Tribunale Napoli sez. VI, 07/04/2022, (ud. 28/03/2022, dep. 07/04/2022), n.3223
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, anche l’inadempimento parziale può integrare il reato ex art. 570 c.p. qualora comprometta i bisogni primari dei beneficiari. L’onere di dimostrare una condizione di assoluta e incolpevole impossibilità economica grava sull’imputato e non è sufficiente allegare difficoltà generiche o non documentate. Inoltre, la reiterazione dell’inadempimento esclude l’applicabilità dell’esimente di particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.
Svolgimento del processo
Br.Ro. è stato tratto, nelle forme della citazione diretta, innanzi al giudizio del Tribunale di Napoli - in composizione monocratica - per rispondere del reato ascrittogli giusta decreto del P.M. datato 22 dicembre.
Dopo un rinvio, all'udienza del 28 febbraio 2022,una volta ammessa la costituzione di parte civile, preliminarmente era depositata richiesta dell'imputato di definizione del procedimento nelle forme del rito abbreviato il Giudice accoglieva la richiesta, acquisiva il fascicolo del P.M. ed una volta disposta la trasformazione del rito, su concorde richiesta delle parti, rinviava per la discussione all'udienza odierna.
Oggi, acquisita ulteriore documentazione, una volta raccolte le conclusioni delle parti nei sensi di cui in premessaci Giudice ritiratosi in Camera di Consiglio decideva come da dispositivo allegato.
Motivi della decisione
Rileva il Collegio che, alla stregua delle risultanze processuali che hanno consentito di ricostruire la vicenda per cui è processo nei suoi esatti contorni e sviluppi, vada formulato il giudizio di penale responsabilità dell'imputato con riferimento al delitto ascrittogli essendo lo stesso risultato integrato in tutti i suoi elementi ontologici e strutturali.
Va in primo luogo rilevato però che, come è agevolmente desumibile dagli atti, l'asserto accusatorio trova il suo punto di abbrivo e forse il suo traguardo nelle dichiarazioni illustrate nelle denunce presentate da Po.Lu. moglie separata dell'imputato e madre dei suoi due figli - persona offesa - sicché si ripropone, in questa sede, l'annoso problema della valenza sostanziale e processuale da attribuire alle dichiarazioni accusatorie della vittima del reato per cui si procede.
Orbene è noto che per costante orientamento giurisprudenziale della S.C. - cfr. per tutte Cass. Pen. Sez. IV 21 giugno-10 agosto 2005 n. 30422 e Sez. III 18/7/12 n. 253688 - la deposizione della persona offesa dal reato può essere assunta, anche da sola, a fondamento della pronuncia di colpevolezza dell'imputato a condizione però che essa abbia resistito, vittoriosamente, ad un rigoroso vaglio critico da parte del Giudice.
Siffatta penetrante disamina, vieppiù necessaria allorché - come nella fattispecie-la persona offesa si sia costituita parte civile ed abbia quindi un preciso interesse economico da perseguire - è evidentemente volta a neutralizzare il rischio – concreto - di dichiarazioni "manipolate", specie in vicende come quella in esame dove, almeno in astratto ma innegabilmente, potrebbero interagire, anche inconsapevolmente, nell'accusatore insondabili impulsi, pulsioni e tensioni emotive, tali da suggerirgli o condurlo a dichiarazioni, dettate magari da un sentimento-umanamente comprensibile, ma giuridicamente inaccettabile - di rivalsa o vendetta nei confronti dell'imputato, che tendano a "distorcere" strumentalmente la realtà dei fatti al fine di fornire una versione degli stessi interessata e fuorviante.
Ci si preoccupa, giustamente, di garantire che le dichiarazioni di accusa della vittima siano il più possibile genuine e "disinteressate" e quindi intrinsecamente attendibili, ma allorché sia provato tale loro carattere le dichiarazioni della persona offesa, pur se astrattamente non equiparabili a quelle del testimone estraneo, possono fondare autonomamente - senza cioè la necessità di riscontri esterni - una pronuncia di condanna.
Peraltro il disposto dell'art. 192 c.p.p. non prevede particolari parametri di valutazione di tali dichiarazioni, né subordina la loro rilevanza a condizioni specifiche per cui è da ritenersi che l'accusa della vittima sia, di per sé, una fonte di prova a tutti gli effetti.
Ciò chiarito deve subito sottolinearsi che l'inattendibilità intrinseca della persona offesa dichiarante non può farsi discendere, allorché l'impianto narrativo sia nel suo complesso logico e coerente, da eventuali discordanze o imprecisioni su fatti marginali della vicenda ed inoltre anche qualche contraddizione può non essere rilevante ai nostri fini perché una versione dei fatti, affatto identica e senza incertezze, che come un cuneo inarrestabile superi il lasso cronologico e tutte le fasi processuali ben può apparire sospetta, perché magari studiata e preparata "a tavolino".
Insomma, ben può essere ritenuta credibile ed attendibile la persona offesa che, pur con qualche comprensibile e giustificabile tentennamento, mantenga ferma la sua versione accusatoria nei punti essenziali della vicenda che l'hanno, suo malgrado, vista protagonista.
In quest'ottica valutativa non può trascurarsi il parametro della logica nel senso che, in presenza o sospetto di un intento calunnioso da parte della vittima, è ragionevole ritenere che la sua versione dei fatti non possa, in linea astratta, presentare punti deboli o facilmente attaccabili di tal chè anche una dichiarazione che sia, a prima vista, oggettivamente carente può essere indirettamente il riscontro dell'attendibilità complessiva di colui che l'ha resa.
