Tribunale Nola, 26/09/2023, n.1548
In materia di reati relativi all’obbligo di mantenimento, l’art. 570-bis c.p. punisce l’omissione reiterata del versamento di quanto stabilito in sede di separazione o divorzio, a prescindere dall’eventuale stato di difficoltà economica del genitore obbligato, salvo che questi dimostri di aver fatto tutto il possibile per adempiere. Lo stato di bisogno dei figli minori è presunto dalla loro condizione di età, e la mancanza di mezzi di sussistenza si configura anche quando sia supplita dall’altro genitore o dalla famiglia di origine.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta del 3.11.2021, il P.M. presso il Tribunale di Nola ha esercitato l'azione penale nei confronti di RA.An. per il reato riportato nella contestazione che precede, disponendone la comparizione dinanzi alla scrivente.
All'udienza del 12.05.2022 riscontrata la regolarità della notifica all'imputato e registratane la mancata comparizione senza addurre alcun legittimo impedimento, ne è stata dichiarata l'assenza, ed era disposta la rinnovazione nei confronti della persona offesa, con rinvio del processo per l'istruttoria dibattimentale.
All'udienza del 22.11.22, in assenza di questioni preliminari, veniva aperto il dibattimento, le parti formulavano le rispettive istanze di ammissione dei mezzi istruttori, che venivano ammesse con ordinanza, ed il P.M. si riservava produzione documentale, tra cui la sentenza di separazione. Successivamente veniva escussa la persona offesa, Io.Va., Il processo era poi rinviato per esame dell'imputato e per la discussione al 3.04.2023. In tale data l'imputato era assente ed il difensore produceva un referto medico di Pronto Soccorso, relativo ad un incidente occorsogli quasi due mesi prima (in data 19.02.2023), con 15 gg. di prognosi, deducendo che da esso erano derivate all'imputato crisi vagali, assolutamente non riscontrate; ritenuta pertanto non giustificata l'assenza dell'imputato, che pertanto non si sottoponeva ad esame, si dava atto che non vi erano neppure verbali di interrogatorio da produrre, il P.M. procedeva alla correzione formale del capo di imputazione ed il processo veniva rinviato per la discussione al 12.06.2023.
In quella data il difensore faceva pervenire istanza di differimento per legittimo impedimento per motivi di salute, attestato da certificato medico, ed il processo veniva rinviato, con sospensione del termine di prescrizione, al 10.07.2023 (giorni 28 di sospensione) In quella data, non essendovi altre prove da assumere, veniva chiuso il dibattimento e dichiarata l'utilizzabilità degli atti legittimamente acquisiti, poi le parti hanno proceduto a formulare le rispettive richieste e conclusioni finali e la scrivente, all'esito, si è ritirata in camera di consiglio per la decisione, pronunciando quindi la presente sentenza di condanna, il cui dispositivo è stato letto in udienza alle parti presenti, per le ragioni che si vanno qui di seguito ad esporre.
Motivi della decisione
Dall'istruttoria dibattimentale svolta, incentratasi sulla testimonianza della persona offesa Io.Va., risultata assolutamente credibile e senza che siano emersi elementi esterni idonei a confutarne l'attendibilità, è emersa al di là di ogni ragionevole dubbio la responsabilità penale di RA.An. in ordine al reato a lui ascritto.
In via preliminare, giova evidenziare che il giudizio di responsabilità penale può trovare fondamento nelle sole dichiarazioni della persona offesa, anche quando vi sia stata, altresì, costituzione di parte civile (peraltro assente nel caso di specie), purché sia stato positivamente esperito un più profondo vaglio di credibilità soggettiva del teste e di attendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese (cfr. Cass. Pet., SS.UU. n. 41641/2012 secondo cui le regole dettate dall'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non trovano applicazione relativamente alle dichiarazioni della parte offesa: queste ultime possono essere legittimamente poste da sole a base dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva e dell'attendibilità intrinseca del racconto; cfr. ex multis Cass. Pen., IV, n. 44644/2011; Cass. Pen., Sez. III, n. 28913/2011; Sez. III, n. 1818/2010; Sez. VI, n. 27322/2008). Il caso di specie rientra proprio in questa ipotesi di carattere generale, in quanto il giudizio di responsabilità del RA. si fonda proprio sulle dichiarazioni della coniuge separata, la quale riferendo in maniera precisa e puntuale le vicende familiari che poi hanno portato alla loro separazione ha precisato con le stesse modalità anche la condotta del RA. successivamente alla separazione, descrivendone la condotta in maniera inequivocabile. La vicenda, pertanto, può essere ricostruita nei termini che seguono.
