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Violazione degli obblighi di mantenimento: applicazione dell’art. 570 bis c.p. per inadempimento agli obblighi divorzili (Giudice Alessandra Ferrigno)

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Tribunale Napoli sez. V, 12/11/2021, (ud. 04/11/2021, dep. 12/11/2021), n.9464

L'inadempimento degli obblighi economici derivanti da provvedimenti giudiziari in materia di divorzio integra il reato previsto dall'art. 570 bis c.p., che sanziona la violazione degli obblighi di assistenza familiare. La disposizione incriminatrice ha carattere formale e si realizza per il mero mancato adempimento dell'obbligo economico, indipendentemente dalla prova dello stato di bisogno dell'avente diritto o della mancata disponibilità dei mezzi di sussistenza.

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La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
In data 11.4.16 il Pm sede traeva a giudizio l'imputato per il reato indicato con decreto di citazione diretta a giudizio. All'udienza del 13.7.17, verificata la regolare citazione dell'imputato, se ne dichiarava l'assenza in quanto non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento; il processo era rinviato, con sospensione dei termini di prescrizione, per adesione della difesa alla astensione di categoria proclamata per tale data; le successive udienze del 5.4.18, 29.11.18, 23.5.19, 13.2.20 erano rinviate, come da verbali in atti, in via preliminare per assenza dei testi di cui il pm non aveva prova della citazione; la successiva udienza del 25.6.20 era differita per quanto disposto con decreto della Presidenza del Tribunale 140/20 in tema di linee guida per la trattazione degli affari civili e penali in periodo 12.5.20 - 31.7.20 con calendarizzazione per ciascuna udienza di un numero limitato di processi in adozione di misure di contrasto. All'udienza del 25.2.21, in assenza di richieste o questioni preliminari era aperto il dibattimento ed erano ammesse le richieste istruttorie dichiarative e documentali articolate dalle parti come da verbale. Alla successiva udienza del 30.9.21 il difensore prestava il consenso alla acquisizione ed utilizzabilità ai fini della decisione della querela del 2.4.15, anche nel contenuto, presentata da (...), della cui citazione per tale udienza il Pm non aveva la prova; si acquisiva altresì la sentenza di divorzio emessa dal Tribunale di Napoli - Sezione Civile I bis - del 6.2.12. Si rinviava per chiusura istruttoria e discussione all'udienza del 4.11.21 in cui, assenti ulteriori produzioni documentali, si dichiarava chiuso il dibattimento e le parti articolavano le rispettive conclusioni come da verbale; all'esito della camera di consiglio questo Giudice decideva come da dispositivo.

Il materiale probatorio è costituito dagli atti acquisiti al fascicolo processuali, tutti utilizzabili ai fini della decisione, del fascicolo del PM, atti tutti legittimi ed utilizzabili ai fini della decisione in sede di giudizio abbreviato.

Con la sentenza di divorzio emessa dal Tribunale di Napoli - Sezione Civile I bis - del 6.2.12, si stabiliva la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto nel 1992 dall'imputato e (...), dalla cui unione erano nate le figlie (...), già maggiorenne, e (...), minorenne; si richiamavano le condizioni concordate dalle parti, stabilendo che la casa coniugale, di proprietà di entrambi i coniugi, era assegnata alla (...); si confermava l'affido condiviso della minore (...) con residenza presso la madre, unitamente alla figlia maggiorenne; si stabilivano le modalità e tempi degli incontri tra la minore ed il padre (in detenzione domiciliare, come emerge dalla sentenza) fino al ritorno in libertà del (...) e per il periodo successivo anche in relazione ai periodo festivi, si poneva a carco del (...) per il mantenimento della figlia minorenne e di (...), all'epoca non autosufficiente economicamente (impegnata in saltuarie occupazioni quale collaboratrice domestica) il versamento mensile di un assegno pari a 1000,00 Euro, di cui 600,00 per il mantenimento della figlia ed il restante per la (...) da versarsi a mezzo vaglia postale, oltre al contributo alle spese straordinarie scolastiche, sanitarie e sportive per la minore nella misura del 50%.

