad un bar nei pressi dell'Hotel Id., la macchina della moglie. Decideva allora, prima, di telefonarle per chiederle perché si trovasse li e, poi, si fermava parcheggiava il veicolo ed entrava nel bar: "..Entro dentro ai bar e vedo lei e mi giro e vedo il signor Pe.Al.., lo conoscevo, era un amico di famiglia"; sospettando l'esistenza di una relazione affettiva fra i due, nasceva una discussione con il Pe., per motivi di gelosia, nel corso della quale chiedeva all'imputato di allontanarsi perché voleva parlare da solo con la moglie "mi sono girato e gli ho detto, magari a voce alta, non sono affari che ti riguardano per favore esci da qua e non voglio avere niente a che fare con te…lui si è alzato e ha preso e se ne è andato fuori dal bar".
Il teste proseguiva riferendo che dopo aver parlato con la moglie decideva di andare via "esco dal bar e mi dirigo verso il mio furgone..sto prendendo le chiavi dalla tasca. Mentre mi inchino così per prendere le chiavi vedo un'ombra arrivarmi da dietro, mi giro, perché convinto che era lei,perché pensavo che lui già se ne era andato, pensavo che era lei che mi voleva dire qualcosa, mi giro così per vedere cosa voleva, mentre mi giro mi sono sentito arrivare una botta sul viso sul lato sinistro tra l'orecchio, la mandibola, sotto rocchio. Tanto è vero che sono caduto, quando sono caduto mi sono guardato in alto e ho visto lui che aveva una mazza in ma no., tipo un bullock, perché aveva i ganci dello sterzo. Mi sono protetto così e lui nel frattempo ha tirato un'altra botta però ha preso il furgone..si, mi sono leggermente spostato. Poi ha dato la terza botta proprio sono riuscito a bloccarla con fa mano e lui che gridava "ti ammazzo, ti ammazzo". Nel frattempo io mi rigiro perché avevo un grosso dolore e poi mi accorsi che ero pieno di sangue, alla fine sono riuscito a infilarmi, perché poi c'erano delle persone che gridavano, sono riuscito a salire sul furgone e sono riuscito a scappare".
Il teste non sapeva indicare le persone che avevano assistito all'aggressione perché "era la prima volta che io entravo in quel bar", riconosceva però la moglie che mentre stava salendo sul furgone gli diceva "vai al pronto soccorso che ti sta uscire il sangue dalla testa".
Salito sul furgone si dirigeva dapprima a casa dei suoceri, che abitavano a poca distanza, chiedendo loro, senza esito, di essere soccorso; decideva allora di recarsi presso l'officina ove lavorava ed ove veniva soccorso da Pe.Fr. e da Mo.Gi. e poco dopo: "sono svenuto e mi sono risvegliato due sere dopo in ospedale".
Il teste riconosceva poi i fotogrammi estrapolati dal sistema di videosorveglianza del bar e allegati all'annotazione di servizio della P.G., che gli venivano mostrati dal P.M. ed al termine identificava se stesso "in quello con la divisa blu" ed il Pe. in "quello con la maglietta bianca".
Con riferimento alle conseguenze dell'aggressione riferiva "dopo il coma farmacologico sono stato operato, ho una placca qui sopra, una placca qui sotto e mi hanno dovuto ricostruire tutto l'osso qui di fianco. Più di sessanta giorni, poi tutti i giovedì dovevo andare a Roma all'Umberto I per le medicazioni. Dopo due giorni, due giorni dopo, mi hanno dimesso con il modulo che se sto a casa però è come se fossi ricoverato..ricoverato protetto una ventina di giorni". Al termine riferiva che "l'osso era rimarginato, però le placche, queste placche qui sono rimaste perché era troppo grossi i danni e dovevano rimanere..quando cambia il tempo mi comincia a fare male".
Venivano poi escussi i testi del p.m.