Io. (escussa all'udienza del 21.11.2022) ha dichiarato di essersi sposata con RA. nel 2002, che da tale unione sono nate due figlie, (…) e (…), e di essersene separata legalmente, con omologa di separazione consensuale, il 30 giugno 2020, precisando tuttavia che già dal febbraio dello stesso anno si era allontanata da casa con le figlie a causa del comportamento violento del marito, che era stato anche destinatario di una misura cautelare (divieto di avvicinamento nei suoi confronti). La donna riferiva che la somma stabilita dal Tribunale a titolo di mantenimento, suo e delle figlie, era di euro 900,00 mensili (euro 300,00 ciascuno) e che le spese straordinarie sarebbero state divise a metà, ma che lui era stato inottemperante quasi da subito, evidenziando che il marito le aveva fatto un bonifico proprio il 30 giugno, poi un altro il mese successivo (entrambi su un conto cointestato e a suo favore) e che poi non aveva corrisposto più nulla; su domanda specifica del P.M. precisava che l'uomo talora comprava alle figlie qualche capo di abbigliamento, ma cose futili e solo su richiesta delle bambine, ma che le sue necessità di provvedere alle esigenze quotidiane erano sempre state soddisfatte grazie all'aiuto del padre, pensionato, con il quale la donna era tornata a vivere dopo la separazione, in quanto il marito si era rifiutato categoricamente di darle il denaro dovuto.
Aggiungeva che la casa coniugale era stata assegnata al coniuge, in quanto lei se ne era allontanata e che comunque non avrebbe avuto piacere di viverci, essendo inserita nel contesto familiare del marito (nello stesso stabile vivono gli zii, il fratello ed altri parenti), il quale, aggiungeva, aveva un lavoro fisso e regolare, essendo un dipendente Fiat; la teste riferiva di aver dovuto affrontare una gran quantità di spese per la primogenita, nata con un problema congenito di salute, che l'aveva costretta a recarsi innumerevoli volte a Roma, all'Ospedale del Bambin Gesù dove era seguita, in particolare spese sia mediche che generiche (viaggi, pernottamenti, vitto), alle quali il RA. non aveva mai partecipato in alcun modo, se non con un bonifico di minima entità (circa 100,00 euro) una sola volta. Proseguiva affermando di non aver mai lavorato, anche per l'ostilità sempre mostrata dal marito in tal senso, e che dopo la separazione aveva preso a fare dei lavoretti, per lo più in nero. Concludeva infine dicendo che dall'agosto 2022 aveva proceduto in via esecutiva contro il RA., mediante un pignoramento presso terzi sullo stipendio da lui percepito alla (…) e per la somma dovutale, per cui da quel mese il versamento di 900,00 euro era diventato regolare, sebbene in maniera coattiva e senza alcuna collaborazione da parte del marito.
Sulle somme non versate fino a quel momento, la teste, su domande della difesa, precisava che era stato raggiunto un accordo transattivo con il RA., precisando tuttavia che nell'anno in cui questi non le aveva versato nulla lei si era trovata in grosse difficoltà finanziarie, essendo stata costretta a contrarre dei debiti, che avrebbe saldato successivamente con la somma che avrebbe ricevuto a titolo transattivo (e che alla data della sua escussione non le era stata ancora materialmente corrisposta).
Riferiva inoltre di essere titolare di buoni fruttiferi (dell'importo di circa 200.000,00 euro) che aveva sottoscritto con il marito per le figlie, somme che lei aveva cercato di non intaccare ma alle quali aveva dovuto in qualche misura attingere nei momenti di maggior difficoltà.
Completava la sua esposizione dichiarando che il marito percepiva anche una pensione di circa 700,00 euro al mese a causa di una patologia da cui era stato afflitto a partire da circa il 2012, e che, oltre allo stipendio, è titolare della casa di abitazione in cui vive, di due garage, di cui percepisce la rendita, e di una casa in comproprietà con i fratelli, di cui percepisce la propria quota parte del canone di locazione, oltre naturalmente allo stipendio quale lavoratore dipendente.
