Tribunale Rovigo, 20/03/2023, n.3
L'ematoma rientra nella nozione di malattia per l'integrazione del reato di lesioni personali, e ciò in quanto consiste in un versamento ematico nei tessuti sottocutanei derivante dalla lesione determinata dalla condotta fisicamente aggressiva dell'imputato.
Svolgimento del processo
Pa.Pi. veniva citato a giudizio avanti al Giudice di Pace di Rovigo per rispondere del reato di lesioni personali commesso in data 27.5.2016 nei confronti della vicina di casa Re.Fl. (che si costituiva parte civile alla prima udienza del 19.12.2019) tramite un colpo al petto con mano aperta che cagionava alla donna una "contusione all'emitorace sinistro" giudicata guaribile in giorni 10.
L'istruttoria dibattimentale di primo grado si svolgeva mediante il controesame dei testi del Pubblico Ministero da parte dei difensori della p.c. e del Pa., in quanto veniva prestato il consenso all'acquisizione di tutti gli atti di indagine ai fini dell'esame diretto dei testi da parte del P.M.
L'imputato rendeva spontanee dichiarazioni e le parti producevano documentazione.
All'esito del giudizio di primo grado, il Giudice di Pace di Rovigo, con sent. n. 174/2022, emessa il 15.9.2022 (e depositata il 21.9.2022), assolveva l'imputato con formula piena per insussistenza del fatto affermando che la deposizione della p.c. non risultava riscontrata da alcun elemento probatorio ulteriore. La Re., residente accanto alla falegnameria del Pa., evidenziava che, il pomeriggio del 27.5.2016, nello stradello che separava le due proprietà era parcheggiato un furgone appartenente all'imputato che le avrebbe impedito il passaggio. Ella, allora, avrebbe fatto presente la circostanza all'imputato e, all'esito di una discussione, quest'ultimo le avrebbe inferto una manata sul petto, cagionandole le lesioni di cui all'imputazione. A quel punto la Re. si spostava verso il suo cancello mentre il Pa. la seguiva per porgerle delle scuse che ella non accettava, e dopodiché giungeva la moglie dell'imputato con la quale proseguiva l'alterco. L'imputato ammetteva il litigio, riferendo che erano intercorse reciproche offese sia tra lui stesso e la Re., sia tra quest'ultima e sua moglie, ma negava fermamente qualsiasi contatto fisico. Secondo quanto riportato nella sentenza, gli ulteriori testi d'accusa escussi, ovvero i vicini di casa (…) ed il teste Ba.Ti., non dichiaravano nulla di decisivo: la prima riferiva di essere stata molto lontana dal punto in cui avveniva l'alterco e di aver solamente notato la Re. alzare le braccia mentre urlava; il secondo, parimenti, dichiarava di aver udito delle urla della p.c. e, dopo essersi affacciato alla finestra, di averla vista agitare le braccia davanti alla moglie del Pa. e a quest'ultimo.
Secondo le conclusioni del Giudice di Pace, dunque, in assenza di testi oculari non si sarebbe potuto addivenire ad una pronuncia di condanna nei confronti dell'imputato poiché, in primo luogo, la deposizione della Re. non era supportata da alcun ulteriore elemento probatorio e, in secondo luogo, veniva esclusa l'insorgenza di una malattia dato che il medicinale prescritto alla p.c. (ovvero il "Brufen") consisteva in un antinfiammatorio volto a contrastare il dolore ma privo di effetti curativi.
Il procuratore speciale della parte civile Re.Fl. proponeva appello (tempestivo) avverso tale sentenza del Giudice di Pace, ai soli fini civili, ritenendo che, in primo luogo, il giudice di prime cure avesse errato nella valutazione del materiale probatorio, omettendo completamente qualunque valutazione circa gli atti di indagine acquisiti (sub specie i verbali di P.S. di Rovigo del 27.5.2016 e il verbale di accertamenti urgenti eseguiti dai C.C. di Arquà Polesine nell'immediatezza dei fatti), nonché lamentando l'erronea interpretazione della legge penale quanto al concetto di malattia.
Per questi motivi veniva chiesta la riforma della sentenza impugnata con condanna dell'imputato al risarcimento di tutti i danni patiti dalla parte civile.
Nel processo d'appello all'udienza del 28.2.2023, il difensore di p.c. insisteva per l'accoglimento dell'appello e dimetteva le relative conclusioni scritte, le altre parti concludevano come da verbale e veniva emessa la presente sentenza.
Diritto
Motivi della decisione
I motivi dell'appello proposto dalla parte civile appaiono fondati e lo stesso va pertanto accolto. Il quadro probatorio emerso dal dibattimento di primo grado avvalora pienamente e pacificamente la responsabilità e la sentenza impugnata appare viziata da una erronea lettura del materiale probatorio raccolto.
Innanzitutto, si evidenzia che la motivazione principale addotta dal Giudice di Pace alla base della sentenza assolutoria riguarda la carenza di elementi probatori di riscontro alla versione fornita dalla parte civile anche se, tuttavia, concludeva per l'assoluzione del Pa. per insussistenza del fatto con formula piena e non con formula dubitativa.
In ogni caso si rileva che il giudice di prime cure ometteva completamente di confrontarsi con gli atti di indagine acquisiti col consenso della difesa dell'imputato, in particolare con l'esame obiettivo eseguito dai sanitari di P.S. di Rovigo (ove la paziente faceva accesso poco più di un'ora dopo i fatti, ovvero alle 17.33 del 27.5.2016), e con il verbale di accertamenti urgenti redatto dai C.C. di Arquà Polesine intervenuti nell'immediatezza (ovvero alle 16.40 del 27.5.2016).
