Tribunale Napoli sez. VI, 06/09/2022, n.6169
La configurabilità del delitto di maltrattamenti ex art. 572 c.p. richiede una condotta abituale e sistematica di vessazioni idonee a compromettere la dignità e l'integrità psico-fisica della vittima. Non possono integrare il reato contrasti isolati o legati a difficoltà contingenti, come le liti familiari di natura economica o occasionale. Inoltre, le lesioni personali aggravate, se realizzate mediante oggetti utilizzati come armi improprie, rendono il reato perseguibile d’ufficio, anche in assenza di querela.
Svolgimento del processo
L'imputato in epigrafe è stato tratto nelle forme ordinarie, innanzi al giudizio del Tribunale di Napoli - in composizione collegiale - per rispondere dei reati ascrittigli giusta decreto del G.U.P. datato 10 maggio 2021.
Dopo un rinvio per ragioni di assegnazione interna, all'udienza del 2 dicembre 2021, previa riunione di altro procedimento che recava il numero 6305/21 Dib, una volta esaurite le questioni preliminari, il dibattimento era aperto e le parti avanzavano le rispettive richieste di mezzi di prova che il Collegio, valutatene la pertinenza e rilevanza ai fini della decisione, ammetteva nei sensi e nei limiti di cui all'ordinanza dettata a verbale acquisendo la documentazione prodotta dalla difesa e rinviando, per l'assenza dei testi, all'udienza del 13 gennaio 2022.
In quella sede era acquisita ulteriore documentazione, in particolare referti medici, ed erano esaminati i testi Pi.Co., Im.Ra. - entrambe persone offese ed entrambe costituite parte civile - e Pi.Gi. con rinvio, all'esito, al 3 marzo successivo do ve, invece, era esaminato l'imputato e si rinviava al 5 maggio 2022 per la chiusura dell'istruttoria dibattimentale.
In quella sede previa acquisizione di ulteriore documentazione l'istruttoria era dichiarata chiusa ed il P.M. rassegnava le proprie conclusioni mentre, per quelle della difesa delle parti civili e dell'imputatoci era il rinvio all'udienza odierna.
Oggi, una volta raccolte le loro conclusioni, il Tribunale si ritirava in Camera di Consiglio decidendo, poi, come da dispositivo allegato.
Motivi della decisione
Rileva il preliminarmente il Tribunale che, alla stregua delle risultanze istruttorie, che hanno consentito di ricostruire la vicenda per cui è processo nei suoi esatti contorni e sviluppi, debba essere affermata-previa scissione dell'imputazione originaria così come emergente dalla disposta riunione di due procedimenti diversi - la penale responsabilità di Im.Gi. solo con riferimento al delitto contestato al capo B) dell'editto accusatorio di cui al proc. pen. n. 6403/21 Dib. peraltro in relazione al solo episodio datato 11 settembre 2019 che risulta integrato in tutti i suoi elementi ontologici e strutturali.
Per ciò che attiene invece alle rimanenti imputazioni o risultano essere intervenute - come poi si vedrà - condizioni che hanno imposto la declaratoria di improcedibilità, ovvero, gli esiti istruttori non hanno fornito adeguati ed univoci riscontri alla prospettazione accusatoria sicché il Collegio è pervenuto ad un giudizio assolutorio.
In particolare relativamente al delitto di maltrattamenti contestato al capo A) dell'editto accusatorio del proc. pen. n. 6403/21 Dib., il cui tempus commissi delicti (cfr. il tenore letterale dell'imputazione) è individuato e fissato in un arco cronologico piuttosto ampio (dalla 2016 fino al mese di agosto 2020), deve rilevarsi che con riferimento alle condotte poste in essere fino al 31 dicembre 2018 l'imputato risulta essere stato già giudicato per cui ricorrono i presupposti applicativi di cui al combinato disposto degli artt. 531-649 c.p.p.
