RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Torino ha parzialmente riformato, per quanto qui di interesse, la sentenza del Tribunale di Torino del 26-01-2022, ad esito di rito abbreviato, rideterminando la pena, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, per Mu.Do., Mu.As., De.Gi. e Ve.Fr. per i reati agli stessi rispettivamente ascritti in rubrica (artt. 110,81,452quaterdecies cod. pen., 648-ter.l cod. pen., 416, comma 1, 2, 3, 5 cod. pen.; il solo Ve.Fr. in concorso con altri coimputati art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000).
2. Mu.Do., Mu.As., De.Gi. e Ve.Fr. hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori, deducendo diversi motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Ricorso Mu.Do.
3.1. Violazione di legge in relazione all'art. 452-quaterdecies con riferimento all'elemento costitutivo della gestione abusiva e della nozione di rifiuto; violazione di legge e vizio della motivazione perché carente ed illogica nell'affermare la sussistenza del reato di cui all'art. 452-quaterdecies contestato ai capi 1,2,3, della rubrica; il giudice di appello, pur avendo escluso l'aggravante della transnazionalità, nel motivare ha fatto riferimento esclusivamente alla decisione di primo grado per relationem, omettendo di giungere ad una considerazione specifica della condotta ascritta, necessaria in relazione alla diversa connotazione del fatto conseguente alla esclusione della aggravante; di fatto la motivandone è apparente e contraddittoria, occorreva una rinnovata valutazione degli elementi costitutivi del reato, ricorrendo una macroscopica falla nella ricostruzione della sussistenza di gravità indiziaria; la difesa non aveva in alcun modo voluto prestare acquiescenza in ordine al tema della falsità documentale come evidenziato al punto 6 dell'atto di appello; si è inoltre immotivatamente, ed in violazione del principio dell'onere della prova, affermato che sarebbe stato onere della difesa dimostrare la cessazione della qualifica di rifiuto dei rottami ferrosi oggetto di centinaia di operazioni.
3.2. Violazione di legge e vizio della motivazione nella parte relativa alla sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 452-decies; manca qualsiasi reale valutazione della questione posta; la Corte ha di fatto reso sul punto una motivazione apparente, richiamando le considerazioni del giudice di primo grado e ritenendo le allegazioni difensive basate su assunti erronei.
3.3. Vizio della motivazione perché assente in ordine alla richiesta concessione della circostanza attenuante speciale di cui all'art. 452-decies cod. pen.
3.4. Questione di legittimità costituzionale dell'art. 452 -decies in relazione agli art. 3 e 27 della Cost.; la previsione in questione deve essere ritenuta irragionevole introducendo un regime sanzionatorio più grave per chi commette condotte oggettivamente meno gravi di pericolo presunto, rispetto a condotte assai più gravi che hanno concretamente danneggiato il bene protetto, con conseguente violazione del principio di uguaglianza. Tenuto conto delle caratteristiche e ambito di tali comportamenti, secondo la prospettazione difensiva, deve essere ritenuta priva di pregio qualsiasi argomentazione che valorizzi la discrezionalità del legislatore, mancando una ratio unitaria volta a concentrare solo sulle condotte successive a tutela del bene ambiente la circostanza attenuante in questione.
3.5. Violazione di legge e vizio della motivazione perché assolutamente carente in ordine alla sussistenza dei reati di cui agli art. 648-ter. 1 e 416 cod. pen.; è stata omessa qualsiasi valutazione in ordine alla fattispecie di riciclaggio di cui al capo 4) della rubrica ritenendo che il motivo di appello fosse stato articolato con esclusivo riferimento alla sussistenza del reato presupposto, mentre in realtà la difesa aveva richiesto l'assoluzione del ricorrente perché non gli era stato contestato il concorso nei reati tributari. Considerazioni analoghe quanto alla contestazione ex art. 416 cod. pen. in relazione alla quale la Corte di appello si è limitata a richiamare genericamente le considerazioni espresse a pag. 89, con motivazione sostanzialmente apodittica.
