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Particolare tenuità del fatto e reato di omesso mantenimento: applicazione dell’art. 131 bis c.p. (Giudice Mariangela Luzzi)

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Tribunale Nola, 29/05/2023, n.374

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto può essere applicata anche al reato di omesso versamento dell'assegno di mantenimento, valutando l'offensività concreta e la non abitualità della condotta.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta emesso il 28.7.2021 Al.Pe. veniva chiamato in giudizio per il reato di cui all'imputazione.

Il 15.2.2022 dichiarata l'assenza dell'imputato - non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento sebbene regolarmente avvisato, il processo era rinviato per la nuova notifica del decreto di citazione alla persona offesa. Il 15.6.2022 dato atto della regolarità della notifica disposta alla precedente udienze, era aperto il dibattimento e ammesse le richieste di prova avanzate. L'8.11.2022 era svolto l'esame della persona offesa Es.Va., la quale dichiarava di rimettere la querela sporta nei confronti dell'imputato; il pubblico ministero procedeva altresì a modificare il capo di imputazione nei termini indicati a verbale; il giudice disponeva il rinvio del processo per l'esame dell'imputato e la discussione, onerando la cancelleria della notifica all'imputato della modifica del capo di imputazione. Il 28.2.2023 dato atto della regolarità della notifica disposta alla precedente udienza, dichiarata chiusa l'istruttoria, le parti rassegnavano le loro conclusioni (in particolare: il pubblico ministero chiedeva, previa riqualificazione del delitto ascritto nell'ipotesi di cui all'art. 570 co. 1 c.p. sentenza di non doversi procedere per intervenuta remissione di querela; la difesa si associava); e il giudice, riservata la decisione, all'esito della camera di consiglio, dava lettura del dispositivo indicando in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione tenuto conto del carico complessivo di lavoro dell'ufficio che non permetteva la redazione contestuale dei motivi.

Motivi della decisione
Alla luce dell'attività istruttoria espletata e degli atti regolarmente acquisiti al fascicolo del dibattimento, l'imputato deve essere assolto dal reato ascrittogli perché non punibile per la particolare tenuità del fatto.

Deve preliminarmente osservarsi che, a seguito della modifica effettuata dal pubblico ministero all'udienza dell'8.11.2022 con cui è stato espunto dal corpo dell'imputazione il riferimento al mantenimento del figlio minore, il delitto ascritto all'imputato è quello di cui all'art. 570 bis c.p. ovvero l'omesso versamento dell'assegno di mantenimento nei confronti della moglie (…), per il periodo compreso dal dicembre 2016 al 5.12.2018.

Dal provvedimento provvisorio di separazione dei coniugi del 20.9.2016 (dep. il 22.9.2016), in atti, si evince che, fin dall'inizio della separazione dell'imputato dalla signora (…), infatti, il figlio della coppia, (…), fu affidato a Pe. e che l'assegno di mantenimento di euro 800,00 fu stabilito esclusivamente in favore della (…).

Dalla sentenza di separazione giudiziale del 5.12.2018, in atti, si ricava altresì che, tra le pattuizioni concordate tra i coniugi all'udienza del 26.11.2018, vi è stata poi anche la rinuncia di (…) a tale assegno.

Ciò posto, dall'esame dibattimentale di (…) è emerso che Al.Pe., benché obbligato in virtù del provvedimento provvisorio di separazione giudiziale dei coniugi reso dal Tribunale di Nola del 20.9.2016, a versare alla donna la somma mensile di euro 800,00, non versò alcuna somma.

L'omesso versamento da parte del prevenuto dell'importo prescritto a titolo di mantenimento ha determinato fino al dicembre 2018 - quando (…) decise di rinunciare all'assegno - forti difficoltà nella gestione quotidiana delle spese necessarie: (…) infatti a tutt'oggi non svolge alcuna attività lavorativa e, nel periodo di riferimento, riuscì a garantire il suo sostentamento solo grazie all'aiuto della madre, una pensionata ottantenne, nonché a seguito della vendita di una casa di proprietà. Per quanto attiene poi alle condizioni patrimoniali dell'imputato e alla sua capacità di ottemperare all'obbligo di mantenimento, la teste ha dichiarato che all'epoca dei fatti l'imputato era un imprenditore, di legname.

