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Truffa: sul dies a quo della prescrizione in caso di "truffa a consumazione prolungata"


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di truffa

La massima

In tema di frode in danno di enti previdenziali per ricezione indebita di emolumenti periodici, è configurabile il reato di truffa c.d. a consumazione prolungata quando le erogazioni pubbliche, a versamento rateizzato, siano riconducibili ad un originario ed unico comportamento fraudolento, mentre si configurano plurimi ed autonomi fatti di reato quando, per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima, sia necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente; ne consegue che, ai fini della prescrizione, nella prima ipotesi, il relativo termine decorre dalla percezione dell'ultima rata di finanziamento, mentre, nella seconda, dalla consumazione dei singoli fatti illeciti (Cassazione penale, sez. II, 17/12/2021, n. 2576).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale, sez. II, 17/12/2021, n. 2576

RITENUTO IN FATTO

1. La CORTE DI APPELLO di TORINO, con sentenza in data 9/04/2021- dep. 22/04/2021, confermava la sentenza con la quale il TRIBUNALE di ASTI in data 27/01/2020 aveva condannato C.R., P.G. e S.L. ciascuno a pena di giustizia: S. per il delitto di truffa pluriaggravata continuata (capo a), commesso ad (OMISSIS), C. e S. per il delitto di concorso in truffa pluriaggravata continuata (capo b), commesso ad (OMISSIS), P. e S. per il delitto di concorso in truffa pluriaggravata continuata (capo c), commesso ad (OMISSIS).


Le condotte loro contestate sono consistite:


- quanto al solo S. (capo a) nell'avere, da assistente capo della Polizia penitenziaria all'Istituto di pena di (OMISSIS), quale addetto all'area contabile col compito della trasmissione mensile delle competenze stipendiali, con artifici e raggiri coincidenti con l'inserimento nel sistema di indennità maggiorate, a vario titolo non dovute, indotto in errore le competenti Direzioni del Corpo di Polizia penitenziaria e del MEF in ordine alla effettuazione dei servizi indicati, procurandosi un ingiusto profitto per ognuno degli anni dal (OMISSIS);


- quanto a S. in concorso con C. (capo b), costui da assistente capo della Polizia penitenziaria all'Istituto di pena di (OMISSIS), quale addetto all'area segreteria del medesimo Istituto, nell'avere tenuta la stessa condotta illecita con riferimento a ulteriori indennità non dovute, pure per gli anni dal (OMISSIS);


- quanto a S. in concorso con P. (capo c), costui da assistente capo della Polizia penitenziaria all'Istituto di pena di (OMISSIS), quale addetto all'area contabile, nell'avere tenuta la stessa condotta illecita con riferimento a ulteriori indennità non dovute, per gli anni dal (OMISSIS).


2. C., P. e S. propongono ricorsi per cassazione, i primi due per il tramite di un unico difensore, il terzo in modo distinto con altro difensore.


C. e P. deducono come unico motivo la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e lett. e) per vizio di motivazione. Censurano che la CORTE territoriale sia pervenuta all'affermazione della responsabilità sulla base di un sillogismo probatorio esito di una inversione logica. Esso è il seguente: poiché gli imputati erano colleghi e per qualche tempo i loro uffici erano posti sul medesimo piano della struttura carceraria, e poiché C. e P. hanno comunque tratto beneficio dagli errori nelle attribuzioni delle indennità operate da S., essi non potevano non essere d'accordo con costui, pur essendo egli l'autore unico dei conteggi. Contestano l'omessa valutazione di ipotesi alternative; quella, per es., che si ricava dalle precisazioni della Direttrice dell'istituto di pena, secondo cui poteva capitare che i due imputati, benché non impegnati in attività a diretto contatto con i detenuti, da cui sarebbe derivata l'indennità in questione, svolgessero turni con tali mansioni, con prestazioni non riscontrabili nei tabulati di servizio a causa dell'improvvisa carenza di personale;


ovvero quella dell'eventuale conteggio delle indennità oggetto di compensazione e di recuperi anche su più mesi. Più in generale, ritengono una forzatura logica attribuire loro la partecipazione alla condotta di S., pur se di tanti anni di concorso dei tre negli illeciti contestati non vi sarebbe traccia di comunicazione telefonica: mancherebbe la prova della loro materiale adesione all'azione posta dall'altro imputato.


