top of page

Reato di maltrattamenti: la continuità e stabilità della relazione come presupposto essenziale (Giudice Alessandra Ferrigno)

reato-maltrattamenti-continuita-relazione

Tribunale Napoli sez. V, 04/02/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 04/02/2021), n.262

Nel reato di maltrattamenti, la configurazione del contesto familiare o parafamiliare richiede la stabilità della relazione e una convivenza continuativa. Rapporti sporadici e privi di un vincolo di abitualità non soddisfano i requisiti richiesti dall’art. 572 c.p.

Reato di maltrattamenti: la continuità e stabilità della relazione come presupposto essenziale (Giudice Alessandra Ferrigno)

Maltrattamenti in famiglia: onere probatorio e valutazione delle dichiarazioni delle persone offese (Giudice Antonio Palumbo)

Maltrattamenti in famiglia: reiterazione delle condotte violente e attenuazione della pena (Corte appello Napoli - Quinta sezione)

Maltrattamenti in famiglia e causa di non punibilità per il furto tra coniugi: chiarimenti giurisprudenziali (Collegio - Di Petti presidente)

Maltrattamenti in famiglia e tentata estorsione: il discrimine nelle intenzioni dell'agente (Giudice Alessandra Zingales)

Reato di maltrattamenti in famiglia: rilevanza delle condotte vessatorie post-separazione e abuso del rapporto familiare (Giudice Antonio Palumbo)

Maltrattamenti familiari e lesioni personali aggravate: la distinzione tra conflitti occasionali e condotte abituali (Collegio - Palumbo presidente)

Maltrattamenti in famiglia e lesioni personali: configurabilità del reato e criteri di responsabilità (Giudice Arnaldo Merola)

Maltrattamenti in famiglia: riconoscimento dell’abitualità della condotta e condanna dell’imputato (Giudice Alessandra Zingales)

Maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale aggravata: responsabilità penale e trattamento sanzionatorio (Collegio - Presidente Aschettino)

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto in data 28/10/2019, il GUP in sede disponeva il rinvio a giudizio di (...) dinanzi al Tribunale di Napoli, in composizione collegiale, affinché rispondesse dei reati a lui ascritti.

Dopo alcuni rinvii preliminari, nell'udienza del 15/6/2020, rigettata la richiesta avanzata dalla difesa di definizione del processo nelle forme del rito abbreviato condizionato, veniva disposta la rinnovazione delle notifiche del decreto di differimento fuori udienza emesso a seguito della emergenza epidemiologica da COVID 19.

Nella successiva udienza del 21/9/2020, rigettata la richiesta di riunione del processo con quello recante n. 27124/18 RGNR - pendente a carico del (...) dinanzi al Tribunale di Napoli in composizione monocratica per il reato di cui all'art. 570 cp - veniva aperto il dibattimento, con ammissione delle richieste istruttorie come da verbale di udienza in atti; quindi, escusso il teste d'accusa (...), il processo era rinviato per il prosieguo istruttorio.

Nella successiva udienza del 7/10/2020, mutata la composizione del Collegio giudicante, veniva nuovamente aperto il dibattimento e veniva dichiarata utilizzabile l'attività istruttoria in precedenza espletata (in ossequio all'orientamento giurisprudenziale più autorevole, recentemente espresso dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 41736/19 ric. Ba., estensore Beltrami); quindi, si procedeva all'escussione della p.o. (...). Nell'udienza del 4/11/2020 veniva escusso l'ultimo teste d'accusa (...) e, acquisita documentazione (stampa delle schermate SDI web) versata in atti dal P.M., il processo era rinviato all'udienza del 13/1/2021. In tale udienza, acquisito sull'accordo delle parti il verbale dell'interrogatorio reso dal (...) in fase d'indagine alla P.G. delegata in data 24/01/2019 e sentito l'imputato che rendeva spontanee dichiarazioni, veniva chiusa l'istruttoria dibattimentale; sulle conclusioni delle parti, il Tribunale si ritirava in camera di consiglio, decidendo come da dispositivo e riservando nel termine di gg. 30 il deposito della sentenza.

Motivi della decisione
Ritiene il Tribunale che, all'esito della attività istruttoria espletata, non sia emersa, al di là di ogni ragionevole dubbio, la prova certa della penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti, per le ragioni che seguono.