L'avvocato della difesa mostrava poi alla teste alcune ricevute di bonifici effettuati dal RA. nel corso del tempo, che la teste riconosceva ed ammetteva di aver ricevuto, ma che, riferiva, erano somme assolutamente sporadiche ed insufficienti ad affrontare le spese cui era dovuta andare incontro, soprattutto pe le ragioni di salute della primogenita, molto lontane dalla metà delle spese straordinarie che erano state imposte a carico dell'imputato con il decreto di omologa della separazione e che in ogni caso non ricomprendevano quelle somme dovute e a titolo di mantenimento ordinario. Aggiungeva, sempre sollecitata dalle domande della difesa, che talvolta il padre aveva comprato degli articoli di abbigliamento alle figlie, ma solo quando lo decideva lui e mai secondo le necessità della famiglia.
L'imputato, rimanendo assente nel presente processo, non ha inteso fornire una diversa ed alternativa versione della vicenda, idonea a confutare la chiara ricostruzione degli avvenimenti forniti in dibattimento dalla persona offesa.
La testimonianza di quest'ultima è risultata essere caratterizzata da credibilità soggettiva, avendo superato altresì il vaglio di attendibilità intrinseca, alla luce dei più recenti insegnamenti della Suprema Corte. Con riferimento al primo profilo, la genuinità della dichiarazione si fonda sulla coerenza logica interna di quanto affermato da (…) nel corso del dibattimento, essendo la teste apparsa lineare e coerente nel proprio racconto e non avendo tentato di celare profili fattuali che avrebbero potuto essere valutati come elementi a discarico del marito, oltreché sull'assenza di ragioni di sospetto nei suoi confronti, non essendosi costituita parte civile nell'odierno processo.
Con riferimento al profilo della attendibilità intrinseca della dichiarazione resa, quest'ultima risulta lineare e logica nel suo contenuto, dal momento che non sono emerse contraddizioni quanto alla ricostruzione narrativa offerta, né, come già detto, il RA. ha inteso fornire dichiarazioni in sede di esame, o prove, idonee a confutarne la fondatezza. Può dirsi quindi provata la realizzazione da parte di RA.An. di una condotta integrante gli estremi del reato di cui all'art. 570 bis c.p. (modellato sull'art. 570 co. 2, n. 2) c.p. per le ipotesi di separazione o divorzio, contestato originariamente all'odierno imputato prima della modifica meramente formale del capo di imputazione da parte del P.M.). Ed invero, quest'ultimo, a partire dal 2020, non ha mai contribuito in maniera stabile al mantenimento delle proprie figlie secondo quanto stabilito nell'accordo di separazione, omologato dal Tribunale Civile di Nola, alle quali, per effetto della sua inadempienza reiterata nel tempo, sono mancati i mezzi di sussistenza.
In via preliminare, è opportuno evidenziare che l'obbligo di assistenza nei confronti dei figli, sussistente in capo a ciascun genitore, trova la propria fonte negli artt. 30 Cost. e 147 c.c., nonché nell'art. 315 bis c.c.
Fonte di tale obbligo si ravvisa, infatti, nelle norme di matrice civilistica, in particolare negli articoli da ultimo citati, che impongono congiuntamente a ciascun genitore di provvedere al mantenimento dei propri figli (cfr. Cass. Un., n. 23866 del 2013). E' opportuno ricordare che, ai fini dell'integrazione dell'elemento oggettivo di cui all'art. 570 co. 2 c.p., presupposto del reato è la sussistenza di un vincolo familiare tra l'imputato ed il minore, prescindendo dall'eventuale esistenza del matrimonio (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, del 23.11.83). E' poi del tutto irrilevante che il genitore obbligato risulti sprovvisto di mezzi finanziari per farvi fronte, non potendo tale obbligo venire meno neppure in presenza di difficoltà economiche, pur se presenti per uno o entrambi.