Ca. Elena, proprietaria del bar "Le." a Ceprano, riferiva che la mattina dei fatti non era presente al bar perché si trovava a casa che tuttavia si trovava sopra al bar, ad un tratto "ho sentito le voci, quando ho capito che c'era qualcosa di più, perché urlavano, mi sono affacciata e quello che ho visto era questo signore che aveva qualcosa, ma non capivo cosa aveva in mano, che batteva sulla macchina, colpiva la macchina, quindi era già probabilmente successo tutto. Si sentivano dei colpi forti comunque penso qualcosa avesse in mano".
A domanda della parte civile, riferiva che il signore con l'oggetto aveva colpito almeno un paio di volte la macchina, mentre l'altro soggetto faceva retromarcia e andava via con il furgone.
Nello specifico non ricordava i due soggetti coinvolti.
Veniva poi sentito il Lgt. In.Fa. che interveniva presso l'officina meccanica di Ripi in seguito ad una segnalazione della sala operativa: "appena siamo arrivati sul posto abbiamo trovato un soggetto a terra vicino a una macchina che poi abbiamo identificato in De.Ro. e presentava una ferita sulla regione temporale sinistra..aveva il viso sporco di sangue".
Procedevano al sequestro del furgone FIAT Fiorino condotto dal De. e di proprietà della ditta per la quale il De. lavorava perché "da un prima ispezione dell'autovettura erano state rinvenute sul parafango anteriore sinistro, sul cofano anteriore e sulla portiera destra diverse macchie di sangue che il proprietario riferiva non esserci" (cfr. verbale con repertazione delle macchie di verosimile natura ematica presenti sul furgone")
Il Mar. Pa.An. del comando Carabinieri di Ceprano, riferiva di essersi recato dopo i fatti, presso il bar al fine di individuare possibili testimoni, aveva altresì acquisito le immagini di video sorveglianza del locale (versate agli atti del fascicolo).
Il tenente Fa.Br. riferiva di aver eseguito il sequestro del bloccasterzo da auto (antifurto) in ferro "rivestito in gomma con manico di colore nero" che il Pe. consegnava spontaneamente a loro operanti in data 14.11.2017 alle ore 16,15 e, quindi, subito dopo il fatto. Il blocca sterzo si trovava in un armadio sottostante l'abitazione dell'imputato all'interno di un piccolo armadio di plastica e veniva sequestrato quale corpo del reato.
Gr.An., madre dell'imputato, ricordava che il giorno dei fatti di cui all'imputazione il figlio era uscito da casa alle ore 8.00 per andare a prendere dall'ex coniuge i figli e portare loro a scuola. Ricordava anche che il figlio aveva il turno di lavoro dalle ore 14.00 alle ore 22.00 e pertanto era tornato a casa intorno alle ore 11.30 per il pranzo e che indossava un jeans ed una maglietta bianca. La teste riferiva infine che il figlio le aveva raccontato di aver avuto una discussione con un tizio al bar "stava prendendo a un bar un caffè con una certa Lu. che è arrivato il marito e ha cominciato a picchia sta Lu.. E lui l'ha difesa e si so attaccati, hanno avuto questa discussione con sto marito di sta Lu.".
Ig.Em. premetteva di lavorare presso il bar ove si erano svolti i fatti; ricordava che all'interno di esso aveva visto un uomo ed una donna fare colazione; poco dopo era arrivato un uomo in tuta da lavoro che strattonava la donna facendola sbattere contro il congelatore. Poco dopo l'altro uomo usciva dal locale. Dopo che erano usciti fuori dal locale entrambi gli uomini era stata attirata dal fracasso "sono stata attirata da loro due che avevo visto che stavano discutendo" quindi usciva anche lei e vedeva l'uomo in tuta da lavoro che perdeva sangue dal viso, "ho visto che avevano discusso e mi ricordo che il ragazzo con la tuta me lo ricordo che aveva comunque tutto del sangue sul viso". All'esito dell'escussione della teste venivano acquisite le SIT da lei rese nell'immediatezza dei fatti. In esse la Ig. confermava che il 14.09.2017, presso il bar "Le." era presente la Fo. che veniva poi raggiunta da un uomo in t-shirt bianca e jeans. Poco dopo faceva ingresso nel bar un uomo in tuta da carrozziere, che entrava e iniziava a discutere con la donna tanto da "afferrarla ai capelli e stringerla vigorosamente verso il congelatore". Per tale ragione invitava loro ad uscire dal locale e, subito dopo, sentiva gridare ed uscita all'esterno del bar vedeva "l'uomo che indossava la salopette di colore blu che aveva del sangue sulla guancia sinistra. Nella stessa circostanza ho notato l'uomo con la maglia bianca che frettolosamente saliva in auto e se ne andava".