In merito infine ai suoi attuali rapporti con l'imputato, la teste ha dichiarato di non avere più alcun rapporto con (…)e con il figlio, il quale - dopo essere stato affidato al padre, quando era ancora minorenne - ancora oggi vive con il prevenuto; in proposito, (…) ha dichiarato di non avere più alcun interesse alla punizione dell'imputato e ha formalmente dichiarato di volere rimettere la querela.

A fronte del quadro tratteggiato dalla denunciante, l'imputato, restando assente nel processo, non ha offerto alcuna versione alternativa.

Orbene, sulla scorta delle esposte emergenze istruttorie, la ricostruzione dei fatti come emersa dalle dichiarazioni della querelante appare attendibile, dovendosi valutare credibili le dichiarazioni rese dalla stessa, in capo alla quale non sono emersi motivi di risentimento diversi da quelli sorti dai fatti di causa.

Si evidenzia anzi, a riprova della genuinità della denunciante, che la stessa, mostrando di non nutrire alcun accanimento nei confronti dell'ex compagno, ha dichiarato di rimettere la querela. Per quanto attiene alla qualificazione giuridica, la condotta accertata è senz'altro idonea a integrare sul piano oggettivo il contestato delitto di cui all'art. 570 bis c.p., essendo stato dimostrato che, nel periodo in contestazione, l'imputato ha omesso il versamento dell'assegno di mantenimento nella misura indicata dall'autorità giudiziaria, versando un importo inferiore.

Secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità infatti l'art. 570 bis c.p. fornisce tutela penale all'inadempimento dell'obbligo di natura economica imposto dal giudice civile, indipendentemente dalla mancanza dei mezzi di sostentamento, cosicché l'omessa corresponsione dell'assegno o anche il suo versamento solo parziale costituisce di per sé oggetto del precetto penalmente rilevante, non essendo consentito al soggetto obbligato operarne una riduzione (cfr.: Cass., sez. 6, n. 4677/2021).

Non osta alla perseguibilità del delitto ascritto l'intervenuta remissione di querela, trattandosi di un reato perseguibile d'ufficio.

Ciò posto, ai fini della punibilità dell'imputato rispetto all'ipotesi criminosa in questione, appare necessario verificare l'eventuale sussumibilità della fattispecie all'ipotesi di cui all'art. 131 bis c.p., il cui ambito di operatività è stato ulteriormente esteso dalla novella operata dal D.lgs. 150/2022 (in base alla quale l'istituto è applicabile a tutti quei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni).

Ciò detto, i criteri individuati dal legislatore su cui il giudice deve basare la valutazione della particolare tenuità del fatto, al fine di escludere la punibilità, sono due: la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento.

Quanto alla particolare tenuità dell'offesa, tale presupposto va valutato - precisa l'art. 131 bis c.p.p. - sulla base della modalità della condotta e sull'esiguità del pericolo, elementi che devono essere a loro volta vagliati alla luce dei criteri di "gravità del reato" di cui all'art. 133, co. 1, c.p.

Applicando questi principi al caso che ci occupa, la condotta accertata in capo all'imputato appare senz'altro connotata da un'offensività ridotta, come si desume, oltre che dalla volontà manifestata in dibattimento dalla denunciante di rimettere la querela, dalla decisione della stessa (…) - intervenuta alla fine del 2018 - di rinunciare a detto assegno. Nella valutazione del requisito in parola inoltre si valuta significativa la circostanza per cui, nel periodo di riferimento, l'imputato ha comunque dovuto assicurare il mantenimento del figlio minore, con lui convivente. Appare ugualmente di rilievo il dato - ammesso dalla (…) - e senza dubbio a conoscenza del Pe. - per cui all'epoca dei fatti la demandante era proprietaria della casa coniugale (dove continuò a vivere dopo la separazione dal marito) e, benché priva di un'attività lavorativa, ancora in relativa giovane età e comunque aiutata dalla madre pensionata.