E' invero versata in atti sull'accordo delle parti ed è, come tale, utilizzabile ai fini della decisione la sentenza emessa in data 22 novembre 2021 dal G.M. in sede nella cui motivazione si legge che le condotte oggetto di quel giudizio dovevano ed erano ricomprese nell'arco temporale dal 2016 all'anno 2018:
"...Dunque risulta chiaro che, al fine di evitare inammissibili duplicazioni di giudizi in ordine allo stesso fatto, appare necessario arrestare la presente disamina giudiziaria alle condotte attribuibili all'imputato, al massimo, entro l'anno 2018" per cui è consequenziale e logico che il thema probandi del presente procedimento-la cui imputazione specifica, come visto, copre ed abbraccia anche quel periodo-, debba inerire alle condotte successive a tale data, mentre quelle precedenti risultano "coperte dal giudicato" e nei confronti dell'Im., previa scissione dell'imputazione originaria nei sensi indicatasi impone la relativa declaratoria di improcedibilità.
Ricorrono infatti sia l'identità dei profili materiali e psicologici del fatto, sia – ovviamente - del soggetto cui sono attribuite ed è appena il caso di ricordare che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale della S.C. - cfr. per tutte Cass. Pen. Sez. Sez. V del 28 settembre 2021 n. 663 - si ha il medesimo fatto allorché vi sia sovrapponibilità della dimensione storico-naturalistica tra il fatto storico da giudicare e quello già giudicato.
Nella fattispecie è sufficiente leggere le due contestazioni per rilevare - con riguardosi ribadisce, alle condotte dal 2016 al 31 dicembre 2018-1'assoluta "uguaglianza" degli episodi rectius della vicenda concreta articolatasi nei confronti delle stesse persone offese, per cui va dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato.
Per ciò che attiene alle residue condotte va comunque premesso che, come emerge dalla mera lettura degli atti ed anche di quelli relativi al procedimento di rito monocratico già definito, che l'asserto accusatorio complessivo trova il suo punto di abbrivo e forse il suo traguardo nelle dichiarazioni rese dalle persone offese, poi costituitesi parte civile, Pi.Co. ed Im.Ra. sicché si ripropone, in questa sede, l'annoso problema della valenza sostanziale e processuale da attribuire alle dichiarazioni accusatorie della vittima del reato per cui si procede.
Orbene è noto che per costante orientamento giurisprudenziale della S.C. - cfr. per tutte Cass. Pen. Sez. IV 21 giugno-10 agosto 2005 n. 30422 e Sez. III 18/7/12 n. 253688 - la deposizione della persona offesa dal reato può essere assunta, anche da sola, a fondamento della pronuncia di colpevolezza dell'imputato a condizione però che essa abbia resistito, vittoriosamente, ad un rigoroso vaglio critico da parte del Giudice.
Siffatta penetrante disamina, vieppiù necessaria allorché, come nella fattispecie, la persona offesa si sia costituita parte civile ed abbia quindi un preciso interesse da perseguire e tutelare, è evidentemente volta a neutralizzare il rischio - concreto - di dichiarazioni "manipolate", specie in vicende come quella in esame dove, almeno in astratto ma innegabilmente, potrebbero interagire, anche inconsapevolmente nell'accusatore, insondabili impulsi, pulsioni e tensioni emotive, tali da suggerirgli o condurlo a dichiarazioni, dettate magari da un sentimento-umanamente comprensibile ma giuridicamente inaccettabile - di rivalsa o vendetta nei confronti dell'imputato che tendano a "distorcere" strumentalmente la realtà dei fatti al fine di fornire una versione degli stessi interessata e fuorviante.
Ci si preoccupa, giustamente, di garantire che le dichiarazioni di accusa della vittima siano il più possibile genuine e "disinteressate" e quindi intrinsecamente attendibili, ma allorché sia provato tale loro carattere le dichiarazioni della persona offesa, pur se astrattamente non equiparabili a quelle del testimone estraneo, possono fondare autonomamente - senza cioè la necessità di riscontri esterni - una pronuncia di condanna.
Peraltro il disposto dell'art. 192 c.p.p. non prevede particolari parametri di valutazione di tali dichiarazioni, né subordina la loro rilevanza a condizioni specifiche per cui è da ritenersi che l'accusa della vittima sia, di per sé, una fonte di prova a tutti gli effetti.
Ciò chiarito deve subito sottolinearsi che l'inattendibilità intrinseca della persona offesa dichiarante non può farsi discendere, allorché l'impianto narrativo sia nel suo complesso logico e coerente, da eventuali discordanze o imprecisioni su fatti marginali della vicenda ed inoltre anche qualche contraddizione può non essere rilevante ai nostri fini perché una versione dei fatti, affatto identica e senza incertezze, che come un cuneo inarrestabile superi il lasso cronologico e tutte le fasi processuali ben può apparire sospetta, perché magari studiata e preparata "a tavolino".