In altri termini allorché la versione accusatoria presenti oggettive lacune o incongruenze che però siano spiegabili sotto il profilo della logica e del dato fattuale, l'attendibilità del dichiarante può essere affermata.
Insomma nella corretta e compiuta disamina delle dichiarazioni della vittima le eventuali parziali correzioni operate in sede dibattimentale ovvero anche le contraddizioni che potrebbero, in astratto, minarne l'attendibilità devono comunque essere rapportate al "narrato" complessivo che, qualora credibile e non contraddetto da altri dati, ovvero magari supportato da altri elementi probatori estrinseci rispetto ad esse, conserva intatta la sua valenza accusatoria.
Orbene, in estrema sintesi - e riservando la disamina più approfondita allorché dovrà valutarsi la configurabilità del delitto contestato-la sig. Po.Lu. ha denunciato - cfr. denuncia sporta in data 3 febbraio 2020 presso il Commissariato P.S. di Napoli – Montecalvario - di essere separata consensualmente da Br.Ro. dal quale aveva avuto due figli e che l'ex marito reiteratamente non le aveva corrisposto, per l'intero, la somma di Euro 700,00 mensili stabilita dal Tribunale di Milano in sede di omologazione della separazione con decreto datato 16 ottobre 2018.1noltre il Br. non aveva versato neppure l'importo-pari al 50% - delle spese straordinarie. Ha aggiunto che alle sue richieste di spiegazioni e chiarimenti il marito l'aveva insultata ed ha precisato di aver presentato anche altre denunce sempre per lo stesso motivo.
Orbene è evidente come siffatte dichiarazioni siano nel loro complesso coerenti, lineari e come tali intrinsecamente attendibili anche perché la teste non ha taciuto la circostanza del parziale pagamento da parte dell'imputato, particolare che in un'ottica calunniosa e/o strumentale, avrebbe-almeno in astratto-avuto tutto l'interesse ad omettere, a conferma indiretta di una sua intrinseca attendibilità.
In atti è versato il provvedimento emesso dal Tribunale di Milano e sono stati anche acquisiti i dettagliati prospetti, prodotti dalla PO.LU., da cui è possibile evincere l'inadempimento da parte del Br. sicché la versione accusatoria fornita da Po.Lu. può ritenersi credibile.
L'imputato del resto non ha addotto alcun dato, neppure ipotetico o indiretto, in grado di inficiare la prospettazione accusatoria - limitandosi a produrre all'udienza odierna documentazione attestante l'effettuazione di alcuni bonifici - ma è appena il caso di ricordare che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale della S.C.-cfr. per tutte Cass. Pen. sez. VI del 4 novembre 2020 n. 18 - anche l'inadempimento parziale integra gli estremi del reato, quando, come nella fattispecie siano compromessi i bisogni primari dei destinatari considerato quanto esposto nelle varie denunce dalla Po.Lu. in ordine alle condizioni di convivenza coi genitori ed il fratello. Né può ipotizzarsi una difficoltà-peraltro non dedotta - da parte del Br. ad osservare l'obbligo a suo carico deve precisarsi che, in ogni caso, l'onere di dimostrazione di siffatte difficoltà-che comunque devono integrare una oggettiva impossibilità a rispettare l'obbligo di mantenimento, incombe sull'imputato (cfr. Cass. Pen. Sez. VI del 7 maggio 1998 n. 7806 e 14 dicembre 2010n. 5751), senza contare che non è configurabile, nel suo caso, quella situazione rectius condizione di assoluta indigenza che avrebbe, almeno in astratto, "scriminare" la sua condotta. Infine non è accoglibile la richiesta assolutoria ex art. 131 bis c.p. avanzata dalla difesa dal momento che l'inadempimento, benché parziale, non è stato affatto occasionale ma reiterato nel tempo sicché difettano i presupposti per il ricorso all'istituto invocato.
Br.Ro. va pertanto condannato in relazione al delitto ascrittogli tuttavia nell'ottica del doveroso adeguamento della sanzione al fatto concreto possono essergli concesse le circostanze attenuanti generiche per cui, una volta applicati i criteri indicati nell'art. 133 c.p., risulta equa la pena di mesi due di reclusione ed Euro duecento,00 di multa così ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p. ed ulteriormente per il rito prescelto la pena base di mesi 4 e gg. 15 di recl. ed Euro 450,00 di multa. Ex lege segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali, mentre l'assenza di precedenti penali a suo carico legittima la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
L'imputato va poi condannato al risarcimento del danno - da liquidarsi in separato giudizio per l'assenza di univoci parametri di valutazione - in favore della costituita parte civile nonché alla rifusione in favore della stessa delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio liquidate, invece, come da dispositivo. L'impossibilità di determinare anche in misura parziale il danno comporta il rigetto della richiesta di provvisionale avanzata dalla parte civile.
Il notevole carico di lavoro dell'udienza e complessivo ha determinato, infine, il ricorso ad un più ampio termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 438, 533, 535 e 538 c.p.p. dichiara Br.Ro. responsabile del delitto ascrittogli e, concesse le circostanze attenuanti generiche, calcolata la diminuzione obbligatoria per il rito, lo condanna alla pena di mesi due di reclusione ed Euro duecento,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa alle condizioni di legge, Condanna altresì Br.Ro. al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile - da liquidarsi in separato giudizio - nonché alla rifusione in favore della stessa delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio che liquida in complessivi EURO 1150,00 (Euro millecentocinquanta,00) di cui Euro 1000,00 per onorario ed Euro 150,00 per spese oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge. Indica in giorni trenta il termine per il deposito delle motivazioni della sentenza. Rigetta la richiesta di provvisionale avanzata dalla parte civile.
Così deciso in Napoli il 28 marzo 2022.
Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2022.