Si evidenzia poi che, nel caso di specie, non ricorre nessuna delle ipotesi espressamente indicate dall'art. 131 bis c.p. in cui l'offesa non può mai ritenersi tenue (l'avere agito per motivi abietti o futili, o cori crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di un persona).

Per quanto attiene poi al requisito della non abitualità del comportamento, rilevato che il legislatore non specifica il significato di tale concetto, ma si limita a indicare quando il comportamento debba ritenersi abituale (cioè quando l'autore: 1) sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, 2) abbia commesso più reati della stessa indole - anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità; 3) quando abbia commesso più reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate), nella fattispecie, non è possibile escludere aprioristicamente tale requisito sulla scorta del titolo di reato in contestazione, come statuito dalla Suprema Corte in un recente arresto. Secondo infatti il citato indirizzo interpretativo dei giudici di legittimità la sottrazione alla corresponsione dell'assegno di mantenimento non è sempre inquadrabile nell'abitualità del comportamento ostativa alla concessione della causa di non punibilità per tenuità del fatto, dovendo il giudice, al fine del requisito in questione, apprezzare tutte quelle circostanze peculiari del caso concreto che possano deporre nel senso della ricorrenza dei presupposti della speciale causa di non punibilità (cfr.: Cass., sez. 6, n. 893/2021 proprio con riferimento a un'ipotesi in cui i giudici di merito avevano escluso l'applicabilità dell'art. 131 bis c.p. in relazione ai delitto di cui all'art. 570 bis c.p. per difetto del requisito della non abitualità).

Ebbene, le particolari modalità dell'azione, il successivo comportamento del prevenuto nonché l'incensuratezza dello stesso, senza dubbio, inducono a escludere che nel caso di specie ricorra quell'abitualità nel reato che il legislatore ha inteso come ostativa all'istituto in parola. Ritenuta dunque sussistente, nell'ipotesi che ci occupa, la particolare tenuità del fatto, riguardo alla formula da adottare per il proscioglimento dell'imputato si osserva che tale questione è strettamente connessa alla natura giuridica dell'istituto in parola, rispetto alla quale - all'indomani della sua introduzione nell'ordinamento giuridico - sono state formulate due diverse tesi: quella della natura di condizione di procedibilità e quella della natura di causa di esclusione della punibilità in senso stretto. Questo giudicante ritiene di dovere aderire alla seconda delle tesi indicate, rilevato che a favore di questa soluzione sembrano deporre: 1) il tenore letterale dell'art. 131 bis c.p., che afferma che "la punibilità è esclusa", oltre che la rubrica della stessa disposizione che parla di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto; 2) la relazione e i pareri espressi dalle Camere sullo schema di decreto che si riferiscono all'istituto sempre in termini di causa di esclusione della punibilità; 3) la collocazione della norma all'interno del codice penale, che si colloca appena prima degli articoli che regolano il potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena, dunque dopo che il fatto è stato accertato in tutti i suoi elementi costitutivi; 4) l'efficacia del giudicato nel giudizio civile, che si evince dai già citato art. 651 bis c.p.

Sulla scorta delle considerazioni esposte, pertanto, l'imputato deve essere assolto dal reato ascritto perché non punibile ai sensi dell'art, 131 bis c.p.;

P.Q.M.
Letti gli artt. 131 bis c.p., 530 c.p.p. assolve Al.Pe. dal delitto ascrittogli perché non punibile per la particolare tenuità del fatto.

Letto l'art. 544 c.p.p., indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Nola il 28 febbraio 2023.

Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2023.

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