Insomma, ben può essere ritenuta credibile ed attendibile la persona offesa che, pur con qualche comprensibile e giustificabile tentennamento, mantenga ferma la sua versione accusatoria nei punti essenziali della vicenda che l'hanno, suo malgrado, vista protagonista.
In quest'ottica valutativa non può trascurarsi il parametro della logica nel senso che, in presenza o sospetto di un intento calunnioso da parte della vittima, è ragionevole ritenere che la sua versione dei fatti non possa, in linea astratta, presentare punti deboli o facilmente attaccabili di tal chè anche una dichiarazione che sia, a prima vista, oggettivamente carente può essere indirettamente il riscontro dell'attendibilità complessiva di colui che l'ha resa.
In altri termini allorché la versione accusatoria presenti oggettive lacune o incongruenze che però siano spiegabili sotto il profilo della logica e del dato fattuale, l'attendibilità del dichiarante può essere affermata.
Se ciò è vero-e non si vede come sulla scorta dell'uniforme orientamento sia giurisprudenziale che dottrinale, possa essere negato-deve innanzitutto rilevarsi che le dichiarazioni rese dalle due predette persone offese-entrambe costituitesi parte civile-hanno, da un lato, certamente delineato una vicenda concreta connotata da liti, minacce, reazioni e comportamenti violenti e contrasti interpersonali insorti nell'ambito del rapporto familiare ma, dall'altro, non sono risultate tali da integrare, ad esempio, gli estremi del delitto di maltrattamenti che è contestato al capo 1) dell'editto accusatorio di cui al proc. pen. n. 6305/21 Trib. nonché al capo A) del proc. pen. n. 6403/21 Dib., limitatamente - in quest'ultimo caso, per quanto detto in precedenza - alle condotte successive al 31.12.2018.
Invero è noto che il delitto sanzionato dall'art. 572 c.p. si connota, ontologicamente, per una serie reiterata ed abituale di condotte vessatorie - intese come minacce, percosse, lesioni, ingiurie, offese etc. - che generano nella persona offesa una condizione di avvilimento e prostrazione morale, tale da minare la sua integrità psico-fisica e quindi di alterare, irrimediabilmente, anzi infrangere, quella relazione di comunanza di affetti implicante la reciproca aspettativa di mutua solidarietà ed assistenza.
Siffatta condizione della "vittima" è dunque il diretto prodotto eziologico delle consapevoli condotte dell'agente, si ribadisce reiterate, tanto che il delitto è inquadrato come reato abituale, sicché ai fini della configurabilità di esso occorre, ovviamente, provare entrambi.
Orbene nella fattispecie Pi.Co. - moglie separata dell'imputato - ha riferito in dibattimento - cfr. il suo esame all'udienza del 13 gennaio 2022 al cui verbale stenotipico si rimanda - che effettivamente con l'Im. vi erano state discussioni e liti, qualche volta con minacce e percosse, all'origine delle quali però vi era un motivo economico perché i soldi erano pochi, sia lei che il marito lavoravano saltuariamente e quindi le condizioni economiche erano tutt'altro che soddisfacenti tanto che ella era stata costretta a richiedere l'aiuto dei suoi familiari e di suo fratello Pi.Ca. in particolare.
Unicamente dalle sue richieste di soldi erano nate le discussioni e gli alterchi anche violenti con l'Im. che talvolta l'aveva insultata con epiteti quali "Zoccola, puttana etc" ovvero offesa dicendole che non era in grado di fare niente aggiungendo anche, spontaneamente, che ormai la situazione si era del tutto rasserenata perché sia lei che l'ex marito conducevano una vita autonoma, senza più contatti.
Tali dichiarazioni che risultano credibili perché nel loro complesso sono apparse coerenti, lineari e non dettate da particolare "malanimo "o rancore nei confronti dell'imputato-basti pensare alla circostanza che la Pi., che pur si è costituita parte civile, ha dichiarato che la situazione era ormai "rientrata" dato che invece in un'ottica calunniosa avrebbe avuto tutto l'interesse a tacere, né connotate da "amnesie tattiche" ovvero opportunistiche rimodulazioni "in corso d'opera" a seconda di eventuali contestazioni, non fanno però cenno alcuno a condizioni di stabile "sofferenza morale"ed anzi collocano le liti e le offese esclusivamente ai "contrasti" per le difficoltà economiche ed alle reazioni dell'Im. allorché la Pi. gli chiedeva soldi.
