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Maltrattamenti in famiglia: reiterazione delle condotte violente e attenuazione della pena (Corte appello Napoli - Quinta sezione)

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Corte appello Napoli sez. V, 15/04/2024, (ud. 16/01/2024, dep. 15/04/2024), n.332

Il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) si configura quando le condotte vessatorie, offensive e violente sono abituali e tali da determinare uno stato di soggezione e sofferenza continuativa nella vittima, anche in assenza di una minaccia diretta all’incolumità fisica. L’intensità del dolo è desunta dalla sistematicità e gravità delle condotte, nonché dalla loro capacità di svalutare e umiliare la persona offesa. La riduzione della pena, pur non elidendo il disvalore del reato, può essere concessa in presenza di comportamenti processuali corretti e ammissione di colpa da parte dell’imputato.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Avverso la sentenza di cui in epigrafe interponeva appello la difesa dell'imputato, chiedendo:

1) l'assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, non emergendo una reale e concreta condizione di soggezione, sofferenza ed umiliazione della vittima, né ricorrendo il dolo della fattispecie, inteso quale atteggiamento mentale orientato alla sistematicità e vessatorietà della condotta al solo fine di sottoporre la persona offesa a sofferenze psichiche e fisiche, dal momento che quest'ultima, in sede di denuncia affermava di non temere per la propria incolumità.

Al più la condotta dell'imputato configurava un dolo d'impeto occasionato da un ammanco di denaro, lontano da un atteggiamento prevaricatorio tipico del reato contestato.

Difetterebbe inoltre il requisito di abitualità delle condotte, circoscritte ad un breve periodo e a due soli episodi, scatenati da problematiche economiche e dall'uso di stupefacenti da parte dell'imputato;

2) il contenimento della pena nel minimo edittale, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione.

All'odierna udienza il difensore, munito di procura speciale, rinunciava al motivo n. 1) del gravame.

Il PG concludeva per la conferma della sentenza appellata; il difensore della parte civile presentava nota spese e conclusioni, associandosi alla richiesta del P.G. e il difensore dell'imputato si riportava ai motivi non oggetto di rinuncia.

All'esito la Corte, riunita in camera di consiglio, deliberava la decisione come da dispositivo allegato.

Motivi della decisione
Preliminarmente va osservato che il difensore dell'imputato, dopo avere proposto appello nei termini di cui sopra, nel corso dell'odierna udienza ha rinunciato al motivo di gravame assolutorio, di cui al n. 1).

Ai sensi del combinato disposto dell'art. 589 commi 2 e 3 c.p.p., e art, 591 comma 1, lett. d) c.p.p., le singole doglianze alle quali l'appellante ha volontariamente abdicato sono colpite da inammissibilità sopravvenuta, per cui non è più consentito alla Corte prenderle in esame.

Invero, l'effetto preclusivo, determinato dalla rinuncia a singoli motivi proposti e l'operatività del principio devolutivo di cui all'art. 597 c.p.p., secondo il quale la cognizione del giudice investito dell'impugnazione resta limitata ai soli capi e punti della decisione impugnata cui motivi si riferiscono, esimono il giudice d'appello dalla verifica sulla fondatezza del motivo rinunciato e limitano la sua indagine a quelli residui.

Passando ad esaminare il trattamento sanzionatorio, non è meritevole di accoglimento la richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alla contestata aggravante, attesa l'estrema gravità dei fatti commessi reiteratamente ai danni della compagna convivente, cagionandole da ultimo lesioni personali refertate (trauma contusivo distorsivo alla spalla destra, trauma contusivo alla regione auricolare dx).

Le modalità della condotta tenuta dall'odierno imputato, il quale poneva in essere reiterate azioni offensive, umilianti, vessatorie ed aggressive, perpetrate anche nei confronti della figlia minore, ostano al suddetto riconoscimento. Invero la persona offesa ha precisato di aver subito continuamente condotte maltrattanti da parte del compagno durante il lungo periodo di convivenza, vivendo in un clima di totale sottomissione psicologica e di non avere in precedenza denunciato l'uomo per vergona e, soprattutto, per amore della figlia.

