Corte appello Napoli sez. VI, 11/04/2024, (ud. 04/04/2024, dep. 11/04/2024), n.3740
Nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, lo stato di bisogno del minore si presume, in quanto derivante dalla sua condizione stessa di minore età. L'obbligato al mantenimento non può sottrarsi agli obblighi economici senza provare una persistente, oggettiva e incolpevole impossibilità di adempiere. Per incapacità economica rilevante ai fini dell'esclusione del reato si intende una condizione di assoluta indisponibilità economica, non solo temporanea, che l'imputato è tenuto a dimostrare in modo rigoroso.
Le circostanze attenuanti generiche non costituiscono un diritto dell'imputato, anche in assenza di precedenti penali, ma richiedono l'esistenza di elementi positivi che giustifichino una mitigazione della pena.
Svolgimento del processo
L'imputato, condannato in primo grado con la sentenza innanzi indicata, ha proposto appello per il tramite del difensore.
All'udienza odierna, dopo la relazione del dott. Pa., le parti hanno illustrato le proprie conclusioni ed il collegio, all'esito della deliberazione in camera di consiglio, ha pronunciato la presente sentenza, mediante lettura del dispositivo allegato al verbale di udienza.
Motivi della decisione
1. Alla condanna dell'imputato si è giunti sulla base delle dichiarazioni rese da Ia.Ni. e da Ia.An., nonché della documentazione acquisita al fascicolo del dibattimento (querela presentata da Ia.An.; sentenza n 180/19 emessa dal Tribunale di Napoli Nord e sentenza n 4494/22 emessa dalla Corte di Appello di Napoli nel giudizio per lo scioglimento del matrimonio tra i coniugi; verbali di sommarie informazioni rese da Ia.Ni. e Ia.An.; verbale relativo all'interrogatorio reso da Sa.Mi.; p.e.c. del 26.4.19). Dall'istruttoria emergeva che Sa.Mi. aveva contratto matrimonio con Ia.An.; da tale unione, il 21.10.03, era nato il piccolo Ci.
Il 23.3.16 la Ia. aveva deciso di chiedere la separazione con addebito. In sede di separazione, il Tribunale di Napoli Nord aveva stabilito che l'imputato avrebbe dovuto corrispondere la somma di 350,00 euro mensili a titolo di mantenimento per il figlio minore e contribuire alle spese mediche nella misura del 50 per cento. Soltanto dopo tre mesi da detto provvedimento, Sa. aveva provveduto a versare 200,00 euro; successivamente, aveva versato 150,00 euro nel mese di marzo 2017, 50,00 euro nel mese di aprile 2017, 50,00 euro nel mese di maggio 2017, 100,00 euro nel mese di giugno 2017 e 50,00 euro nel mese di agosto 2017. Da quel momento Sa. non aveva più corrisposto nulla per il mantenimento del figlio, pur lavorando nel negozio di ottica del padre. La Ia. si era così vista costretta a chiedere sostegno economico a sua sorella An.
Dal mese di agosto 2019 il piccolo Ci. si era trasferito presso l'abitazione del padre, ma la Ia. aveva continuato a provvedere economicamente alle esigenze del figlio.
A seguito del ricorso presentato dall'imputato, sul presupposto del trasferimento del piccolo Ci. presso l'abitazione paterna, la Corte d'Appello di Napoli aveva posto a carico della Ia. il pagamento dell'assegno di mantenimento dell'importo di 350,00 euro mensili.
Sa.Mi., in sede di interrogatorio, dichiarava di non aver avuto la disponibilità economica per far fronte alle spese di mantenimento del figlio, essendo percettore di uno stipendio di 800,00 euro mensili, con i quali doveva far fronte a debiti erariali e pagare il canone di locazione della sua abitazione, dell'importo di 250,00 euro mensili. Contrariamente a lui, la Ia. non versava in stato di bisogno, percependo uno stipendio da insegnante ed essendo titolare di alcune proprietà. Il giudice di primo grado ha ritenuto i suddetti elementi sufficienti per la condanna dell'imputato, non avendo egli versato quasi nulla di quanto posto a suo carico a titolo di mantenimento del figlio minore fino momento nel quale costui si era trasferito presso la sua abitazione. All'uopo, era irrilevante che ai bisogni del piccolo avesse provveduto la madre, così come erano irrilevanti le circostanze addotte dal Sa. a propria discolpa, in quanto la documentazione dal medesimo prodotta per dimostrare l'incapacità di far fronte all'impegno economico era relativa al periodo decorrente dall'anno 2019, laddove l'obbligo di mantenimento era in vigore dall'anno 2016.