Certo vi sono state anche aggressioni, ma sempre nell'ambito delle predette discussioni e la persona offesa-si ribadisce costituita parte civile-non ha parlato di condotte vessatorie e/o altro da parte dell'imputato.
Del resto analogo atteggiamento la Pi. ha avuto anche nel corso del procedimento definito con sentenza passata in cosa giudicata tanto che anche in quella sede - cfr. la sentenza versata in atti-non è stato ritenuto configurabile il delitto p. e p. dall'art. 572 c.p.
Ovviamente non sfugge al Collegio che le dichiarazioni della Pi. hanno ricevuto il conforto di quelle rese dal fratello Pi.Gi., ma è fin troppo agevole obiettare che tale teste ha confermato sì, di aver aiutato economicamente la sorella e di aver assistito qualche volta alle minacce che il marito le rivolgeva, ma ha ribadito che le discussioni erano solo di natura economica ed a riscontro, quantunque indiretto, dell'assenza di maltrattamenti ha precisato che la Pi. era voluta rimanere nella casa coniugale circostanza affatto incompatibile, sotto un profilo logico prima che giuridico, con una condizione ed uno stato di avvilimento e prostazione morale nei sensi richiesti dalla fattispecie incriminatrice.
Anche l'altra persona offesa, costituita parte civile, Im.Ra., figlia della coppia, nella sua deposizione (che in questa sede si richiama) resa alla stessa udienza, ha sostanzialmente confermato la versione della madre circa la natura economica dei contrasti e delle discussioni aggiungendo però che talvolta vi erano anche ragioni di gelosia reciproca ma non ha descritto o delineato, se non genericamente, scenari di vessazioni sistematiche cfr. pag. 21 del verbale stenotipico dell'udienza del 13 gennaio 2022:
Avvocato Pa. "Ma durante queste discussioni era solo suo padre che ingiuriava, che offendeva sua madre o anche viceversa?Erano discussioni reciproche?"
Im.Ra.; "Reciproche"
Avvocato Pa.: "O sua madre si limitava a subire quello che diceva suo padre?"
Im.Ra.: "Subiva, ma erano anche reciproche".
PRESIDENTE: "Quindi era una situazione di avvilimento morale che c'era?"
Im.Ra.:" Sì, sì".
Orbene è vero che la teste ha fatto riferimento ad una situazione di avvilimento ma è altrettanto evidente che l'abbia ricondotta non ad una condizione generale e consolidata nei rapporti familiari ma solo a quanto si verificava in occasione delle liti dove, peraltro, la Pi. reagiva.
L'imputato dal suo canto - cfr. l'esame all'udienza del 3 marzo 2022 al cui verbale stenotipico, per snellezza espositiva, si ritiene opportuno rimandare-ha confermato le discussioni per motivi economici sicché il dato può dirsi acclarato.
A fronte di ciò il Collegio ritiene che l'asserto accusatorio per le residue condotte poste a base della contestazione dell'art. 572 c.p. non abbiano ricevuto univoco e tranquillante riscontro dal momento che le stesse persone offese non hanno descritto scenari o condizioni di reiterati atteggiamenti vessatori tesi a creare, consapevolmente, rectius a ledere la loro integrità psico-fisica per cui legittimo è quantomeno il dubbio sulla configurabilità del delitto di maltrattamenti ex art. 572 c.p. così come contestato al capo A) dell'editto accusatorio del proc. pen. n. 6403/21 Dib. ed al capo 1) di quello del proc. pen. n. 6305/21 Dib e relativo alle condotte successive al 31 dicembre 2018.
Ne consegue che l'imputato non può che essere mandato assolto dal delitto ascrittogli-previa scissione della contestazione originaria - con la relativa formula.
L'inconfigurabilità rectius l'insussistenza del delitto di maltrattamenti comporta poi, giocoforza, la caducazione della circostanza aggravante del nesso teleologico contestata con riferimento al delitto di cui al capo B) del proc. pen. n. 6403/21 Dib..