La Re., infatti, descriveva il colpo infetto dal Pa. (verso le ore 16.10) come "un grande colpo, con la mano aperta, sul petto, poco sopra il mio seno sinistro" che la faceva barcollare all'indietro (cfr. querela p.o.).
Tale dinamica risulta perfettamente compatibile con gli esiti dei suddetti atti di indagine. La donna, infatti, dopo aver ricevuto tale "manata" contattava immediatamente le forze dell'ordine che giungevano in loco dopo circa mezz'ora, alle 16.40, raccogliendo una dichiarazione identica a quella successivamente formalizzata in querela ("Pa.Pi. mi sferrava con la sua mano uno schiaffo sul petto appena sopra il petto sinistro") e, soprattutto, notando visivamente quanto appena raccontato dalla Re.
Gli operanti, infatti, testualmente davano atto di quanto segue: "si notava la presenza del livido e si evidenziava l'impronta di una mano ove si distinguevano bene la forma del palmo e delle dita".
Appare a dir poco inverosimile, infatti, che la Re. si sia procurata da sola tali evidenti segni sul petto, e altrettanto inverosimile appare l'ipotetica ricostruzione alternativa per cui la stessa si sarebbe fatta aiutare in questo da un soggetto estraneo non identificato, nell'arco di una sola mezz'ora, al fine di precostituirsi una falsa prova a carico del Pa.
Oltretutto, un'ora e venti dopo tale fatto, infatti, la donna si recava presso il P.S. di Rovigo ove le veniva diagnosticata una "contusione all'emitorace sinistro" che si presentava "arrossato nella zona anteriore e molto dolente alla palpazione superficiale, come da contusione".
Il fatto che, poi, i sanitari le abbiano prescritto un antidolorifico non vale in nessun modo ad escludere la sussistenza delle lesioni, le quali oltretutto, secondo una recentissima sentenza della Suprema Corte potrebbero anche essere provate solamente tramite le dichiarazioni della persona offesa: "in tema di valutazione della prova, il reato di lesioni personali può essere dimostrato, per il principio del libero convincimento del giudice e per l'assenza di una gerarchia tra i mezzi di prova, sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa, di cui sia stata positivamente valutata l'attendibilità, anche in mancanza di un referto medico che attesti la "malattia" derivata dalla condotta lesiva. (Fattispecie relativa a lividi e graffi al collo ed al viso, nonché ematomi ai polsi)", (Cass. Pen. 43614/2021). Nel caso di specie, a maggior ragione, sia i Carabinieri sia i medici avevano attestato la sussistenza di un arrossamento e di un livido sull'emitorace sinistro della donna (da cui si poteva addirittura distinguere la forma delle dita), e ciò rientra pacificamente nella nozione di "lesione" secondo quanto previsto dalla giurisprudenza di legittimità: "in tema di lesioni personali, l'ematoma rientra nella nozione di "malattia" in quanto consiste in un versamento ematico nei tessuti sottocutanei che comporta un'alterazione anatomica alla quale segue un naturale processo riabilitativo" (cfr. Cass. Pen. 31008/2020).
Pertanto, l'impugnata sentenza va riformata, dovendosi ritenere sussistente il delitto ivi contestato al prevenuto, sia pure limitatamente alle sole statuizioni civili, con conseguente condanna dell'imputato al risarcimento del danno cagionato alla parte civile.
Con riguardo alla quantificazione del danno subito dalla parte civile, considerata la lievità delle lesioni e non essendo stato provato compiutamente un danno patrimoniale, si ritiene di dover liquidare una somma a titolo di danno morale consistente nella sofferenza e nel patema d'animo derivanti dal reato, da ritenersi provato in re ipsa e da liquidarsi, in via puramente equitativa, in euro 500,00, a valori attuali.
Dalla parziale riforma della sentenza di primo grado segue la condanna dell'imputato soccombente al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile nei gradi precedenti di giudizio liquidate come segue secondo le tabelle vigenti per ogni fase: 1.800,00 per il primo grado (360,00 euro fase studio; 450 euro fase introduttiva; 360 euro fase istruttoria; 630 euro fase decisoria) ed euro 2.222,00 per il giudizio d'appello (237,00 euro fase studio; 567,00 euro fase introduttiva; 1.418,00 euro fase decisoria).
P.Q.M.
Visti gli artt. 2 d.lgs. 274/2000, 605 c.p.p.,
in parziale riforma della sentenza n. 174/2022 emessa dal Giudice di Pace di Rovigo in data 15.9.2022 nei confronti di Pa.Pi. ed appellata dalla parte civile Re.Fl., CONDANNA l'imputato a risarcire il danno subito dalla parte civile che si liquida in euro 500,00, a valori attuali; CONDANNA l'imputato a rifondere alla parte civile costituita le spese del processo, che liquidano in euro 1.800,00 per il primo grado ed euro 2.222,00 per il giudizio d'appello, oltre al 15 per cento per spese generali, IVA e CPA se dovute per legge. CONFERMA per il resto la sentenza impugnata.
Motivazione in giorni 25.
Così deciso in Rovigo il 28 febbraio 2023.
Depositata in Cancelleria il 20 marzo 2023.