4. Ricorso Mu.As.
4.1. Violazione di legge in relazione all'art. 452-quaterdecies con riferimento all'elemento costitutivo della gestione abusiva e della nozione di rifiuto; violazione di legge e vizio della motivazione perché carente ed illogica nell'affermare la sussistenza del reato di cui all'art. 452-quaterdecies contestato ai capi 1,2,3, della rubrica; il giudice di appello, pur avendo escluso l'aggravante della transnazionalità, nel motivare, ha fatto riferimento esclusivamente alla decisione di primo grado per relationem, omettendo di giungere ad una considerazione specifica della condotta ascritta, necessaria in relazione alla diversa connotazione del fatto conseguente alla esclusione della aggravante; di fatto la motivazione è apparente e contraddittoria, occorreva una rinnovata valutazione degli elementi costitutivi del reato, ricorrendo una macroscopica falla nella ricostruzione della sussistenza di gravità indiziaria; la difesa non aveva sottoposto alla Corte di appello esclusivamente il tema dell'elemento psicologico del reato, ma aveva anche contestato la sussistenza di una collaborazione fattiva della ricorrente, una concreta e consapevole partecipazione al progetto criminoso, atteso il ruolo di segretaria svolto dalla stessa.
4.2. Violazione di legge e vizio della motivazione per assoluta carenza della motivazione in ordine alla sussistenza del delitto di cui all'art. 416 cod. pen.; la Corte di appello di Torino non ha espresso alcuna valutazione in ordine alla sussistenza della fattispecie associativa di cui al capo 20); nessuna argomentazione è stata spesa quanto alla sussistenza del pactum sceleris, sebbene specificamente contestata nell'atto di appello, ricorrendo un mero rigetto della censura senza alcuna argomentazione.
5. Ricorso De.Gi.
5.1. Violazione di legge in relazione all'art. 452: - quaterdecies con riferimento all'elemento costitutivo della gestione abusiva e della nozione di rifiuto; violazione di legge e vizio della motivazione perché carente ed illogica nell'affermare la sussistenza del reato di cui all'art. 452-quaterdecies contestato ai capi 1,2,3, della rubrica; il giudice di appello, pur avendo escluso l'aggravante della transnazionalità nel motivare ha fatto riferimento esclusivamente alla decisione di primo grado per relationem, omettendo di giungere ad una considerazione specifica della condotta ascritta, necessaria in relazione alla diversa connotazione del fatto conseguente alla esclusione della aggravante; di fatto la motivazione è apparente e contraddittoria, occorreva una rinnovata valutazione degli elementi costitutivi del reato, ricorrendo una macroscopica falla nella ricostruzione della sussistenza di gravità indiziaria; la difesa non aveva sottoposto alla Corte di appello esclusivamente il tema dell'elemento psicologico del reato, ma aveva anche contestato la sussistenza di una collaborazione fattiva della ricorrente, una concreta e consapevole partecipazione al progetto criminoso, basata sostanzialmente sulla richiamata consapevolezza da parte della ricorrente della qualità soltanto formale di amministratore del Ve.Fr. a copertura di Mu.Ca.
5.2. Violazione di legge e vizio della motivazione per assoluta carenza della motivazione in ordine alla sussistenza del delitto di cui all'art. 416 cod. pen.; la Corte di appello di Torino non ha espresso alcuna valutazione non ordine alla sussistenza della fattispecie associativa di cui al capo 20); nessuna argomentazione è stata spesa quanto alla sussistenza del pactum sceleris, sebbene specificamente contestata nell'atto di appello, ricorrendo un mero rigetto della censura senza alcuna argomentazione.