Il 2.4.15 (...) denunziava di essere divorziata dal 2012 da (...), che questi aveva sempre espletato attività di gestore di distributori di carburanti ed era titolare di beni immobili e molte autovetture; che da oltre 7 mesi (...) non versava l'assegno di mantenimento fissato in mille Euro, ciò che creava notevoli difficoltà per la crescita della piccola (...), non riuscendo la (...) a sostenere le spese necessarie per consentire alla figlia di frequentare la scuola di formazione per parrucchieri; riferiva che (...) aveva venduto alcune sue attività per e che le aveva poi intestate alla figlia maggiorenne; riferiva poi di precedenti questioni insorte tra lei ed il (...) che negli anni antecedenti al divorzio la aveva coinvolta in un'attività commerciale per la quale la (...) si trovava esposta a procedure di pignoramento; riferiva di espletare attività lavorativa saltuaria come collaboratrice domestica e di non essere in grado di garantire, senza il supporto del (...), minime e dignitose condizioni di sussistenza alla figlia minore.

All'imputato è contestato il reato di cui all'art. 12 sexies L. 898/70 che sanzionava la condotta del coniuge che si sottraeva all'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile, con un rinvio quoad poenam all'art. 570 c.p.. Medesima disposizione incriminatrice dell'art. 12 sexies trovava applicazione, per la previsione ex art. 3 L. 54/2006, anche in caso di violazione degli obblighi di natura economica imposti dal giudice in ipotesi di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso.

Il D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 22 marzo 2018, in attuazione della delega prevista all'art. 1, comma 85, lett. q) della l. 23 giugno 2017, n. 103, ha introdotto nell'ordinamento penale il principio della riserva di codice. Nell'ambito di tale opera di revisione sistematica dell'ordinamento penale, finalizzata a garantire una maggiore organicità del sistema punitivo complessivamente considerato, si inserisce l'art. 570bis c.p., rubricato come anticipato "Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio". La norma riproduce, anche se non in modo letterale, ma in termini sostanzialmente inalterati, le previgenti disposizioni penali contenute all'art. 12-sexies della l. 1 dicembre 1970, n. 898 ed all'art. 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54, norme che, conseguentemente, sono state espressamente abrogate dall'art.7, lett. b) e d), d. lgs. n. 21 del 2018. L'art. 570 bis c.p. invero sanziona la violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio; la norma stabilisce che si applicano le pene previste dall'art. 570 c.p. al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affido condiviso dei figli. Con l'introduzione dell'art. 570 bis c.p. e la contestuale abrogazione espressa dell'art. 12-sexies legge n. 898 del 1970 e dell'art. 3 legge n. 54 del 2006, il legislatore delegato ha dichiaratamente inteso operare una mera trasposizione delle norme penali speciali all'interno del codice penale, con l'intento di riordinare la materia come è desumibile anche dalla relazione ministeriale allo schema di decreto legislativo.

Attesa la sovrapponibilità, per quel che interessa nel caso in esame, delle condotte di cui alle previgenti disposizioni con quelle contemplate dall'art. 570 bis c.p., risultano essenzialmente tuttora validi i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. tra le altre Cass. Pen. Sez. VI 18572/19) sulla ratio di dette fattispecie integrate dalla violazione di un provvedimento del giudice, delineate come un reato omissivo proprio, di carattere formale (e di natura permanente), essendo individuato il soggetto attivo soltanto in chi è tenuto alla prestazione dell'assegno di divorzio o dei mantenimento e consistendo la condotta nell'inadempimento dell'obbligo economico stabilito dal provvedimento del giudice.

Fattispecie, quelle oggi codificate ex art. 570 bis c.p., ben diverse, per ratio e, struttura, dal reato previsto ex art. 570 co. 2 n. 2 c.p., che sanziona invece la condotta di chi faccia mancare, e dunque ometta di apprestare, i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro (quindi anche maggiorenni inabili), agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato per sua colpa (o più correttamente al quale non sia stata addebitata la separazione).