Il teste Pe.Fr., collega di lavoro della persona offesa, confermava che il De. si era recato a Ceprano per ragioni di lavoro e ricordava che il predetto una volta tornato in officina si sentiva male "si è accasciato per terra" aveva il viso insanguinato e continui mancamenti. Sul luogo erano poi giunti i Carabinieri e l'elisoccorso per trasportarlo in ospedale.
Anche di questo teste venivano acquisite le SIT rese il 14.09.2017, in esso il Pe. spiegava che nella mattinata il De. doveva eseguire un intervento meccanico a Ceprano e che quando era tornato in officina, aveva sentito gli operai gridare e chiedere aiuto. Aveva pertanto raggiunto loro e "vedevo Ro. a terra, con una ferita all'altezza della tempia sinistra, da cui fuoriusciva sangue denso".
Fo.Lu., moglie separata del De., premetteva che tra lei ed il marito i rapporti non era sereni e che non era più dialogo tra loro.
Ricordava che il giorno dei fatti era al bar a fare colazione con il Pe. quando il marito dopo averla chiamata al telefono, la raggiungeva al locale; una volta entrato nel bar vedendola con il Pe. la insultava e le dava uno schiaffo "la discussione era solo con me, non era con Al…."; il Pe. cercava di farlo desistere "ci diceva smettila, lasciala perde", dopo di che usciva dal locale, mentre il De. rimaneva con lei nel bar per qualche minuto e poi usciva. Veniva poi richiamata dalle grida e dalle urla del Pe. e del marito, cui si aggiungevano quelle della Ig. nel frattempo uscita dal locale; per tale ragione usciva anche lei e vedeva il marito sanguinante. Dopo aveva ricevuto una telefonata dal De. che la insultava telefonicamente e poi del Pe. che le comunicava che il marito stava per essere trasportato in ospedale e che erano intervenuti anche i Carabinieri che avevano chiesto le generalità di Al..
Nelle SS II rese nell'immediatezza la Fo. riferiva che una volta che i due uomini erano usciti dal bar, sentendo delle urla all'esterno del locale erano uscite prima la Ig. e poi lei e vedeva che "i due, erano in piedi e posizionati vicino il furgone bianco(fiorino) mentre erano venuti alle mani, azzuffandosi. In particolare ho potuto notare che Ro. aveva il volto sanguinante all'altezza dello zigomo sx. Successivamente i predetti si immettevano ciascuno nel proprio veicolo per poi allontanarsi dal bar".
Infine venivano acquisite le SS II rese da: Ce.Fr., da esse si evince che lo stesso si trovava presso il bar "Le Garze" e vedeva che il conducente del furgone aveva del sangue sul volto "l'uomo che stava salendo sul furgone, che in quel momento si era girato verso di me, aveva del sangue sulla parte sinistra del volto". Vedeva anche un altro uomo salire su una macchina. Non aveva ascoltato nulla, poiché il suo apparecchio acustico era scarico.
Fo.Gu. e Ci.Ma., suoceri del De., confermavano che il 14.09.2017 il predetto si era recato presso la loro abitazione ed aveva "del sangue che gli fuoriusciva dalla tempia sinistra". Mo.Gi. riferiva che nella mattinata del 14.09.2017, il De., si recava in officina e comunicava di doversi recare al P.S. aveva "il volto parzialmente coperto di sangue. Appena arrivato in prossimità della parte posteriore della sua vettura, all'improvviso cadeva a terra apparentemente svenuto..chiamavo il 118".