S. deduce i seguenti motivi:


- come primo, la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) perché un segmento significativo della condotta illecita è estinto per prescrizione, ma tale considerazione non ha trovato seguito da parte del Collegio di appello, che invece ha fatto decorrere il relativo termine dall'ultima data di consumazione del reato, considerato in modo unitario. L'erroneità di tale conclusione sta nel suo contrasto con l'orientamento del Giudice di legittimità, secondo cui la truffa c.d. a consumazione prolungata comporta la riconducibilità della percezione del profitto, se pure acquisito in più rate, a un unico originario comportamento fraudolento, ma non altrettanto può dirsi a fronte di differenti attività fraudolente, a ognuna delle quali corrisponde una parte del profitto. Dunque, i fatti per i quali è processo non integrano una ipotesi di truffa a consumazione prolungata, perché le singole indebite percezioni hanno fatto seguito non già a un'unica originaria condotta, bensì a plurime e autonome azioni poste in essere mensilmente. E' lo stesso calcolo della pena eseguito dal TRIBUNALE, confermato dalla CORTE territoriale, a smentire la tesi dell'unicità della condotta, dal momento che per il reato sub a- ha determinato un incremento sanzionatorio a titolo di continuazione interna, ulteriormente aumentato in relazione agli altri due capi di imputazione;


- come secondo, la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) perché la CORTE torinese ha suddiviso la condotta a lui contestata in tre differenti imputazioni, quando invece essa era stata realizzata da una sola persona e in un unico contesto di tempo e di luogo;


- come terzo, la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) e il vizio di motivazione in ordine alla quantificazione della pena, e in particolare all'incremento, qualificato come eccessivo, ai fini della continuazione: per la medesima condotta, prolungata nel tempo, l'aumento ex art. 81 cpv. c.p. è stato calcolato per due volte;


come quarto, la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) e il vizio di motivazione in ordine alla ricostruzione del fatto, con riferimento ai capi b- e c, perché dall'istruttoria era emerso che la password per compiere le operazioni in contestazione era conosciuta da tutti nell'ufficio contabilità, mentre le sentenze ipotizzano, senza averlo provato, che alla postazione di lavoro assegnata al ricorrente avesse lavorato soltanto lui, e non altri, pur muniti della pw.


CONSIDERATO IN DIRITTO

La sentenza va annullata con rinvio nei termini e per le ragioni che seguono.


1. Esaminando anzitutto la posizione di S., e cominciando in ordine logico dal quarto motivo del ricorso, esso è manifestamente infondato. Articolato in fatto, esso appare proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, rimanendo al di fuori dei poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. pen., sez. 6, n. 27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, rv. 234559; sez. 6, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, rv. 253099) la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).


La CORTE di APPELLO ha fornito congrua e logica motivazione sul fatto che l'imputato:


a. lavorava all'Ufficio contabilità ed era addetto all'inserimento dei prospetti relativi alle indennità nel sistema operativo;


b. nei lunghi anni di svolgimento di tale funzione egli l'aveva esercitata continuativamente, con assenze dal servizio sporadiche, nell'ordine di appena l'una all'anno, in media;


c. a proposito della conoscenza della pw da parte di altri, in primis i coimputati, aveva iniziato le condotte illecite già dal 2004, e quindi padroneggiava il sistema, a differenza dei coimputati, e comunque, sulla base della testimonianza della Direttrice del carcere, egli era munito di una chiave di accesso informatica riservata. Era peraltro emerso che gli inserimenti dei dati alterati erano proseguiti pur dopo il trasferimento di P. ad altre funzioni, e comunque erano avvenuti sempre dalla postazione di S.;


d. aveva, circa la prospettazione alternativa da parte della difesa di errori incolpevoli, compiuto singolarmente questi ultimi sempre a proprio favore e in danno dell'Amministrazione, e questo costituiva un indice che quegli errori non fossero incolpevoli;


e. aveva invece fatto emergere nell'inserimento dei dati costanti discrasie fra quanto conteggiato e i prospetti ricevuti dall'Ufficio servizi, a seguito di prolungati e capillari controlli, doverosamente disposti nonostante la stima di cui egli godeva da parte della Direttrice del carcere.