2. L'imputato ha proposto rituale appello avverso la condanna, per il tramite del difensore.
In via principale, l'appellante chiede l'assoluzione del proprio assistito, sostenendo che egli si era trovato nell'impossibilità di corrispondere l'assegno di mantenimento a causa di un persistente, oggettivo ed incolpevole stato di indigenza. Sa., infatti, percepiva uno stipendio di euro 800,00 mensili, totalmente erosi dal pagamento del canone di locazione dell'abitazione (250,00 euro mensili) e dei debiti erariali. L'imputato, insomma, si era trovato in uno stato di vera e propria povertà, rispetto al quale il pagamento di 350,00 euro mensili a titolo di mantenimento costituivano un esborso economico insostenibile.
In subordine, l'appellante chiede il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la riduzione della pena inflitta dal giudice di primo grado.
3. L'appello è infondato.
La sentenza appellata contiene una esposizione esaustiva e puntuale degli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale ed una ricostruzione dell'accaduto logica ed aderente a detti elementi. Le valutazioni contenute in detta sentenza, proprio perché aderenti agli elementi di prova acquisiti ed accurate nell'individuazione del significato probatorio di questi elementi, sono pienamente condivisibili e per gran parte offrono già risposta alle critiche mosse con l'atto di impugnazione.
3.1. Il narrato di Ia.An. risulta lineare, preciso e privo di contraddizioni. Le sue dichiarazioni sono asettiche, misurate, prive di qualsivoglia esagerazione. La sua testimonianza trova riscontro nella documentazione agli atti. Del resto, Io stesso imputato ha ammesso di non aver pagato il dovuto, pur adducendo a propria discolpa di essersi trovato nell'impossibilità di adempiere all'obbligo di mantenimento per incapienza economica.
Ciò posto, Sa.Mi. corrispondeva, solo nei primi mesi successivi al provvedimento giudiziale, somme del tutto irrisorie e di gran lunga inferiori a quelle previste, per poi rendersi totalmente inadempiente fino a quando iniziava a far fronte ai bisogni del figlio minore accogliendolo, ad agosto 2019, presso la sua abitazione. L'imputato, insomma, si disinteressava delle esigenze economiche legate alla crescita del figlio, senz'altro trovatosi, a causa della minore età, in una situazione qualificabile come stato di bisogno. Al riguardo, è infatti ben noto che il minore, in quanto tale, versa sempre in stato di bisogno e che il contributo al mantenimento spontaneamente erogato da soggetti diversi dall'obbligato non esclude la configurabilità del reato (Cass. pen., Sez. VI, 27/02/2019, n. 17766).
3.2. La tesi dell'incapacità del Sa. di provvedere al mantenimento del figlio minore è priva di concretezza.
Il giudice civile poneva a suo carico il pagamento dell'importo di 350,00 euro mensili basandosi sul fatto che egli lavorava presso il negozio di ottica del padre. Non risulta che Sa., prima di accogliere il figlio presso la propria abitazione, si fosse attivato per chiedere la rimodulazione verso il basso dell'importo dell'assegno posto a suo carico.
La documentazione relativa al reddito percepito dall'imputato ed all'entità del canone di locazione, nonché ai debiti erariali a suo carico non dimostra l'impossibilità di contribuzione per il periodo in contestazione, essendo relativa ad epoca decorrente dall'anno 2019, a fronte della persistenza dell'obbligo di mantenimento fin dall'anno 2017.
Si aggiunga che Sa. non ha neppure dimostrato di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di dedicarsi ad un lavoro maggiormente remunerativo rispetto a quello documentato per l'anno 2019. All'uopo, è bene ricordare che spetta all'imputato stesso allegare idonei e convincenti elementi indicativi della concreta impossibilità di adempiere durante il periodo cui si riferisce il contestato addebito; inoltre, per incapacità economica dell'obbligato si intende l'impossibilità assoluta di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570 c.p. che deve integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti (Cass. Pen., Sez. VI, 11/01/2023, n. 664).
3.3. La documentazione prodotta dal difensore all'udienza odierna è del tutto irrilevante ad escludere la responsabilità penale dell'imputato.