Invero come emerge in modo solare dal tenore letterale dell'editto accusatorio la condotta di lesioni personali in danno della Pi. secondo l'organo requirente era finalizzata alla realizzazione, evidentemente rientrando in una complessiva condotta vessatoria, del delitto di maltrattamenti sicché, una volta esclusa la sussistenza di tale reato, anche la circostanza aggravante specifica viene meno.
Siffatta caducazione comporta però che il delitto ex art. 582 c.p. - stante la gravità rectius entità delle lesioni evolute a guarigione in meno di cinque giorni-risulti perseguibile a querela della persona offesa che, nella fattispecie però, NON risulta essere stata presentata in relazione agli episodi specifici - cfr. la documentazione versata all'incarto dibattimentale - né è possibile desumere, aliunde, la volontà inequivoca della Pi. di "denunciare" rectius querelare, per quei fatti specifici di cui all'imputazione sub B) del proc. pen. 6403/21 Dib il marito di tal chè non può che pronunciarsi la declaratoria di improcedibilità per difetto di querela.
Siffatta conclusione vale però per tutti gli episodi contestati, tuttavia per l'episodio dell'aggressione datata 11 settembre 2019-non può ricorrersi alla declaratoria di improcedibilità posto che, come in seguito si vedrà, è configurabile e resta operativa l'ulteriore circostanza aggravante di cui all'art. 585 cpv. c.p. posto che le lesioni sono state provocate con l'utilizzo di un tavolo da cucina.
Alle medesime conclusioni in tema di procedibilità deve poi pervenirsi anche con riferimento al delitto ex art. 388 c.p. contestato al capo 2) del proc. pen. n. 6305/21 Dib.
Infatti il reato è, come è noto, perseguibile a querela della persona offesa e non vi è in atti alcuna denuncia sporta dalla Pi. che inerisca a tale condotta e tantomeno contenga, anche implicitamente, l' istanza di punizione requisito imprescindibile per ritenere sussistente la condizione di procedibilità.
Anche per il reato in esame quindi va dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato perché l'azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di querela.
Per ciò che attiene alle contestazioni (sub D) del proc. pen. n. 6403/21 Dib. e sub 3) del proc. pen. n. 6305/21 Dib del reato p. e p. dall'art. 570 c.p. che secondo l'imputazione - cfr. il tenore letterale degli editti accusatori-sarebbe stato commesso anche in danno della persona offesa costituita parte civile Im.Ra. appare opportuna una breve digressione sulla sua ontologia e la sua struttura.
Orbene è noto che il delitto in esame si connota, in sostanza, per la violazione ed inadempimento di quell'obbligo morale e giuridico di "provvedere al mantenimento dei figli" - cfr. Cass. Pen. Sez. VI del 30 gennaio 2020 n. 5237-n.5237 - che grava sui genitori allorché siano separati anche se solo in via di fatto.
Si tratta all'evidenza di un reato che colpisce il consapevole e volontario inadempimento ma, ai fini della rilevanza penale della condotta, nella disamina del comportamento dell'agente devono necessariamente essere considerati anche i cambiamenti che siano intervenuti nella situazione concreta ed, in particolare, la contrazione della capacità reddituale del debitore (cfr. per tutte Cass. Pen. Sez. II del 10 febbraio 2017 n. 24050).
Ai fini della configurabilità del delitto e della correlativa responsabilità occorre allora provare; A) la mancata corresponsione di quanto dovuto rectius l'omesso contributo al mantenimento dei figli; B) la coscienza e volontà, integrante il dolo, da parte dell'agente.
Orbene nella fattispecie se possono ritenersi provateci di là di ogni ragionevole dubbiose "difficoltà economiche" di Pi.Co., richiamando al riguardo le sue dichiarazioni dibattimentali nonché quelle del fratello Pi.Gi. ed, anche, in parte le dichiarazioni dell'imputato, non può certo dirsi che le stesse derivassero dall'omesso versamento dell'assegno di mantenimento da parte dell'Im..
La teste persona offesa-peraltro costituita parte civile - Im.Ra., della cui attendibilità non vi è ragione di dubitare, ha dichiarato in dibattimento - cfr. pag. 22 del verbale stenotipico dell'udienza del 13 gennaio 2022 – che il padre comunque effettuava la spesa alimentare, pagava le bollette della luce e le consegnava mensilmente una somma compresa tra 50,00 e 100,00 Euro ma, soprattutto, ha riferito che il padre non aveva lavorato per un lungo periodo e che da poco era percettore del reddito di cittadinanza come del resto sua madre.