Esposizione del materiale probatorio

In punto di fatto, l'espletata istruttoria ha consentito di accertare quanto segue.

Va premesso che il teste (...), ispettore della Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato P.S. Scampia, ha dichiarato di non avere fatto alcuno specifico accertamento, essendosi limitata a trasmettere la CNR contenete la denuncia sporta da (...) nei confronti di (...) ed il verbale delle sommarie informazioni assunte da (...). Ella ha anche ricordato che, in epoca precedente alla presentazione della denuncia della (...), il (...) aveva a sua volta presentato un esposto contro il padre della (...) ma, sul punto, la testimone non ha saputo aggiungere altro.

La p.o. (...), nel corso della sua lunga deposizione, premettendo di avere conosciuto (...) vent'anni prima e di avere posto in essere insieme a lui un'attività illecita finalizzata alle truffe, ha dichiarato: che, conosciuto il (...), ella ebbe con lui una relazione sentimentale; che il (...) era coniugato ma le aveva detto di essere in fase di separazione dalla moglie, mostrandole a tal fine anche "una carta che stava in separazione"; che nel 2009, dalla loro relazione, nacque un figlio (...); che in quel periodo - sia prima che dopo la nascita del bambino - il (...) "andava e veniva" da casa sua, nel senso che "faceva i comodi suoi", "voleva mangiare ... fare le sue cose" ossia, come ha chiarito, avere con lei rapporti sessuali in maniera violenta ("come un animale"); che, nello specifico, quando arrivava, il (...) bussava con veemenza costringendola ad aprire immediatamente per evitare di dare fastidio agli altri inquilini e, una volta entrato, "rompeva tutta la casa ... e poi faceva le cose che doveva fare lui"; che ella era stanca della situazione ("non ne potevo più di questa situazione"); che, inoltre, il (...) in un primo momento non volle riconoscere il bambino né di fatto lasciare la sua famiglia di origine di talché i rapporti tra di loro divennero "burrascosi" e, alla fine, non sopportando più la situazione, ella decise di troncare quella relazione; che il (...), invece, pretendeva ancora di andare a casa sua e stare con lei ("era il padrone della mia vita").

La p.o. ha quindi precisato che dal 2009 al 2012 i rapporti divennero, per tali ragioni, "burrascosi" ("non potevo tenere nessuno a casa, pure se uscivo mi prendeva con i capelli dalla macchina tanto è vero che la signora (...) è stata picchiata dal signor (...) per difendere me ...") ed ha aggiunto che il (...) aveva il "vizio delle mani" (pag 43 verbale fonoregistrazione). Ha inoltre dichiarato che, nel 2012, il (...) riconobbe (...) come figlio naturale.

Quanto all'episodio in cui rimase coinvolta l'amica (...), avvenuto tra il 2015 ed il 2016, la p.o. ha raccontato che quel giorno ella si stava recando, con la (...) e con la figlia, a mangiare una pizza da un'amica quando, giù al palazzo, comparve il (...) che la prese per i capelli e la scaraventò contro lo sportello della macchina, chiudendo la gamba della (...) nello sportello dell'auto.

La p.o., inoltre, ha raccontato due episodi di violenza da parte del (...) come "i più brutti della mia vita".

Con riguardo al primo episodio (riferito alle pagg. 9 e ss. del verbale della fonoregistrazione dell'udienza del 7/10/2020) ella ha detto che, in quella occasione, dopo una discussione nata con il (...) (nel corso della quale ella aveva detto che era ormai stanca della situazione e che lo avrebbe denunciato e l'imputato aveva replicato che lei non poteva rivolgersi alle istituzioni perché apparteneva ad una famiglia di camorristi), quest'ultimo la prese per i capelli e la trascinò in camera da letto; qui, nonostante ella gli avesse detto che non voleva avere alcun contatto con lui (scaraventandogli pure un lume addosso), il (...) la buttò sul letto e, trattenendole le mani, ebbe un rapporto sessuale; poi dopo averle detto che avrebbe vinto sempre lui, andò via subito dopo.