6. Ricorso Ve.Fr.
6.1. Violazione di legge e vizio della motivazione perché mancante e-o contraddittoria e-o manifestamente illogica con riferimento agli artt. 416 e 452quaterdecies cod. pen quanto alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato; la Corte di appello ha dato rilievo a circostanze del tutto avulse dalla realtà dei fatti oggetto di imputazione per affermare la responsabilità del ricorrente, senza considerare la completa estraneità dello stesso evinci bile chiaramente dal fatto che era un mero addetto e impiegato del cantiere e non aveva alcuna conoscenza della reale consistenza e delle caratteristiche delle attività della società riferibile al Mu.Ca., attesa la qualità di prestanome del Ve.Fr., in tal senso erano stati evidenziati con l'atto di appello una serie di elementi, come l''assenza di qualsiasi contatto con proprietari delle società estere, la mancanza di conversazioni intercettate in ordine alla illecita gestione dei rifiuti estremamente significative. Con l'affermazione di responsabilità era stata costruita contra legem una ipotesi di responsabilità oggettiva derivante dalla posizione formale del ricorrente, anche considerato che egli non aveva alcuna possibilità di visionare i flussi di documenti di trasporto estero. La motivazione era omessa in relazione alle uniche intercettazioni rilevanti, ovvero quelle dalle quali traspariva che il ricorrente organizzava semplicemente la sua attività da manovale all'interno del cantiere.
6.2. Violazione di legge e vizio della motivazione perché mancante e-o illogica e-o manifestamente illogica e-o contraddittoria quanto alla sussistenza dell'elemento psicologico del delitto di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000; la Corte di appello ha in sostanza imposto al ricorrente un inversione dell'onere della prova quanto alla necessità di provare che la singola operazione fiscale oggetto di contestazione quanto alla dichiarazione fraudolenta fosse stata effettivamente realizzata; in realtà si è sempre trattato di inesistenza soggettiva ed anche la pubblica accusa non ha mai messo in dubbio la sussistenza oggettiva delle singole operazioni di cessione di materiale ferroso in contestazione rispetto a quanto indicato in dichiarazione; il dolo del Ve.Fr. è stato, dunque, ritenuto nonostante l'accertata assenza di qualsiasi potere gestorio in capo allo stesso, in assenza di qualsiasi volontà dello stesso di evadere le imposte sui redditi.
6.3. Violazione di legge e vizio della motivazione perché mancante e-o contraddittoria e-o manifestamente illogica in relazione alla richiesta applicazione dell'art. 114 cod. pen.; le argomentazioni utilizzate dalla Corte di appello non sono conformi a diritto; la mancanza di qualsiasi potere gestorio in capo al ricorrente dimostra la scarsa rilevanza del contributo dallo stesso reso in relazione alla attività oggetto di contestazione.
7. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili perché proposti con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
2. In via preliminare occorre rilevare come i motivi proposti dai ricorrenti, in gran parte sovrapponibili quanto alle tematiche e punti trattati, si caratterizzano per oggettiva reiteratività rispetto ai motivi di appello, in assenza di confronto effettivo con la logica ed argomentata motivazione della Corte di appello, che non si presta a censure in questa sede. È opportuno, pertanto, richiamare alcuni princìpi generali sui suddetti punti, preceduti però dal richiamo al diritto vivente sull'onere di specificità dell'impugnazione e sulla presenza di una "doppia conforme" sentenza di condanna, temi anch'essi molto rilevanti nella valutazione di numerosi ricorsi.
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. La mancanza di specificità del motivo va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata ,e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591, comma l, lett. c), cod. proc:. pen., alla inammissibilità della impugnazione.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito il principio secondo il quale "l'appello (al pari del ricorso per cassazione) è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata" (Sez. U, n. 8825 del 27-10-2016, (Omissis), Rv. 268822-01; nello stesso senso V. Sez. U, n. 24591 del 16-07-2020, (Omissis), Rv. 28002:?-01, in motivazione).
Va ribadito, dunque, che sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al più con l'aggiunta di espressioni che contestino, in termini assertivi e apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino - come nel caso di specie - di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e-o in diritto, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di gravame non sono stati accolti (Sez. 6, n. 23014 del 29-04-2021, B., Rv. 281521-01;: Sez. 4, n. 38202 del 07-07-2016, (Omissis), Rv. 267611-01; Sez. 6, n. 34521 del 27-06-2013, (Omissis), Rv. 256133-01).