La stessa Pi.Co. ha dichiarato che il marito solo a volte aveva lavorato sicché può ritenersi provato che non vi fosse per l'imputato una condizione economica tale da consentirgli adeguati esborsi, nell'ottica della ratio sottesa al reato in esame, in favore della moglie e della figlia.
Se a ciò si aggiunge che è provata la circostanza che allorché ha potuto godere di un reddito più o meno fisso, appunto quello di cittadinanza, l'Im., quantunque parzialmente, risulta aver fatto fronte agli impegni ed agli obblighi può legittimamente quantomeno dubitarsi della configurabilità degli estremi del delitto contestato e l'imputato, il quale peraltro, pur all'evidenza contro il suo interesserà ammesso di non aver sempre versato l'assegno o le somme dovute, deve essere assolto con la relativa formula.
Anche con riferimento al delitto di estorsione contestato al capo C) del proc. pen. n. 6402/21 Dib. secondo il Collegio le risultanze istruttorie non hanno fornito adeguati ed univoci riscontri all'asserto accusatorio.
Quest'ultimo infatti muove e poggia esclusivamente sulle dichiarazioni rese, anche in dibattimento, da Pi.Co. la quale, in estrema sintesi, ha riferito-confermando in gran parte quanto denunciato in data 15 giugno 2019, che l'Im. nel mese di maggio 2019, un giorno aveva minacciato di picchiarla se non gli avesse consegnato la somma di 50,00 ed ella era stata costretta ad accettare. Ha precisato che la minaccia non era stata particolarmente grave e che solo in quell'occasione il marito si era comportato nel modo descritto. L'Im. nel suo esame dibattimentale ha ammesso di aver chiesto i soldi con insistenza ma si è difeso assumendo di non aver minacciato la moglie ed ha anche aggiunto che la richiesta era motivata per far fronte alle esigenze della casa.
Orbene appare del tutto evidente, in assenza di dati di segno contrario, che anche questa lite abbia avuto la sua scaturigine nelle difficoltà economiche in cui versava il nucleo familiare, tanto più che - come ha dichiarato la stessa persona offesa, pur costituita parte civile - non vi sono stati altri episodi analoghi e non vi sono poi elementi univoci per sostenere che, contrariamente a quanto riferito dall'imputato, quella somma non fosse rectius potesse essere destinata ai bisogni familiari.
Emblematico è quanto riportato a pagg. 6 e 7 del verbale stenotipico dell'udienza del 3 marzo 2022: IMPUTATO Im.: "... Cioè prima che lei cominciava a lavorare, ho detto :Se metto io i soldi perché non li metti pure tu?". Non ho mai minacciato mia moglie, ho insistito per comprare qualcosa a casa, ma non l'ho mai minacciata". "...Insistevo perché io non lavoravo, stavo aggiustando casa e lei, che prendeva quello che lavorava...Ho chiesto insistentemente per collaborare a casa, perché comunque se lei me li chiedeva a me per andare avanti io adesso chiedevo a lei per comprare qualcosa a casa. Però non l'ho mai minacciata a mia moglie. Mai".
Orbene se da un lato l'imputato non appare credibile - alla stregua di quanto emerso dall'istruttoria dibattimentale - in ordine all'assunto di non aver mai minacciato la moglie, è anche vero dall'altro che neppure la Pi. ha potuto sostenere che quei 50,00 Euro avessero una destinazione diversa ed "egoistica" da parte dell'Im..
Oggettivamente, pertanto, non parlarsi di un profitto ingiusto da questi perseguito ed ottenuto e di conseguenza viene meno uno dei profili costitutivi del delitto di estorsione ed a tutto voler concedere la condotta da lui posta in essere non è che una manifestazione ed una conferma ulteriori di quella condizione di disagio economico che connotava il menage coniugale come tale assolutamente non idonea ad integrare quell'atto di coartazione teso a "manipolare" la libera volontà della persona offesa allo scopo di arrecarle un danno.
Il delitto contestato pertanto non appare, almeno con univoca e tranquillante certezza, configurabile e l'imputato va mandato assolto perché il fatto non sussiste.