2. E' invece fondato il primo motivo del ricorso di S.. La CORTE torinese ha escluso la prescrizione - per la parte per la quale è decorso il relativo termine - osservando che si tratta di un reato a consumazione prolungata, poiché ha individuato il momento consumativo in quello della cessazione della situazione di illegittimità, secondo una considerazione unitaria del reato stesso. Tale valutazione non è condivisibile, poiché l'orientamento consolidato e condiviso da questa S.C. (cf. ex multis Sez. 2 sentenza n. 53667 del 02/12/2016 dep. 16/12/2016 Rv. 269381 imputato Bellucci) è nel senso che "in tema di frode in danno di enti previdenziali per ricezione indebita di emolumenti periodici, è configurabile il reato di truffa c.d. a consumazione prolungata quando le erogazioni pubbliche, a versamento rateizzato, siano riconducibili ad un originario ed unico comportamento fraudolento, mentre si configurano plurimi ed autonomi fatti di reato quando, per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima, sia necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente; ne consegue che, ai fini della prescrizione, nella prima ipotesi il relativo termine decorre dalla percezione dell'ultima rata di finanziamento, mentre nella seconda dalla consumazione dei singoli fatti illeciti".


La vicenda in esame si colloca con tutta evidenza nella seconda categoria, poiché le indebite percezioni delle indennità hanno fatto seguito a singoli atti illeciti di ingiustificato inserimento di dati posti a base delle erogazioni: la conseguenza è che la prescrizione va calcolata facendo riferimento quanto meno a ciascuno degli anni indicati dall'imputazione, dal momento che quest'ultima ha come riferimento temporale l'annualità.


3. In tal senso non appare pertinente il richiamo da parte del Collegio di appello della sentenza di questa Sezione n. 17437/2019. In essa, premesso che il reato contestato all'imputato era di avere tenuto comportamenti idonei a indurre la persona offesa a stipulare un contratto definitivo di compravendita maggiorato rispetto a quello inizialmente pattuito, gravato da ipoteca relativa a un contratto di mutuo stipulato dal venditore all'insaputa degli acquirenti dopo la redazione del contratto preliminare, la condotta posta a base della truffa era stata ritenuta a consumazione prolungata a seguito di una serie di azioni consecutive nel corso della lunga vicenda contrattuale, che aveva visto la parte civile pagare l'imputato, prima in occasione del preliminare, poi in relazione all'avanzamento dei lavori, e infine, a saldo, all'atto della stipula del definitivo.


Aggiunge quella pronuncia che "con riferimento alla identificazione della data di consumazione del reato si ribadisce che il delitto di truffa contrattuale è reato istantaneo e di danno, il momento della cui consumazione - che segna il "dies a quo" della prescrizione - va determinato alla luce delle peculiarità del singolo accordo, avuto riguardo alle modalità ed ai tempi delle condotte, onde individuare, in concreto, quando si è prodotto l'effettivo pregiudizio del raggirato in correlazione al conseguimento dell'ingiusto profitto da parte dell'agente (Sez. 2, n. 11102 del 14/02/2017 - dep. 08/03/2017, Giannelli, Rv. 269688). Con specifico riguardo alla truffa a consumazione prolungata, ovvero al caso in cui la percezione dei singoli emolumenti sia riconducibile ad un originario ed unico comportamento fraudolento, si è deciso invece che il momento della consumazione del reato - dal quale far decorrere il termine iniziale di maturazione della prescrizione - è quello in cui cessa la situazione di illegittimità (Sez. 2, n. 57287 del 30/11/2017 - dep. 22/12/2017, Trivellini, Rv. 272250)". In quel caso l'ultimo pagamento "effettuato dalla parte civile con riferimento alla complessa vicenda contrattuale si registra con la stipula del contratto definitivo e non, come ritenuto dalla Corte di appello, all'atto della iscrizione della ipoteca, che rappresenta solo un segmento dell'articolata condotta che la Corte territoriale ha ritenuto di inquadrare nella fattispecie della truffa". Ad analoghe conclusioni perviene l'altro precedente evocato dalla difesa, e cioè la sentenza di questa Sezione n. 295/2018.


La vicenda in esame si è articolata secondo modalità differenti, sì che il principio da applicare con la presente decisione è quello del riferimento a ciascuna singola condotta di inserimento di dati erronei, dai quali è derivata la corresponsione di ciascuna specifica indennità non dovuta, con un calcolo del di più indebitamente acquisito che non può oltrepassare l'anno solare.