Un secondo episodio si verificò un giorno in cui ella era a casa con la figlia ((...), nata da un precedente matrimonio) e con la (...): in quella occasione il (...) arrivò e, dopo che ella ebbe mandato via la figlia e l'amica, pretese di avere un rapporto sessuale con lei ma, al suo diniego, prese il bastone della tenda e la picchiò, poi la buttò a terra e le mise le mani nelle parti intime, penetrandola con le dita ed intimandole di non urlare.

A seguito dell'intervento del P.M. (che ha richiamato il contenuto delle sommarie informazioni rese il 18/12/17), la (...) ha precisato che quest'ultimo episodio avvenne nel dicembre 2016 e che, successivamente, ella scoprì che quel rapporto sessuale le aveva provocato una gravidanza (la seconda figlia è nata il 10/10/2017); mentre il primo episodio, dapprima collocato nel 2015/2016, è stato poi collocato - in seguito all'intervento del PM in aiuto della memoria - nel 2013.

Inoltre la (...) ha spiegato che la denuncia è stata sporta nell'aprile 2017 (anche con riferimento a fatti risalenti al 2009) perché ella aveva temporeggiato al fine di mantenere buoni i rapporti con (...) per avere il mantenimento per i figli ("volevo un rapporto civile con il bambino e il papà, questo era quello che io volevo ... poi mi sono vista alle strette con un'altra bambina, l'ho chiamato neanche io, la signora (...), e disse che non era sua figlia..."). La teste ha quindi precisato: che, prima che nascesse la bambina, non aveva più alcuna relazione con il (...); che ella si è spesso confidata con l'amica (...) (...), la quale ha anche in più occasioni visto i segni provocati dalle percosse del (...); che tra il 2014/2015 ella ebbe una ischemia e che, successivamente, nel 2015, è stata detenuta.

Ella ha inoltre ammesso di avere avuto qualche incontro, presso strutture alberghiere, con (...) dal 2009 al 2013 (aggiungendo che, dal 2013 in poi, le frequentazioni avvenivano a casa sua, anche perché l'imputato voleva stare con il bambino).

(...), premettendo di conoscere la (...) dal 2007 e di averla frequentata in maniera assidua dal 2011, ha riferito: che, frequentando casa della (...) (che era all'epoca agli arresti domiciliari), ella conobbe (...); che quest'ultimo spesso si recava a fare visita ad (...); che tra il 2012/2013 vi fu anche una sorta di convivenza tra i due; che il (...) era sposato e, quindi, si trasferiva da (...) nel periodo estivo quando verosimilmente la sua famiglia andava in villeggiatura; che il (...) voleva bene ad (...) ma i rapporti tra di loro non erano sereni; che, in particolare, il (...) voleva riconoscere il figlio (...) ma (...) era assolutamente contraria; che ella parlò con (...) per convincerla che era una cosa positiva e, in effetti, alla fine (...) si decise a fargli riconoscere il bambino; che, però, da quei momento il (...) iniziò a comportarsi "da padrone" (impedendo ad (...) di uscire a suo piacimento ed arrivando ad offenderla e picchiarla qualora lo avesse fatto); che, con il tempo, e a seguito delle aggressioni che subiva e delle bugie dell'uomo (che la rassicurava sulla imminente separazione dalla moglie), (...) decise di lasciarlo, ma il (...) non accettò tale decisione.

La teste ha riferito di avere visto in molte occasioni ("sempre") lividi sul corpo di (...) e di averla anche spronata a denunciare il (...).

La (...) ha ricordato, in particolare, un episodio avvenuto a suo dire nel 2013 (quando la (...) era ancora agli arresti domiciliari), dopo il riconoscimento di (...) da parte del (...): in quella occasione, una mattina, la (...) le telefonò per chiederle di raggiungerla a casa; qui (...), piangendo distesa a terra, le mostrò dei segni sul corpo e le disse che il (...) l'aveva picchiata con un bastone della tenda e l'aveva violentata.