2.1. La sentenza di appello, poi, si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, quando le due decisioni di merito concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni e, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella sentenza di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04-02-1992, (Omissis), Rv. 191229-01; Sez. 2, n. 37295 del 12-06-2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16-07-2013, (Omissis), Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01-12-2011, (Omissis), Rv. 252615-01; Sez. 2, n. 22056 del 02-03-2021, (Omissis), Rv. 281499-01, non mass. sul punto).
Pertanto, il giudice di appello, in presenza di una "doppia conforme", nella motivazione della sentenza, non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18-09-2019, (Omissis), Rv. 277593-01; Sez. 3, n. 8065 del 21-09-2018, c., Rv. 275853-01,: Sez. 1, n. 37588 del 18-06-2014, (Omissis), Rv. 260841-01; di recente V. Sez. 2,. n. 31920 del 04-06-2021, (Omissis), Rv. 281811-01, non mass. sul punto).
Inoltre, la presenza di una criticità su una delle molteplici valutazioni contenute nel provvedimento impugnato, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non può comportare l'annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all'esito di una verifica sulla completezza e globalità del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l'impianto della decisione (Sez. 1, n. 46566 del 21-02-2017, M., Rv. 271227; Sez. 6, n. 3724 del 25-11-2015, dep. 2016, (Omissis), Rv. 267723; Sez. 2, n. 37709 del 26-09-:2012, (Omissis), Rv. 253445; da ultimo cfr. Sez. 2, n. 222045 del 06-04-2023, (Omissis), non mass.).
3. Il primo motivo proposto da Mu.Do. è del tutto sovrapponibile, tranne alcuni riferimenti alle singole posizioni, ali primo motivo proposto da Mu.As., De.Gi. e Ve.Fr., sicché i motivi proposti possono essere trattati congiuntamente.
I motivi non sono consentiti in quanto - a fronte di una ampia motivazione della Corte di appello, conforme alla analitica ricostruzione del giudice di primo grado, con decisivo riferimento alla documentazione acquisita e all'esito delle indagini confluite nel fascicolo del dibattimento nell'ambito del rito abbreviato - i ricorrenti si sono limitati a proporre una propria lettura alternativa del merito non consentita in questa sede. Le difese si sono dunque limitate a proporre una lettura alternativa dell'insieme degli elementi acquisiti in giudizio, sebbene questa Corte abbia ripetutamente affermato che è preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito attraverso una diversa ed alternativa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 18521 del 11-01-2018, (Omissis), Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24-10-2018, (Omissis), Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14-09-2017, (Omissis), Rv. 271702-01.. Sez. 5, n. 48050 del 02-07-2019, (Omissis), Rv. 277758-01, Sez. 2, n. 7986 del 18-1.1-2016, dep. 2017, (Omissis), Rv. 269217-01; Sez. 6, n. 47204 del 07-10-2015, (Omissis), Rv. 265482-01; Sez. 5, n. 15041 del 24-10-2018, (Omissis), Rv. 275100-01).
Sono, dunque, inammissibili nel giudizio di legittimità, tutte quelle censure che attengono a vizi diversi dalla mancanza di motivazione, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo. Da ciò consegue l'inammissibilità di tutte le doglianze che criticano la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento, rappresentando tutto ciò una non ammissibile interferenza con la valutazione del fatto riservata al giudice del merito (Sez. 2, n. 9:1.06 del 12-02-2021, (Omissis), Rv. 280747-01, Sez. 6, n. 13809 del 17-03-2015, O., Rv. 262965-01).