4. Poiché vi è stata una sola sospensione del termine di prescrizione, in primo grado, per la durata complessiva di 64 giorni - dall'11/11/2019 al 13/01/2020 -, tenuto conto del termine massimo per la truffa aggravata previsto in sette anni e sei mesi, allo stato vanno ritenuti estinti per prescrizione i reati di truffa aggravata relativi agli anni (OMISSIS) (termine ultimo (OMISSIS)), (OMISSIS) (termine ultimo (OMISSIS)), e (OMISSIS) (termine ultimo (OMISSIS)). Il rinvio va disposto al fine di determinare l'entità della sanzione, al netto dei segmenti della condotta illecita coperti da prescrizione, mentre va ritenuto definitivo l'accertamento della responsabilità per le condotte contestate con riferimento alle annualità dal (OMISSIS) in poi.


Per le medesime annualità vanno considerai estinti per prescrizione anche i delitti sub b- e c-, con riferimento alle posizioni dei coimputati C. e P., benché costoro non abbiano proposto uno specifico motivo evocativo di tale causa estintiva del reato. Va invero ricordata la costante e condivisa giurisprudenza di questa S.C. (cf. Sez. 2 sentenza n. 189 del 21/11/2019 dep. 07/01/2020 Rv. 277814-02 imputato Bonometti), secondo cui "l'inammissibilità dell'impugnazione non impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione qualora un diverso impugnante abbia proposto un valido atto di gravame, atteso che l'effetto estensivo dell'impugnazione produce i suoi effetti anche con riferimento all'imputato non ricorrente (o il cui ricorso sia inammissibile) ed indipendentemente dalla fondatezza dei motivi dell'imputato validamente ricorrente, purché di natura non esclusivamente personale, sia quando la prescrizione sia maturata nella pendenza del ricorso, sia quando sia maturata antecedentemente. (Fattispecie in cui uno degli imputati aveva proposto un motivo di ricorso riferito al momento consumativo del reato e la Corte, nell'accoglierlo, ha dichiarato la prescrizione, estendendo la declaratoria al coimputato il cui ricorso era stato dichiarato inammissibile)".


5. E' manifestamente infondato l'unico motivo posto a base del ricorso proposto da C. e da P., avendo costoro prospettato una, e anche più d'una, ricostruzioni del fatto alternative, ma del tutto ipotetiche, rispetto a quella articolata dalla CORTE territoriale. La sentenza impugnata ha invero rilevato l'assoluta sovrapposizione del merito dell'appello fra tali imputati e S., per cui vale a disattendere la censura quanto già osservato a proposito della posizione di costui, mentre le argomentazioni contenute nel ricorso reiterano osservazioni già riportate in appello e motivatamente disattese dal Giudice di secondo grado, il quale non ha mancato di sottolineare - quali elementi di fatto tali da far confermare l'affermazione della responsabilità dei due - la vicinanza logistica fra costoro e S., la preponderanza degli elementi di liquidazione di indennità in proprio favore rispetto a sparuti inserimenti di segno contrario, la limitazione di tali anomale condotte ai tre ricorrenti, in un contesto lavorativo caratterizzato da ben 180 dipendenti della struttura, solo fra gli agenti della Polizia penitenziaria.


6. Tornando al ricorso di S., va constatato come il secondo motivo appare incoerente col primo, e per questo è manifestamente infondato, poiché censura la tesi - avanzata col motivo precedente, ritenuto fondato - della distinzione delle singole condotte illecite, che ha portato alla suddivisione annuale prima riassunta, con conseguente decorso parziale della prescrizione: esso sostiene invece l'unicità di realizzazione da una sola persona e in un unico contesto di tempo e di luogo. Altrettanto infondato è il terzo, riguardante la quantificazione della pena, in particolare il doppio aumento a titolo di continuazione, per la semplice ragione che la condotta della quale egli è stato ritenuto responsabile, descritta nei tre capi di imputazione, non ha visto alcun singolo atto illecito calcolato per due volte.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con riferimento ai reati commessi negli anni (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) perché estinti per prescrizione, e rinvia ad altra sezione della CORTE di APPELLO di TORINO per la determinazione della pena. Dichiara inammissibili per il resto i ricorsi e dichiara definitiva l'affermazione di responsabilità degli imputati per i reati commessi negli anni (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).


Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2021.


Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

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