Veniva poi escusso il consulente della difesa dott. Tu.Sa., incaricato dalla difesa, di accertare la compatibilità dell'arma utilizzata (block-shaft), secondo la prospettazione accusatoria, con le lesioni riportate dal De., previa visione delle fotografie delle lesioni riportate dalla p.o. e della documentazione clinica.
Il medico-legale riferiva al riguardo che secondo i suoi accertamenti, il De. aveva ricevuto due colpi di cui uno a livello orbitario, da ricondursi ad un pugno, ed un altro a livello mandibolare, che aveva determinato una ferita lacero-contusa. Il consulente, quindi, attribuiva le lesioni ad un pugno.
A tali conclusioni era pervenuto dopo aver esaminato il fascicolo fotografico in atti e la documentazione sanitaria che gli era stata fornita, ovvero il referti medici ma non anche la documentazione relativa al ricovero "io ho il referto di pronto soccorso e basta..la cartella di ricovero non c'è" ed alla contestazione della difesa della parte civile relativa alla idoneità di un pugno a causare la accertata "frattura della parete anteriore e della parete laterale del seno mascellare sinistro e la frattura della parete dell'orbita di sinistra" alla quale era seguita il posizionamento di una doppia placca di osteosintesi, dichiarava "un pugno può determinare una frattura tale da dover necessitare un intervento chirurgico, ma io non ho detto assolutamente che le fratture che lei mi sta riferendo e che io non ho mai riportato perché non ce l'ho nella documentazione sanitaria che mi è stata fornita, siano compatibili o meno con il pugno..non mi è stata fornita la cartella del ricovero del Policlinico.." il teste infine concludeva riferendo che la frattura lascia dei postumi permanenti.
Passando ora alla disamina delle prove documentali, sono stati acquisiti al fascicolo:
la cartella clinica del Policlinico Umberto I di Roma presso cui veniva elitrasportato il De., che ivi faceva ingresso il 14.09.2017 alle h. 12.10 e veniva poi sottoposto ad intervento chirurgico in data 19.09.2017. Nei referti medici risulta diagnosticato: "frattura cranico e fratture multiple della faccia" con prognosi di "giorni 40". In data 15.09.2017 a seguito di "vertigini contusione reg. zigomatica dx in stato di stress reattivo" veniva prolungata la prognosi di giorni 10. i sequestri operati dalla p.g. ed in particolare: il blocca sterzo da auto rinvenuto presso il garage del Pe. in data 14.09.2017; la maglietta a mezza manica colore bianco indossata da Pe. in data 14.09.2017 e rinvenuta presso la sua abitazione; il FIAT Fiorino di colore bianco Tg. (…) di proprietà della ditta FTP del 14.09.2017, condotto dal De. con tracce ematiche.
Sono state altresì acquisite le immagini di video-sorveglianza del bar "Le." da cui poteva osservarsi che la Fo.Lu. entrava nel bar e si sedeva al tavolo. Poco dopo entrava il Pe.Al. che si andava a sedere con lei al tavolo. Arrivava poi il De. che iniziava a discutere, prima, con la moglie e, poi, con il Pe., che poco dopo usciva dal locale, dal quale usciva, poco dopo, anche il De.. Infine, le immagini mostravano la Ig. e la Fo. dirigersi verso la porta d'ingresso del bar.
Così ricostruito il quadro probatorio di riferimento, il Tribunale ritiene che esso restituisca in modo certo la prova della responsabilità penale dell'imputato in ordine al fatto-reato ascritto.
Va innanzitutto ricordato che, come statuito da Cass. SS.UU. n. 41461 del 19/7-24/10/12, "Le regole dettate dall'art. 192/3 c.p.p. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone".
Nel caso in esame la deposizione della persona offesa De.Ro. è stata sicuramente chiara e lineare in sé e coerente con gli altri elementi acquisiti, quali in primo luogo le lesioni subite dal De., di cui la documentazione fotografica dà conto, ed oggettivamente compatibili con l'aggressione riferita dalla persona offesa.