In tal senso assolutamente logiche, argomentate e del tutto prive di aporie le considerazioni articolate dalla Corte di appello (in particolare da pag. 55 e sg. nella ricostruzione analitica e complessiva delle doglianze delle parti e valutazioni specifiche e condivise rese dal giudice di primo grado, nonché pag. 72 e seg. in ordine alla complessiva valutazione delle emergenze processuali, anche sulla base dei motivi di appello, e conseguente prova, anche logica) nella sentenza impugnata, sulla scorta della documentazione acquisita, delle dichiarazioni rese in corso di indagine e della puntuale considerazione della versione alternativa fornita dai ricorrenti nell'ambito dei rispettivi ruoli e posizioni volte a realizzare una attività illecita caratterizzata da organizzazione e disponibilità di mezzi e persone a tal fine. La Corte di appello ha ampiamente richiamato i fatti oggetto di imputazione, non contestati dai ricorrenti, affrontando in modo argomentato il tema della qualificazione giuridica della condotta contestata e l'effettiva ricorrenza dell'elemento soggettivo. È stato difatti analizzato il tema della natura e qualifica di rifiuto, richiamando una serie di dati obiettivi rilevanti e riscontrati documentalmente (pag. 72 dove si chiarisce che per la natura delle attività svolte, anche di recupero, il materiale in questione ha avuto sin dall'origine, con prova logica inequivoca, natura di rifiuto), in senso del tutto conforme alla decisione di primo grado, che chiariva puntualmente anche la oggettiva falsità ideologica della documentazione prodotta al fine di ritenere regolarmente adempiuti gli oneri previsti per legge ai sensi dell'art. 186-ter del D.Lgs. n. 162 del 2006, anche tenuto conto dell'ampia prova logica sul punto (a mero titolo esemplificativo quanto all'impossibilità di una attività di recupero in assenza di una reale sede fisica e in relazione alla materiale impossibilità di identificare chi fosse il soggetto che avrebbe agito nell'interesse della società indagata quanto alla commercializzazione dei rottami ferrosi, così come in ordine alla effettiva realizzazione di attività di verifica e controllo, soltanto allegata dalla difesa senza alcun reale riscontro).
Con tale motivazione, caratterizzata da ampio riscontro documentale ed approfondita argomentazione logica, i ricorrenti non si confrontano. In tale ambito viene ampiamente descritto anche il contributo reso dai diversi soggetti coinvolti nella attività di indagine e riscontro, ricostruendone ruolo, attività, portata della stessa e piena consapevolezza non solo della propria azione, ma anche del proprio concorso e coordinamento con gli altri imputati a tal fine, anche tenuto conto dei legami familiari e del costante contatto tra i soggetti interessati, mediante una cospicua organizzazione di mezzi, persone e luoghi al fine di raggiungere gli obiettivi illeciti, posti in essere in modo articolato ed organizzato, con particolare riferimento al capo 20) della imputazione, elementi poi riscontrati anche dal materiale captativo in atti, mai citato esplicitamente o in modo rilevante dai ricorrenti (pag .. 72 e seg.). Anche in questo caso le difese si sono limitate a reiterare le proprie argomentazioni senza effettivamente evidenziare reali profili di criticità, contraddittorietà o illogicità manifesta della decisione. In tal senso occorre considerare che la Corte di appello ha anche specificamente affrontato tutte le argomentazioni difensive volte a proporre una versione alternativa rispetto a ruolo e competenze, considerando in modo logico e non censurabile in questa sede, una serie di evidenze estremamente significative e non incise da argomentazioni marginali e non risolutive (come, ad esempio, quanto alle mansioni svolte dal Ve.Fr. pag. 77 o al ruolo assolutamente decisivo del Mu.Ca. pag. 81 e seg.). Nello stesso senso è stata analiticamente considerata l'attività svolta da ciascun concorrente, la rilevanza di tale attività, l'impossibilità di ricondurre l'operato del Ve.Fr., della Mu.As. e della De.Gi. a mere attività pratiche, in assenza di reale consapevolezza, anche in considerazione del ruolo effettivamente svolto dal Mu.Ca., dal fratello dello stesso, oltre che della documentazione in atti.
4. Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso del Mu.Do. possono essere trattati congiuntamente, sostanzialmente afferendo, da diverse prospettive, al tema della portata, applicabilità ed eventuale illegittimità costituzionale della disposizione di cui all'art. 452-decies cod. pen. Come evidenziato dallo stesso ricorrente nel secondo motivo di ricorso, la Corte di appello ha legittimamente condiviso le conclusioni del giudice di primo grado quanto alla proposta questione di legittimità costituzionale, richiamando le argomentazioni in tal senso rese dal giudice di primo grado. La doglianza proposta in questa sede, quanto alla omessa motivazione sul tema devoluto, è dunque non consentita perché del tutto reiterativa e manifestamente infondata, come emerge dalle stesse allegazioni difensive, risolvendosi in sostanza in una non condivisione (perché ritenuta erronea) della decisione sul tema introdotto in ordine a portata e legittimità costituzionale dell'art. 452-decies cod. pen.
Manifestamente infondato anche il terzo motivo proposto, oltre che all'evidenza non consentito, perché meramente reiterativo quanto alla concessione dell'attenuante in questione. La Corte di appello ha ampiamente ricostruito caratteri e connotazioni specifiche della condotta imputata, evidentemente non riconducibile al paradigma dell'art. 452-decies cod. pen. ed in rapporto di obiettiva incompatibilità con la previsione evocata. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta.
Quanto, infine, al tema della illegittimità costituzionale della disposizione in oggetto, questione posta sia in primo che in secondo grado come sopra evidenziato, e reiterata in questa sede, occorre considerare come la questione sia manifestamente infondata.
In tal senso, si deve osservare che il motivo risulta proposto in realtà in modo del tutto generico ed aspecifico, non confrontandosi con il complessivo e più articolato quadro normativo di riferimento e non spiegando adeguatamente le ragioni della asserita omogeneità delle fattispecie in comparazione, da cui dovrebbe derivare l'illegittimità costituzionale evocata. E - come ricordano i giudici delle leggi nella sentenza 114 del 2021 - per costante giurisprudenza costituzionale, l'insufficiente motivazione in punto di non manifesta infondatezza determina l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale (Corte costituzionale sentenze n. 265 del 2019 e n. 182 del 2018), così come anche la determina l'"incompleta ricostruzione della normativa di riferimento" (sentenza n. 102 del 2019).
Il tema sinteticamente riproposto in questa sede non si confronta con l'evidente possibilità del legislatore, specialmente in una materia articolata, complessa e dalle plurime possibilità di manifestarsi come fenomeno lesivo degli interessi collettivi, di differenziare il trattamento sanzionatorio tra condotte che hanno messo in pericolo il bene tutelato e condotte che hanno invece realizzato una lesione effettiva dello stesso. Tale possibilità rappresenta una legittima esplicazione della discrezionalità del legislatore, che nel caso in esame non si caratterizza per manifesta irragionevolezza, né crea evidenti disparità di trattamento nel costruire un trattamento sanzionatorio differenziato in considerazione di diverse finalità poste alla base della scelta legislativa. Finalità che si manifestano con la predisposizione non solo di fattispecie diverse per caratteri e portata, ma anche di strumenti di diversa ampiezza, volti a raggiungere nel modo più utile possibile una limitazione del danno conseguente alla condotta offensiva posta in essere. In tale contesto si colloca, all'evidenza, la norma che secondo la prospettazione difensiva si caratterizzerebbe per illegittimità costituzionale, ovvero l'art. 452-decies, che prevede, tuttavia, una disciplina specifica in tema di ravvedimento, concetto che di per sé è logicamente collegato, senza alcuna irragionevolezza, ad un evento dannoso in concreto, sul quale appunto il ravvedimento incide direttamente, secondo modalità e attività diverse ed articolate, correlate appunto ad un insieme di condotte riparatorie e ripristinatorie, che si trovano in rapporto di incompatibilità strutturale con la fattispecie oggetto di contestazione. Ricorre, dunque, una puntuale finalità special-preventiva che non appare né irragionevole, né in contrasto con il principio di uguaglianza, tenuto conto della diversa caratterizzazione della fattispecie richiamate. Come correttamente evidenziato già dal giudice di primo grado, evocando giurisprudenza costituzionale relativa all'art. 62, n.6, cod. pen., non sussiste una aspettativa-diritto all'attenuante, rientrando la previsione di cui all'art. 452-decies nell'ambito della discrezionale valutazione del legislatore quanto a comportamenti post delictum, ritenuti rilevanti ed utili nel perseguimento dell'interesse pubblico, che chiaramente sono in rapporto di decisa incompatibilità con la natura di reato di pericolo della contestazione elevata al Mu.Do.
