top of page

Maltrattamenti in famiglia: onere probatorio e valutazione delle dichiarazioni delle persone offese (Giudice Antonio Palumbo)

maltrattamenti-famiglia-onere-probatorio-dichiarazioni-vittime

Tribunale Napoli sez. VI, 24/05/2022, (ud. 14/03/2022, dep. 24/05/2022), n.2643

L'accusa di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. richiede che siano dimostrate condotte sistematiche e reiterate che determinino nella vittima una condizione di sofferenza morale o psico-fisica incompatibile con una vita familiare normale. La prova deve essere certa, coerente e non ambigua, e il dubbio ragionevole sulla configurabilità degli elementi costitutivi del reato impone l'assoluzione dell'imputato.

Reato di maltrattamenti: la continuità e stabilità della relazione come presupposto essenziale (Giudice Alessandra Ferrigno)

Maltrattamenti in famiglia: onere probatorio e valutazione delle dichiarazioni delle persone offese (Giudice Antonio Palumbo)

Maltrattamenti in famiglia: reiterazione delle condotte violente e attenuazione della pena (Corte appello Napoli - Quinta sezione)

Maltrattamenti in famiglia e causa di non punibilità per il furto tra coniugi: chiarimenti giurisprudenziali (Collegio - Di Petti presidente)

Maltrattamenti in famiglia e tentata estorsione: il discrimine nelle intenzioni dell'agente (Giudice Alessandra Zingales)

Reato di maltrattamenti in famiglia: rilevanza delle condotte vessatorie post-separazione e abuso del rapporto familiare (Giudice Antonio Palumbo)

Maltrattamenti familiari e lesioni personali aggravate: la distinzione tra conflitti occasionali e condotte abituali (Collegio - Palumbo presidente)

Maltrattamenti in famiglia e lesioni personali: configurabilità del reato e criteri di responsabilità (Giudice Arnaldo Merola)

Maltrattamenti in famiglia: riconoscimento dell’abitualità della condotta e condanna dell’imputato (Giudice Alessandra Zingales)

Maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale aggravata: responsabilità penale e trattamento sanzionatorio (Collegio - Presidente Aschettino)

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
To.Da. è stato tratto nelle forme ordinarie, innanzi al giudizio del Tribunale di Napoli - in composizione monocratica - per rispondere dei reati ascrittogli giusta decreto del G.U.P. datato 19 maggio 2021.

Dopo un rinvio per valutare la possibilità di una riunione, chiesta dalla difesa, ad altro procedimento, all'udienza del 12 luglio 2021, una volta esclusa la possibilità della riunione ed esaurite le questioni preliminari, il dibattimento era aperto e le parti avanzavano le rispettive richieste di mezzi di prova che il Giudice, valutatene la pertinenza e rilevanza ai fini della decisione, ammetteva nei sensi e nei limiti di cui all'ordinanza resa a verbale acquisendo la documentazione prodotta dalle parti.

Si procedeva poi all'esame dei testi Co.Pa., To.Da. nonché erano raccolte le spontanee dichiarazioni dell'imputato con rinvio, all'esito, al 13 settembre successivo dove erano esaminati i testi To.Ma., To.Gi. e Ve.Vi..

Alla successiva udienza del 25 ottobre 2022 era la volta del teste Am.An. mentre all'udienza del 22 novembre 2021 il dibattimento era rinviato, per l'assenza dei testi, al 30 novembre successivo. In quella sede con l'esame del teste Es.Ca. si concludeva l'istruttoria dibattimentale perché la difesa rinunciava agli altri testi di lista, sicché - per la sola discussione - il dibattimento era rinviato al 20 dicembre 2021 dove per impedimento legittimo del difensore era rinviato al 16 febbraio 2022 e da lì, per le medesime ragioni gli udienza odierna.

Oggi, una volta raccolte le conclusioni delle parti nei sensi di cui in premessaci Giudice si ritirava in Camera di Consiglio per la decisione.