Faceva poi riferimento in particolare a tre episodi particolarmente violenti di seguito riportati:

- nell'estate del 2022, all'esito di un litigio, il Ci. stringeva con entrambe le mani il collo della p.o., facendole perdere il respiro;

- il 13 Novembre 2022, il Ci. colpiva violentemente la Bo. con il manico della scopa sui glutei, fino al punto di spezzare la scopa, cagionandole una evidente ecchimosi (come da rilievi fotografici versati in atti) e minacciandola di morte;

- in data 28 febbraio 2023, il Ci., dopo aver manifestato un atteggiamento prevaricatorio, pronunciando le seguenti parole non te ne vai da qui sopra, che non è casa tua, ti faccio diventare una schiava, mi devi dare il reddito a me perché qui comando io", sferrava uno schiaffo in pieno volto alla Bo. e le prendeva la testa facendola sbattere vicino alla lavatrice, costringendo la donna a chiedere l'intervento dei militari, dinanzi ai quali, l'imputato perseverava nelle minacce e nelle offese in danno della stessa.

La protrazione nel tempo di reiterate condotte fisiche e verbali, realizzava un grave danno alla p.o., che si traduceva in una situazione di sofferenza continuativa sofferta dalla Bo.

Da tali condotte, che si spingevano fino al punto da porre in essere forme di svalutazione personale e da evocare minacce di morte in danno della p.o., in corso di convivenza, si evince l'intensità del dolo dell'imputato.

Dal racconto della Bo. emergono le conseguenze derivanti dalle reiterate condotte violente ai danni dell'intero nucleo familiare, come ricostruite attraverso la denuncia della stessa e dalla testimonianza della figlia, dalle quali emerge un atteggiamento aggressivo del Ci., abituale e radicato nel tempo, non ascrivibile unicamente ai tre episodi di cui all'imputazione.

E, tuttavia, tenuto conto della rinuncia a perorare i motivi di gravame concernenti l'affermazione di responsabilità, indice di abbandono di ogni velleità ostruzionistica, nonché del corretto comportamento processuale del prevenuto, il quale, all'udienza di convalida dell'arresto, ha ammesso gli addebiti dichiarandosi pentito per quanto commesso, risulta meritevole di accoglimento l'ulteriore doglianza formulata nel gravame con riferimento all'eccessivo rigore della pena inflitta, che va contenuta, sia pure operando una lieve riduzione.

Si reputa congrua la pena di anni due, mesi uno, giorni dieci di reclusione, così determinata: pena base, ritenuto più grave il delitto di cui al capo a), con le già concesse circostanze ex art. 62 bis equivalenti alla contestata aggravante, anni tre di reclusione; aumentata per la continuazione con il reato satellite ad anni tre, mesi due di reclusione, ridotta nella misura finale indicata per effetto della diminuente del rito prescelto. Vanno confermate le residue statuizioni della gravata sentenza.

L'imputato va condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile nel presente grado di giudizio che si liquidano come da dispositivo. I contemporanei impegni dell'estensore dovuti al gravoso carico di lavoro impongono la fissazione del termine di cui al dispositivo per la redazione dei motivi, con sospensione per il medesimo periodo dei termini di custodia cautelare.

P.Q.M.
Visto l'art. 599 c.p.p., in riforma della sentenza del 22/6/2023 del GUP del Tribunale di Nola, appellata dall'imputato Ci.Gi., riduce la pena in anni due, mesi uno, giorni 10 di reclusione. Conferma nel resto.

Condanna l'imputato alla rifusione delle spese di assistenza sostenute nel presente grado di giudizio dalla costituita parte civile, che liquida in euro 600, oltre accessori se dovuti da corrispondere in favore dello Stato antistatario.

Fissa in giorni novanta il termine per il deposito dei motivi.

Così deciso in Napoli il 16 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 15 aprile 2024.

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