A ciò si aggiungano le dichiarazioni rese dai soggetti intervenuti successivamente all'aggressione, i quali, tutti, riferiscono della presenza del sangue solo sulla persona del De.: il che conferma che si è trattato di un'aggressione fisica unilaterale del Pe. nei confronti del De.; in ogni caso anche a voler ritenere che il De. avesse tenuto un contegno verbalmente provocatorio nei confronti del Pe. ed avesse destato la sua ira per aver strattonato la Fo., mai si potrebbe ipotizzare la sussistenza di una legittima difesa per assenza del requisito della proporzionalità tra l'offesa e la difesa, requisito imprescindibile per l'applicazione dell'art. 52 c.p., dal momento che l'imputato avrebbe reagito a tale ipotetica aggressione verbale colpendo, con violenza fisica, il De. con un arnese di ferro e , dunque con un mezzo, per la sua conformazione e le sue caratteristiche, in grado di causare lesioni particolarmente invasive per l'integrità personale, quali sono state le lesioni causate in concreto al De. che hanno determinato una perdita immediata di sangue, non solo sulla persona offesa, ma anche sulla mezzo davanti al quale è avvenuta l'aggressione, nonché fratture plurime che hanno richiesto un intervento chirurgico con postumi permanenti.
Non possono invece condividersi le conclusioni cui è pervenuto il dott. Tu.Co. consulente della difesa in ordine alla riconducibilità di tali lesioni ad un pugno in considerazione del fatto che, come sopra riportato, esse sono state rese senza aver visionato la cartella clinica del ricovero della persona offesa e, quindi, in assenza di un elemento fondamentale per valutare la genesi delle lesioni e rispondere al quesito. Ne consegue che le conclusioni cui è giunto il consulente sono inevitabilmente ed inesorabilmente inficiate da tale carenza di documentazione presente nel fascicolo del dibattimento e, dunque, nella disponibilità delle parti.
A ciò si aggiunga che l'uso del bock-shaftè riferito non solo dalla persona offesa, ma risulta confermata dalla tipologia delle lesioni subite dal De. (si veda il referto di P.S. che diagnosticava "fratture multiple", poi accertate in sede di ricovero ospedaliero presso l'Umberto I di Roma come frattura della parte anteriore e della parete laterale del seno mascellare sinistro e poi anche la frattura della parete laterale dell'orbita di sinistra. Inoltre nell'immediatezza, il De. veniva sottoposto ad intervento di riduzione aperta di frattura zigomatica). Infine non va ignorato che è stato lo stesso imputato a mostrare agli operanti dove si trovava l'antifurto ed a consegnarlo agli stessi, come risulta dal verbale di sequestro.
Dunque, esclusa la sussistenza della scriminante della legittima difesa, alla luce delle prove acquisite nella condotta dell'imputato è pienamente configurata la condotta punita dall'art. 582 c.p. nei suoi elementi oggettivi e soggettivi.
Oggettive sono intanto le lesioni riscontrate alla persona offesa, come la circostanza che le stesse siano state prodotte dall'aggressione posta in essere dall'imputato considerato che il De. veniva soccorso poco dopo e trasportato in eliambulanza al Policlinico Umberto 1 di Roma.
Infine, quanto all'elemento soggettivo del reato contestato, le stesse modalità della condotta offrono prova del fatto che l'imputato con coscienza e volontà ha colpito la persona offesa.
Con riguardo poi all'entità delle lesioni occorse al De.Ro., deve ritenersi provata la contestata aggravante di cui all'art. 583 c.p. perché, come accertato nel corso dell'istruttoria, e come documentato dai referti del P.S. la p.o. ha riportato una prognosi superiore ai 40 giorni.
Va evidenziato, sul punto, che, in ambito penale, la nozione di "malattia" costitutiva della fattispecie della lesione personale (sia dolosa che colposa) "non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, bensì solo quelle da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l'aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa" (Cass. Pen., Sez. IV, 26.05.2016, n. 22156, imp. De.).