A seguito delle contestazioni del P.M. (mosse con riferimento al contenuto delle dichiarazioni rese alla P.G. in data 18/4/2017), la (...) ha ricordato: che una volta, circa tre anni prima, (...) l'aveva chiamata chiedendole aiuto e, una volta giunta a casa sua, le raccontò che il (...) era entrato prendendo la porta a spallate e che l'aveva percossa con un bastone della tenda. La teste ha narrato di un altro episodio, avvenuto questa volta quando (...) non era più agli arresti domiciliari: in quella occasione, ella si trovava con la (...) ed i figli di quest'ultima ((...) e (...)) in macchina ed erano stati in giro tutto il giorno; al ritorno, trovarono il (...) (che già prima aveva fatto ad (...) numerose telefonate per sapere dove fosse) che la stava aspettando sotto il palazzo e che, molto adirato, aggredì la (...) sbattendola per terra; a quel punto ella si intromise per tentare di soccorrere l'amica scendendo a sua volta dall'auto ma il (...) le chiuse la gamba nello sportello provocandole un fortissimo dolore.

La teste colloca tale episodio nel 2014 e cioè circa 6 o 7 anni prima della sua deposizione.

La (...), inoltre, ha riferito di un ulteriore episodio avvenuto nel periodo delle festività natalizie del 2016: una mattina, la (...) le chiese di accompagnarla in auto, insieme a (...), per delle commissioni; ma, non appena giunse a casa dell'amica verso le nove del mattino, sopraggiunse anche il (...), cosicché lei uscì di casa insieme a (...); che dopo poco la (...) la richiamò per chiederle di salire; che la (...) le raccontò che aveva litigato ancora con il (...) perché quest'ultimo non voleva lasciare la moglie e che, al culmine del litigio, l'aveva violentata.

Ha dichiarato di essere a conoscenza di una frequentazione tra il (...) e la (...), tra il 2012 ed il 2015, anche presso alcuni alberghi della città. Ha infine spiegato che fu proprio lei a convincere la (...) a denunciare (...) nel 2017 dopo che la loro relazione era ormai finita perché quest'ultimo, volendo ritornare con (...), la molestava mandandole SMS e fotografie oscene.

Nel verbale del l'interrogatorio reso alla P.G. (procedente su delega del PM) in data 24/01/2019 (...) spiegava che la relazione con (...), iniziata dal 2000, è stata ostacolata dopo la nascita del bambino dalla famiglia di lei, in quanto egli era coniugato; aggiungeva di essere stato addirittura aggredito dal padre e dai fratelli della (...) e negava di avere sessualmente abusato della (...), con la quale a suo dire ha avuto solo rapporti consensuali. Egli aggiungeva che l'ultimo rapporto consumato con (...) era avvenuto nel dicembre 2016 in un albergo vicino alla stazione centrale.

Nel rendere spontanee dichiarazioni in dibattimento, il (...) ha confermato che la famiglia della (...) ostacolava il rapporto tra di loro ed il suo riconoscimento del figlio, ed ha aggiunto che egli si è separato nel 2015 e si è trasferito a casa della madre, continuando la relazione con (...) fino a quando nel 2017 ella è rimasta di nuovo incinta.

Valutazione del materiale probatorio

Vanno fatte delle preliminari considerazioni sulla valutazione della deposizione della persona offesa, sulla scorta dell'orientamento ormai consolidato in giurisprudenza.

Ed invero, la persona offesa - pur essendo considerata dal legislatore, anche quando si costituisce parte civile, alla stregua di un qualunque testimone (1) - viene collocata dalla giurisprudenza in una posizione diversa rispetto a quella del testimone, e ciò proprio per il ruolo che assume nell'ambito del processo, sia quando si costituisce parte civile nel processo penale, sia quando non eserciti tale facoltà.

Se, infatti, il testimone è, per definizione, una persona estranea agli interessi in gioco nel processo, che si limita a rendere una deposizione su fatti a cui ha assistito personalmente, senza altre o diverse implicazioni, la persona offesa è, in quanto tale, in posizione di antagonismo nei confronti degli imputati, per la semplice istanza di ottenere giustizia con la loro condanna, ovvero perché portatrice di un interesse privato al buon esito del processo e, con la costituzione di parte civile, di un evidente interesse di natura economica.