Dalla stessa si evince che tra l'imputato e la ex moglie vi è un contenzioso di natura civilistica basato su debiti e crediti reciproci derivanti dall'inadempimento dell'obbligo di pagamento dell'assegno mensile posto a carico di ciascuno dal giudice civile, per il Sa. in relazione al periodo antecedente ad agosto 2019, per la Ia. per il periodo successivo ad agosto 2019. Tale circostanza, però, non scrimina affatto la condotta consistita nel mancato pagamento dell'assegno di mantenimento in favore del figlio minore posto a carico del Sa.
3.4. La responsabilità dell'imputato è insomma ampiamente provata, anche se la consumazione del fatto non può essere protratta oltre il mese di agosto dell'anno 2019, in quanto da quel momento l'imputato faceva fronte all'obbligo di mantenimento del figlio minore accogliendolo presso la sua abitazione, con conseguente imposizione del pagamento dell'assegno mensile alla Ia.
3.5. Come è noto, le circostanze attenuanti generiche hanno la funzione di adeguare la pena al caso concreto, permettendo la valorizzazione di connotati oggettivi o soggettivi non tipizzati e non preventivabili, che appaiono però in grado di diminuire la meritevolezza e/o il bisogno di pena. La ragion d'essere della previsione normativa recata dall'art. 62 bis c.p. è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, al fine di assicurare il rispetto dei principi costituzionali di ragionevolezza e di finalità rieducativa della pena. Dette attenuanti, quindi, presuppongono l'esistenza di elementi "positivi", intendendo per tali quelli che militano per una diminuzione della pena che risulterebbe dall'applicazione dell'art. 133 c.p.
In concreto, questa valutazione può essere fatta tenendo conto sia degli elementi indicati nell'art. 133 c.p. che di altri parametri di giudizio (Cass. pen., Sez. I, 1/10/1986-Esposito; Cass. pen. 4 marzo 2019, n 9299, rv. 275640), ma non è comunque necessaria nemmeno una valutazione di tutti i possibili elementi, purché vengano individuati con ragionevolezza i parametri che si ritengono più rilevanti (Sez. I, 6/10/1995-Biondo).
È comunque da escludere che l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche costituisca un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto (v. assenza di precedenti penali); essa richiede sempre elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parole (Sez. I C.c. 22/9/1993-Stelitano, ma cfr. anche sez. I 19/10/1992 Ge. che ha riaffermato l'insussistenza nel nostro ordinamento di una presunzione di meritevolezza delle attenuanti generiche; v. anche Cass. pen. 30 agosto 2017, n 39566, rv. 270986; 21 giugno 2021, n 24128, rv. 281590).
Ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all'obbligo, per il giudice, ove ritenga di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l'affermata insussistenza (cfr. Sez. 3, n. 35570 del 30/05/2017, Di Luca, Rv. 270694). Al contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell'imputato volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (in tali termini già Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Ge., Rv. 192381; Sez. 2, n. 38383 del 10/07/2009, Squillace, Rv. 245241 e più di recente Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, Lamin, Rv. 271315; Sez. 3, n. 35570 del 30/05/2017, Di Luca, Rv. 270694).
Nel caso in esame non emergono elementi positivi da valorizzare per mitigare il trattamento sanzionatorio. Anzi, il fatto è connotato di notevole gravità, tenuto conto del lungo arco di tempo in cui si protraevano l'inadempimento ed il disinteresse del Sa. rispetto ai reali bisogni materiali del figlio. La pena inflitta dal giudice di primo grado è quindi congrua ed adeguata alla gravità del fatto ed alla personalità dell'imputato.
La sentenza di primo grado merita insomma integrale conferma, con conseguente condanna dell'imputato al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. La mole di lavoro gravante sull'ufficio ha indotto a ritenere prudente l'indicazione del termine di trenta giorni per la redazione dei motivi della decisione.
P.Q.M.
letto l'art. 605 c.p.p., ritenuto il fatto commesso fino al mese di agosto dell'anno 2019, conferma la sentenza n 2427/23 emessa in data 28.4.23 dal Tribunale di Napoli Nord, in composizione monocratica, appellata da Sa.Mi., che condanna al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Indica in trenta giorni il termine per la redazione dei motivi della decisione.
Così deciso in Napoli il 4 aprile 2024.
Depositata in Cancelleria l'11 aprile 2024.