In tale ottica, il c.d. postumo è un effetto che permane all'esito dell'evoluzione clinica del processo patologico e che ha la sua rilevanza, anche in ambito penale, solo nel momento in cui implica una significativa riduzione della funzionalità dell'organismo impedendo conseguentemente al soggetto di attendere alle sue ordinarie occupazioni (in altri termini, laddove non vi sia un indebolimento permanente di un senso o di un organo, "la lesione personale deve considerarsi grave" laddove la stessa determini una "incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni' che si protragga "oltre il quarantesimo giorno, ivi compreso il periodo di convalescenza o quello di riposo dipendente dalla malattia" - Cass. Pen., Sez. V, 29.01.2016, n. 4014, imp. Cu.).
Ebbene dalla certificazione medica in atti si evince che il De. ha avuto forti limitazioni per un periodo ben superiore a 40 giorni. La documentazione medica dimostra che c'è stata la necessità di un intervento chirurgico in seguito a plurime fratture con una prima prognosi di giorni 40 ed una successiva di giorni 10, il che evidenzia l'influenza di tale limitazione sulle occupazioni quotidiane.
Sussiste, altresì, la circostanza aggravante di cui all'art. 585, avuto riguardo all'arma impropria utilizzata dal Pe. "block - shaft". La Cassazione, in molteplici pronunce ha infatti attribuito ad oggetti, che per loro natura non sono atti ad offendere, la natura di arma "impropria"; ad es. nella sent. n. 22525 (19 ottobre - 19 novembre 2020) ha ribadito quanto già affermato nel 2010, dalla medesima sezione, con la sentenza n. 27768, ossia che: "in tema di lesioni personali volontarie, ricorre la circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando il soggetto agente utilizzi un manico di scopa ed un ombrello, trattandosi di armi improprie, ai sensi dell'art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975, per il quale rientra in questa categoria, oltre agli strumenti da punta e taglio e gli altri oggetti specificamente indicati, anche qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, sia potenzialmente utilizzabile per l'offesa della persona". La Suprema Corte ha altresì richiamato altre sue pronunce (Sez. 5, n. 46482 del 20/06/2014, A, Rv. 261017; Sez. 5, n. 49517 del 21/11/2013, R, Rv. 257758), precisando che: "per arma impropria deve intendersi qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa, che sia in concreto utilizzato per procurare lesioni personali, giacché il porto dell'oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per essere utilizzato come arma".
Ne consegue che, il "block.shaft" se usato - come nella specie - in un contesto aggressivo, costituisce per la sue caratteristiche arma impropria con conseguente configurabilità anche della ulteriore aggravante contestata.
Passando ora alla quantificazione della pena, valutati i criteri di commisurazione di cui all'art. 133 c.p., concesse le attenuanti generiche solo al fine di commisurare la pena al concreto disvalore del fatto, da ritenersi equivalenti alle contestate aggravanti, lo condanna alla pena di anni due di reclusione.
Alla condanna segue il pagamento delle spese processuali come per legge.
Possono essere concessi al Pe. i benefici della sospensione condizionale della pena in ragione della sua incensuratezza e potendosi presumere che l'imputato in futuro si asterrà da condotte analoghe, solo qualora la sospensione venga subordinata al pagamento di una provvisionale come infra determinata.
Quanto alla domanda formulata dalla parte civile De.Ro. con cui si chiede la condanna dell'imputato al risarcimento in suo favore dei danni (patrimoniali e non) che siano conseguenza della condotta illecita allo stesso ascritta, nonché alla rifusione delle spese di lite, tale domanda è fondata per le ragioni in precedenza esposte e deve essere dunque accolta.