5. L'ultimo motivo di ricorso non è consentito, oltre che manifestamente infondato. Anche in questo caso il ricorrente si limita a proporre una propria lettura alternativa del merito, sostenendo una diversa ricostruzione rispetto al ragionamento probatorio (del tutto conforme) del giudice di primo e di secondo grado, sia in ordine alla contestazione per autoriciclaggio, che quanto alla associazione per delinquere. In tal senso, la motivazione non può dirsi certamente omessa come affermato dal ricorrente, in presenza di una specifica considerazione delle censure difensive (pag. 80), superate in modo coerente e logico, richiamando anche la decisione del giudice di primo grado, che ha descritto compiutamente il ruolo del Mu.Ca. (pag.123 e seg.) e l'integrazione del delitto di autoriciclaggio in considerazione del ruolo di amministratore di diritto e di fatto della DCM metalli dalla quale partivano i bonifici in uscita per le operazioni fraudolente e fittizie (analiticamente descritte dal giudice di primo grado, che ha ricostruito in modo approfondito e condiviso dalla Corte di appello il modo di agire coordinato ed articolato di molti soggetti insieme al Mu.Do., come emerso anche dai dati captativi), con concreto ostacolo quanto alla provenienza delittuosa del denaro, mediante una serie articolata di operazioni bancarie, anche con paesi esteri. In tal senso la Corte di appello ha chiarito, con affermazione che non si presta ad ambiguità, che anche le difese non hanno potuto contestare la materialità delle condotte dispositive, la titolarità dei conti bancari o delle deleghe ad operare su di essi per vari coimputati, precisando come, conseguentemente, le contestazioni difensive si siano caratterizzate per marginalità e, circostanza certamente rilevabile anche in questa sede, genericità già al momento della presentazione del motivo di appello.
La Corte di appello ha, dunque, correttamente applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale ricorre il delitto di autoriciclaggio nell'ipotesi di versamento di denaro, provento del delitto presupposto, presso un istituto bancario o per acquisti immobiliari, o mediante la realizzazione di una serie di fatturazioni per operazioni inesistenti, atteso che tali condotte realizzano in modi diversi ed efficienti la sostituzione del profitto del reato presupposto predetto, che assume diversa destinazione e transita nella disponibilità di altro soggetto giuridico o consente la confluenza di un bene immobile nel patrimonio, permettendo, inoltre, all'imputato di godere dei beni e denaro senza che sia immediatamente traccia bile la provenienza illecita, tra l'altro essendo irrilevante che l'operazione sia tracciabile, ricorrendo comunque un ostacolo all'individuazione del compendio delittuoso (Sez. 2, n. 35260 del 08-09-2021, Pari, Rv. 281942-01).
Quanto alla contestazione di cui al capo 20) la Corte di appello ha correttamente rilevato la genericità del motivo di appello sul tema, richiamando una effettiva mancanza di confronto con le motivazioni specificamente spese sul tema dal giudice di primo grado. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta, limitandosi ad una contestazione generica, richiamando in modo del tutto aspecifico una omessa motivazione. Il motivo, infatti, per la sua assoluta indeterminatezza e genericità avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile già in sede di appello (Sez. 4, n. 1982 del 15-12-1998, (Omissis), Rv. 213220-01; Sez. 2, n. 35949 del 20-06-2019, (Omissis), Rv. 276745-01).