Motivi della decisione
Rileva il Giudicante che, alla stregua delle risultanze processuali che pur hanno consentito di ricostruire la vicenda per cui è processo nei suoi esatti contorni e sviluppi, non possa essere affermata la penale responsabilità dell'imputato con riferimento ai delitti ascrittigli che non sono risultati integrato in tutti i loro elementi ontologici e strutturali.

Va in primo luogo rilevato però che, come è agevolmente desumibile dagli atti, l'asserto accusatorio trova il suo punto di abbrivo e forse il suo traguardo nelle dichiarazioni rese anche in dibattimento dai genitori dell'imputato To.Da. e Co.Pa. - persone offese - sicché si ripropone, in questa sede, l'annoso problema della valenza sostanziale e processuale da attribuire alle dichiarazioni accusatorie della vittima del reato per cui si procede.

Orbene è noto che per costante orientamento giurisprudenziale della S.C. - cfr. per tutte Cass. Pen. Sez. IV 21 giugno - 10 agosto 2005 n. 30422 e Sez. III 18/7/12 n. 253688 - la deposizione della persona offesa dal reato può essere assunta, anche da sola, a fondamento della pronuncia di colpevolezza dell'imputato a condizione però che essa abbia resistito, vittoriosamente, ad un rigoroso vaglio critico da parte del Giudice.

Siffatta penetrante disamina è evidentemente volta a neutralizzare il rischio-concreto - di dichiarazioni "manipolate", specie in vicende come quella in esame caratterizzata da forti tensioni familiari dove, almeno in astratto ma innegabilmente, potrebbero interagire, anche inconsapevolmente nell'accusatore, insondabili impulsi, pulsioni e tensioni emotive, tali da suggerirgli o condurlo a dichiarazioni, dettate magari da un sentimento-umanamente comprensibile ma giuridicamente inaccettabile-di rivalsa o vendetta nei confronti dell'imputato che tendano a "distorcere" strumentalmente la realtà dei fatti al fine di fornire una versione degli stessi interessata e fuorviante.

Ci si preoccupa, giustamente, di garantire che le dichiarazioni di accusa della vittima siano il più possibile genuine e "disinteressate" e quindi intrinsecamente attendibili, ma allorché sia provato tale loro carattere le dichiarazioni della persona offesa, pur se astrattamente non equiparabili a quelle del testimone estraneo, possono fondare autonomamente - senza cioè la necessità di riscontri esterni - una pronuncia di condanna.

Peraltro il disposto dell'art. 192 c.p.p. non prevede particolari parametri di valutazione di tali dichiarazioni, né subordina la loro rilevanza a condizioni specifiche per cui è da ritenersi che l'accusa della vittima sia, di per sé, una fonte di prova a tutti gli effetti.

Ciò chiarito deve subito sottolinearsi che l'inattendibilità intrinseca della persona offesa dichiarante non può farsi discendere, allorché l'impianto narrativo sia nel suo complesso logico e coerente, da eventuali discordanze o imprecisioni su fatti marginali della vicenda ed inoltre anche qualche contraddizione può non essere rilevante ai nostri fini perché una versione dei fatti, affatto identica e senza incertezze, che come un cuneo inarrestabile superi il lasso cronologico e tutte le fasi processuali ben può apparire sospetta, perché magari studiata e preparata "a tavolino".

Insomma, ben può essere ritenuta credibile ed attendibile la persona offesa che, pur con qualche comprensibile e giustificabile tentennamento, mantenga ferma la sua versione accusatoria nei punti essenziali della vicenda che l'hanno, suo malgrado, vista protagonista.

In quest'ottica valutativa non può trascurarsi il parametro della logica nel senso che, in presenza o sospetto di un intento calunnioso da parte della vittima, è ragionevole ritenere che la sua versione dei fatti non possa, in linea astratta, presentare punti deboli o facilmente attaccabili di tal ché anche una dichiarazione che sia, a prima vista, oggettivamente carente può essere indirettamente il riscontro dell'attendibilità complessiva di colui che l'ha resa.