D'altra parte, in linea con i recenti arresti della Suprema Corte, spetta all'obbligato allegare eventualmente la propria impossibilità ad adempiere, indicando elementi tali da consentire al giudice un'indagine in proposito (ad esempio, Cass. Pen., VI, Sent. n. 7372 del 29/01/2013, n. 254515; Cass. Pen., Sez. VI, Sentenza n. 5751 del 14/12/2010, rv. 249339). La stessa effettiva indisponibilità di mezzi non gioverebbe all'interessato, inoltre, se non qualora risultasse anche una sua seria attivazione al fine di ottemperare ai doveri di assistenza economica verso i figli, con la conseguenza che una responsabilità penale sarebbe esclusa soltanto laddove emergesse che l'imputato non sia riuscito a conseguire un reddito adeguato pur avendo usato, in proposito, ogni possibile diligenza (ad esempio, Cass. Pen., VI, n. 11696 del 03/03/2011, n. 249655).
Ebbene, nel caso di specie, è emerso come RA.An. si sia completamente disinteressato delle necessità dei propri cari, omettendo di versare alla moglie la somma stabilite a titolo di mantenimento per lei e le figlie e non provvedendo alle spese straordinarie, peraltro cospicue a causa della malattia della primogenita, da condividere con la moglie. Tale condotta è quindi sussumibile nella fattispecie incriminatrice di cui all'art. 570 co. 2 n. 2) c.p. giacché è emerso lo stato di bisogno in cui hanno versato le due figlie, anche a causa della malattia da cui è affetta la prima. E' opportuno, sul punto, richiamare un arresto della Suprema Corte, secondo cui "in presenza di figli minori, la minore età dei figli è strutturalmente indice della sussistenza di uno stato di bisogno da cui deriva l'obbligo per ciascun genitore di provvedere a tutto quanto si renda necessario per la sana crescita dei minori, indipendentemente dalle fonti di reddito di ciascun genitore" (cfr. Cass. Pen., VI, n. 53607/2014); anzi viene affermata la sussistenza dell'obbligo di un genitore di provvedere al mantenimento dei figli minori quand'anche vi provveda in via sussidiaria l'altro genitore (la minore età del figlio, a favore del quale è previsto l'obbligo di contribuzione al mantenimento, rappresenta in re ipsa una condizione soggettiva di stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi di sussistenza, con la conseguenza che il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, sussiste anche quando imo dei genitori ometta la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli minori ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l'altro genitore". Cass. sent. n. 11195 del 23 marzo 2021). Nel caso in esame, peraltro, le dichiarazioni della persona offesa non lasciano dubbio alcuno sullo stato di indigenza che ha contraddistinto il nucleo familiare della Io., costretta ad affidarsi alle cure della famiglia di origine per il mantenimento suo e delle figlie.
Alla luce della condotta descritta, RA.An. deve essere ritenuto colpevole e condannato per il reato a lui ascritto.
Venendo dunque alla determinazione della pena, egli innanzitutto non appare meritevole del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non essendo emerso alcun elemento positivamente apprezzabile in tal senso. Valutati dunque i criteri di cui all'art. 133 c.p., si stima equo irrogare a RA.An. la pena di mesi quattro di reclusione e euro 600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
La protrazione della condotta, che ha avuto inizio fin dalla separazione e che è proseguita senza soluzione di continuità fino al momento in cui la donna è riuscita ad ottenere il pignoramento diretto di quanto le spettava, non consente di ritenere che nel futuro l'imputato si asterrà dal reiterare la medesima condotta criminosa. Per le stesse ragioni il fatto non può accogliersi l'istanza del difensore di ritenere il fatto di lieve entità e di assolverlo con la formula corrispondente ritenersi Pertanto quest'ultimo non appare meritevole del beneficio della sospensione condizionale della pena, non apparendo verosimile che si asterrà in futuro dalla reiterazione della medesima condotta, dovendosi del pari escludere la possibilità di applicare pene sostitutive, in quanto la protrazione senza soluzione di continuità della sua condotta costituisce, ai sensi dell'art. 53, l. 689/1981, fondato motivo ostativo alla sostituzione della pena detentiva inflitta nei suoi confronti.
Alla condanna per il reato contestatogli segue per legge la condanna dell'imputato alle spese del processo.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,
dichiara RA.An. colpevole del reato a lui ascritto e, per l'effetto, lo condanna alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Nola il 25 settembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 26 settembre 2023.