A conclusioni radicalmente opposte deve invece pervenirsi, infine, con riferimento al delitto di lesioni personali aggravate commesso l'il settembre 2019 e di cui alla contestazione sub B) del proc. pen. n. 6404/21 Dib. di cui è fatto cenno in precedenza.
Invero a tale proposito gli esiti istruttori sono affatto univoci e delineano con chiarezza irrefutabile la penale responsabilità dell'imputato. Invero sia Pi.
Concetta che Im.Ra. - le cui dichiarazioni sono, si ribadisce - del tutto attendibili, hanno riferito che quel giorno nel corso di una lite l'Im. spinse, deliberatamente, contro la Pi. un tavolo colpendola all'addome, pagg.8 e 9 del verbale stenotipico dell'udienza del 13 gennaio 2022.
PUBBLICO MINISTERO: Quindi accadeva spesso, senta ricorda di un fatto successo nel settembre 2019, di un'aggressione a casa. Ce la vuole raccontare?
TESTE PI.CO.: Il fatto che ci siamo litigati? Il fatto della tavola?
PUBBLICO MINISTERO: Il fatto della tavola bravissima. Lo vuole raccontare al Tribunale che non lo conosce il fatto della tavola.
TESTE PI.CO.: Perché non voleva che io uscivo la mattina a lavorare, fu un fatto di gelosia e mi spinse la tavola.
PUBBLICO MINISTERO: Ce lo racconti bene, quindi eravate dove, in cucina?
TESTE PI.CO.: Eh.
PUBBLICO MINISTERO: Non me lo faccia dire a me. Eravate in cucina che è successo?"
TESTE PI.CO.: "Che lui è andato in gelosia e ha detto "no, tu non devi uscire alle sei di mattina a lavorare", è stato un fatto così".
PUBBLICO MINISTERO: Quindi non voleva che uscisse la sera, questo?
TESTE PI.CO.: La sera.
PUBBLICO MINISTERO: Non vi voleva far uscire di sera?
TESTE PI.CO.: "No"
PUBBLICO MINISTERO: "Neanche per andare a lavorare?"
TESTE PI.CO.: "No, non voleva la mattina, a prima mattina che uscivo.."
PUBBLICO MINISTERO: "E quindi che ha fatto con questa tavola?"
TESTE PI.CO.: "E mi spinse questa tavola, questo è stato".
PUBBLICO MINISTERO: "Ha preso questo tavolo, e che ha fatto con il tavolo?"
TESTE PI.CO.: "Me lo ha spinto verso l'addome"
PUBBLICO MINISTERO: "Contro l'addome. Lei poi è andata in ospedale?"
TESTE PI.CO.: "Si, ho fatto il referto medico"
PUBBLICO MINISTERO: "Io glielo esibisco, mi dice se è questo?"
TESTE PI.CO.: "Non fu proprio una cosa violenta assai, però diciamo..sì".
La teste ha poi riconosciuto il referto medico versato all'incarto dibattimentale per cui al riguardo non possono sussistere dubbi di sorta. Per ciò che attiene alla deposizione di Im.Ra. ella, come visto, ha confermato l'episodio cfr. pag. 19 del verbale stenotipico della stessa udienza
PUBBLICO MINISTERO: "Lei era presente in occasione della aggressione con il tavolo avvenuta in cucina?"
Im.Ra.: "Sì, sì".
P.M.;Era presente?
IM.RA.: "Sì".
P.M.: "Ce la vuole raccontare questa aggressione?"
Im.Ra.: "Le spinse il tavolo contro la pancia perché ebbero una discussione di gelosia, si impressionò che sul telefono c'era qualcosa che non andava e le spinse il tavolo".
P.M.: "Contro la pancia. Ci faccia capire bene, quindi sua madre fu scaraventata contro un muro o cadde a terra?"
Im.Ra.: "No, no leggermente. Lo spinse leggermente, non con violenza".
P.M.: "Quindi sua madre non cadde a terra?"
IM.RA.: "No, no"
P.M.: "La portò lei in ospedale?"
Im.Ra.: "No, non ricordo mi sembra un vicino".