Tale condotta integra un fatto illecito, fonte di responsabilità civile e di danni risarcibili in virtù del disposto degli artt. 185 c.p., 2043 e 2059 c.c. Dalla stessa sono derivati al De. danni non patrimoniali consistiti nel danno morale soggettivo o pretium doloris (risarcibile in virtù del combinato disposto degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p.), rappresentato, in particolare, dal turbamento psicologico che la vicenda per cui è processo ha arrecato alla sua serenità personale. Altro danno non patrimoniale potenzialmente derivato alla vittima è quello alla sua integrità psicofisica e alla sua salute. Nel corso del giudizio, non è stata però possibile acquisire la prova dell'effettiva esistenza e dell'effettiva consistenza dei danni patrimoniali derivati alla persona offesa.
Ci si dovrà pertanto limitare ad emettere, ai sensi dell'art. 539 c. 1 c.p.p., una pronuncia di condanna generica, per la quale, secondo la prevalente e condivisibile giurisprudenza (cfr. Cass. pen. sez. VI, 11.03.2005, n. 12199), non è necessario che il danneggiato provi l'effettiva sussistenza dei danni e il nesso di causalità tra questi e l'azione dell'autore dell'illecito, ma è sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose. Dovrà invece rimettersi al giudice civile competente l'accertamento e la decisione in ordine alla misura e quantificazione dei danni.
Può invece trovare accoglimento la richiesta formulata dalla parte civile di assegnazione di una provvisionale. Per quanto già esposto è infatti certo e indubitabile che alla persona offesa competa, quanto meno, il risarcimento del danno morale soggettivo iure proprio patito in conseguenza dei fatti per cui è processo. Quanto a tale danno morale soggettivo, da liquidarsi necessariamente in via equitativa, occorre rilevare la sofferenza morale e il turbamento psicologico della persona offesa non è stato modesto se si considerano le modalità del fatto, come sopra descritte. Per tutte le ragioni esposte, si reputa dunque congruo quantificare il danno non patrimoniale di cui può dirsi raggiunta la prova in Euro 5.000: va dunque quantificata secondo tale importo la provvisionale richiesta (immediatamente esecutiva, come per legge).
Trattandosi di debito di valore, tale somma va, in primo luogo, rivalutata in ragione degli indici ISTAT. Sul capitale rivalutato vanno poi applicati gli interessi al tasso legale. L'intervallo temporale di riferimento dei due calcoli è quello tra il giorno del venire in essere dell'obbligo (che coincide con la data di consumazione del fatto) e quello dell'effettivo adempimento.
Ai sensi dell'art. 541 c.p.p., l'imputato va altresì condannato al pagamento delle spese di lite in favore della parte civile, che si liquidano nella misura complessivamente indicata nel dispositivo, oltre ai rimborso spese pari al 15% del compenso totale, oltre ad IVA e CPA.
Il concomitante carico di lavoro ha suggerito di riservare il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Dichiara Pe.Al. responsabile del reato a lui ascritto e per l'effetto riconosciute le circostanze attenuanti generiche come equivalenti alle contestate aggravanti lo condanna alla pena di anni due di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l'art. 163 c.p.
Dispone che l'esecuzione della pena suddetta rimanga sospesa per il termine e sotto le comminatorie di legge a condizione che l'imputato entro sei mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza adempia l'obbligo di pagamento della provvisionale, come in seguito liquidata Visti gli artt. 538 e ss. c.p.p.,
condanna l'imputato al risarcimento dei danni subiti dalla costituita parte civile, De.Ro. da liquidarsi in separato giudizio; visto l'art. 539 c.p.p.,
su richiesta di parte, condanna l'imputato al pagamento in favore della parte civile costituita della somma di Euro 5000,00 a titolo di provvisionale oltre interessi da calcolarsi dalla data di commissione del fatto sino a quella dell'effettivo soddisfo,
condanna, altresì, l'imputato alla rifusione delle spese di costituzione e lite della predetta Parte civile che liquida in Euro 2.500,00 oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso forfettario come per legge;
visto l'art. 240 c.p.
dispone la confisca e distruzione di quanto in sequestro
visto l'art. 544, comma 3, cpp
indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Frosinone il 30 aprile 2024.
Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2024.