6. Il secondo motivo, proposto sia dalla Mu.As. che dalla De.Gi. (del tutto sovrapponibile nelle argomentazioni spese) non è consentito. Anche in questo caso le ricorrenti si limitano ad una generica ed aspecifica contestazione della decisione di appello, senza confrontarsi con l'insieme di dati probatori estremamente significativi richiamati dal giudice di secondo grado, in senso del tutto conforme al giudice di primo grado, in ordine alla associazione per delinquere contestata, alla pluralità di soggetti coinvolti in tale complessa ed articolata attività illecita, al ruolo svolto dalle due ricorrenti, con specifica considerazione delle attività imputate, chiaramente indicative anche della piena consapevolezza delle stesse, che prestavano un contributo rilevante e decisivo al fine del raggiungimento degli obiettivi predisposti dai promotori ed organizzatori della stessa, come riscontrato dalla cospicua mole di elementi documentali acquisiti in giudizio (pag. 74 e sego sentenza di appello, pag. 115 sentenza di primo grado quanto alla sintesi circa la sussistenza del delitto associativo), oltre che dalle captazioni che sono state del tutto pretermesse dalla difesa. Le ricorrenti hanno, quindi, proposito una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede a fronte di una motivazione che non si presta a censure e si caratterizza per logicità ed assenza di aporie.
7. Il secondo e terzo motivo proposti dal Ve.Fr. non sono consentiti, in quanto del tutto reiterativi dei motivi di appello, in assenza di reale confronto con la motivazione della Corte di appello. Valgono anche in questo caso i principi in precedenza enunciati. È stata, infatti, compiutamente ricostruita l'attività allo stesso imputata in ordine alla contestazione elevata ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000, con ricostruzione specifica della ricorrenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato ascritto (pag. 79,80 e seg.) ed analitica considerazione delle doglianze difensive quanto allo svolgimento di mere mansioni materiali, nonostante la carica formale ricoperta e le caratteristiche del luogo di lavoro presso il quale mai si erano realizzate le attività asseritamente ivi svoltesi (carico e scarico) in numero davvero consistente secondo la documentazione acquisita in atti. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta limitandosi ad una contestazione generica ed aspecifica. Identiche considerazioni devono essere spese quanto al tema dell'onere della prova richiamato anche in questa sede dalla difesa, senza considerare la mancanza di qualsiasi allegazione nel corso del giudizio da parte del Ve.Fr. per giustificare la portata eventuale delle fatturazioni contestate. In tal senso, si deve rilevare come, nel ricostruire la condotta imputata al Ve.Fr., la Corte di appello abbia correttamente applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti sussiste sia nell'ipotesi di inesistenza oggettiva dell'operazione, cioè quando non sia stata posta mai in essere nella realtà, sia in quella di inesistenza soggettiva, ossia quando l'operazione vi sia stata ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura, sia infine nel caso di sovrafatturazione qualitativa, nel quale la fattura attesti la cessione di beni e-o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti, in quanto oggetto di repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'esposizione nella dichiarazione di dati fittizi anche solo soggettivamente implica la creazione delle premesse per un rimborso al quale non si ha diritto e l'indicazione di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la fornitura non è circostanza indifferente ai fini dell'Iva, dal momento che la qualità del venditore può incidere sulla misura dell'aliquota e, conseguentemente, sull'entità dell'imposta che l'acquirente può legittimamente detrarre)(Sez. 3, n. 1998 del 15-11-2019, (Omissis), Rv. 278378-01). La Corte di appello ha, dunque, compiutamente ricostruito ruolo e particolare rilevanza delle condotte poste in essere dal ricorrente, evidenziandone il ruolo centrale nell'ambito della complessa attività illecita posta in essere dai diversi soggetti coinvolti nella associazione per delinquere indagata, con conseguente manifesta infondatezza dell'ultimo motivo di ricorso proposto quanto alla scarsa portata del contributo posto in essere dal Ve.Fr. Il ricorrente si è in sostanza limitato ad una lettura parcellizzata degli elementi considerati dalla Corte di appello al fine di introdurre una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede.
8. I ricorsi devono in conclusione essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila, stimata equa, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2024.