La concezione penalistica dei "mezzi di sussistenza" - che si individuano nei bisogni fondamentali della vita quotidiana quali vitto, alloggio, canoni per le forniture essenziali, medicinali, spese per istruzione e vestiario dei figli - non si identifica con il concetto civilistico di "alimenti" previsto dagli artt. 433 c.c. e ss (in particolare art. 438), atteso che seppure entrambi postulano lo stato di bisogno, gli alimenti devono essere determinati in proporzione al bisogno di chi li domanda ed alle condizioni economiche di chi deve somministrarli, tenendo conto delle necessità di vita in relazione alla posizione sociale dell'alimentando. I mezzi di sussistenza non sono riconducibili neanche al concetto di mantenimento - che viene in rilievo nei procedimenti giudiziali di separazione personale e divorzio ai sensi degli artt. 155 e 156 c.c. e dell'art. 5 co. 6 L. 898/70 (legge sul divorzio) - che non presuppone lo stato di bisogno dell'avente diritto e include tutto quanto sia richiesto per garantire un tenore di vita adeguato alla posizione economico-sociale dei coniugi e dei figli.

Dunque il concetto di mezzi di sussistenza ha un ambito più circoscritto rispetto a quelli di "mantenimento" e di "alimenti" in quanto è indipendente dalla condizione sociale del destinatario e si riferisce solo a quanto necessario a garantire una vita dignitosa, secondo parametri di carattere generale, universale, che non tengono conto della provenienza sociale dell'obbligato né dell'avente diritto. Perciò l'incriminazione ex art. 570 co. 2 n. 2 c.p. presuppone, sia pure in modo implicito, che il soggetto passivo, non in grado di far fronte autonomamente ai mezzi di sussistenza, versi "in stato di bisogno" che, per consolidata giurisprudenza, si presume (sia pure sulla base di una presunzione semplice vincibile da prova contraria qualora, ad esempio, si accerti che il minore disponga di redditi patrimoniali propri), in caso di mancata corresponsione dell'assegno in favore dei figli minori, in quanto incapaci di produrre un reddito proprio e che sussiste anche se al sostentamento della prole provveda l'altro coniuge o altri - congiunti, o istituzioni pubbliche o private di assistenza o beneficienza.

Di converso le fattispecie oggi riconducibili al reato di cui all'art. 570 bis c.p. per la c.d. riserva di codice, risultano integrate dalla mera inosservanza dell'obbligazione civile, a prescindere dalla prova della mancata messa a disposizione dei mezzi di sussistenza e dello stato di bisogno dell'avente diritto; di talché, ai fini della configurabilità del reato, si è sempre ritenuto sufficiente l'inadempimento, anche solo parziale, dell'obbligo, non essendo riconosciuto all'obbligato un potere di adeguamento, unilaterale, dell'assegno in revisione alla determinazione fattane dal giudice civile.

Il compendio di accusa a carico di (...) è essenzialmente costituito da quanto dichiarato in querela da (...).

E' orientamento pacifico e costante in giurisprudenza quello secondo cui la narrazione resa dalla persona offesa può essere assunta, da sola, quale prova del fatto oggetto di valutazione e che ben possa, il Giudice, fondare il proprio convincimento sulla base di tale sola deposizione, non trovando applicazione in tal caso i commi 3 e 4 dell'art. 192 c.p.p. che postulano la necessità di riscontri esterni. E' del pari pacifico però che, in ogni caso, il Giudice, nella valutazione di tale prova, sia comunque tenuto a compiere una verifica puntuale della credibilità della persona offesa, in quanto, generalmente, portatrice di interessi confliggenti con quelli dell'imputato, e della intrinseca attendibilità del suo racconto, il cui vaglio deve essere, poi, particolarmente rigoroso allorquando siano carenti dati obiettivi, aliunde emergenti, a conforto dell'assunto della persona offesa, nonché quando la dichiarazione della persona offesa risulti contrastata da più elementi probatori (in tal senso Cass. Pen. SS.UU. n. 41461 del 19/07/2012; ma anche Cass. Pen. Sez. 4, n. 44644 del 18/10/2011; Sez. 3, n. 28913 del 03/05/2011, Sez. 3, n. 1818 del 03/12/ 2010; Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008).