In altri termini allorché la versione accusatoria presenti oggettive lacune o incongruenze che però siano spiegabili sotto il profilo della logica e del dato fattuale, l'attendibilità del dichiarante può essere affermata.

Se ciò è vero-e non si vede come sulla scorta dell'uniforme orientamento sia giurisprudenziale che dottrinale, possa essere negato - allora deve subito affermarsi che le dichiarazioni rese in primis da Ci.Ro. e To.Da. NON sono apparse nel loro complesso, credibili, coerenti e per di più prive di riscontri esterni.

In estrema sintesi-riservando la disamina più approfondita allorché dovrà valutarsi la configurabilità dei delitti contestati-la Ci.Ro. ha dichiarato in dibattimento, peraltro smentendo in larghissima parte quanto esposto nella denuncia sporta, che l'imputato, varie volte, le aveva chiesto soldi che lei gli aveva rifiutato perché consapevole che li avrebbe spese per acquistare droga o alcolici perché da un po' di tempo, era dedito all'uso di tali sostanze.

Ha aggiunto che il To.Da. non comprendendo il motivo e le ragioni del rifiuto qualche volta aveva urlato ma lei aveva reagito colpendolo con uno schiaffetto ed urlando anche lei.

Era potuto, quindi, capitare che il figlio l'avesse colpita, ma sempre per difendersi ed ha negato di essere stata mai minacciata o aggredita sottolineando che la somma richiesta era, al massimo, venti Euro ribadendo di essersi rivolta alla Polizia proprio per evitare che il To.Da. continuasse a drogarsi ed ubriacarsi anche perché aveva un lavoro stabile di parrucchiere.

Analogamente To.Da., padre dell'imputato ha fatto sì riferimento a frequenti discussioni col figlio per le richieste di denaro ma ha negato recisamente di essere stato mai minacciato o colpito, precisando che talvolta le discussioni erano state anche accese e si era arrivati anche al contatto fisico perché entrambi avevano alzato le mani, ma il figlio lo aveva fatto per difendersi.

Orbene appare chiaro che a fronte di tali dichiarazioni, indipendentemente da qualsivoglia considerazione sulla ragione per cui le stesse sono stare rese e che è del resto intuibile e tutto sommato affatto comprensibile tenuto conto dei rapporti che legano l'imputato alle persone offese, risulti quantomeno dubbia la configurabilità degli estremi ontologici dei vari delitti contestati sicché, nella prospettiva dell'accusa, occorre verificare se essi possano essere aliunde desunti ma anche sotto tale profilo di indagine, gli esiti non appaiono riscontrare la prospettazione accusatoria.

Invero nelle loro deposizioni dibattimentali To.Gi. e To.Ma. - rispettivamente fratello e sorella dell'imputato - pur confermando di essere a conoscenza delle discussioni che frequentemente avvenivano tra l'imputato ed i genitori a causa delle richieste di piccole somme di denaro, hanno entrambi ribadito di esserne a conoscenza perché informati dalla madre Co.Pa. che però - cfr. la dichiarazione di To.Ma. - è una persona molto ansiosa preoccupata delle conseguenze che l'uso di stupefacenti ed alcolici potevano esserci per il figlio.

To.Ma. ha, rispondendo ad un'esplicita domanda, anche dichiarato che la madre non le aveva mai detto di essere stata picchiata.

Il teste di P.G. Ve.Vi. - in servizio presso la Questura di Napoli - ha riferito che all'atto dell'intervento presso l'abitazione dei To.Da. a seguito di chiamata attraverso il 113, ebbe modo di constatare in assenza dell'imputato uno stato di grande agitazione e preoccupazione dei suoi genitori che furono invitati a sporgere denuncia ed anche il teste Es.Ca., in servizio presso l'UPG della Questura di Napoli, ha riferito che la sera del 28 febbraio 2018 era stato dalla Centrale operativa inviato presso l'abitazione dei To.Da. per una lite familiare e che una volta giunto gli era stato riferito dal padre dell'imputato delle frequenti liti determinate dalla richiesta di denaro e che quella sera la sig. Ci.Ro. riferì di essere stata aggredita dal figlio.