E' dunque certa l'aggressione e del resto il referto medico in atti conferma ed attesta lesioni affatto compatibili con l'eziologia e la dinamica dell'episodio descritte dalle persone offese per cui il delitto è certamente sussistente e con esso la colpevolezza dell'imputato. Come anticipato va esclusa l'aggravante della connessione teleologica per le ragioni sopra indicate, vale a dire l'inconfigurabilità del delitto di cui all'art. 572 c.p., tuttavia il delitto risulta perseguibile di ufficio tenuto conto delle sue modalità di realizzazione.
Im.Gi. va, con riferimento all'episodio dell'11 settembre 2019 e previa scissione dell'imputazione originaria, pertanto condannato in relazione al delitto di lesioni personali aggravate contestato al capo B) del proc. pen. n. 6403/21 Dib..
All'imputato in considerazione del corretto comportamento processuale e nell'ottica del doveroso adeguamento della sanzione al fatto concreto-notevolmente ridimensionato nella sua gravità iniziale - possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti, all'esito del giudizio di comparazione ex art. 69 c.p., sia alla residua aggravante che alla recidiva contestate.
Applicati dunque i parametri previsti dall'art. 133 c.p. risulta equa la pena di mesi sei di reclusione. Ex lege segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.
Im.Gi. va poi condannato al risarcimento del danno-liquidato, equitativamente considerate le emergenze dibattimentali, in Euro duemila,00-in favore della costituita parte civile nonché alla rifusione in favore della stessa delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio liquidate, come da dispositivo disponendone il pagamento in favore dell'Erario essendo stata la Pi. ammessa al patrocinio gratuito a spese dello Stato.
Stante l'assoluzione dell'imputato dal delitto per il quale figurava come persona offesa Im.Ra. poi costituitasi parte civile, va rigettata la richiesta di risarcimento dalla stessa avanzata.
Infine il notevole carico di lavoro dell'udienza e complessivo e la complessità della vicenda hanno determinato il ricorso ad un più ampio termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533-535 c.p.p. dichiara Im.Gi. responsabile del delitto di cui al capo B) di imputazione del procedimento penale n. 6403/21 Dib. limitatamente all'episodio dell'11 settembre 2019-, così scissa l'originaria imputazione ed esclusa l'aggravante della connessione teleologica e, per l'effetto, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla residua aggravante contestata ed alla recidiva infraquinquennale, così ritenuta la contestazione originaria, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Letto l'art. 531 c.p.p. dichiara non doversi procedure nei confronti di Im.Gi. con riferimento al delitto a lui ascritto al capo A) di imputazione del procedimento penale n. 6403/21 Dib., limitatamente alle condotte commesse fino al 31.12.2018-così scissa l'originaria imputazione - perché l'azione penale non poteva essere esercitata ex art. 649 c.p.p..
Letto l'art. 529 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di Im.Gi. con riferimento al delitto a lui ascritto al capo B) di imputazione del procedimento penale n. 6403/21 Dib. - esclusa l'aggravante della connessione teleologica - nonché in ordine al delitto a lui ascritto al capo 2) di imputazione del procedimento n. 6305/21 Dib. perché l'azione penale non doveva essere iniziata per mancanza di querela.
Letto l'art. 530 cpv. c.p.p. assolve Im.Gi. dal delitto a lui ascritto al capo A) di imputazione del procedimento n. 6403/21 Dib. con riferimento alle condotte successive al 31 dicembre 2018 - così scissa l'originaria imputazione - nonché dal medesimo delitto di cui al capo 1) di imputazione del procedimento n. 6305/21 Dib. e dai delitti di cui ai capi C) e D) di imputazione del procedimento n. 6403/21 Dib. ed ancora dal delitto di cui al capo 3) di imputazione del procedimento 6305/21 Dib., perché il fatto non sussiste.
Letto l'art. 538 c.p.p. condanna Im.Gi. al risarcimento del danno-liquidato in via equitativa in Euro 2000,00-in favore della sola Pi.Co., nonché alla refusione delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio dalla stessa sostenute che si liquidano in complessivi Euro 2500,00 oltre spese nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A. se dovute, disponendone il pagamento in favore dello Stato anticipatario.
Rigetta la richiesta di risarcimento danni avanzata nell'interesse della parte civile Im.Ra..
Ai sensi dell'art. 544 comma III c.p.p. indica il termine di giorni novanta per il deposito delle motivazioni.
Così deciso in Napoli il 9 giugno 2022.
Depositata in Cancelleria il 6 settembre 2022.