Ne deriva che, se in relazione alla deposizione resa dal testimone, il giudice può motivare il proprio convincimento con una valutazione incentrata sulla personalità dello stesso e sull'attendibilità del contenuto intrinseco della dichiarazione, potendo desumere la prova del fatto rappresentato dalla semplice dichiarazione del teste, senza la necessità di altri elementi che ne confermino la credibilità, con riferimento, invece, alla deposizione resa dalla persona offesa occorre svolgere un esame più rigido e rigoroso dell'attendibilità intrinseca del narrato e, qualora la piattaforma probatoria lo consenta, occorre valutare anche gli altri elementi probatori, verificando se gli stessi confortino o meno la deposizione.(2)

Pertanto, quando la persona offesa rappresenta il principale (se non il solo) testimone che abbia avuto la percezione diretta del fatto da provare e sia, quindi, sostanzialmente l'unico soggetto processuale in grado di introdurre tale elemento valutativo nel processo, affinché la sua deposizione possa essere posta a fondamento del giudizio di colpevolezza dell'imputato, occorre sottoporla ad una puntuale analisi critica, mediante la comparazione con il rimanente materiale probatorio acquisito (laddove ciò sia possibile), utilizzabile per corroborare la sua dichiarazione, ovvero attraverso un esame attento e penetrante della testimonianza, condotto con rigore e spirito critico, che investa l'attendibilità della dichiarazione e la credibilità soggettiva di chi l'abbia resa e che, tuttavia, non sia improntato da preconcetta sfiducia nei confronti del teste.

In conclusione, dunque, quando la fonte principale di prova sia, come nel caso in esame, la persona offesa, ancor più se costituita parte civile (come nel caso in esame), andranno verificati gli elementi di conforto cosiddetti estrinseci e, ove una verifica in tal senso non sia possibile, sarà necessario vagliare in modo rigoroso la credibilità del dichiarante e l'attendibilità intrinseca della dichiarazione resa (3).

Ebbene, applicando tali principi al caso in esame, questo Collegio non può che nutrire forti dubbi sulla credibilità di (...). E' pur vero che il lunghissimo arco temporale di riferimento (oltre un ventennio), nonché l'obiettiva difficoltà di linguaggio e di espressione della p.o. hanno senz'altro ostacolato nel caso di specie la fluidità e la linearità della deposizione della (...), rendendola particolarmente "farraginosa", ma ciò non di meno osserva il Tribunale che (...) non abbia fornito una ricostruzione chiara e coerente dei fatti narrati.

Quanto alla cosiddetta attendibilità intrinseca ritiene, invero, il Collegio che dalle dichiarazioni della p.o. siano emersi in maniera chiara ed evidente forti elementi di rancore e di astio nei confronti dell'imputato, soggetto con il quale ella aveva intrapreso da tempo una relazione sentimentale (culminata nella nascita di un figlio) nonostante egli fosse coniugato e l'avesse più volte rassicurata circa l'imminente separazione.

E', invero, emerso indiscutibilmente che la frequentazione tra i due, in cui la effettiva convivenza è avvenuta saltuariamente e sporadicamente (per la precisione in occasione del periodo estivo), si caratterizzava per l'alternarsi di momenti di tranquillità a momenti "burrascosi" (per usare le parole della stessa (...)), in cui erano frequenti litigi e discussioni, a causa della sottesa e persistente problematica, irrisolta, del pregresso matrimonio del (...).

Ebbene, non è sfuggito al Collegio che, nonostante la (...) abbia più volte affermato che, ormai stanca della situazione in cui si trascinava, ella aveva deciso di troncare la sua relazione con l'imputato, nella realtà ella abbia invece proseguito detta relazione, nella verosimile aspettativa della separazione dell'imputato dalla moglie e, quindi, nella prospettiva di una convivenza con quest'ultimo ed il piccolo (...).

In particolare, sotto questo profilo vanno evidenziate due circostanze; la prima attiene alla natura ed alla tipologia dei rapporti tra (...) e (...) che, come si è visto, sono proseguiti anche presso strutture alberghiere in epoca di gran lunga successiva alla nascita del bambino (a dimostrazione che, ben lungi dal prendere le distanze dal (...), la (...) abbia di fatto continuato a frequentarlo); la seconda attiene, invece, alla genesi della denuncia.