Orbene a fronte di tale compendio probatorio - si ribadisce al netto del sospetto che si sia trattato da parte delle persone offese, di una versione "edulcorata" se non reticente, non può ritenersi sussistente il delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. contestato al capo C) dell'editto accusatorio.

Invero è noto che esso si sostanzia in una serie reiterata di condotte vessatorie che mirino a creare nella persona offesa una situazione ed una condizione di assoluto disagio e preoccupazione, uno stato di avvilimento e prostrazione morale in virtù della quale la persona offesa non vive normali condizioni di vita (cfr. per tutte Cass. Pen. Sez. VI del 19 febbraio 2004 n. 7192).

Nella fattispecie però è agevole rilevare che gli episodi di discussioni e contrasti in primo luogo, pur frequenti, erano strettamente collegati al bisogno di drogarsi e/o ubriacarsi da parte del To.Da. che però mai ha posto, rectius o almeno non risulta in modo univoco, i familiari - che infatti non vi hanno fatto riferimento o cenno - in quella condizione di sofferenza morale richiesta dall'ontologia della previsione incriminatrice tanto che anche i fratelli hanno parlato si di discussioni, ma hanno escluso violenze o minacce ed anche condizioni di avvilimento da parte dei genitori.

Peraltro non è rimasta smentita la circostanza che era per prima la Ci.Ro. in un certo senso a provocare la "discussione" sicché appare evidente che ella non si trovasse, e tantomeno il marito To.Da., in quella particolare situazione che integra gli estremi del delitto contestato.

Discorso analogo può poi certamente condursi-ed a più forte ragione - anche per le altre due ipotesi di reato contestate dal momento che in sede dibattimentale sia la Ci.Ro. che il To.Da., nonché come visto i testi To.Ma. e To.Gi. - che pur hanno confermato i litigi e le richieste di denaro - hanno escluso che vi fossero state mai da parte dell'imputato minacce, o violenze, e che al riguardo nessun riscontro può ricavarsi dalle deposizioni dei testi di P.G. che, peraltro, si sono limitati ad intervenire allorché la discussione era già cessata.

Certo, si ribadisce ancora una volta, non sfugge al Giudicante il rilievo che forse la versione fornita in dibattimento non rispecchi la realtà delle cose, ma - a parte la considerazione che ciò che va valutato ai fini della formulazione del giudizio è il risultato dell'istruttoria dibattimentale - è un fatto che la vicenda presenti comunque aspetti non chiariti o meglio risvolti e profili concreti - quali ad esempio la circostanza che il To.Da. non abbia aggredito i familiari, che i litigi erano circoscritti alla richiesta di soldi peraltro non frequente etc. - che legittimano quantomeno il dubbio sulla configurabilità di tutti gli elementi ontologici e strutturali dei delitti contestati.

La vicenda appare riconducibile, more solito, a quelle situazioni intrafamiliari di contrasti e preoccupazione per i comportamenti "irregolari" e rischiosi dei figli che talvolta inducono i genitori a tentare con ogni mezzo di salvarli ma che non necessariamente vedono nel loro estrinsecarsi situazioni e condotte integranti reato.

Ne deriva che l'imputato non può che essere mandato assolto con la relativa formula ed all'assoluzione consegue ex art. 300 c.p.p. la declaratoria di inefficacia della misura cautelare non coercitiva in corso nei confronti di To.Da.

Infine il notevole carico di lavoro dell'udienza e complessivo, nonché la "particolarità" della vicenda hanno determinato il ricorso ad un più ampio termine per il deposito delle motivazioni della sentenza.

P.Q.M.
Letto l'art. 530 cpv. c.p.p. assolve To.Da. da tutti i delitti ascrittigli perché il fatto non sussiste. Dichiara cessata l'efficacia della misura cautelare non custodiale attualmente in vigore nei confronti di To.Da. Indica in giorni novanta il termine per il deposito delle motivazioni della sentenza.

Così deciso in Napoli il 14 marzo 2022.

Depositata in Cancelleria il 24 maggio 2022.

bottom of page