La (...), sia pure nelle sintetiche modalità proprie di un atto di querela, ha riferito in modo puntuale di un inadempimento dell'imputato, alla obbligazione disposta con la sentenza di divorzio del 2012, che si era protratto in modo reiterato ed ininterrotto da almeno sette mesi all'epoca della querela; con dichiarazioni semplici, ma chiare e sufficientemente dettagliate la (...) ha illustrato la situazione venutasi a creare dal momento in cui (...) si rendeva totalmente inadempiente a quell'obbligo di contribuzione economica fissato a suo carico in favore della stessa (...) e della figlia minore (...); delle difficoltà in cui la querelante si era trovata anche solo a garantire alla minore le minime e dignitose condizioni di vita. D'altro canto, a fronte della sia pur legittima scelta dell'imputato di non fornire alcun contributo ad una eventuale ricostruzione dei fatti, in termini alternativi a quelli prospettati dalla accusa, non si rilevano dati o circostanze che contrastino la portata di quanto riferito dalla (...), della cui attendibilità e genuinità non vi è motivo alcuno di dubitare, non potendosi neanche dalla lettura della sentenza di divorzio evincere dissidi e contrasti tra le parti che, anzi, convenivano di comune accordo le condizioni di divorzio e, dunque, anche la determinazione dell'assegno di mantenimento nella misura di cui alla sentenza ed alla imputazione, evidentemente fissata in quei termini in ragione delle concrete capacità reddituali del (...). Le emergenze processuali, d'altra parte, non evidenziano alcun concreto elemento su cui fondare la considerazione che il (...) fosse nella impossibilità di adempiere, anche solo parzialmente a quanto previsto nella sentenza di divorzio nella misura, peraltro, da lui concordata con la controparte, non risultando dedotto sul punto alcun dato suscettibile di utile valutazione. Venendo al trattamento sanzionatorio si osserva che l'art. 12 sexies L. 898/70, che faceva rinvio, quoad poenam, all'art. 570 c.p.. Rinvio che, in passato, aveva ingenerato dubbi e contrasti interpretativi - determinati dalla circostanza che l'art. 570 c.p. prevede sanzioni differenziate al primo (pene alternative) e secondo comma (pene congiunte), di talché non era chiaro quale dei due regimi fosse applicabile in caso di omesso versamento dell'assegno divorzile o di mantenimento - ampiamente superati dalle Sezioni Unite che, con decisione n. 23866 del 2013, hanno affermato che il generico rinvio, previsto dall'art. 12-sexies L. 898/70, come richiamato dall'art. 3. L. 54/2006, quoad poenam, all'art. 570 cod. pen. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di tale ultima disposizione, ribadendo peraltro anche il regime della procedibilità di ufficio. Conclusione certamente applicabile anche al nuovo art. 570 bis cod. pen., atteso che tale nonna, avendo integralmente sostituito il previgente art. 12-sexies, ha conservato il medesimo trattamento sanzionatorio.

Si valuta, dunque, alla stregua dei criteri di cui all'art. 133 c.p., congrua ed equa una condanna dell'imputato a pena pecuniaria che si fissa in Euro 400,00 di multa. L'imputato già gravato da precedenti (ancorché non contestata la recidiva) non può fruire del beneficio della sospensione condizionale della pena. Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Il Giudice letti gli artt. 533-535 c.p.p. dichiara (...) colpevole del reato a lui ascritto e lo condanna alla pena di Euro 400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese di giustizia.

Motivi in giorni 30.

Così deciso in Napoli il 4 novembre 2021.

Depositata in Cancelleria il 12 novembre 2021.

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