Ed invero, non va sottaciuto che la (...), dopo avere a suo dire subito tutte le violenze che ha narrato in dibattimento ad opera del (...), non ha mai sporto alcuna querela contro quest'ultimo, neppure per generiche lesioni, ma che si è decisa a tanto nell'aprile 2017 - e cioè alcuni mesi dopo l'ultimo episodio di violenza sessuale - solo dopo avere saputo di aspettare un altro figlio dall'imputato e dopo che quest'ultimo le aveva fatto chiaramente intendere che non avrebbe riconosciuto detto figlio come proprio. D'altro canto, è la stessa (...) nel corso dell'esame a riferire di avere "temporeggiato" prima di sporgere la querela al fine di mantenere buoni i rapporti con (...) e di ottenere il mantenimento economico ("volevo un rapporto civile con il bambino e il papà, questo era quello che io volevo...poi mi sono vista alle strette con un 'altra bambina, l'ho chiamato neanche io, la signora (...), e disse che non era sua figlia ..."). In definitiva, la complessa e tortuosa situazione sottesa alla relazione tra l'imputato e la p.o. non consente di ritenere che la deposizione della (...) sia scevra da rancore o astio verso il (...), essendo emerse, al contrario, come sinora chiarito, forti ragioni di risentimento, viepiù in relazione a due vicende, attinenti l'una al mantenimento economico del piccolo Salvatore (vicenda per la quale è pendente il giudizio in primo grado, a carico del (...), per il reato di cui all'art. 570 cp) e l'altra, come si è detto, al riconoscimento della figlia (...) (a cui il (...) non ha in alcun modo voluto dare corso).

Dette ragioni di risentimento hanno a tal punto inficiato la deposizione della (...) da non consentire al Collegio neppure di comprendere, all'esito del dibattimento, in quali termini si sia effettivamente svolta la vicenda attinente al riconoscimento del piccolo (...).

Ed invero, sul punto deve rilevarsi che, a fronte delle accuse della (...) (secondo la quale il (...) era a tal punto disinteressato da non volere neppure riconoscere il bambino), sono state acquisite - oltre alle dichiarazioni del (...) - le dichiarazioni di segno contrario della teste (...), la quale come si è visto ha riferito che era proprio la (...) a non volere che il (...) riconoscesse il bambino.

Ma vi è di più. Ed invero, deve essere da ultimo evidenziato come dalla testimonianza dell'amica e confidente (...) non sono emersi, a ben vedere, elementi che consentano di riscontrare e supportare le dichiarazioni accusatorie (di per sé come visto alquanto incoerenti e contraddittorie della (...)) della persona offesa.

Ed invero, le circostanze riferite dalla (...) (la quale pure ha dichiarato di avere ricevuto le confidenze della (...), e di avere visto spesso i lividi dell'amica) possono al più confermare, in maniera generica, che la relazione sentimentale tra i due fosse tutt'altro che tranquilla ed anzi del tutto tormentata, ma non consentono affatto di riscontrare in maniera precisa il narrato della p.o. con riferimento ai tempi e ai modi degli episodi di violenza sessuale narrati dalla p.o..

Analisi delle singole fattispecie di reato in contestazione.

Tanto premesso in ordine alla attendibilità della p.o. vanno fatte anche alcune riflessioni in diritto in ordine alle gravi fattispecie di reato in contestazione.

Quanto alla violenza sessuale di cui al capo B), si osserva unitamente al l'orientamento giurisprudenziale consolidato, e condiviso da questo Collegio, che "in tema di violenza sessuale l'elemento oggettivo consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso (in tale senso Cassazione sez. III, sent. N. 6945/04 ric. Ma.). E ancora, "in tema di reati contro la libertà sessuale, la violenza richiesta per la integrazione del reato non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nella impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta tanto da realizzare un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dell'azione criminosa, così venendosi a superare la contraria volontà del soggetto passivo" (in tal senso Cassazione sez. III, sent. 3990/00 ric. Invidia).

Nel caso in esame residuano dubbi, alla luce di quanto in precedenza argomentato in ordine alla attendibilità della (...), in ordine alla natura dei rapporti sessuali intrattenuti tra le parti ed alla mancanza di consenso della p.o., atteso il rapporto di frequentazione che, sia pure con alti e bassi, gli stessi hanno portato avanti nel tempo.

Si impone, pertanto l'assoluzione del (...) dai reati a lui ascritti sub B) perché il fatto non sussiste. Alle stesse conclusioni deve pervenirsi per il delitto di maltrattamenti di cui al capo A). Ed invero, tale delitto come è noto si concretizza, in linea generale, per la reiterazione nel tempo, da parte dell'agente, di una pluralità di atti, relativamente omogenei, siano essi caratterizzati dall'esercizio di violenza fisica nei confronti del soggetto passivo, siano essi dotati di carattere aggressivo soltanto sotto un profilo morale, ed a prescindere dalla loro autonoma natura delittuosa, purché gli stessi, considerati nel loro complesso, siano idonei ad offendere l'integrità psicofisica del soggetto passivo (v., ex multis, Cass. Pen., Sez. 6, n. 25183 del 19.6.2012).

Da ciò emerge, dunque, la sua ormai pacifica natura di reato abituale, sottesa - come già suggerito dal significato che generalmente le si attribuisce nel linguaggio comune - alla espressione "maltrattare", in cui essa è compendiata; reato per la cui consumazione è pertanto necessario, ma anche sufficiente, il compimento di una pluralità di atti legati dal vincolo dell'abitualità, cioè della continuità e ripetitività nel tempo, in tal modo integrandosi un comportamento di maggior disvalore rispetto alla somma del disvalore tipico di ciascun atto (peraltro, non necessariamente) delittuoso che concorre ad integrarla.

Ebbene, nel caso in esame, premesso che deve senz'altro escludersi che tra le parti vi fosse una stabile convivenza, è emerso come si è visto un rapporto caratterizzato da un intervallarsi di momenti di frequentazione a momenti di allontanamento (a seguito dei litigi), con la conseguenza che non risulta sufficientemente provato quel contesto in senso lato familiare nel cui alveo può eventualmente collocarsi la condotta astrattamente rilevante ai sensi dell'art. 572 cp.

Conclusioni

Si impone dunque l'assoluzione dell'imputato dai reati a lui ascritti ai capi A) e B) per insussistenza del fatto.

Infine, la delicatezza delle imputazioni e la complessità della motivazione impongono di riservare il deposito della motivazione nel termine di giorni trenta ai sensi dell'art. 544 comma 3 cpp.

P.Q.M.
Letto l'art. 530 cpv cpp assolve l'imputato dai reati a lui ascritti perché il fatto non sussiste.

Letto l'art. 544 comma 3 cpp fissa in gg. 30 il termine per il deposito della sentenza.

Così deciso in Napoli il 13 gennaio 2021.

Depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2021.

(1) Tanto che la Corte Costituzionale, con sentenza del 19/3/1992 nr. 115, ha escluso l'illegittimità dell'art. 197, lettera c), c.p.p. nella parte in cui non include, tra i soggetti per i quali vi è l'incompatibilità con l'ufficio di testimone, la parte civile.

(2) Cfr. Cass. Sezioni Unite, 19/7/2012-24/10/2012, n. 41461, secondo cui "le regole dettate dall'art. 192. co. 3, c.p.p. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone"; quanto a quest'ultimo profilo, la Corte ha precisato che, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi.

(3) La successiva giurisprudenza ha chiarito che, come evincibile dal "tessuto motivazionale" della richiamata pronuncia delle Sezioni Unite, la circostanza che l'offeso si sia costituito parte civile "non attenua il valore probatorio delle dichiarazioni rendendo la testimonianza omogenea a quella del dichiarante "coinvolto nel fatto", che soggiace alla regola di valutazione indicata dall'art. 192 c.p.p., comma 3, ma richiede solo un controllo di attendibilità particolarmente penetrante, finalizzato ad escludere la manipolazione dei contenuti dichiarativi in funzione dell'interesse patrimoniale vantato. La Corte di Cassazione, peraltro, anche quando prende in considerazione la possibilità di valutare l'attendibilità estrinseca della testimonianza dell'offeso attraverso la individuazione di precisi riscontri, si esprime in termini di "opportunità" e non di "necessità", lasciando al giudice di merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalità di controllo della attendibilità nel caso concreto.

Le sezioni unite hanno infatti affermato che "può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia. perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui soddisfazione discenda dal riconoscimento della responsabilità dell'imputato" (nello stesso senso Cass. Sez. I, n. 29372 del 24/06/2010, St., Rv. 248016; Cass. Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004, Pa., Rv. 229755)" (Cass. Sez. II, 27/10/20I5-20/11/2015, n. 46100).

bottom of page